mercoledì 24 maggio 2017

24 maggio, il giorno della vergogna

Fonte: Vota Franz Josef 



Almeno quella volta, consegnarono la dichiarazione di guerra. Non come nel 1848 contro di noi e nel 1860 contro il Regno delle Due Sicilie. Ma non potevano fare altrimenti: i loro nuovi alleati lo pretendevano. Per non essere troppo innovativi tuttavia, gli italiani evitarono di dichiarare guerra alla Germania fino all'agosto del 1916, indispettendo soprattutto i francesi.
I tricoloruti erano convinti di fare un solo boccone di noi, dopo i disastri bellici del 1914 e dei primi mesi del 1915. Cadorna aveva pianificato di mandare la II Armata direttamente a Vienna e la III Armata a Budapest.
Per 1 settimana dopo il Patto di Londra,, l'Italia fece parte di entrambe le alleanze: la Triplice Intesa e l'Entente Cordiale di GB, Francia e Russia. Il Patto di Londra era segreto ed il principale merito storico di Lenin, fu di averlo denunciato nel 1917, quando apparve su un giornale svedese.
In uno dei più falsi discorsi della Storia, nel mese di giugno, Salandra enunciò al Parlamento i pretesti di guerra italici. Un mucchio di falsità, smentite appena nel 1917 dall'iniziativa di Lenin. Altrimenti, non sapremmo nemmeno oggi come andarono realmente le cose. E pensare che i nazionalisti italiani, ripetono come pappagalli il discorso interventista di Salandra, per spiegare al loro popolo ed ai loro bambini, che non avrebbero tradito e che quell'aggressione proditoria, sarebbe stata onorevole.
L'infamia del tradimento peserà ancora molto a lungo sull'Italia, probabilmente per sempre, visto che alcuna personalità tricolore, sembra avere intenzione di raccontare ufficialmente al proprio popolo, come andarono realmente le cose ed ammettere il tradimento.
Ma il diavolo fa le pentole, non i coperchi. Dopo il 26 aprile data dello scellerato Patto di Londra, i nostri effettuarono una controffensiva in Galizia riprendendo tutte le posizioni ed anche di più. Saladra scrisse nel suo diario che se lo avesse saputo, non ci avrebbe dichiarato guerra.
Le nostre forze armate che sembravano distrutte con quasi 2 milioni di perdite ed oltre 800 mila morti, si riorganizzarono con i pochi ufficiali di carriera superstiti e con i riservisti. E le suonarono sode ai traditori. Già poche ore dopo la dichiarazione di guerra, tutta la nostra flotta con tutte le corazzate vecchie e nuove, aveva preso il mare per bombardare una decina di obbiettivi dalla costa veneziana a quella pugliese. Fu affondato uno Zerstörer tricolore, un altro era scappato per un pelo.
Stava per iniziare l'epopea dell'Isonzo e delle Dolomiti, in attesa del glorioso 24 ottobre del 1917. Già il 27 maggio, i volontari tirolesi della Provincia di Trento impegnarono la I Armata tricolore ad Ala, rallentandone l'avanzata. Si trattava delle Compagnie Schützen di Ala e di Borghetto, con quasi 700 uomini e 170 gendarmi. Era gente più giovane di 19 anni e più anziana di 52, tutti gli uomini di leva erano già in Galizia. Volontari "trentini" che difendevano le loro case. Della quarantina di Compagnie Schützen del 1915, oltre la metà è stata oggi rifondata, a dispetto delle falsità dell'Ana e dello Stato traditore ed invasore. Subito dopo, iniziarono gli scontri sull'Isonzo ed al confine Carinziano.

sabato 13 maggio 2017

13 maggio 1717 - 13 maggio 2017: 300° anniversario della nascita di S.M.I.R.A. Maria Teresa d'Asburgo

Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol

Maria Teresa d'Austria in un ritratto
 di Martin van Meytens, 1759.

Il 13 maggio 1717, nacque invece una bambina, Maria Theresia Walburga Amalia Christina, che tutto il mondo conoscerà come la Grande Maria Teresa, la sovrana riformatrice, che avrebbe salvato la dinastia degli Asburgo dalla decadenza.
“Basta che sia maschio”, era il ritornello che si mormorava alla Hofburg di Vienna, mentre l’imperatrice Elisabetta Cristina affrontava le doglie per dare alla luce il suo secondogenito.
Tredici mesi prima, Vienna aveva festeggiato la nascita di ...Leopoldo Giovanni, l’erede al trono degli Asburgo, ma era stata una gioia di breve durata. Il bambino, come tanti suoi coetanei, a Corte come nei bassifondi, non aveva raggiunto l’anno di vita, vittima di una febbre gastrointestinale.
Nel 1713, una costituzione imperiale, la Prammatica Sanzione, stabiliva che la corona degli Asburgo potesse essere ereditata anche per via femminile, se fosse venuta meno la linea maschile, una vera rivoluzione per l’epoca, almeno sulla carta, perché l’accettazione dei vari Paesi che facevano parte dell’impero era tutt’altro che scontata. Lo stesso imperatore Carlo VI, avrebbe di gran lunga preferito che quel documento prendesse polvere negli archivi, invece di essere applicato. La sua speranza era che già nelle ore successive ci fosse un altro maschietto a Corte.
Il padre, l’imperatore Carlo VI che per tutta la vita avrebbe continuato a desiderare un maschio, quel giorno, si presentò presso la Cattedrale di Santo Stefano, per annunciare alla folla in attesa che era nata “solo” una bambina. La madre, Elisabetta Cristina di Brunswick, che dopo Maria Teresa avrà altre due femmine, a causa delle scarse conoscenze scientifiche dell’epoca fu addirittura accusata di essere “inadatta” a generare un maschio, benché ne avesse avuto uno nel 1716.
Ambasciatori e cortigiani si auguravano addirittura che l’imperatrice morisse prematuramente, per dare modo al consorte di sposare un’altra donna che gli desse il sospirato erede maschio. Per il momento, però, la futura sovrana era una neonata che con il suo arrivo, aveva deluso tutti.
Il mondo ha visto dopo CHI fu Maria Teresa d'Austria.

martedì 9 maggio 2017

[VIDEO] Storia del Carlismo: Javier I (1889-1977), una vita al servizio della Tradizione

In occasione del XL anniversario della morte di S.M.C. Javier I di Spagna (1889-1977), avvenuta nell'ospedale di  Zizers vicino a Coira (Svizzera) il 7 maggio 1977,  in sua memoria, riportiamo questo eccelso video. Buona visione!

Redazione A.L.T.A.  


sabato 6 maggio 2017

Cinque e Quattro giornate, tante differenze in un solo giorno

 
Da sinistra: il feldmaresciallo Josef Radetzky
e il generale Fiorenzo Bava Beccaris.
 
Oggi, 6 maggio, ricorre l'anniversario (spesso dimenticato) delle cosiddette Quattro Giornate di Milano nell'ambito dei moti popolari che infiammarono l'intero regno d'Italia nel 1898. Esattamente cinquant'anni dopo le ben più note Cinque Giornate, queste collocate nella turbolenta stagione del '48 europeo.
Benché i nomi siano simili e che, curiosamente, tra i due fatti intercorra mezzo secolo esatto, i due eventi non hanno poi così tanti punti di contatto nelle premesse, nei fatti e nei seguiti.
Le Cinque Giornate furono un vero e proprio episodio di guerra, in linea con ciò che accadeva nel resto d'Europa, tra due visioni del mondo e dello stato. Si trattava di vera e propria insurrezione armata aizzata in prima linea dalla borghesia e dalla piccola-media nobiltà liberale, che però sulle barricate mandava spesso e volentieri la popolazione civile. Il Feldmaresciallo Radetzky dovette intervenire in un contesto di pura battaglia urbana, tant'è che dopo quei terribili 5 giorni di scontri i morti tra i soldati dell'esercito furono circa un migliaio.
Fiorenzo Bava Beccaris, il generale piemontese protagonista delle Quattro Giornate, invece, ebbe a che fare con una schiera di affamati e indigenti schiacciati da una classe dirigente proveniente in parte da alcune di quelle categorie borghesi e nobili di stampo liberale che strizzò l'occhio alle cinque giornate. Vi era poi, oltre alla fame, tutto il ventaglio di rivendicazioni di natura socialista, anarchica e protocomunista, pressoché assenti o per lo più marginali nel '48 lombardo.
Differenti furono anche le reazioni dei due eserciti intervenuti. Se Radetzky, conscio del ruolo strategico ed economico di Milano, agì per lo più con lo scopo di contenere la situazione non usando l'artiglieria sui civili e risparmiando la città (anche quando ebbe riuscì a rientrare), l'esercito italiano di Beccaris intervenne in modo più aggressivo. Durante i moti del 1898 i morti tra i soldati furono solamente due, uno fucilato dai suoi stessi camerati per essersi rifiutato di sparare e l'altro che si sparò da solo per errore. Tra i manifestanti presi a cannonate e assaliti da bersaglieri e carabinieri si contarono tra gli 88 e gli oltre 300 morti, senza contare i feriti e gli arresti.
Una vicenda molto differente anche negli epiloghi. Radetzky procedette con diverse amnistie del nei confronti di diversi civili e nei confronti di quella parte di esercito che disertò, non per niente il Feldmaresciallo boemo poté vivere tranquillamente senza scorta fino alla sua morte a Milano. Inoltre dopo il 1848 emerse l'idea di istituire una milizia contadina per spalleggiare l'azione dell'esercito governativo nel controllo della borghesia e della nobiltà filo-sabauda, gli alti comandi italiani nel 1898 mai avrebbero potuto concepire un progetto simile.
Purtroppo però quel retrogusto di italia umbertina rimasto nell'Italia repubblicana di oggi fa in modo che si mitizzi, al fine di costruire una identità nazionale, un triste evento come quello delle Cinque Giornate e si preferisca insabbiare qualcosa di terribile come le Quattro Giornate.
Spetta dunque a chi ha la possibilità di ricordarsi e di far ricordare queste pagine provare a far rivere e diffondere un'altra versione dei fatti, per evitare che tutto diventi una semplice data sul manuale di storia