venerdì 9 settembre 2011

150 anni fa la proclamazione del regno d’Italia e un mare di guai:PERCHÉ NON CELEBRIAMO LA (FALSA) UNITÀ D’ITALIA?.

1 - Perché il cosiddetto risorgimento fu guerra civile fra italiani
È un falso storico che il “risorgimento” abbia unito gl’italiani. Esso invece li ha divisi, avendo prodotto ben 7 guerre civili. Il risorgimento inizia con l’invasione dell’Italia da parte di Napoleone (1796): i giacobini italiani suoi alleati combattevano contro altri italiani, gl’insorgenti, fedeli alla Serenissima e ai Reami tradizionali e cattolici della Penisola (250mila morti almeno dal 1796 al 1814). Il “risorgimento” prosegue con le congiure carbonare e di altre sette segrete, che assassinano i cosiddetti reazionari e poi con le cosiddette guerre d’indipendenza, in cui (a Goito, a S. Lucia, a S. Martino, a Calatafimi,sul Volturno, a Custoza, a Lissa ecc.) nazionalisti italiani combattevano altri italiani, difensori dei legittimi Prìncipi; continua ancora nelle due guerre mondiali, nella prima, in cui truppe italiane dei Savoia combattevano contro trentini e triestini arruolati nell’esercito imperiale, e nella seconda, con la cosiddetta resistenza (1943-45) chiamata “secondo risorgimento”.
Nell’Imperial-Regio esercito d’Austria 25mila soldati su 70mila erano lombardo-veneti. Un soldato su tre del Feldmaresciallo Radetzsky era italiano! Alcuni Reggimenti erano di soli veronesi e rodigini, come il 45° Arciduca Sigismondo(giacca bianca, pantaloni azzurri, mostrine rosse) che si distinse contro i risorgimentali in tutte le guerre. Dal 1814 al 1866, furono 500mila gl’italiani che militarono nella grande armata imperiale. Altro che il bastone croato della propaganda risorgimentale! L’italianità o, se si preferisce, la venezianità della marina austro-veneta era tale che a Lissa(20 luglio 1866) l’ammiraglio Tegetthoff impartiva gli ordini agli equipaggi in veneziano (“daghe dosso, Nino, che la ciapemo”): affondate le corazzate sabaude Palestro e Re d’Italia, Tegetthoff annunciò la vittoria. Gli equipaggi veneti risposero lanciando i berretti in aria e gridando: “Viva San Marco!”
Sanguinosissima e spietata fu poi la repressione risorgimentale nel Sud Italia contro i borbonici (liquidati come“briganti”) dopo l’invasione garibaldesca del Regno delle Due Sicilie: derubate le casse reali lasciate intatte dai Borboni(oltre 19 milioni di ducati oro, circa 1.500 miliardi di euro di oggi) nel 1872, a fine guerra civile, si contavano: 266.370 borbonici uccisi; 339.397 in carcere (di cui 10.760 all’ergastolo); 498.850 detenuti politici nelle galere risorgimentali; 23.013 militari sardi uccisi. La Civiltà Cattolica e autori contemporanei valutano in 1 MILIONE di morti il costo della conquista militare del Sud.Molti soldati borbonici entrarono fra i cosiddetti “briganti”, altri si arruolarono fra i sudisti del Generale Lee nella guerradi secessione americana. Quelli che rimasero, ma non vollero giurare a Vittorio Emanuele II per restare fedeli al propriolegittimo Re Francesco II, furono deportati nei gulag del Nord, specie a Fenestrelle, sulle Alpi, dove morirono di stenti e difreddo. Il governo del neonato Regno d’Italia, nel 1862 tentò addirittura di deportare nel Borneo, nello Yemen e in Patagonia i meridionali contrari all’unificazione coatta.

                                                      Vittoria imperiale a S. Lucia, a Verona (6 maggio 1848).

2 - Perché il cosiddetto risorgimento fu ferocemente anticattolico
Il “risorgimento” fu guerra di religione contro la Chiesa Cattolica. Nel solo Piemonte cavourriano prima furono soppressi i gesuiti, i loro beni espropriati, i religiosi mandati agli arresti domiciliari; dal 1855 furono soppressi ed espropriati tutti gli ordini religiosi ivi presenti e, nel 1861, 57.243 religiosi (monaci, frati, suore, consacrati che assistevano i malati negli ospedali o dediti all’istruzione scolastica) furono cacciati dai loro conventi dalla sera alla mattina e messi su una strada, senza nulla. Pochi anni dopo 24mila opere pie laicali, dedite all’assistenza e alla carità grazie a lasciti e donazioni dei fedeli, furono soppresse e i loro beni incamerati. Fin dal 1859 il Codice Penale piemontese puniva con pesanti multe e 2 anni di carcere il sacerdote che negasse i Sacramenti ai liberal-massoni scomunicati, come imposto dalla Chiesa e con 6 mesi di carcere chi pubblicasse le encicliche papali. Nel 1861 più di 100 diocesi italiane erano senza vescovi, perché i nominati potevano insediarsi nelle loro sedi solo col permesso dei liberali e solo se favorevoli al nuovo corso risorgimentalista. Cose da far invidia all’Unione Sovietica o alla Cina comunista. Le sette massoniche e protestanti miravano a distruggere il Papato e la Chiesa, privandoli del potere temporale e infiltrandoli.
I padri ignobili del “risorgimento” furono legati a filo doppio alle sétte massoniche o paramassoniche del tempo. Dal libertino Vittorio Emanuele II, che, senza nemmeno dichiararla, mosse guerra al cugino Francesco II Re delle Due Sicilie,gli usurpò il Regno e rapinò le pingui casse borboniche; a Cavour, la cui famiglia si era arricchita con la vendita all’asta dei beni ecclesiastici (Abbazia di Lucedio, nel vercellese) al tempo di Napoleone; al terrorista Mazzini, antesignano delle Brigate Rosse, che mandava in giro i suoi sgherri ad ammazzare i legittimisti (dal duca di Parma Carlo III, al Primo Ministro del Papa Pellegrino Rossi, agli assassini dei militari Anviti a Parma e Marinovicha Venezia ecc.); a Garibaldi, Gran Maestro della Massoneria, ladro di cavalli, negriero e avventuriero che guidò la predonesca spedizione dei Mille (in realtà 22.000 ex soldati dell’esercito sardo congedati apposta e riammessi nei ranghi a usurpazione finita). Per non dire dei furti: a Modena, Luigi Carlo Farini, Commissario di Vittorio Emanuele II e poi suo Primo Ministro, usurpato il potere, svuota il palazzo ducale; accusa sfacciatamente del furto il Duca Francesco V, esule in Austria con tutta l’armata estense rimastagli fedele. A Roma occupata nel 1870 i Savoia scassinano le porte del Quirinale, la reggia pontificia, e vi si insediano. I beni delle chiese sono venduti all’asta per quattro soldi.


Caccia al prete nella massonica repubblica rivoluzionaria (1848) di Daniele  Manin, antitesi della gloriosa Serenissima.


3 - Perché il cosiddetto risorgimento fu un delitto di usurpazione verso Stati
e Prìncipi legittimi e causò l’esodo biblico degl’italiani all’estero
Il “risorgimento” fu un tremendo atto di usurpazione contro i legittimi Prìncipi e contro la Chiesa. Il Papa Pio IX scomunicò tutti i responsabili dell’aggressione. I Patti Lateranensi del 1929 non cancellano l’usurpazione e i furti che, anche quando sono perdonati, restano tali e non diventano atti buoni. Nasce la patria di plastica, inventata nel 1861, e imposta in luogo dell’autentica Patria storica dei Comuni e degli antichi Stati preunitari, trattati da nemici, quando furono essi la gloria dell’Italia, le cui vestigia culturali e d’arte tutto il mondo viene ad ammirare. Oltraggioso per il Santo Papa Pio IX e per la Chiesa, oltre che ridicolo, l’entusiastico appoggio offerto alla propaganda risorgimentalista dalle gerarchie vaticanosecondiste, come Ratzinger o il “bersagliere” Bertone, Segretario di Stato, intrise di spirito mondano.
Il “risorgimento” fu la causa dell’emigrazione italiana all’estero: 30 milioni in un secolo, dal 1861, di cui 20 milioni dal Sud. Prima l’Italia sfamava tutti; con il nuovo regime di anticlericali e risorgimentali, non più. E noi dovremmo festeggiare questa catastrofe nazionale? Anziché domandare perdono e riparare, i risorgimentalisti chiamano invece un guitto di regime (Roberto Benigni) che si è fatto pagare fior di quattrini per inneggiare all’infelice unità d’Italia, speculando sulle sofferenze di tanti poveri Cristi di ieri come di oggi.


 Il Santo Papa Pio IX e il Concilio Vaticano I, interrotto con la violenza nel 1870 dalle truppe risorgimental-massoniche in Roma.
 
4 - Perché il cosiddetto risorgimento fu imposto dalle società segrete
agl’italiani e ci regalò il fisco vessatorio che patiamo ancor oggi

Il “risorgimento” fu opera di un’infima minoranza liberale (l’1-2% della popolazione con diritto di voto) e di affiliati a società segrete e sétte d’ispirazione massonica (Carboneria, Giovine Italia, Esperia, Legione Italica ecc.). Un pugno di settari impose con la violenza la camicia di forza anticlericale e unitarista al restante 98% della popolazione cattolica italiana. Ricorse perfino a plebisciti-truffa per legittimarsi: voto palese; urne separate e schede di diverso colore per il sì e il no; voto plurimo concesso ai risorgimentalisti (esclusi invece dal suffragio i legittimisti); nessun controllo sugli aventi diritto; schede per il sì distribuite in numero doppio di quelle per il no; propaganda annessionista sfacciata persino nei seggi (vietata invece ai contrari); minacce di morte ai legittimisti e di licenziamento ai dipendenti contrari alla falsa unità; brogli nello spoglio dei voti, quando si rendessero necessari. Ecco spiegate le percentuali bulgare pro annessione, fra il 97,43% della Toscana e il 99,98% di Veneto, Mantova e Udine. Tutti i legittimisti (pro-Impero, borbonici ecc.) portavano invece indosso la coccarda candida.
Già nel 1866 i Savoia avevano più che raddoppiato la pressione fiscale sui popoli d’Italia; aggiunto la tassa sul macinato, che colpiva soprattutto i poveri, estesa a tutte le granaglie e persino alle castagne; la tassa sulle finestre; la gabella sulla macellazione del maiale e quella su chi comprava un litro di vino per volta. Comincia il fisco occhiuto e vessatorio dell’italietta di oggi, che preleva anche più della metà del reddito, per mantenere un’immensa, costosissima burocrazia (3.650.000 dipendenti pubblici, e col parastato molti di più) inefficiente e dannosa. Insomma, dal liberalismo di Cavour al socialismo fiscale, il passo è assai breve.

 
Il plebiscito a Napoli (21 ottobre 1860) con le due urne ben separate del e del no, per intimidire i contrari all’annessione.