XIII
Tradizionalismo istituzionale e sue degenerazioni nel contesto d'Italia
Il Comune medievale del settentrione ed il Regno di Sicilia.
L'Italia nel XI secolo. |
Le autonomie erano alla base di tali tradizioni amministrative. I Comuni erano sì fedeli all'Imperatore ma quest'ultimo ne doveva riconoscere e rispettare le peculiarità.
Se nell'Italia settentrionale il comune si sviluppò precocemente, ben diversa era la situazione della Sicilia e del Napoletano. Qui, infatti, si affermò nel XII secolo il Regno dei Normanni, i quali costituirono un Regno indipendente tra i più solidi dell'epoca. I Normanni, si erano stanziati nell'Italia Meridionale agli inizi dell'Xl secolo: nel 1059 Papa Niccolò II aveva incoronato Roberto il Guiscardo Duca di Puglia e di Calabria. Nel frattempo, la Sicilia andò sotto il controllo di un fratello di Roberto il Guiscardo, cioè Ruggero d'Altavilla, che nel corso di trent'anni sconfisse gli occupanti emirati arabi dell'isola (1061-1091), assumendo infine il titolo di Gran Conte di Sicilia. Suo figlio Ruggero II di Sicilia (1113-1154) nel 1130 venne incoronato Re di Sicilia; sotto il suo governo, venne a trovarsi anche il sud della Penisola, poiché lo zio Roberto il Guiscardo, morendo, non aveva lasciato discendenti diretti; si costituiva, così, un potente Stato che comprendeva tutta l'Italia Meridionale. Il Regno dei normanni, divenne allora una delle principali potenze del Mediterraneo. Con Ruggero II si affermò uno stato forte, nel quale grande importanza conservavano le tradizionali istituzioni feudali, ma dove le tendenze, o capricci, autonomistiche dell'alta feudalità (i baroni) erano controllate saldamente dalla corona. Dagli arabi, Ruggero prese e migliorò la struttura amministrativa rendendola ben organizzata, posta sotto il suo diretto controllo. Il Regno dei normanni, anche per la sua posizione geografica, godette di un lunghissimo periodo di grandissimo splendore; era uno stato potente, con un forte esercito e una forte marina, che ben presto rivaleggiarono con le altre potenze del Mar Mediterraneo, vale a dire gli arabi e i bizantini.
Le Italie del XVI secolo
L'Italia all'alba nel XVI secolo. |
Nei primi decenni del XVI secolo, vi furono gli sconvolgimenti avvenuti in seguito alle così dette "Guerre d'Italia"; ma nonostante ciò le peculiarità amministrative delle varie aree della penisola rimasero effettivamente immutate nonostante vi furono cambi di dinastie alla guida dei diversi Stati.
E' proprio in quelle Italie del XVI secolo che risiede la chiave della Tradizione italica ; è in esse che si consolidarono le peculiarità distintive dei popoli della penisola.
La Corona di Castiglia portò in quel secolo una concezione di governo più salda e giusta . L'ambizione della nobiltà era frenata dalla saggezza del Sovrano il quale mise ordine la dove vigeva da lungo tempo il disordine. Dal Ducato di Milano fino al Regno di Sicilia , gli Aragona di Spagna mantennero salde le Tradizioni di queste terre creando un unità di fede così come fecero in Navarra, Aragona e Valencia. Le autonomie comunali del Nord della penisola , se pur sotto un giusto controllo Reale , mantenevano le loro libertà ; mentre a Napoli i Sedili napoletani, detti anche Seggi o Piazze, i quali erano dei parlamenti rappresentativi, nei quali si riunivano i delegati dei vari rioni, gestendo dalla seconda metà del ‘200 ampie attribuzioni amministrative, giuridiche e giudiziarie, furono mantenuti intatti. Segno palese del passaggio dall'instabile monarchia dei secoli precedenti al Regno costituito si ebbe quando il Gran Capitano ebbe la massima cura di convocare il popolo napoletano nella Chiesa di San Domenico il 25 Aprile 1504. Il rappresentante del Re Cattolico preferiva fare ricorso al popolo e lo convocava immediatamente a Cortes , introdotte da Alfonso il Magnanimo come adattamento napoletano alle libere istituzioni catalane. Il Vicerè , il Sacro Consiglio Collaterale , la Corte della Vicaria , la Cancelleria organizzata da Ferdinando il Cattolico nel 1505, i parlamenti con rappresentanza popolare , i seggi della capitale dotati di poteri deliberanti , rappresentarono la coerenza e grandezza di quella politica di ordine e organicità inaugurata dalla Corona di Castiglia.
I Sovrani spagnoli applicarono sin da subito la prassi dell’accordo coi ceti dirigenti, cioè col patriziato cittadino, e, in secondo luogo, gli interessi di tutti i territori della penisola soggetti alla Corona castigliana avevano una giusta rappresentanza a Madrid attraverso il Consiglio d’Italia. Le garanzie d’autonomia del patriziato milanese s’avvalsero anche di una contingenza particolarmente favorevole: Pio IV Medici (1559-64), primo e unico Papa milanese, con una bolla del 1560 garantì, riservando ai patrizi milanesi alcune cariche che gli spagnoli avrebbero potuto assoggettare, il controllo del Collegio dei Nobili giureconsulti, il cui palazzo s’affaccia ancora su piazza Mercanti. Grazie a ciò il Senato di Milano, supremo tribunale del Ducato, divenne la roccaforte dell’autonomia patrizia insieme al Magistrato Ordinario, organo fiscale. Peraltro l’esser inserita nell’Impero Spagnolo non significò per il Ducato perder la sua dimensione internazionale, anzi , dato che lo Stato di Milano, di concerto col governatore, aveva diritto d’inviare rappresentanti diplomatici a Madrid e alle altre corti europee. Come tornasole della saggezza della politica spagnola di accordo con i notabili e le tradizioni amministrative locali, si può osservare come anche le riforme del Duca Olivares del 1647 trovarono pacifica accoglienza nella popolazione milanese.
I nuovi ordini religiosi dei gesuiti e dei barnabiti importarono a Milano la fede genuina e semplice della Controriforma, fatta di devozioni ma anche di confraternite e congregazioni, in cui l’intimo perfezionamento religioso non andava a scapito della dimensione sociale del cattolicesimo. Insieme alla religiosità barocca questi ordini portarono ai meneghini una ventata di freschezza culturale assicurata dalle scuole, il collegio di Brera e le scuole arcimbolde di S.Alessandro soprattutto, che avrebbero formato generazioni di nobili milanesi. Sempre ad un ecclesiastico, il cardinal Federigo Borromeo si deve la nascita della Biblioteca Ambrosiana, istituto che, nei secoli, ha conservato la memoria ed accresciuto la conoscenza della storia meneghina. Manifesto di un’epoca in cui religione, politica e cultura non andavano disgiunte, ma procedevano insieme per lo scopo duplice della salvezza delle anime e la felicità sulla terra. La Milano spagnola era ancora quella in cui il lavoratore, anziché essere lasciato in balia del padrone, trovava accoglienza e riparo nelle corporazioni e nelle botteghe, dove il padrone era una maestro e un padre anziché un oppressore. Alla crisi dell’economia seicentesca Milano seppe rispondere inoltre con la conversione: abbandonò la grande tradizione metallurgica, legata alla produzione di armi e corazze, per investire sulla lana e sulla seta, che permisero anche al contado di lavorare e sviluppare, di conseguenza, l’agricoltura.
Nelle altre aree della Penisola italiana le peculiarità amministrative rimasero in gran parte inalterate e scevre da contaminazioni le quali in quel periodo cominciavano ad intaccare le corti europee. Ma all'inizio del XVIII secolo le cose cambiarono.
La Rivoluzione europeizzante invade l'Italia
Assolutismo e liberalismo.
L'Italia nella seconda metà del XVIII secolo. |
In Piemonte i Savoia , emulando la Corte di Versailles , centralizzarono il potere Regio soffocando le autonomie locali in specie in Sardegna che tanto aveva ricevuto dal governo precedente. Nel Ducato di Milano le cose andarono in modo leggermente diverso anche se l'istituzione Sovrana in se subiva nel medesimo periodo contaminazioni filosofiche profonde. Nelle Due Sicilie , Don Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna , del quale abbiamo ampiamente parlato in precedenza , nello stesso modo paterno , francesizzò Napoli e Palermo portandovi l'assolutismo alla francese tanto amato dalla dinastia Borbonica. Egli mantenne in realtà le istituzioni Tradizionali ma , comunque, nonostante le cose buone che egli fece, le minò profondamente. Lo stesso accadde in Toscana ed a Parma mentre a Modena la cosa andò in maniera leggermente differente.
Dopo la tempesta rivoluzionaria portata da Napoleone in Italia e il proliferare delle logge massoniche , le istituzioni tradizionali vennero sempre meno. Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia , divenuto Ferdinando I delle Due Sicilie, salvò si la Sicilia dall'usurpazione britannica ma commise il grosso errore di abolire i secolari sedili napoletani già nel 1800 dal ritorno del suo primo esilio in Sicilia. Questa venne considerata come una nefasta rivoluzione per il Regno ed il suo assetto.
Contribuirono di certo le armate del Bonaparte ad infrancesare la penisola italiana e il Murat ad infrancesare Napoli più di quanto non l'avesse fatto Carlo III di Spagna.
In questo vortice di assolutismi radicati la rivoluzione avanzava silente. Le Rivoluzioni settarie minarono i governi legittimi , già contaminati da idee perniciose scaturite dal veleno del secolo XVIII , portando la sovversione. Con la nefasta unità d'Italia , "sotto lo scettro costituzionale di Casa Savoia", determinò il crollo totale della Tradizione delle Italie almeno in campo pratico. Quella monarchia fasulla del Savoia , tenuta in piedi dalle potenze liberali e dalla setta che nell'ombra dirigeva il tutto, ridusse la figura della monarchia in Italia alla mera apparenza; allontano dalla maggior parte del popolo l'amore che fu un connubio per secoli: Dio e Re!.
Quando il dispotismo liberal-costituzionale del Savoia finì, dopo guerre , fame e miseria, in Italia non vera traccia rilevante di Tradizione viva così come per esempio si poteva trovare in Spagna. Erano rimaste solo poche persone a conservare e tramandare le vere libertà che tanto avevano dato a quelle terre. E dopo novant'anni di dispotismo sabaudo e più di sessant'anni di Repubblica ogni tradizione sembra scomparsa dalle Italie il quale governo era primato di saggezza in quelle Italie del XVI secolo.
Continua...
Fonte:
Wikipedia
http://sagradahispania.blogspot.com/
www.ilportaledelsud.it
La Monarchia Tradizionale di Francisco Elias De Tejada
Scritto da:
Il Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.