sabato 28 dicembre 2013

Stati Uniti: il secessionismo nel New England d’inizio XIX° secolo (6° ed ultima parte)



Proponiamo la traduzione integrale in italiano della sesta ed ultima parte (qua la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta) del saggio Yankee Confederates: New England Secession Movements Prior to the War Between the States, da parte di Thomas J. DiLorenzo, tratto dal libro Secession, State and Liberty curato da David Gordon. Thomas J. DiLorenzo è professore di economia alla Loyola University-Maryland’s Sellinger School of Business and Management, senior fellow del Ludwig von Mises Institute e membro associato dell’Abbeville Institute. Saggista economico-politico e storico indipendente autore dei libri The Real Lincoln: A New Look at Abraham Lincoln, His Agenda, and an Unnecessary War Lincoln Unmasked: What You’re Not Supposed To Know about Dishonest Abe(Traduzione di Luca Fusari)

L’eredità secessionista del federalismo del New England

Su questi fatti, lo storico Edward Powell ha scritto che «il diritto di uno Stato (…) nel recedere dall’Unione (…) non era contestato».62 C’era davvero il supporto praticamente universale sia da parte dei Democratico-Repubblicani che dei Federalisti sul diritto di secessione. Inoltre, questa credenza nel diritto di secessione era viva e vegeta nel Nord all’inizio della guerra tra gli Stati.
Contrariamente a ciò che è stato insegnato, la maggior parte degli americani, e forse la maggior parte dei nordisti credevano che al Sud sarebbe dovuto essere permesso di separarsi pacificamente, tuttavia giudicavano sconsigliabile tale opzione secessionista per il Sud. Questa convinzione è l’eredità dei secessionisti del New England dei primi del diciannovesimo secolo.63 Sarà utile citare solo alcuni esempi.
Il 10 Novembre 1860, l’Albany Atlas and Argus di New York in un editoriale asserì che «noi stiamo con il Sud e li giustifichiamo», perché «i loro diritti sono stati calpestati al limite estremo possibile entro le forme della Costituzione». Se il Sud voleva la secessione, i redattori scrissero, «noi li applaudiamo ed auguriamo a loro che Dio li guidi». Undici giorni dopo dichiarò, che «piaccia o no, gli Stati del cotone secederanno». Il governo non sta «andando in pezzi», ma ai sudisti sarà permesso di riconquistare il loro «senso di indipendenza e d’onore».
Il 24 Novembre 1860, sul Concord Democratic Standard del New Hampshire ci si lamentava dei «fanatici e demagoghi del Nord» che hanno «portato la guerra alle istituzioni del Sud», facendo un appello alla «concessione dei giusti diritti ai nostri fratelli del Sud». Due giorni dopo, il New York Journal of Commerce condannò lo «spirito impiccione» della gente del Nord che «cerca di regolare e controllare» le persone di «altre comunità».
Il 13 Novembre 1860, il Bangor Daily Union del Maine difese i secessionisti sudisti, spiegando che l’Unione «dipende per la sua continuazione sul libero consenso e la volontà del popolo sovrano» di ogni Stato, e «quando il consenso e la volontà è del tutto tolto o in parte, la loro unione è finita». Se si usa la forza militare, allora uno Stato è tenuto «come una provincia assoggettata», e non può mai essere «un membro alla pari dell’Unione americana».
Lo stesso giorno, il Brooklyn Daily Eagle chiaramente spiegò che «qualsiasi deliberata violazione della Costituzione da parte della pubblica amministrazione, non avrebbe alleviato lo Stato o gli Stati feriti da tale violazione e da tutti gli obblighi legali e morali di rimanere nell’Unione o di resa obbedienza al governo federale». E mentre i redattori non vedevano «nessuna vera causa per la secessione da parte del Sud, una volta accertato che non c’è niente da fare per convincerlo, ogni Stato dovrebbe essere lasciato andare». Il Cincinnati Daily Commercial riprodusse sentimenti simili sostenendo che agli Stati del Sud era consentito di «capire il modo con il quale salvarsi o distruggersi a modo loro» piuttosto che «tentare, attraverso la coercizione forzata, di salvarli a dispetto di se stessi».
Il Davenport Democrat and News dell’Iowa fece un editoriale contro la secessione il 17 Novembre 1860 ma notò che era apparentemente in minoranza nel Nord, dove la maggior parte dei «giornali più importanti ed influenti dell’Unione» credono «che ogni Stato dell’Unione abbia il diritto di secedere». Uno di questi fu il Providence Evening Press del Rhode Island, che scrisse lo stesso giorno che la sovranità «include necessariamente quello che noi chiamiamo il ‘diritto di secessione‘» e «questo diritto deve essere mantenuto» a meno che non saremo disposti a sopportare un «dispotismo colossale» contro il quale i Padri Fondatori «pronunciarono i loro avvertimenti solenni».
Il Cincinnati Daily Press ripeté questo sentimento il 21 Novembre 1860: «siamo convinti che il diritto di ogni membro di questa confederazione, di sciogliere le sue relazioni politiche con gli altri ed assumere una posizione indipendente, è assoluta, che in altre parole, se la South Carolina vuole andare fuori dall’Unione, abbia il diritto di farlo, e nessun partito o potere può dirle di no». Questo per gli editorialisti era ciò che la Dichiarazione di Indipendenza significava laddove si affferma che ogni volta che il governo tende a negare la protezione della vita, delle libertà e del perseguimento della felicità, allora «è diritto del popolo di modificare o abolire» il loro governo e di «istituire un nuovo governo».
Il New York Daily Tribune evidenziò la stessa identica questione il 17 Dicembre 1860, aggiungendo che se la tirannia e il dispotismo giustificano la Rivoluzione Americana del 1776, allora «non si vede perché non dovrebbe giustificare la secessione di cinque milioni di sudisti dall’Unione federale nel 1861».
Una volta che la South Carolina si separò, il 20 Dicembre 1860, decine di editorialisti settentrionali videro l’evento come una conferma del principio di sovranità e di auto-governo, mentre altri, come l’Indianapolis Daily Journal dichiarò: «grazie a Dio abbiamo avuto una buona liberazione dalla cattiva spazzatura». Il Kenosha Democrat  del Wisconsin scrisse che la secessione era «il germe della libertà» e dichiarò che «il diritto di secessione è inerente al popolo di ogni Stato sovrano».
http://blog.tenthamendmentcenter.com/files/2010/12/sc-declaration-of-causes-277x300.jpgIl New York Journal of Commerce intuendo la febbre della guerra a Washington, ricordò ai suoi lettori, il 12 Gennaio 1861, che opponendosi alla secessione, il Nord avrebbero cambiato la natura del governo «da uno volontario, in cui le persone sono sovrane, ad un dispotismo in cui una parte delle persone sono schiave. Tale è la deduzione logica dai sostenitori politici dell’uso della forza». Anche il Washington  Constitution del Distretto di Columbia era d’accordo, affermando che l’uso della forza contro la South Carolina sarebbe «l’estrema malvagità e l’apice della follia». Esprimendo il desiderio «che tutti gli Stati del Sud secedano».
Il 5 Febbraio 1861 il New York Tribune caratterizzò l’ultimo discorso di Lincoln come «gli argomenti di un tiranno: forza, coercizione e potere». Il giornale ipotizzò che «nove persone su dieci tra quelle del Nord», erano contrarie a forzare la South Carolina affinché rimanesse nell’Unione. «Dobbiamo lasciarli andare», scrisse il Greenfield Gazette and Courier del Massachusetts una volta che anche altri Stati del Sud cominciarono a seguire l’esempio della South Carolina.
Il Detroit Free Press dichiarò, il 19 Febbraio 1861, che «un tentativo di soggiogare gli Stati secessionisti, anche in caso di successo, potrebbe produrre altro male, l’estensione dello spaventoso male assoluto negli animi». Il New York Daily Tribune sostenne ancora una volta che «il grande principio incarnato da Jefferson nella Dichiarazione (…) è che i governi traggono il loro giusto potere dal consenso dei governati». Pertanto, se gli Stati del Sud vogliono la secessione, «hanno un chiaro diritto di farlo».
Il 21 Marzo 1861, il New York Times scrisse «che c’è un sentimento che cresce in tutto il Nord affinché si lascino andare gli Stati del Golfo». «Le persone stanno riconoscendo il governo dei Confederati», scrisse il Cincinnati Commercial Daily, il 23 Marzo 1861, e «c’è spazio per diverse nazioni fiorenti in questo continente, il sole splenderà brillantemente ed i fiumi correranno più limpidi (…) quando riconosceremo la Confederazione sudista come la prima». «L’opinione pubblica del Nord sembra gradualmente essere a favore del riconoscimento della nuova Confederazione da parte del governo federale» scrisse lo Hartford Daily Courant del Connecticut, il 12 Aprile 1861 Il pensiero di una «guerra civile sanguinosa e prolungata (…) è ripugnante per tutti».
http://people.virginia.edu/~sfr/enam312/1861nyt.jpgCi furono, ovviamente, anche dei giornali del Nord che sostennero l’opzione di andare in guerra contro la secessione. Il punto di questa sezione è stato quello di illustrare come fosse diffusa l’opinione tra gli importanti opinion maker nel Nord che negare il diritto di secessione voleva dire negare l’essenza stessa della Dichiarazione di Indipendenza.
Lincoln aveva tutt’altro che un forte sostegno pubblico, quando decise di fare la guerra totale contro il Sud. La sua guerra determinò la morte di uno dei diritti più importanti di una nazione libera: il diritto alla secessione, così come la morte di 618 mila giovani.

Note

62 Ibid.
63 Queste credenze vengono raccontate in Howard Cecil Perkins, Northern Editorials on Secession (Gloucester, Mass.: American Historical Association, 1964).