venerdì 24 maggio 2013

IL MINOR CARICO TRIBUTARIO IN EUROPA




La attenta amministrazione pubblica unita alla sapienza di personaggi autorevoli e preparati come il Ministro delle Finanze Tanucci sotto la supervisione attenta dei Sovrani delle Due Sicilie, produssero un sistema tributario che, messo a confronto con quello degli altri stati della penisola e di Europa, risultava essere il più sostenibile e meno gravoso di tutti

Il mite carico tributario assieme al virtuoso processo di industrializzazione avviato in vari campi, erano le virtuose premesse per uno sviluppo economico senza pari, interrotto solo con la violenza delle armi nel 1860.
Il 20 aprile del 1818 Sua Maestà il Re Ferdinando I emanò una direttiva che uniformava il sistema monetario della parte continentale ed insulare del regno delle Due Sicilie;
considerato che un ducato corrispondeva a 4 lire e 25 centesimi piemontesi possiamo stabilire che il valore del ducato, rapportato ai giorni nostri, era di circa 16 € per cui un grano (che ne era il centesimo) valeva 0.16 €.

Tutto il sistema, nel suo complesso, era garantito in oro nel rapporto uno ad uno; la storia numismatica delle Due Sicilie risaliva a 2500 anni prima con le zecche della Magna Grecia, quando in molte parti d’Italia e del mondo era in uso il baratto in natura; ci pensò Garibaldi con il decreto del 17 agosto 1860 a sopprimere il plurimillenario sistema monetario siciliano e successivamente mettendo fuori corso il ducato con la legge del 24 agosto 1862 .

Le banche (“i banchi”) nel 1700 erano sette (S.Giacomo, del Salvatore, S.Eligio, del Popolo, dello Spirito Santo, della Pietà e dei Poveri) e le loro condizioni si mantennero floridissime fino alla fine del secolo; nel 1803 ci fu il primo accorpamento che fu completato il 12 dicembre del 1816 con la creazione del “Banco delle Due Sicilie” che successivamente si chiamò “Banco di Napoli” nella parte continentale del regno e “Banco di Sicilia” nell’isola.
In questi istituti si aprivano conti correnti (la quantità di denaro depositato era enorme) e si concedevano prestiti a mutuo o su pegni, come negli antichi banchi .

Il costo della vita era basso rispetto agli altri stati preunitari e lo si può dimostrare paragonando i salari, che pure non erano certo elevati, con il costo dei generi di prima necessità; la giornata di lavoro di un contadino era pagata 15-20 grana, quella degli operai generici dai 20 ai 40 grana, 55 per quelli specializzati; 80 grana spettavano ai maestri d’opera; a tali retribuzioni veniva aggiunto un soprassoldo giornaliero di 10-15 grana per il vitto; un impiegato statale percepiva 15 ducati al mese, un tenente di fanteria 23 ducati, un colonnello di fanteria 105 ducati;
di contro, un rotolo di pane (890 grammi) costava 6 grana , un equivalente di maccheroni 8 grana, di carne bovina 16 grana; un litro di vino 3 grana, tre pizze 2 grana.

Il livello impositivo era il più mite di tutti gli Stati della penisola; per quanto riguarda la contribuzione diretta era in pratica basato solo sull’imposta fondiaria, le ritenute fiscali partecipavano solo per il 3.2%.

Sulla tomba del ministro delle finanze Tanucci, al suo incarico per 40 anni, troviamo scritto che NON impose nuovi balzelli, viceversa nel periodo 1848-1860 il governo piemontese impone ben 22 nuovi tributi.

Le entrate totali dello Stato erano percentualmente divise in queste proporzioni: ”la fondiaria partecipava per il 30% del totale complessivo; i dazi per il 40%; del rimanente 30% , il 12 era assicurato dalla Sicilia come contributo alle spese generali dello Stato ed il 18% era diviso tra 17 altri capitoli, che concorrevano con percentuali irrisorie”.

Il bilancio del regno delle Due Sicilie nasce, però, storicamente con un debito pubblico di 20 milioni di ducati - e r e d i t a t o - dal governo francese di Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat, un peso notevole che era pari ad oltre un’annata di entrate fiscali; l’Austria impose di estinguerlo a breve distanza e le scadenze furono previste sino al 1819; per fare ciò il governo dovette ricorrere al prestito ma non si trovarono banche internazionali disponibili, per cui, ad accollarsi il compito, fu la struttura napoletana del credito che, come in molti altri paesi, era frammista a quella mercantile.

Questa pesante eredità della invasione francese fu la causa di molti altri problemi negli anni successivi, che la storiografia dei vincitori ha disinvoltamente imputato all'amministrazione del Regno Borbonico.

Per quanto riguarda le imposte indirette il Carano-Donvito conferma la grande mitezza di quella sugli Atti, Registro e Bolli “...le condizioni furono eccezionalmente favorevoli ai contribuenti dell’ex Regno. Inoltre non è a dimenticare che le imposte successorie, cosi’ gravose in tutti gli Stati, furono completamente sconosciute ai napoletani...”

Dopo il 1860 il debito astronomico del Piemonte insieme al costo della guerra di invasione del 1860 fu addossato sulle spalle di tutti gli stati preunitari e soprattutto su quelle del Regno delle Due Sicilie poiché li continuò ben oltre il 1860 e per almeno un abbondante decennio; da quel momento con la fuga di un intero popolo, quasi 20 MILIONI di cittadini, nacque una questione che ad alcuni, tra i vincitori piacque che si chiamasse "meridionale"; un modo per fuorviare , lasciando intendere che la causa di quel disastro risiedesse li dove s'infiammava.


 tratto dalla pagina di FB: Regno di Napoli e delle Due Sicilie