venerdì 26 luglio 2013

“L’Action Francaise, i motivi di una condanna”


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La condanna da parte di Papa Pio XI nei confronti del gruppo politico Action Française avvenuta nel 1926 ha suscitato (e tutt’ora suscita) diverse critiche provenienti prevalentemente da un certo mondo tradizionalista. Tra coloro che muovono tali critiche vi sono sicuramente persone in buona fede che discutono l’opportunità di tale condanna e i risultati che essa ha prodotto, ma sarebbe irrealistico non citare anche la presenza di un nutrito gruppo di “gallicani” a sostegno di tale posizione critica.
 
Cercherò con quest’articolo di esporre brevemente le cause della condanna del ’26 adducendo come motivazioni gli oggettivi pericoli derivanti dagli errori dottrinali propri non solo del pensiero di Charles Maurras (personaggio di cui diverse opere furono messe all’Indice), ma anche dell’AF stessa.                                                                             
Innanzitutto, vediamo cosa ci dice l’Enciclopedia Cattolica a riguardo: Movimento politico sociale, sorto in Francia, nel 1899, per iniziativa di Henry Vargeois. Charles Maurras ne divenne il principale teorico, sulle tracce del maestro del Positivismo francese, Auguste Comte. […] Il programma politico del movimento, assurto col tempo a vero e proprio partito, era e restava prettamente francese: la restaurazione della monarchia in Francia. La lotta, però, per attuare questo programma, venne ad assumere caratteri più universali: l’esaltazione di un nazionalismo integrale […] accanto al movimento politico ed al partito, stava il sistema filosofico sociale ispiratore di principi e di dottrine ben più ardite e pericolose. I teorici del movimento, Maurras e Daudet, si ispiravano volentieri alle teorie positiviste. Nessuna meraviglia dunque se sullo sfondo delle dottrine dell’Action Française troviamo un agnosticismo decisamente ateo ed anticristiano, un naturalismo apertamente pagano, e quindi un inconfondibile amoralismo, dell’individuo e della società, con la conseguente sottrazione dell’individuo come della società all’influsso della legge di Dio e della Chiesa. La proclamata subordinazione della morale e del diritto all’interesse nazionale si spiega appunto sullo sfondo di siffatte dottrine. Era evidente che militare nel movimento sotto l’influsso di tali dottrine, costituiva un grande pericolo per la fede […] Per queste ragioni le autorità della Chiesa, evitando con ogni cura, d’ingerirsi nel programma meramente politico dell’Action Française, disapprovarono e condannarono gli errori, dal punto di vista morale e religioso. La condanna era decretata e pronta fin dal 1914; ma era stata differita la pubblicazione ‘a tempo più propizio’.Questo richiamo cronologico smantella l’equivoca tesi dell’Action Française, la quale tendeva a mettere in opposizione Pio XI con Pio X.Frattanto Pio XI dovette personalmente riesaminare tutta la questione, non avendo potuto procurarsi la posizione, smarrita durante lo sloggiamento degli archivi dell’Indice. Ma le sue conclusioni furono in tutto conformi a quelle del 1914.”
 
Un elemento che denota eloquentemente la malafede di buona parte dei quadri dirigenti dell’AF fu la reazione che essi ebbero di fronte a tale condanna, infatti sempre secondo l’Enciclopedia Cattolica “L’Action Française rispose con l’orgoglioso non pòssumus e si lanciò in una campagna di anticlericalismo velenoso. Seguirono allora condanne più gravi e più formali, sia da parte della S. Congregazione del S. Uffizio, concernenti il sistema dottrinale non solo del movimento ma anche del giornale stesso e delle leghe, sia da parte della S. Penitenzieria, circa l’interdetto e il rifiuto dell’assoluzione ai ribelli.” Doveroso però citare che “Più tardi vi fu una lodevole resipiscenza. Fin dal 1938, gli esponenti del movimento si erano rivolti al Papa Pio XI per ottenere il ritiro della condanna. La supplica fu ripetuta, con leale ritrattazione e garanzie per l’avvenire, nel 1939, al Papa Pio XII, che l’accolse e l’esaudì.” Senza però dimenticare che “Bisogna però tener ben presente che la misura di clemenza di Pio XII riguardo all’Action Française dopo ripetuti atti di resipiscenza, concerne soltanto il giornale omonimo, lasciando sussistere la condanna delle opere del Maurras e del Daudet elencate nel libro dell’Indice.”
Se da un lato numerosi esponenti del clero cattolico francese subirono il fascino di tale movimento (basti citare il Cardinale Louis Billot, Dom Jean Martial Besse o Padre Le Floch) dall’altro coloro che rappresentarono in quegli anni il cosìdetto Integrismo Cattolico non poterono fare a meno di guardare con sospetto l’AF, infatti dallo scritto Les catholiques et l’Action Française. Histoire d’une condamnation di J. Prévotat si denota che Monsignor Umberto Benigni diffida della dottrina di Maurras  e il Vaticano non è disposto ad ammettere la pretesa maurrassiana di un’autonomia dell’azione politica dalla morale. Monsignor Delassus è preoccupato nel vedere l’A.F. subordinare la questione religiosa a quella politica e le consiglia di rivolgersi direttamente al clero, malgrado alcune simpatie per l’A.F. egli si rifiuta di intervenire in suo favore sulla sua rivista la Semaine religeuse de Cambrai, non può accettare l’unione tra cattolici intransigenti e positivisti agnostici. Va ricordato inoltre che i Cardinali Del Val e De Lai, pur riconoscendo gli aspetti positivi del movimento, si rifiuteranno di aderirvi.
 
Riguardo agli errori dottrinali propri dell’AF vi è un interessante e ben fatto lavoro Romantisme et Revolution dell’Abbè Lallement, il quale afferma: “L’Action Française si difendeva dicendo che il pensiero personale, non cristiano, di alcuni suoi dirigenti, non influiva sul loro insegnamento politico. La Chiesa ha giudicato diversamente. […] La dottrina cristiana sul fine ultimo dell’uomo insegna che esso non è solo il benessere temporale, ma la Beatitudine soprannaturale, e solo la Rivelazione ci può dire quale è il cammino per giungere alla Visione Beatifica. La città non è servita se Dio non è il primo ad essere servito. […] Per l’Action Française, il fine ultimo è ‘La patria innanzitutto’, l’interesse nazionale prende così il posto del bene comune temporale subordinato a quello soprannaturale, il quale ùltimo non può neppure essere preso in considerazione da un agnostico positivista quale è Maurras. Ora tale errore della scuola dell’Action Française, non può non rappresentare un pericolo per la gioventù cattolica, che segue l’Action Française […] il Papa quindi è dovuto intervenire, per il bene delle anime a Lui confidate, e non per calcoli politici anti-francesi e filo-tedeschi. […] Inoltre che dei cattolici e degli atei s’intendano su un certo numero di verità parziali e naturali, di semplice constatazione dei fatti è possibile; ma ciò che è impossibile è che costituiscano una scuola polìtica e che si uniscano in una dottrina polìtica comune… poiché una dottrina implica unità di principi da cui si tirano logicamente determinate conclusioni, ora l’unità di principi tra cattolici e incréduli non c’è, e omettere da una dottrina le verità supreme da cui tutto dipende (la distinzione tra Creatore e creatura, tra finito e infinito) significa falsare questa dottrina.”
 
Per concludere si può dire di trovarsi davanti ad un movimento che, pur avendo qualche aspetto positivo, è fortemente compromesso con gravi errori dottrinali, in primis quello di subordinare la Religione Cattolica agli interessi della Francia (quindi indirettamente il bene spirituale a quello temporale). Non a caso già San Pio X definì l’Action Française damnabilis sed non damnanda nunc, preparando nel 1914 una condanna che non venne però messa in atto per questioni di pragmatismo dovute al rafforzamento dell’anticlericalismo in terra francese, tendenza contro la quale l’AF poteva rappresentare un valido argine.
 
Savonarola
 
Fonte: La Filosofia Perenne alla Prova della Modernità; Don Curzio Nitoglia; Novantico Editrice