giovedì 4 luglio 2013

La Monarchia e le sue degenerazioni (Monarchia Assoluta e liberale) - (Parte 6°).


IV
Gli Orléans e la Monarchia liberale in Francia
 



 
Luigi Filippo e la "monarchia di luglio"
Tra intrighi, rivolte e mal governo


Luigi Filippo I
Luigi Filippo , III Duca d'Orléans
(Luigi Filippo "I").
La mano della framassoneria è palese nella Rivoluzione del 1830 che permise a Luigi Filippo di usurpare il Trono alla legittima dinastia e inaugurare la Monarchia liberale in Francia: "Non istate a credere - disse Dupin il maggiore, alto massone della loggia dei Trinosofi - che siano bastati tre giorni a far tutto. Se la Rivoluzione fu sì pronta ed improvvisa, se l'abbiam compiuta in pochi giorni, si fu perché noi avevamo una chiave di volta, ed abbiamo potuto sostituire immediatamente un nuovo e completo ordine di cose a quello che era stato distrutto".
La setta non poteva tollerare più a lungo sul Trono il ramo primogenito dei Borbone; d'altra parte erano troppo recenti gli orribili ricordi della prima Repubblica per osar d'affrontare il sentimento pubblico proclamando una nuova Repubblica. Perciò essa prese un mezzo termine e pose "come chiave di vôlta" dell'edificio che da quindici anni andava preparando, "il figlio del regicida".




Guizot
Alla società Aide-toi, le ciel t'aidera (chi s'aiuta, il ciel l'aiuta), presieduta da L. Guizot, era stato affidato l'incarico di preparargli le vie. Lo confessò Didier alla Camera dei deputati, il 18 maggio 1833: "Fu per le cure della nostra società che furono pubblicati e distribuiti gli opuscoli contro la ristaurazione, che furono organizzate le sottoscrizioni in favore dei condannati politici, che fu data la parola d'ordine di lagnarsi dei Gesuiti e di gridare nelle sommosse: Il Viva la Charta!". Bisognava approfittare di tutte le occasioni per iscreditare il potere, per creargli imbarazzi ed accrescere sempre più quelli che l'occasione potesse far nascere".


Nonostante la setta con la sua nuova Rivoluzione fosse riuscita a vincere in quel 1830 , il Trono di Luigi Filippo , il quale si faceva chiamare "Luigi Filippo I re dei Francesi", era assai traballante: piccole fazioni settarie, le quali disubbidirono agli ordini delle sette maggiori , in particolare del Grande Oriente, fecero scoppiare a Parigi ed in altre città di Francia rivolte filo-repubblicane ; la fedeltà del popolo , specie nelle campagne , alla dinastia legittima manifestava il suo vivo disaccordo nei confronti del "re borghese"; gli accadimenti rivoluzionari avevano messo in fibrillazione le cancellerie d'Europa impegnate , nonostante il cancro settario che le divorava, a mantenere l'ordine legittimo in Europa. Non solo il tricolore massonico-rivoluzionario sventolava nuovamente dopo quindici anni , rilanciando quel contraddittorio e funesto  slogan "libertè, egalitè , fraternitè" , ma quell'evento stava a significare che la corruzione della morale e della società che vide il suo vero nascere nel Rinascimento era riuscita a corrompere l'istituto Monarchico a tal punto da svuotarlo totalmente delle sue reali e legittime mansioni conservandone solo un guscio non troppo appariscente: quella monarchia costituzionali , con il "re che regna ma non governa" , cui aspiravano quei settari conservatori capeggianti i movimenti liberali d'Europa.

La Gazzetta Piemontese, martedì 31 agosto 1830, riportava il seguente avvenimento: "Parigi 25 agosto [1830]. Sono scoppiati nella città di Nimes gravissimi tumulti, che posero in gran repentaglio la pubblica sicurezza. Il giorno 15 del corrente, nel quale fu proclamato il nuovo Re [Luigi Filippo d’Orleans, Re costituzionale e liberale] in quella città, essendo stata inalberata per ordine del nuovo prefetto la bandiera tricolore e fatta deporre la coccarda bianca ai soldati della guarnigione, le guardie del fuoco si rifiutarono d'intervenire alla solennità colla coccarda tricolore; il loro rifiuto pare sia stato il primo segnale dello scoppio de' malcontenti: il popolo prese verso sera a tumultuare, ed attruppandosi sulla piazza del teatro furono assalite furiosamente le persone che comparivano coi segni tricolorati, e non pochi furono gravemente feriti; l’agitazione che alla sera pareva sedata, si manifestò più minacciosa alla domane; un nuovo assembramento popolare ingrossò intorno alle caserme mandando il grido I Borboni, o la morte , mentre un altro assembramento di parte contraria muoveva loro addosso. Lo scoppio fu violento, e vi ebbero alcuni morti, altri feriti." 

Questo fu uno dei diversi tumulti legittimisti che si videro in quella Francia colpita dalla Rivoluzione . Altri tumulti di matrice legittimista sarebbero scoppiati e soffocati negli anni a venire.


File:La Fayette - Monarchie de Juillet.jpg
Il marchese de La Fayette.
L'Europa della "Santa Alleanza" , che in quel tempo aveva ancora la forza di reagire per la buona causa , non mosse un dito e riconobbe il Regno di quel "re fantoccio" che da una corte all'altra si derideva e denigrava con il soprannome di "re delle barricate" . Con una diplomazia molto efficiente la setta era riuscita non solo a far riconoscere il "regno costituzionale di Francia" ma riuscì anche ad impedire che si formasse una nuova coalizione anti-francese. Solo un piccolo Stato dell'Italia centrale si era fieramente opposto al riconoscimento dell'usurpatore, il Ducato di Modena di Francesco IV d'Asburgo-Este. Al successo di questa opera di convincimento internazionale avevano fortemente contribuito i vari movimenti massonici e carbonari , diffusi come un cancro in tutta Europa e legati dal giuramento di obbedienza al <<Grande Firmamento>> di Parigi di cui era capo venerato e indiscusso quel bieco personaggio del Marchese de La Fayette. Pochi sanno , infatti, che gli Stati più restii a riconoscere il nuovo re Luigi Filippo , furono indotti a farlo dalla sottintesa minaccia che, altrimenti, La Fayette avrebbe portato la Rivoluzione anche a casa loro...

Principe di Metternich
Principe di Metternich.
Metternich , all'epoca saldo cancelliere dell'Impero d'Austria , grazie alle sue Mémoires, getta vivissima luce sulle congiure massoniche che approdarono al rovesciamento della legittima dignità reale per sostituirle il governo volteriano di Luigi Filippo. Queste memorie gettano luce anche sul motivo per cui il Metternich decise di non far intervenire la Santa Alleanza in Francia: alcuni attribuirono la scelta ad una decisione maturata in seguito all'epidemia di colera scoppiata in Russia ; infatti è pur vero che il Principe affermo : "Sono in trappola da due parti! La Rivoluzione di fronte a me e la pestilenza che avanza alle mie spalle."
In realtà , Metternich aveva due pericoli differenti dall'epidemia di colera: il primo era quello di una possibile alleanza franco-russa se la Santa Alleanza venisse mobilitata ; l'altro, la minaccia della setta di far scoppiare Rivoluzioni in tutta Europa e nell'Impero.
Questo "lasciar correre" fu deleterio più di qualsiasi alleanza o epidemia , ma si sarebbe capito col tempo. Luigi Filippo già si faceva padrino dei rivoluzionari d'Europa sbarcando ad Ancona nella primavera del 1831 in appoggio ai fuggitivi sovversivi romagnoli. Un anno prima, appena salito sul Trono usurpato,  aveva fatto promesse di appoggio a quel sovversivo del Menotti e alle sue mire rivoluzionarie. Nel marzo del 1831 , il governo di Parigi permise ai sovversivi fuoriusciti dai vari Stati Italiani di radunarsi intorno a Giuseppe Mazzini ed organizzare un esercito per invadere la Savoia e creare disordini portando la Rivoluzione nel Regno di Sardegna. L'operazione fu sponsorizzata da La Fayette e dal contributo della principessa di Belgioioso , ma saltò perché il governo francese venne intimorito dalla forte presa di posizione del Metternich che minacciava di considerare una tale azione sovversiva come un casus belli.


Carolina di Borbone-Due Sicilie
Maria Carolina di Borbone-Due Sicilie
Duchessa di Berry.
Nella Francia orleanista , i legittimisti capivano quanto fosse stato un errore non aver dato ascolto a quella giovane donna, Maria Carolina Duchessa di Berry, la quale era stata la sola a ricordarsi che Parigi non era la Francia e che esistevano intere regioni pronte a muoversi in difesa del sovrano legittimo. Nel sud , per esempio, erano scoppiati i primi moti di protesta contro la pressione fiscale , mentre in Vandea i renitenti alla leva, votata dal nuovo governo, avevano già formato delle bande armate che operavano nella boscaglia.
A Parigi la peggior plebaglia saccheggiava i negozi di Saint-Germain e profanava le chiese. I preti erano assaliti per le strade al grido A l'eau l'abbè! , affogate l'abate. Nelle piazze e nei teatri gli oratori rivoluzionari incendiavano gli animi e proclamavano fra gli applausi  che "uccidere i signori e i gendarmi non esclude i buoni sentimenti".
Lo stesso Luigi Filippo si sentiva poco sicuro su quel Trono barcollante che si reggeva sull' alleanza tra i finanzieri liberal-settari e i manutengoli rivoluzionari da barricata. Egli era così poco sicuro che aveva trasferito all'estero il suo patrimonio personale , che era un patrimonio molto più cospicuo di quello  Re Carlo X di Francia il quale aveva lasciato la Francia con le tasche vuote.

Il "re borghese" a cavallo.
Il "re borghese" non era affatto popolare malgrado le sue esibizioni pubblicitarie popolaresche. Egli ridusse la figura del monarca in Francia al pari di un volgare politicante. Si comportava in tutto da borghese, passeggiava con l'ombrello come un qualsiasi borghese , e molta gente lo guardava con diffidenza. "Quell'ombrello ci costa molto caro" , scrivevano i giornali rivelando l'entità astronomica della sua lista civile, le nuove tasse imposte dal suo governo, il numero sempre più alto dei disoccupati e così via. Era diventata proverbiale anche la sua "sordida avarizia", tipica della borghesia liberale che tanto amava frequentare. "Il re borghese" aveva realizzato enormi fortune speculando in borsa in combutta con i suoi amici banchieri , suoi frammassoni. Egli si macchio di un'accusa che fece il giro dei salotti legittimisti, dei Caffè del Quartiere Latino: La mattina del 27 agosto 1830, poco dopo l'avvento della "Monarchia di Luglio", l'allora Principe di Condé (o, come veniva allora ancor più frequentemente chiamato, Duca di Borbone), fedelissimo della dinastia legittima,  fu trovato strangolato da un cappio al collo, l'estremità della cui corda era attaccata alla «spagnoletta» di una finestra della sua camera da letto nel castello di Saint-Leu, che aveva acquistato nel 1816. Stranamente, i piedi del Duca toccavano terra. Nulla nella vita del Principe, che la sera precedente si era ritirato normalmente, lasciava presagire una qualche intenzione suicida. Subito cominciò a circolare la voce che fosse stato assassinato su mandato di Luigi Filippo  e della moglie Maria Amalia di Borbone-Due Sicilie (1782 – 1866), i quali avrebbero così affrettato l'acquisizione dell'eredità del povero Duca da parte del loro ultimo figlio impedendo una modificazione testamentaria che sembrava imminente visto il comportamento degli Orléans . Il confessore del Duca, l'abate Pellier de Lacroix, dichiarò pubblicamente che l'ultimo Principe di Condé era innocente della sua morte, il che era come dire che si trattava di un delitto. La tesi dell'assassinio si basava, peraltro con prove concrete, sulla presunta intenzione del Duca di modificare il proprio testamento a favore di Enrico V di Francia, Duca di Bordeaux, al posto del Duca d'Aumale, causata dal disgusto che gli aveva procurato la vicenda dei "tre giorni gloriosi".

File:Mort du prince de Condé.JPG
Morte del Principe di Condè.
Avuta notizia di questo intendimento del Duca di Borbone, i genitori del Duca d'Aumale avrebbero incaricato la Baronessa di Feuchères e suo fratello di assassinarlo, inscenando poi un suicidio. I seguaci degli Orléans, vizio che conservarono in perpetuo,  si affrettarono a cercar di dimostrare che il defunto si era riconciliato con gli Orléans dopo il fatto dei "tre giorni gloriosi", aveva fatto indossare ai suoi servitori la coccarda tricolore, aveva donato 10.000 franchi a favore dei feriti nella vicenda di quei tre giorni ed aveva riconosciuto implicitamente la regalità di Luigi-Filippo, quando si era scusato con il medesimo di non poter partecipare alla cerimonia di intronamento: tutto ciò era completamente falso. 

 

 


Le rivolte operaie:



La rivolta dei canut a Lione ( 21 novembre 1831).
In quell'epoca nacque la questione operaia che doveva ben presto, sotto il nome di questione sociale, preoccupare così vivamente operai e padroni, governati e governanti, e persino il Sommo Pontefice. Ne rivelò l'esistenza e ne fu il primo atto la formidabile insurrezione di Lione.
La Restaurazione aveva inaugurato il grande movimento industriale che doveva svilupparsi sotto i regimi successivi. Durante quei quindici anni non vi fu uno sciopero di qualche importanza; dappertutto regnava l'accordo tra padroni ed operai. "Nell'inverno del 1829 al 1830 - dice Le Play - ho constatato nella maggior parte delle officine di Parigi, tra il padrone e gli operai, un'armonia pari a quella che avea testé ammirata nelle miniere, nelle officine e nelle masserie dell'Annover". Ma, nel 1830, uno spirito nuovo si fece sentire nel campo industriale. Gli economisti ufficiali accreditarono la teoria secondo la quale il lavoro non è che una mercanzia come un'altra. Molti padroni l'adottarono con premura, non pensarono più che a far fortuna, e sfruttarono i loro operai invece di studiarsi a renderli migliori colle loro istruzioni e coi loro esempi. Era la conseguenza necessaria del diminuito spirito di fede e del progresso delle dottrine naturalistiche che non vedono altro fine per l'uomo che il godimento e l'agiatezza. Dal canto loro gli operai prestavano orecchio a quelli che loro predicavano il progresso, dopo che glielo avevano fatto vedere nella facilità e moltiplicazione dei godimenti, a quelli che li eccitavano al disprezzo del clero e li mettevano in sospetto contro la dottrina che solleva gli animi mettendo dinanzi, come fine supremo dei loro sforzi, le ricompense eterne. Lo stesso Luigi Filippo durante i suoi discorsi propagandistici diceva " arricchitevi tutti" incitando le masse all'arrivismo senza controllo.




La massoneria nella "Monarchia di luglio":

 

Questa società, la Francia Orléanista ,  propriamente parlando, non era framassonica, ma sotto la direzione della framassoneria. Un'altra che era al di sopra delle Loggie e degli Orienti si travagliava collo stesso intento. Era l'Ordine del Nuovo Tempio, fondato prima della grande Rivoluzione, e uno dei suoi membri, Asved, così ne indicava il carattere: "Un solo odio accende il cuore dei suoi adepti, l'odio ai Borbone ed ai Gesuiti ... Prima della Rivoluzione del 1789, i nuovi Templari non aveano altro scopo dichiarato, che annientare il cattolicismo ... Al tempo in cui le orde straniere vennero ad imporre i Borboni, i Templari si limitarono a sollecitare l'espulsione della razza asservita, e noi ci tenemmo fedeli, fino al 3 agosto, a questo patriottico dovere ... L'odio si calmava col disprezzo e sonnecchiò parecchi anni; ma il giorno in cui ci sentimmo oppressi, scoppiò come folgore ... L'irritazione calmata ha ceduto il posto al bisogno di lavorare con perseveranza all'intento propostosi da tutte le frazioni del Tempio: l'emancipazione assoluta della specie umana; il trionfo dei diritti popolari, dell'autorità legale; la distruzione di tutti i privilegi senza eccezione, ed una guerra a morte contro il dispotismo religioso o politico di qualsiasi colore. Un'immensa propaganda è ora organizzata a questo scopo generale".
Il Nuovo Tempio, come l'Alta Vendita che gli succedette, era una di quelle società più profondamente misteriose, che il Consiglio supremo crea secondo i bisogni del momento, con elementi scelti, ai quali rivela per quanto è necessario, il segreto delle sue ultime intenzioni. Noi le troviamo espresse in questi termini: "Guerra a morte all'autorità civile e religiosa; annullamento di tutti i privilegi (leggi private) specie di quelli che regolano il corpo ecclesiastico e dì quelli che fanno della Chiesa cattolica una società distinta, autonoma; diritti da concedere alla cieca moltitudine onde farcela docile strumento di guerra contro le due autorità e le due società; arrivare infine all'emancipazione assoluta della specie umana", anche e soprattutto rispetto a Dio. Come mezzo ad ottener tutto questo: "La più estesa propaganda" d'idee rivoluzionarie ...
Tale fu lo scopo della Rivoluzione del 1830. Essa fu un punto di partenza e servì di punto d'appoggio a tutto il movimento antisociale ed anticattolico che da Parigi si estese a tutta l'Europa. Il Governo di Luglio lo favorì in Italia coll'occupazione di Ancona, nella Spagna e nel Portogallo collo stabilimento di regimi simili e soprattutto negli Stati del Papa col Memorandum.





La lotta alla Chiesa durante la "Monarchia di luglio":




Stemma della "Monarchia di luglio"
(si noti l'esaltazione della "Charta del 1830).
All'interno, uno dei primi atti del Governo di Luglio fu di far fare un nuovo e gran passo alla libertà dei culti e all'indifferenza religiosa. La perfidia giudaica fu messa alla pari delle comunioni cristiane. L'articolo VII della Charta del 1830 diceva: "I ministri della religione cattolica, apostolica e romana, professata dalla maggioranza dei Francesi, e quelli degli altri culti cristiani, ricevono assegni dal Tesoro pubblico". Con una derogazione espressa a questo articolo, i rabbini furono inscritti nel bilancio del prossimo anno. "Al giorno d'oggi - dice a questo proposito il rabbino Astruc nel suo libro Entretiens sur le judaïsme, son dogme et sa morale - nei nostri paesi l'eguaglianza è completa: il nostro culto cammina accanto agli altri. I nostri templi non sono più nascosti; ma si adergono agli occhi di tutti, costrutti dagli Stati e dai comuni come da noi medesimi. Altro più non desideriamo che di adorare liberamente il Dio della libertà universale".
Il Governo di Luigi Filippo non si accontentava più di misconoscere, come quello di Napoleone I, l'origine divina della Chiesa cattolica, ma dichiarava di misconoscere la divinità di N. S. Gesù Cristo, accordando favori del tutto indebiti a quelli che fanno professione di negarla e di bestemmiarla.
In pari tempo una guerra sorda fu diretta contro il cattolicesmo. Non era più colla pena dell'esiglio e del patibolo, ma col disprezzo pubblico provocato con tutti i mezzi. La religione veniva insultata sopra quasi tutti i teatri, il clero vi era rappresentato sotto gli aspetti più odiosi; l'orgia, l'assassinio, l'incendio gli erano attribuiti come azioni ordinarie. In pari tempo l'amministrazione d'ogni grado si accaniva a maltrattarlo in ogni maniera come può rilevarsi dall'Ami de la Religion che registra le vessazioni che gli si facevano giornalmente soffrire.
Intanto i cattolici non se ne stavano, come oggi, inerti e passivi, ma reagivano con tutti i mezzi. Incominciarono col fondare l'Agenzia generale per la difesa della libertà religiosa, poi le Conferenze di San Vincenzo de' Paoli; si stabilirono in quasi tutte le grandi città di Francia delle Accademie religiose; si inaugurarono le Conferenze di Notre-Dame; ed infine e sopratutto il Partito cattolico bandì la crociata per la libertà d'insegnamento.
La Charta del 1830 aveva consacrato come principio la libertà d'insegnamento, introdottovi non si sa come. Il primo a rivendicarne l'applicazione, ad impegnarvi con lettera pubblica la lotta che dovea divenire  ardente, fu il vecchio vescovo di Chartres, seguito quindi dai grandi campioni, Mons. Parisis, il C. di Montalembert e L. Veuillot.
Questa rivendicazione della libertà d'insegnamento sollevò altre questioni: il diritto per il clero di manifestare il proprio parere sulle grandi questioni sociali, e quello dei vescovi di potersela intendere e concertarsi insieme per la difesa degli interessi religiosi; l'uso della stampa nella discussione di questi interessi, e il concorso che i laici possono e devono recare al clero nella difesa o nella conquista delle libertà della Chiesa; l'iniquità degli attacchi contro la vita religiosa ed in particolare contro l'Istituto dei Gesuiti.
In questa grande lotta, vediamo il Governo francese cercare un punto d'appoggio a Roma. Vi mandò il conte Rossi, trasferitosi  in Francia dopo la rivoluzione del 1830, nominato successivamente decano della Facoltà di diritto in Parigi, membro dell' Istituto Pari di Francia. È la fortuna ordinaria che incontrano coloro sui quali le società segrete hanno gettato gli occhi per farli strumenti di particolari missioni; come pure la morte del Rossi sotto il pugnale d'un assassino è la fine ordinaria di quelli che non obbediscono sino al termine alla consegna loro affidata.
Inviato straordinario presso la Corte pontificia, ricevette, malgrado le ripugnanze manifeste di Gregorio XVI, il titolo e l'ufficio di ambasciatore. Era suo mandato di ottenere, per mezzo del segretario di Stato, le concessioni di cui aveva bisogno il Governo per giungere ai suoi fini. Si può vedere nel libro di Follioley, Montalembert et Mons. Parisis, con quale arte seppe condurre i negoziati e il successo che ne ottenne. L. Veuillot ne espresse il carattere, e ne fece la difesa con queste parole: "Vi furono tra noi dei cuori timidi per cui il Papa credette prudente di pregare e di aspettare".





La fine della "Monarchia di luglio":



Louis Blanc.

Il regno del "re borghese" proseguì per quasi diciotto anni manovrato e diretto dalla setta fino a quando essa non decise che era giunto il momento di cambiar bandiera. Durante il Convegno massonico di Strasburgo del 1847 si organizzarono i moti rivoluzionari dell'anno successivo che si sarebbero propagati  contemporaneamente a Parigi, Vienna, Berlino, Milano, Roma, Palermo e Napoli. Quest'assemblea si riunì nel 1847 a Strasburgo, luogo centrale per il  convegno degli emissari di Francia, Germania e di Svizzera. Eckert ci dà i nomi di tutti i membri di quest'assemblea. Fra i delegati di Francia notiamo: Lamartine, Crémieux, Cavaignac, Caussidière, Ledru-Rollin, Louis Blanc, Proudhon, Marrast, Marie, Pyat, ecc., tutto il Governo provvisorio della Seconda Repubblica Francese.
Già dal 1846 era iniziata una propaganda anti-orleanista volta alla demolizione dell'artefatto che portava il nome di monarchia costituzionale. Tutto ciò servì al solo scopo di strappare la regalità della monarchia dagli ultimi i quali ancora la conservavano i cuor loro. Ovviamente , i direttori di tutto questo furono le logge di Francia. E' giusto ricordare che Luigi Filippo , affiliato alla massoneria fin dalla giovinezza, proibì ai suoi figli di entrarvi non per altra questione se non quella di evitare la perdita del Trono che con il tradimento aveva ottenuto. Ma nonostante le sue premure, il giorno del crollo del "re borghese" giunse.
File:Monogrammist G.R., Paris 1848, Pack dich, Illustration zu dem gleichnamigen Revolutionslied.jpg
Vignetta satirica del 1848: Luigi Filippo viene cacciato a calci oltre manica 
da un rivoluzionario che indossa il cappello frigio.
(la scritta dice: "Vai a farti impiccare altrove").
Con la "campagna dei banchetti" del febbraio del 1848 , finanziati e diffusi dai capi delle logge , crearono la brace della Rivoluzione. Luigi Filippo , intimorito da questa propaganda contro il suo regime, tentò di reagire proibendone  l'ultimo banchetto della campagna politica anti orleanista che si sarebbe dovuto tenere a Parigi. Il "re borghese" cadde nella trappola. L'ultimo banchetto, come detto in precedenza, si doveva tenere a Parigi il 22 febbraio 1848 e gli organizzatori, insieme ad un cospicuo numero di manifestanti, decisero di scendere in piazza lo stesso (nonostante il divieto di Luigi Filippo) . La monarchia orleanista  rispose mandando in campo la Guardia Nazionale, la quale , essendo controllata direttamente da agenti della setta, finì per fare causa comune coi manifestanti. Il 24 febbraio gli insorti avevano in mano Parigi. Luigi Filippo, terrorizzato di fare la fine di Luigi XVI e Maria Antonietta, si travestì e lasciò Parigi. Viaggiando con una banale vettura e prendendo il nome di "M. Smith" fuggì in Inghilterra.

Luigi Filippo Alberto d'Orléans.
Luigi Filippo abdicò il 24 febbraio 1848,  prima di fuggire, in favore del suo giovane nipote Luigi Filippo Alberto (essendo morto in un incidente qualche anno prima   Ferdinando Filippo, suo figlio ed erede).  L'Assemblée nationale, non riconobbe Luigi Filippo Alberto come "re" e proclamò la Seconda Repubblica di Francia.  Il 24 sera all'Hotel de Ville (il municipio parigino) , dove quasi diciotto anni prima l'Orléans aveva ottenuto il Trono , fu costituito un governo provvisorio che si pronunciò a favore della repubblica e che annunciò la prossima convocazione di una Assemblea Costituente da eleggere a suffragio universale maschile. Il governo provvisorio era formato da democratici, repubblicani e due socialisti (Louis Blanc e l'operaio Alexandre Martin); tutti rigorosamente frammassoni.

La "Monarchia di luglio" fu l'ultimo esempio di Monarchia che la Francia ebbe; e fu di certo il peggiore: non consideriamo certo in questa sede il "secondo impero" di Napoleone III del quale non sprecherei parola alcuna se non fosse per ribadirne la settaria natura.




Continua...



Fonte:

Wikipedia.

"Il problema dell'ora presente" di mons. Delasuss. Tomo I .

La Signora della Vandea- un'Italiana alla conquista del Trono di Francia (Arrigo Petacco)


Scritto da:

Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.