Milo Boz (Fonte: http://venetostoria.com/)
Ecco per esteso, l’articolo di Repubblica del 1996 che parla della lettera di Verdi, piena di sentimenti anti unitari. grazie a Fabio Lovato che mi ha segnalato il link assieme ad altri sullo stesso argomento.
QUANDO VERDI DICEVA ‘ MEGLIO L’ ITALIA DIVISA’
BUSSETO – Fischiate pure, melomani filo-romani: oggi il vostro Giuseppe Verdi voterebbe Lega. Lo giura il suo sindaco, cioè il sindaco di Busseto, Parma, Giorgio Cavitelli, ex senatore del Carroccio; e porta prove schiaccianti, le parole stesse del Grande Concittadino, scritte nero su bianco in una lettera datata 16 giugno 1867, appena sette anni dopo l’ Unità d’ Italia: “Cosa fanno i nostri uomini di Stato? Coglionerie sopra coglionerie! Ci vuol altro che mettere delle imposte sul sale e sul macinato e rendere ancora più misera la condizione dei poveri. Quando i padroni dei fondi non potranno, per troppe imposte, far più lavorare, allora moriremo tutti di fame. Cosa singolare! Quando l’ Italia era divisa in tanti piccoli Stati, le finanze di tutti erano fiorenti! Ora che tutti siamo uniti, siamo rovinati. Ma dove sono le ricchezze d’ una volta?“.
BUSSETO – Fischiate pure, melomani filo-romani: oggi il vostro Giuseppe Verdi voterebbe Lega. Lo giura il suo sindaco, cioè il sindaco di Busseto, Parma, Giorgio Cavitelli, ex senatore del Carroccio; e porta prove schiaccianti, le parole stesse del Grande Concittadino, scritte nero su bianco in una lettera datata 16 giugno 1867, appena sette anni dopo l’ Unità d’ Italia: “Cosa fanno i nostri uomini di Stato? Coglionerie sopra coglionerie! Ci vuol altro che mettere delle imposte sul sale e sul macinato e rendere ancora più misera la condizione dei poveri. Quando i padroni dei fondi non potranno, per troppe imposte, far più lavorare, allora moriremo tutti di fame. Cosa singolare! Quando l’ Italia era divisa in tanti piccoli Stati, le finanze di tutti erano fiorenti! Ora che tutti siamo uniti, siamo rovinati. Ma dove sono le ricchezze d’ una volta?“.
Cavitelli, ragioniere, sindaco dal ‘ 93, un’ impressionante somiglianza con Arrigo Sacchi, è l’ uomo che ha portato Bossi all’ Arena di Verona, a prender fischi (“Non più di cento persone…”). E adesso, per rivincita, eccolo sventolare la fotocopia che sta per faxare a Bossi: “E’ una lettera che Verdi scrisse al conte Opprandino Arrivabene, suo collega nel primo Parlamento del Regno. E’ già stata pubblicata in un paio di libri, ma naturalmente nessuno la cita mai”. Andiamo, signor sindaco: capisco la ragion di partito, ma non vorrà mica rovesciare come un calzino un mito nazionale: il Verdi che infiammava gli animi dei carbonari, il Verdi dei volantini “Viva V.E.R.D.I.” che inneggiavano al Re e all’ Italia unita, adesso lo vuol far passare come un precursore della rabbia fiscale, come l’ inventore del “Roma ladrona”?
“Queste sono le sue parole, e mi sembrano chiare… Guardi che Verdi era unitario soprattutto perché era antiaustriaco, voleva la libertà dall’ oppressore straniero, la stessa cosa che vogliamo noi, la libertà del popolo padano dall’ oppressione di Roma. Il Nabucco canta la libertà di un popolo, non l’ unità d’ Italia: per questo penso che il ‘ Va’ pensiero’ sarà l’ inno ufficiale del nostro 15 settembre“.
E lei, sindaco di Busseto, la Betlemme del melodramma, lascerà che quel canto diventi un inno di partito? E’ un patrimonio di tutti… “Guardi, l’ hanno usato per la pubblicità di un ferro da stiro e nessuno ha protestato: non sarò io a oppormi se viene usato per una causa più nobile. Meglio per un’ idea che per una merce”. Però glielo poteva dire prima, a Bossi, che nel Nabucco non c’ è nessun coro dei Lombardi. “Non è un melomane, è un entusiasta… Può capitare a tutti di confondere una romanza con l’ altra“.
m s
23 agosto 1996
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23 agosto 1996