di Gaetano Masciullo
In questi giorni stanno facendo molto discutere le affermazioni che il Santo Padre Francesco avrebbe rilasciato sull’aereo di ritorno dal Brasile, in occasione della GMG 2013. Da che parte sta il papa? Con i cattolici di sempre, con la Tradizione, o è diventato (magari ha semplicemente manifestato la sua vera natura?) un semplice “vescovo di Roma” lassista, permissivo, progressista, disponibile addirittura ad aprire ai gay, alle nozze omosessuali e a tutti gli abomini che ne conseguono?
Chissà. Certo, a parte poche eccezioni, i media non stanno facendo altro che ripetere da ore che il papa avrebbe dichiarato: “Chi sono io per giudicare un gay?”. Una frase che ad ogni modo dovrebbe far rabbrividire i cattolici: beh, Francesco, lei è il Sommo Pontefice di Santa Romana Chiesa, successore di Pietro, vicario di Cristo in terra, chi più di lei dovrebbe lottare per far valere il diritto naturale contro le manipolazioni e gli attacchi che certuni quotidianamente muovono? Se anche il papa scade nel relativismo, siamo finiti. D’altro canto, i buonisti, i modernisti, gli pseudocattolici, tutta quella masnada di adoratori del proprio ego si sentono ancora più autorizzati a diffondere i propri errori.
In verità, come al solito, i media ci hanno un po’ marciato sopra. Alla domanda: “Perché in Brasile non si è pronunciato su aborto e nozze gay?” il papa prontamente ha risposto: “La Chiesa si è già espressa su questi argomenti, la Chiesa ha già una posizione chiara”. Nulla da aggiungere. L’affermazione del papa sui gay, quella che ha fatto scalpore, vista nel suo complesso, suona diversamente: “Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato nessuno che mi dia la carta d’identità, in Vaticano. Dicono che ce ne siano. Ma si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Se è lobby tutte non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte. Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby: di questa tendenza o d’affari, lobby dei politici, lobby dei massoni, tante lobby… questo è il problema più grave. E la ringrazio tanto per aver fatto questa domanda. Grazie tante”.
Il papa dunque non ha aperto agli omosessuali, finiamola con le strumentalizzazioni! Vladimir Luxuria dovrà attendere ancora molto, si spera, per “tornare cattolico/a”. L’unica cosa che si può rimproverare a Francesco è che, in un periodo come questo in cui bisogna essere fermi, precisi, combattivi, lui si limita a pronunciare frasi ambigue, quasi a non voler colpire nessuno, lasciando così il compito della giusta interpretazione delle sue parole a terzi. In un periodo in cui si discute sulla legge contro l’omofobia e in Francia si viene arrestati per una felpa su cui è disegnata una famiglia naturale, il papa non si sbilancia più di tanto. Ma la Chiesa ha già “una posizione chiara” (parole del papa).
Lobby gay? “Dicono che ce ne siano in Vaticano”. Sono passati diversi anni dalla pubblicazione del libro di don Ariel Levi di Gualdo, nel quale tra le altre cose denunciava proprio la presenza di una massiccia lobby gay nella Chiesa. Non è una ipotesi, una voce di corridoio, è ormai una certezza a dire il vero. La conclusione che dà Francesco però è impeccabile, giustissima nella sua formulazione: “Il problema è fare lobby”. L’omosessuale è in peccato mortale se pratica il suo atto disordinato e contro natura (cfr. Levitico 20,13; 1Corinzi 6,10; CCC 2357-2359), non per il semplice fatto di essere omosessuale, fatto che ovviamente va contro la propria volontà. Ricorda infatti il Catechismo stesso che “le persone omosessuali sono chiamate alla castità”.
Piccola parentesi: trovo molto confortante il fatto che il papa, nell’elencare gli esempi di varie lobby da condannare e pericolose per la società, abbia nominato la “lobby dei massoni”, parola che ormai sembra essere divenuta un tabù, pericolosissima da pronunciare a certi livelli.
E per concludere, inserisco una piccola nota, che dimostra ancora una volta, anche se forse in fin dei conti, la cattolicità di Bergoglio: sull’aereo un giornalista ha chiesto al papa se il titolo “vescovo di Roma” riguarda l’ecumenismo, per arrivare a vedere il papa come il vescovo ortodosso di Costantinopoli, primus inter pares. La risposta del papa è secca e cattolica: assolutamente NO! “Non andiamo più avanti di quello che si dice. Il Papa è vescovo, vescovo di Roma e da lì viene tutto, derivano gli altri titoli: successore di Pietro, Vicario di Cristo… Ma dire, pensare che questo vuol dire essere primo inter pares, no, questo è andare oltre, non è conseguente a questo, è semplicemente il titolo primo del Papa. Sottolineare il primo titolo, certo, può favorire l’ecumenismo”.
Sicuramente un ecumenismo discutibile, che spesso sfocia nelle già condannate eresie del pancristianesimo e dell’irenismo, ma il trono di Pietro non si tocca: il papa resta papa.
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