venerdì 20 dicembre 2013

Dal Sacro Romano Impero all'Impero Tedesco : dalla realizzazione pratica del dogma della Regalità sociale di Gesù Cristo all'imperialismo-nazionalismo protestante - Parte 5° - .

 

Dalla Guerra franco-prussiana all'incoronazione di Guglielmo I di Germania.


I prodromi del conflitto.



Mentre la Prussia guidata dalla diabolica mente del Bismarck conseguiva un successo completo nella guerra contro l'Impero d'Austria e l'esercito confederale tedesco , la Francia guidata da Napoleone III decideva poco furbescamente di lasciar correre e di non farsi coinvolgere nel conflitto, sebbene circolasse negli ambienti politici "intelligenti" l'idea di un intervento "immediato" per scongiurare un pericolo che sembrava fin troppo palese agli occhi previdenti di chi voleva e sapeva vedere.

Otto von Bismarck.

Come introdotto nella precedente parte , al termine della guerra austro-prussiana , il Bismarck si affrettò ad allargare il proprio controllo su quasi tutto il nord della Germania. Dopo la vittoria risolutiva di Sadowa, i territori di Schleswig, Holstein, Hannover, Assia-Kassel, Nassau e la città di Francoforte sul Meno finirono totalmente  in mano prussiana. Berlino si apprestava a ottenere il dominio di fatto di Sassonia, Assia-Darmstadt, Meclemburgo, dei ducati della Turingia e delle città libere di Amburgo, Lubecca e Brema, attraverso la loro riunione sotto l'influenza prussiana nella Confederazione Tedesca del Nord, il "proto-impero" degli Hohenzollern. La "guerra delle sette settimane" sconvolse l'equilibrio dell'Europa centrale che era stato instaurato al termine delle guerre napoleoniche durante il Congresso di Vienna del 1815, sancendo la dissoluzione della Confederazione germanica ,  si difettosa rispetto alla grandezza del Sacro Romano Impero ma sempre garante di legittimità , sotto la legittima guida dei Cattolici Asburgo. 

Dopo il 1866 Francia e Prussia furono più volte sul punto di scatenare un conflitto e in un primo momento solo la macchiavellica volontà  di Bismarck di far crescere il sentimento nazionale tedesco e la necessità di Napoleone III di portare a termine delle modifiche  all'esercito rimandarono lo scontro aperto.
Durante il 1868 si verificò una delle crisi più acute. Quell'anno Bismarck tentò di realizzare una nuova e più forte unione doganale con la Germania meridionale (essendo decaduto l'originale  Zollverein, poi sostanzialmente rinnovato), attraverso la costituzione di uno Zollparlament: questa azione fu interpretata come una minaccia dalla Francia. Nel 1866 infatti, durante i negoziati per l'armistizio fra Prussia ed Impero d'Austria , Napoleone III , in una sorta di "rimpianto-ripensamento" per non essere intervenuto nel conflitto,  si era energicamente opposto ad un'unione della Prussia con gli Stati tedeschi meridionali (Cattolici e legati fedelmente alla Corona Asburgica). Il Bonaparte  mobilitò quindi in estate l'esercito, baldanzoso e certo di avere l'esercito migliore d'Europa,  minacciando di scatenare la guerra qualora Bismarck avesse proceduto ad annettere uno dei tre Stati della Germania meridionale: Baviera, Württemberg o Baden.

Napoleone III.

Anche nel 1869 la guerra venne sfiorata: Napoleone III doveva completare la messa a punto dell'esercito e Bismarck nutriva riserve sugli Stati del sud che rimanevano diffidenti e restii nei confronti della politica prussiana . Quando, poi, la Baviera e il Württemberg vennero convinti ed entrarono a far parte dello Zollparlament, i loro governi ritennero che questo passo avesse consentito di risolvere i dissapori con la Francia, ma così non fu: le loro aspettative di una risoluzione serena della crisi che lo stesso Bismarck , aiutato dalla politica imbelle Bonaparte , voleva e fomentava, sarebbero andate tragicamente deluse.
La Francia del Secondo impero, a differenza di quella del "Primo Impero", aspirava ad occupare una posizione di massimo prestigio e potere in Europa con una serie di azioni di apparente astuzia politica senza inimicarsi le potenze dell'intero continente. Nel 1870 a Parigi si era appena completata una vasta opera di ristrutturazione e modernizzazione urbanistica iniziata nel 1852 dal prefetto Georges Eugène Haussmann. La capitale francese, con una popolazione di due milioni di abitanti, rivaleggiava con Londra in termini di grandezza e influenza. L'esercito aveva ottenuto una brillante vittoria tra il 1854 e il 1856 in Crimea, mentre nella penisola iataliana il ricordo dell'intervento francese a sostegno del perncioso Regno Sardo-Piemontese e la netta vittoria da esso ottenuta nella Seconda guerra di espansionismo sabaudo aveva lasciato un'impressione quasi indelebile sulla potenza dell'apparato militare bonapartista.
La posizione di spicco francese in Europa era però messa in pericolo dall'emergere di uno Stato germanico guidato dalla militarista Prussia; vi erano inoltre difficoltà interne dovute al fatto che Napoleone III aveva perso molto del suo prestigio in patria ( e qui il capriccio delle logge massoniche ha il suo rilevante peso). Egli aveva mutato la Seconda repubblica francese della quale era il presidente il 2 dicembre 1851 attraverso un colpo di Stato e instaurato con la forza e con il benestare della setta il Secondo impero, emanando l'anno successivo una costituzione (ispirata a quella dello zio e conosciuta come costituzione napoleonica dell'anno VIII) che gli conferì un potere assoluto. In quegli stessi anni il nuovo "imperatore" dovette affrontare le pressioni dei capi repubblicani che chiedevano l'attuazione di riforme democratiche (in un tempo successivo e più prossimo al conflitto, praticherà concessioni al parlamento in materia di partecipazione all'attività di governo) e alla costante minaccia di una rivoluzione questa volta rivolta contro di lui. Umiliare la Prussia facendo in modo di ricondurla a un ruolo subalterno alla Francia e soffocare le agitazioni democratiche costituivano per Napoleone III due fasi della stessa strategia.
Nonostante i problemi politici interni, la Francia del 1870 reputava la propria posizione militare (rinvigorita dal compimento di un processo di riforma dell'esercito) migliorata rispetto a quella di tre anni prima, e in grado di affrontare, almeno secondo le sue aspettative,  lo scontro con la Prussia. Le pressioni del nazionalismo (che Napoleone III stesso aveva incitato), un governo formato da ministri antiprussiani e l'impossibilità di giungere con la diplomazia ad acquisire quelle contropartite che Napoleone III riteneva vitali per il consenso in patria, stavano spingendo inesorabilmente verso la guerra e l'occasione che il Bismarck attendeva per compiere il suo disegno politico.


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Confederazione Tedesca del Nord (in rosso).

In questo panorama di tensione la questione del Lussemburgo giunse a deteriorare ulteriormente le relazioni franco-prussiane. Il Lussemburgo, fortezza federale presidiata da soldati prussiani ed ex possedimento olandese, era escluso dalla Confederazione Tedesca del Nord. Esso rientrava da tempo nelle mire francesi e lo stesso Bismarck aveva furbescamente suggerito in segreto a Napoleone III di avanzare pretese sul piccolo ducato a titolo di compenso per la neutralità francese mantenuta durante la guerra austro-prussiana (Bismarck promise vagamente, all'incontro di Biarritz con Bonaparte, anche l'annessione del Palatinato del Reno), salvo poi ritrattare le rassicurazioni e contestare fortemente i progetti di annessione francese quando la vittoria prussiana era cosa certa. I piani francesi sfumarono definitivamente durante la conferenza internazionale di Londra del 1867, quando venne decisa la smilitarizzazione del Ducato e se ne dichiarò la neutralità. Tale evento pregiudicò definitivamente ogni possibile compromesso diplomatico fra le due potenze europee, con il risultato che ambedue dessero ormai per assodato che una resa dei conti decisa attraverso lo scontro delle armi costituisse un evento ineludibile. Inoltre, sulla necessità francese di ottenere dei successi in politica estera pesava ancora l'eco del fallimento dell'intervento militare in Messico e la fine delle aspirazioni sullo Stato nordamericano, lasciando solo l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo.
Il Regno di Prussia aveva ottenuto milioni di nuovi cittadini come risultato della Bruderkrieg (guerra civile) contro l'Impero d'Austria e l'esercito prussiano era cresciuto di un terzo rispetto al periodo precedente la guerra. I reggimenti di fanteria passarono da 70 a 105 e gli eserciti degli Stati annessi vennero inglobati nella macchina militare prussiana. Nel 1867 le miniere di carbone prussiane e sassoni superavano quelle francesi di tre a uno, grosso impulso era stato dato allo sviluppo industriale, mentre nello sviluppo delle ferrovie erano stati ottenuti risultati incoraggianti (la Prussia nel 1870 disponeva di 18.876 km di ferrovia contro i 15.544 della Francia). Questi dati apparvero indicatori di una crescente superiorità prussiana, tanto dal punto di vista economico, quanto da quello militare.
Sul fronte interno, sebbene il fermento rivoluzionario liberale fosse meno pressante che in Francia, l'opposizione del movimento nazionale  aveva trovato un terreno comune assieme al conservatorismo degli junker nella "politica di potenza" bismarckiana (Machtpolitik).
Gli altri Stati tedeschi, sul fronte della politica estera, mantennero un atteggiamento saggiamente campanilistico e diffidente verso l'ingombrante e ambizioso Stato prussiano e i suoi progetti di unificazione nazionalista della Germania. Bismarck era impegnato a garantirsi il successo del processo di incorporazione delle conquiste a nord del Meno, ma stava cercando tenacemente anche di stabilire dei legami più saldi con il sud della Germania. I principi tedeschi avrebbero garantito la difesa dei confini tedeschi al fianco della Prussia, ma difendevano tenacemente la loro indipendenza e bloccarono qualsiasi tentativo di creare uno Stato federale su cui avrebbe inevitabilmente dominato Berlino.

Helmuth von Moltke.

Le paure dei loro governi si erano accresciute ed erano apparse ancora più realistiche all'indomani della vittoria prussiana sull'Impero d'Austria e l'esercito confederale con le seguenti annessioni. Visitando il Baden nel 1868, il comandante in capo dell'esercito prussiano Helmuth von Moltke, artefice materiale della vittoria militare che sognava la nascita di un unico esercito tedesco, sostenne: "Questa gente deve capire che il loro futuro è nelle nostre mani e che siamo in grado di assicurare loro un gran bene o un gran male": la storia ha dimostrato che il frutto della mala pianta nazionalista in Germania non portò altro frutto che non fosse avvelenato.
Bismarck, malgrado gli evidenti ostacoli alla nascita di una "nuova Germania nazionalista-militarista", che a metà del 1870 sembravano essere più forti rispetto al 1867 (al tempo delle annessioni operate dopo il conflitto con l'Impero d'Austria), era comunque determinato a realizzare il progetto nazionalista tedesco a stampo prussiano ; egli guardò alla guerra con la Francia come all'occasione per neutralizzare il problema francese e realizzare definitivamente le propre aspirazioni: la sconfitta francese avrebbe, in un sol colpo, evitato la possibile costituzione di alleanze antiprussiane, favorito l'avvicinamento del sud tedesco alla Prussia e impedito per sempre il rafforzamento di Napoleone III e i suoi sforzi volti nell'imporre una condizione di "Stato cliente" alla Prussia: sarebbe sorta un Francia politicamente debole e sottomettibile, senza possibilità di generare concorrenza.


Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen.

La crisi diplomatica da cui scaturirà lo scoppio del conflitto fu determinata anche dalle difficoltà di giungere ad un accordo intorno all'ipotesi che a succedere al Trono di Spagna, rimasto totalmente in balia della svversione a causa del rovesciamento del regno liberale di Isabella "II" a seguito della rivoluzione del settembre 1868, fosse chiamato un esponente della famiglia Hohenzollern, nonché parente del Re Guglielmo I, il liberale Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen. Alla possibile ascesa del candidato tedesco al Trono spagnolo la Francia si oppose con forza. Nel maggio del 1870 Bismarck si mise in contatto con il padre di Leopoldo, Carlo Antonio di Hohenzollern-Sigmaringen, per spingere il figlio ad accettare la candidatura, che venne poi ufficializzata due settimane dopo. Il cancelliere stava preparando la trappola in cui far cadere Napoleone III. Non è chiaro però se Bismarck avesse previsto sin dall'inizio l'evolversi della crisi della candidatura Hohenzollern. Secondo alcuni storici la candidatura fu un errore "dal quale Bismarck si districò con una rapida improvvisazione".
Di fronte al veto francese, il 12 luglio 1870, il principe Leopoldo ricusò il Trono. Ancora insoddisfatto, lo stesso giorno il ministro degli Esteri francese Gramont fece chiedere al Re Guglielmo I (mentre questi si trovava presso la località termale di Ems, presso Coblenza), tramite l'ambasciatore in Prussia Vincent Benedetti, l'impegno a non presentare più la candidatura neanche in futuro. Guglielmo I, nonostante fosse molto indispettito da tanta insistenza, oppose un composto rifiuto e attraverso il suo aiutante di campo riferì all'ambasciatore francese che considerava conclusa la vicenda della candidatura e che non si sarebbe prestato ad ulteriori colloqui. Il 13 luglio telegrafò a Bismarck le circostanze dell'episodio.

Guglielmo I di Prussia (a sinistra) e il Conte Benedetti
ad Ems.

La comunicazione, intitolata "dispaccio di Ems", arrivò al cancelliere Bismarck (che non aveva raggiunto il monarca perché indisposto) mentre questi si trovava a Berlino. Bismarck manipolò il dispaccio con lo scopo di far apparire la risposta di Guglielmo I irriguardosa nei confronti dell'ambasciatore e suscitare così l'irritazione di Napoleone III. L'incontro con l'ambasciatore, diffuso dai giornali berlinesi, fu interpretato dall'opinione pubblica francese come umiliante e profondamente offensivo. Il 19 luglio la dichiarazione di guerra francese venne consegnata a Berlino. Gli Stati tedeschi a sud del fiume Meno (contrariamente alle previsioni francesi) - Baviera, Württemberg e Baden - si unirono immediatamente alla Confederazione Tedesca del Nord nella guerra contro Napoleone in difesa dell'area germanica: caddero anche loro nella trappola del Bismarck.



La Guerra franco-prussiana: dall'inizio delle ostilità alla resa di Sedan.



Il cancelliere imperiale austriaco
Friedrich Ferdinand von Beust.

Lo scontro anche se apparve desiderato da entrambe le parti risultava più gradito alla Prussia ; Bismarck, come la stessa stampa parigina, aveva preparato il terreno per la guerra, ma il governo imperiale commise grossolani errori di valutazione. Il ministro degli Esteri Gramont infatti ipotizzò come certe, determinate alleanze che non aveva invece provveduto a concludere e ad ufficializzare, così come aveva dato per scontato che l'Austria-Ungheria ( a suo avviso desiderosa di cancellare "i ricordi del 1866") e la Danimarca (che avrebbe potuto riconquistare lo Schleswig perso nel 1864 e con cui si discusse circa uno sbarco francese nel mar Baltico) si sarebbero unite alla Francia, in una guerra di rivalsa contro la Prussia. La valutazione francese fu che il parassitario governo sabaudo si sarebbe alleato con loro per dimostrare la gratitudine al sostegno militare avuto contro l'Impero d'Austria nelle battaglie di Magenta e Solferino del 1859. Malgrado fosse giunta da parte dei russi la minaccia di ricorrere alle armi in caso di mobilitazione dell'Impero d'Austria o di una alleanza militare di questa con la Francia, il cancelliere imperiale austriaco Friedrich Ferdinand von Beust non fu in nessun modo intenzionato, visti i trascorsi,  ad unirsi ai francesi contro la Prussia. La neutralità austriaca fu raggiunta indipendentemente dalle minacce del cancelliere russo Gorčakov che temeva che la vittoria di una coalizione austro-francese ai danni della monarchia Hohenzollern avrebbe potuto aprire una grave crisi nella regione polacca, già al centro di agitazioni rivoluzionarie  contro l'autorità dello Zar.
La vaghezza delle promesse, le lungaggini nelle trattative e le difficoltà organizzative portarono al fallimento delle trattative segrete intavolate dai francesi con tutti i potenziali alleati, che rimasero in disparte e non intervennero al fianco di nessuna delle due potenze. Infatti non vi era nessun accordo formale con nessuno dei due Stati belligeranti che portasse ad un ingresso nel conflitto di una terza potenza; un'alleanza con l'Austria-Ungheria si era rivelata infatti impraticabile , la Russia si adoperò a sostegno della Prussia, l'Italia sabauda non aveva da che guadagnarci alleandosi con la Francia , mentre il Regno Unito non aveva intenzione di agevolare un eventuale rafforzamento francese. La Francia, in questo senso, mostrò tutta la propria impreparazione al conflitto, sottovalutando l'importanza della certezza dei patti con le nazioni straniere. Allo scoppio della guerra, un corpo d'armata francese venne inoltre inviato sui Pirenei, nell'infondato timore che la Spagna avesse preso parte alla guerra al fianco della Prussia.
La Prussia, diversamente, strinse accordi segreti (attraverso clausole contenute nella pace di Praga) con gli Stati tedeschi meridionali, i quali si mobilitarono infatti, contro l'Impero francese sotto l'egida prussiana spinti da un sentimento nazionalista istillatogli negli anni precedenti.
Il 24 luglio ebbe inizio il dispiegamento delle truppe prussiane tra il Reno e la Mosella, portato a termine con grande celerità grazie allo sviluppo dei mezzi e dei percorsi ferroviari. In 18 giorni si mobilitarono 1.183.000 uomini, incluse le forze degli alleati e circa 462.000 vennero concentrati lungo la frontiera. Tre corpi d'armata furono lasciati in Germania, allo scopo di contrastare un eventuale attacco austro-ungarico o per arginare possibili invasioni via mare attraverso il mar Baltico. La Francia, invece, a causa della carente organizzazione logistica e per via di complotti interni contro il governo napoleonico, riuscì a mobilitare solo 288.000 uomini.

Generale Charles Auguste Frossard.

I francesi, secondo un piano di guerra formulato dal defunto maresciallo Niel, avrebbero dovuto lanciare un'offensiva fra Thionville e Treviri nella Renania. Questo piano, che non fu convertito in un progetto definitivo, venne abbandonato in favore del progetto del generale Charles Auguste Frossard, improntato ad un atteggiamento essenzialmente attendista, che prevedeva di schierare in una posizione difensiva l'armata del Reno aspettando l'attacco prussiano. Dopo la visita in febbraio del feldmaresciallo austriaco Alberto d'Asburgo-Teschen, veterano del 1866 e desideroso di rivalsa sui traditori prussiani, Napoleone III attuò modifiche al piano di Frossard. Sperando nell'ingresso in guerra dell'Austria-Ungheria, i francesi, con le proprie forze divise in due gruppi, una in posizione difensiva a Metz e l'altra con ordine di attaccare a Strasburgo, avrebbero dovuto procedere facendo leva su quest'ultimo gruppo nel Palatinato al fine di separare dalla Prussia e liberare dal suo giogo gli Stati tedeschi del sud. Tale piano era tuttavia rischioso e poteva provocare la separazione dell'esercito francese a destra e a sinistra dei Vosgi. Napoleone III decise quindi di organizzare l'esercito in tre armate, l'armata del Reno sottoposta al suo stesso controllo, quella dell'Alsazia raggruppata a Strasburgo e guidata dal maresciallo di Francia Patrice de Mac-Mahon (I corpo d'armata) e l'armata di Châlons al comando di François Certain de Canrobert (VI corpo d'armata). In seguito fu accordato al maresciallo Bazaine, quando Napoleone III arrivò il 28 luglio a Metz presso l'Hotel de l’Europe (dove era collocato il quartier generale), il comando temporaneo di tutte le unità della Lorena.


Il major général Edmond Le Bœuf
Ogni corpo era di norma costituito da tre o da quattro divisioni. Canrobert assunse successivamente, su ordine del ministro della Guerra Le Bœuf, il controllo della riserva presso Châlons per evitare un improbabile avvolgimento a nord, attraverso il Belgio, da parte dell'esercito prussiano. Alla fine però l'armata del Reno fu sostanzialmente divisa in due raggruppamenti separati e scarsamente collegati tra loro: tre corpi d'armata e la Garde impériale a nord e altri tre corpi d'armata a sud. Napoleone III, giunto a Metz assieme al figlio quattordicenne,  cercò di prendere in mano la situazione: si trovò, contrariamente alle previsioni, con soli 40.000 uomini a Strasburgo, non con i 100.000 previsti, e quasi 100.000 uomini male organizzati a Metz, non con i 150.000 ritenuti la forza minima mobilitabile. Canrobert a Châlons, dove mancavano all'appello due divisioni, non godeva di numeri più confortanti.
Il Bonaparte al comando della sua Grande Armeé presiedeva il quartier generale assieme al maresciallo Le Bœuf, come suo major général (capo di stato maggiore), mentre i migliori generali francesi furono collocati al comando di corpi d'armata subordinati. In particolare, il potere decisionale e strategico del maresciallo Bazaine, sin dal suo rientro dal Messico, fu fortemente ridimensionato per volontà di Napoleone III , a favore di altri generali ai quali era legato da rapporti più solidi, come Lebrun e Le Bœuf.


Principe Federico Carlo di Prussia.
 L'alto comando prussiano, invece , sotto la guida dell'abile stratega von Moltke (il quale , come durante la guerra austro-prussiana, credeva nell'importanza di un attacco rapido, che facesse perno su una vasta strategia di accerchiamento), decise, al contrario dei francesi che nell'armata del Reno (la loro più grande forza d'urto) avevano confusamente raccolto 22 divisioni, di suddividere l'esercito in tre armate distinte. Le prime due, comandate da Karl Friedrich von Steinmetz (al comando di 65.000 uomini stanziati vicino Wadern) e dal Principe Federico Carlo di Prussia (che contava 174.000 uomini collocati a Neunkirchen, certamente quella più difficilmente manovrabile), la terza al comando del Principe ereditario Federico (141.000 uomini presso Landau), disposta più a sud delle altre due. Lo stato maggiore prussiano stabilì che le tre armate stanziate lungo il Reno, tra Coblenza a nord e Karlsruhe a sud, dovevano impegnare i francesi sui due fronti mentre questi attaccavano a est del Palatinato. La prima e la seconda avrebbero aggirato le forze francesi a sud-ovest per coglierle sul fianco e alle spalle in una vasta manovra di avvolgimento, mentre la terza avrebbe operato la manovra conclusiva giungendo attraverso i Vosgi a minacciare l'altro fianco dell'armata del Reno e a interrompere le comunicazioni con la capitale francese. In modo diverso da Le Bœuf che gestì la fase preparatoria della guerra senza un piano coerente, von Moltke possedeva una pianificazione del conflitto sin dal 1866. Questa poté essere più agevolmente attuata grazie alla migliore rete ferroviaria e fu in principal modo dettata dalla conformazione stessa del complesso di strade ferrate.

Corazieri francesi catturano soldati bavaresi durante i
primi giorni di guerra.

Nella prima settimana di agosto del 1870 Napoleone III fu sottoposto a forti pressioni per lanciare un'offensiva. Questa appariva l'unica mossa politicamente e strategicamente necessaria. Una riuscita iniziativa francese avrebbe avuto più probabilità di indurre altre potenze ad entrare nel conflitto al fianco del Bonaparte e sarebbe stata l'unica manovra tattica efficace al fine di avere ragione della superiorità organizzativa e numerica prussiana. L'idea di prendere la città di confine di Saarbrücken fu del generale Charles Frossard, il quale il 29 luglio ottenne l'autorizzazione a lanciare l'attacco. La 16ª divisione prussiana, separata dall'armata di Karl von Steinmetz, era collocata a difesa della linea del Saar. Nonostante l'offensiva fosse stata sconsigliata da alcuni generali per i rischi che poteva implicare, esponendo l'armata del Reno ad un accerchiamento da parte dei 400.000 prussiani, e perché ormai troppo tardiva, Napoleone III , prima dell'inevitabile ripiegamento francese con l'approssimarsi di un attacco in forze prussiano, acconsentì la presa di Saarbrücken. Di conseguenza, il 31 luglio i francesi marciarono in avanti verso la Saar per occupare la cittadina.
Il generale Frossard con il suo II corpo e il III corpo d'armata di Bazaine attraversarono il confine con la Germania il 2 agosto e cominciarono a respingere il 40º reggimento prussiano della 16ª divisione di fanteria nella città di Saarbrücken con una serie di attacchi frontali, vincendone la resistenza in giornata. Alla fine presero la città sei divisioni del III corpo d'armata di Bazaine e il II corpo d'armata di Frossard. Il fucile Dreyse prussiano, contrariamente alle rassicurazioni fornite da Napoleone III ai suoi uomini su una sua netta inferiorità rispetto allo Chassepot francese, fece pressoché lo stesso numero di morti (86 francesi e 83 prussiani) dell'arma francese, tanto da mettere in imbarazzo l'imbelle Bonaparte.
L'attacco contribuì a logorare i rapporti, già peraltro difficili sin dall'inizio della campagna, tra Napoleone III e il maresciallo Bazaine, la cui unità era stata declassata a forza di riserva nel corso dell'operazione di conquista della città. Bazaine avrebbe voluto trasformare la presa del centro di frontiera in un attacco in piena regola contro i 40.000 prussiani presenti nelle zone limitrofe, ma trovò l'indifferenza di Napoleone III rispetto ai suoi progetti. Mentre però la stampa francese salutava l'inizio dell'invasione come una grande vittoria, il generale Le Bœuf e Napoleone III ricevettero notizie allarmanti provenienti da giornali esteri, belgi e britannici, circa la preparazione di massicci attacchi prussiani a Spicheren, Wissembourg e Frœschwiller.
Allarmati da queste informazioni, Le Bœuf e l'Imperatore iniziarono a programmare di disimpegnare le formazioni troppo esposte schierate a ridosso del confine e iniziarono a trasferire i corpi d'armata lungo una linea di difesa con lo scopo di costruire un cordone difensivo a protezione dei confini orientali francesi.

Soldati prussiani rendono omaggio a prigionieri
di guerra francesi.

Mentre il IV corpo del generale Louis Ladmirault bloccò la valle della Mosella e il corridoio per Thionville, Frossard abbandonò Saarbrücken già il 5 agosto e si schierò in posizione difensiva a Forbach e Spicheren. Bazaine infine si ritirò verso Saint-Avold, mentre Mac-Mahon, con il I corpo, rimase a Frœschwiller, in Alsazia. La campagna che era iniziata con la promessa di una "nuova Jena", ora si era tramutata in un insieme di confuse manovre difensive dirette a contenere una potenziale invasione prussiana su vasta scala.
I francesi si mostrarono impreparati alla guerra sotto il profilo diplomatico, logistico, organizzativo e tattico, avendo elaborato piani rudimentali: Il conflitto franco-prussiano  è il primo del secolo in cui l'aggressore sia apparso più impreparato alla guerra della potenza teoricamente aggredita. Von Moltke, tuttavia, non era a piena conoscenza dell'inadeguatezza dell'organizzazione francese e puntò tutto sulla celerità dell'attacco mobilitando il maggior numero di uomini lungo la frontiera.

Patrice de Mac-Mahon.

La terza armata prussiana messa in marcia verso l'Alsazia del nord, attraversato il fiume Lauter il 4 agosto, dopo aver avuto i primi contatti con i soldati  francesi , incontrò nella battaglia di Wissembourg la 2ª divisione del I corpo d'armata dell'esercito di Mac-Mahon, che aveva preso posizione all'interno della città. I 50.000 prussiani circondarono la città e sopraffecero i 5.000 francesi del generale Douay (che morì a causa dell'esplosione di un cassone di munizioni), catturandone un migliaio. Mac-Mahon procedette precipitosamente a riorganizzare le sue truppe intorno ai due piccoli centri di Wœrth e Frœschwiller, dove concentrò 45.000 uomini contro i 100.000 della terza armata prussiana. I prussiani, accortisi che Mac-Mahon non stava arretrando su Strasburgo, attaccarono le posizioni fortificate francesi il 6 agosto provocando una battaglia presso Wœrth e attorno ai centri limitrofi: dopo un'aspra resistenza agli assalti del nemico e dopo avergli inflitto gravi perdite, i comandanti di divisione francesi, abili protagonisti dei combattimenti durante il giorno, furono costretti a ritirarsi o rimasero accerchiati. Lo stesso Mac-Mahon scelse saggiamente di ripiegare abbandonando  il teatro degli scontri.
Mentre si svolgeva la battaglia a Wœrth, a Spicheren infuriò un altro duro scontro (battaglia di Spicheren), che costituì il modello per una serie di vittorie prussiane successive. Ignorando il piano di von Moltke, l'armata di Steinmetz (il quale compromise il progetto del comando supremo di affrontare in un'unica battaglia decisiva le forze francesi), poi supportata da Federico Carlo e dalla sua seconda armata, attaccò il II corpo d'armata di Frossard, asserragliato tra Spicheren e Forbach, il 6 agosto. I francesi riuscirono a bloccare la prima armata prussiana per molte ore; alla fine, dopo aver respinto numerosi assalti, si ritirarono dalle zone antistanti Spicheren e poi ripiegarono definitivamente verso sud. Le perdite prussiane furono relativamente alte, dovute alla mancanza di pianificazione e all'efficacia dei fucili Chassepot francesi, cui i prussiani opposero un pesante fuoco di cannoni.
Dopo la prima settimana di scontri le forze francesi erano divise e il comando generale imperiale versava in un drammatico stato di confusione. Le vittorie degli iniziali sette giorni di guerra stavano irrimediabilmente aprendo le porte della Francia ad una invasione prussiana in grande stile. La sconfitta di Wœrth ebbe ripercussioni gravi sul morale francese. Fu predisposto l'annullamento della spedizione nel Baltico e ciò comportò lo spostamento delle truppe da sbarco sul fronte orientale e l'arruolamento dei coscritti fu aumentato.

Battaglia di Wœrth

Dopo Wœrth i vertici militari francesi e il Bonaparte furono divisi tra la possibilità di far ripiegare l'intero esercito su Châlons-en-Champagne (dove si sarebbe costituita l'armata di "Châlons") evitando così che le forze potessero rimanere divise, ma abbandonando Metz, e quella di non operare alcun avvicinamento tra le armate, scegliendo di ritenere precipuo l'obiettivo di lottare intorno alla roccaforte lorenese. Ciò avrebbe decretato tuttavia l'irreversibile e dannosa divisione in due armate delle truppe. Considerazioni strategiche consigliarono che sarebbe stato opportuno per Bazaine riscendere a sud a Langres, dove tutto l'esercito avrebbe potuto concentrarsi e minacciare il fianco di una avanzata tedesca a ovest (forse anche riuscendo a realizzare un attacco contro la terza armata con il vantaggio di una schiacciante superiorità numerica). Ma quando Bazaine propose questo piano, Napoleone III si rifiutò di ascoltarlo. Alla fine, seguito il consiglio di Ollivier che il 7 agosto lo esortava a non ritirarsi su Châlons, Napoleone III scelse di puntare tutto su Metz.

Gruppo di Corazieri della guardia
 durante l'assedio di Metz.

Le incertezze francesi intorno all'abbandono di Metz, e in ultimo, la decisione definitiva del mantenimento delle posizioni di Bazaine presso la fortezza, stavano per decidere l'esito della guerra.  Moltke infatti era vicino ad accerchiare completamente la città, mentre i francesi non fecero alcun tentativo per impedire che ciò si realizzasse e trascurarono persino di distruggere i ponti chiave. Gli scontri nei giorni successivi impedirono a Bazaine di realizzare un'evasione dalla "tasca della Mosella". Quando ormai l'accerchiamento fu completo, il maresciallo di Francia non ebbe altra scelta se non quella di tentare, senza successo, di rompere l'isolamento. Chiudendo la via di fuga a Bazaine, i prussiani avrebbero posto un primo decisivo tassello verso la vittoria finale su Napoleone III.
La situazione andava complicandosi, con il quartier generale francese indeciso se lanciare un contrattacco o interrompere la condizione di stasi a Metz, atteggiamento che era stato rimesso in discussione di fronte al pericolo realistico dell'annientamento di Bazaine, ma che era favorito dalla riluttanza generale ad abbandonare la base.
Fu così che andò perduto tempo prezioso, finché non si rivelò troppo tardiva la decisione di avviare le manovre di evacuazione della fortezza. Il 13 l'ordine di Napoleone III di ripiegare su Verdun non fu ascoltato da Bazaine, il quale preferì difendersi e combattere a Borny il giorno successivo iniziando il ritiro per Châlons solo il 15 agosto. Le ultime unità francesi intorno Borny attraversarono la riva sinistra della Mosella e il grosso dell'esercito iniziò un'ardua marcia allontanandosi da Metz. Raggiunto un hotel a Verdun a mezzogiorno del 16 agosto Napoleone III si disse certo del fatto che Bazaine sarebbe arrivato l'indomani. Bazaine tuttavia non sarebbe arrivato né il giorno successivo, né quello ancora dopo.

Maresciallo di Francia Bazaine.

Il pomeriggio del 14 agosto a est della Mosella l'incontro tra l'avanguardia della prima armata prussiana di von der Goltz e le forze francesi sfociò nella battaglia di Borny-Colombey, reclamata da tutti e due gli eserciti come un successo, ma utile soprattutto ai prussiani per il fatto di aver rallentato la ritirata francese. Il 15 agosto von Moltke ordinò alla seconda armata prussiana di sbarrare ai francesi la strada per Verdun, posta lungo la direttrice per Châlons.
Una divisione di cavalleria prussiana e la sua artiglieria, cioè l'avanguardia del terzo corpo d'armata del tenente generale Constantin von Alvensleben, ingaggiarono battaglia con una divisione francese del terzo corpo d'armata accampata presso Vionville alla mattina del 16 agosto (battaglia di Mars-la-Tour), dopo che Bazaine aveva ordinato di rimandare la marcia per Verdun al pomeriggio dello stesso giorno. Bazaine con la strada per Verdun ormai bloccata, temette di poter essere tagliato fuori da Metz. Il timore di tale eventualità fu tanto forte da spingerlo ad autocondannarsi ad una battaglia di contenimento e a non prendere alcuna iniziativa.
Verso mezzogiorno, 30.000 prussiani con alle spalle Parigi attaccarono 135.000 francesi con alle spalle la frontiera. Bazaine avrebbe potuto aggirare i prussiani a sud-ovest ma non ne fu capace.

Maggiore Generale Adalbert von Bredow.

Spinti dalla forza della disperazione, i prussiani lanciarono ripetuti attacchi tra Vionville e Rezonville, nel centro dello schieramento ostile. Nel primo pomeriggio una carica di corazzieri, dragoni e ulani della 12ª brigata comandata dal maggior generale Adalbert von Bredow, fu diretta sul campo di artiglieria francese del generale Canrobert. La "carica della morte", come venne ribattezzata, ebbe successo nel tacitare le artiglierie, ma costò ai prussiani circa la metà degli effettivi. A sera la battaglia era conclusa, ma l'esito non poté dirsi completamente a favore dei francesi. Essa infatti fu una sconfitta prussiana nella parte di Vionville e una vittoria francese nella parte di Mars-la-Tour.
Il 18 agosto l'armata francese di Bazaine con quartier generale a Plappeville, separata dal resto dell'esercito al comando di Mac-Mahon, era schierata tra i villaggi di Saint-Privat e Sainte-Ruffine prima dei forti di Saint-Quentin e Plappeville. Le forze di Bazaine combatterono nella speranza di poter rompere l'accerchiamento, ma ancora una volta i vertici militari francesi commisero gravi errori.
La battaglia di Gravelotte cominciò verso mezzodì con l'esplosione dei primi colpi d'artiglieria. I primi attacchi dei prussiani al centro e sul fianco sinistro, disorganizzati e frammentari, fallirono clamorosamente. Nel corso del pomeriggio, i sassoni e soprattutto la Guardia prussiana, mossero attacchi frontali allo scoperto contro le solide posizioni di Saint-Privat sul fianco destro francese, tenute dal generale François Canrobert, subendo però l'efficacia del fuoco degli Chassepot. L'assalto venne sanguinosamente respinto e la Guardia prussiana subì perdite altissime, ma le difese francesi, non rafforzate da Bazaine, vennero investite e lentamente scompaginate dall'artiglieria prussiana forte di 200 cannoni.

Generale Charles Denis Bourbaki.

Saint-Privat venne infine conquistata nella serata da un ultimo assalto della Guardia prussiana del principe di Württemberg, mentre un'abile manovra aggirante sul fianco destro francese del corpo d'armata sassone minacciò l'intero schieramento del maresciallo Bazaine. I francesi non furono in grado di lanciare un contrattacco: il generale Charles Denis Bourbaki, comandante della Guardia imperiale, decise di non coinvolgere le sue truppe scelte in una disfatta e si rifiutò di mettere in campo i suoi veterani. Alla sera, i combattimenti cessarono e il giorno dopo Bazaine (la cui condotta fu da molti ritenuta irresponsabile per la deludente vaghezza dei piani e per l'approssimazione nell'organizzazione) si ritirò nei forti a difesa di Metz, consentendo ai prussiani di completare l'accerchiamento della piazzaforte.
La battaglia di Gravelotte si concluse  con una grande vittoria strategica prussiana, nonostante le difficoltà, gli errori tattici e le dure perdite causate dal micidiale fuoco dei fucili francesi. Lo scontro rappresentò un punto decisivo di tutta la campagna, segnando il destino dell'armata del maresciallo Bazaine, costituita dalle truppe migliori dell'esercito francese, che ripiegò all'interno della cintura difensiva della capitale lorenese. Von Moltke incaricò delle operazioni di assedio il Principe Federico Carlo di Prussia, il quale al comando di parte della seconda e della prima armata, circondò all'interno di un perimetro di 50 km la fortezza. Il comandante supremo prussiano costituì quindi una quarta armata di 120.000 uomini, costituita da parte della seconda armata. Essa, che includeva il XII corpo sassone, il IV corpo e la Guardia prussiana, venne denominata "armata della Mosa" (Maasarmee) e fu posta al comando del Principe Alberto di Sassonia, col proposito di manovrare in collegamento con la terza armata del Principe di Prussia e marciare in direzione delle forze francesi in riorganizzazione sulla Marna, mentre i restanti corpi della seconda armata sarebbero rimasti a Metz a dare man forte alle truppe assedianti. La capitolazione di Bazaine giungerà il 27 ottobre 1870.
A Châlons, intanto, Mac-Mahon raggruppò freneticamente la nuova armata "di Châlons" riuscendo ad inquadrare 120.000 uomini e 500 cannoni e mitragliatrici.

Eugenia de Montijo.

La strategia francese, dopo l'accerchiamento di Metz, prevedeva inizialmente il ripiegamento a ridosso di Parigi delle forze raccolte a Châlons. All'eventualità di un arretramento su Parigi, tuttavia, si opposero la consorte del Bonaparte,  Eugenia de Montijo,  e il capo del governo generale Cousin-Montauban, alla guida dell'esecutivo dal 10 agosto, timorosi per le conseguenze negative che avrebbe potuto provocare sull'opinione pubblica un movimento di truppe che avrebbe segnalato un andamento oltremodo sfavorevole del conflitto e, quindi, favorito tentativi rivoluzionari liberali. L'unico modo per salvare il "secondo Impero francese" apparve, agli occhi della famiglia Bonaparte , del governo e della stessa opinione pubblica bonapartista, affidare a Mac-Mahon la liberazione della piazzaforte di Metz. Essendo stato incaricato il generale Louis-Jules Trochu della difesa della capitale, Mac-Mahon già il 21 agosto collocò il proprio malconcio esercito a Reims, da dove teoricamente era possibile sia realizzare un'avanzata verso la Mosella, sia eventualmente ripiegare sulla capitale.
Due giorni dopo Mac-Mahon venne a conoscenza del progetto di una sortita, comunicata da un dispaccio di Bazaine del 19 agosto; nella stessa comunicazione si comandava Mac-Mahon di raggiungere Montmédy, città a nord-ovest della fortezza, vicina ai confini del Belgio. Partito il giorno stesso, il maresciallo procedette ancora in direzione di Montmédy il 26, ostacolato da copiose precipitazioni e dalle manovre della cavalleria prussiana. All'insaputa dell'altro maresciallo, Bazaine tentò due attacchi in pochi giorni per liberare Metz: il primo il 27 agosto fu annullato; l'altro, iniziato il 31 dello stesso mese, si prolungò fino al giorno successivo. L'attacco assunse le dimensioni di una vera battaglia (battaglia di Noisseville), che costò 3.500 vittime ai francesi e 2.500 ai prussiani. Mac-Mahon frattanto non ricevette notizie da Bazaine e il 27 agosto inviò al maresciallo e al primo ministro Montauban messaggi che li mettevano al corrente del fatto che, qualora non si fossero stabiliti contatti con l'armata assediata, egli avrebbe proceduto a ritirare l'esercito di Châlons verso Mézières. La risposta del conte Palikao pose Mac-Mahon di fronte ad un aut aut che non lasciava nessuna alternativa al prosieguo della marcia:

« Se lei abbandonerà Bazaine, la rivoluzione scoppierà a Parigi e si farà attaccare dalle intere forze nemiche... Lei ha un vantaggio di almeno trentasei ore di marcia sul nemico, forse quaranta; non ha nulla di fronte, eccetto una piccola parte delle forze che stanno bloccando Metz... Tutti qui sentiamo la necessità di correre in aiuto di Bazaine e seguiamo con grande ansia i suoi movimenti. »

(Messaggio inviato da Charles Cousin-Montauban a Mac-Mahon all'01:00 del 28 agosto 1870)

Principe Alberto I di Sassonia:
artefice della vittoria nella
Battaglia di Beaumont.

Von Moltke approfittò dei confusi movimenti francesi per organizzare una manovra a tenaglia. Il XII corpo sassone, intanto, bloccò irrimediabilmente la strada per Montmédy occupando i ponti lungo la Mosa a Stenay e a Dun-sur-Meuse. Il 30 agosto i francesi del V corpo, attardati a ovest della Mosa, incontrarono ingenti forze prussiane, appartenenti al IV corpo e ai corpi bavaresi, a Beaumont e nel combattimento che ne seguì (battaglia di Beaumont) subirono una pesante sconfitta. Ormai impossibilitato a ricongiungersi a Bazaine e con poche possibilità di raggiungere Parigi passando per Mézières, Mac-Mahon ordinò la ritirata generale delle sue truppe e ripiegò su Sedan. Con il Principe di Sassonia sul lato destro della Mosa e il Principe di Prussia sul sinistro, Mac-Mahon era ormai in grave difficoltà e rischiava di essere accerchiato.
Per circondare definitivamente il nemico e combattere finalmente una grande "battaglia di annientamento" (Kesselschlacht o Zirkelschlacht nella terminologia dell'esercito prussiano) von Moltke ordinò subito al XII, al IV corpo e alla Guardia prussiana della Maasarmee, in marcia a est della Mosa, di sbarrare alle forze di Mac-Mahon la via di Montmédy e di impedirle di sconfinare eventualmente in Belgio. La terza armata, invece, in avanzata a ovest del fiume, avrebbe aggirato da nord Sedan, partendo dalla sponda meridionale della Mosa, spingendo il proprio fianco sinistro sulla riva destra del fiume (attraversandolo a Donchery); l'ala sinistra avrebbe quindi proseguito in direzione est per cercare di ricongiungersi con le forze prussiane della Maasarmee e impedire qualsiasi possibilità di ritirata ai francesi verso Parigi o Mézières. Infine, i due corpi bavaresi avrebbero occupato la riva occidentale del fiume a ovest di Sedan e avrebbero, con la loro ala destra, attraversato a loro volta il fiume a Bazeilles per minacciare anche da sud il nemico.  Von Moltke al suo arrivo presso il Comando supremo, dopo aver osservato la situazione strategica, poté affermare con ragione di aver cacciato gli avversari "in una trappola per topi".


Soldati bavaresi affrontano la fanteria di marina francese.
(Villaggio di Bazzeilles).

L'efficace e rapida reazione di von Moltke alle manovre dei francesi precluse a quest'ultimi qualsiasi possibilità immediata di arretramento che consentisse di sfuggire alla tenaglia tedesca che il 1º settembre, attraverso il congiungimento della terza e della quarta armata, si strinse attorno al piccolo centro di Sedan. A Mac-Mahon, attanagliato nel piccolo centro, saranno rivolte accuse per il fatto di non aver voluto o saputo tirar fuori dall'imbottigliamento di Sedan le proprie truppe, forse obbedendo alle direttive del conte Palikao che gli imponevano di continuare a battersi offensivamente per trovare il corridoio utile a convergere con l'armata di Bazaine. Numeri, potenza di fuoco e morale erano tutti dalla parte prussiana. I due eserciti prussiani, per un totale di 224.000 soldati, si trovarono di fronte un esercito disorganizzato, esausto e demoralizzato composto dalla metà delle loro forze.
La decisione di Mac-Mahon di collocare i corpi francesi in un triangolo difensivo completamente scoperto intorno a Sedan fece sì che le truppe fossero lasciate alla mercé dell'artiglieria prussiana. Tale scenario fu evidente agli occhi degli stessi alleati tedeschi: il Principe Leopoldo di Baviera osservò che "ogni tentativo francese di montare una batteria, una mitragliatrice o di realizzare un contrattacco è stato immediatamente vanificato dalla nostra artiglieria". Il generale francese Wimpffen si mostrò "inorridito" dall'intensità del fuoco prussiano.

Fotografia delle fasi iniziali della Battaglia di Sedan.

Mac-Mahon al primo mattino del 1º settembre, ferito ad una gamba dal fuoco d'artiglieria, dovette cedere il comando prima al generale Auguste Ducrot (particolarmente favorevole ad iniziare immediatamente una celere ritirata verso nord in direzione di Mézières), poi al generale Wimpffen (al contrario, risolutamente deciso a passare all'offensiva a sud per marciare verso Carignan) appena giunto da Parigi essendo stato richiamato dall'Algeria a sostituire il comandante del V corpo Failly. Mentre si svolgevano gli aspri combattimenti di Bazeilles, le altre colonne prussiane proseguirono la loro marcia per completare l'accerchiamento delle forze francesi, respinte a Givonne e scacciate da Fleigneux e Illy. Il generale Wimpffen, che portava con sé istruzioni da parte del capo del governo, il conte Palikao, non riuscì a realizzare lo sperato contrattacco verso sud; Bazeilles finì per essere conquistata dai bavaresi e i tentativi francesi di riconquistare l'abitato fallirono. Infine, nel primo pomeriggio, i francesi furono completamente circondati, dopo il ricongiungimento sulla posizione strategica del Calvaire d'Illy (a nord-ovest di Sedan) della Guardia prussiana, proveniente da est, e del V corpo prussiano, in avanzata da nord-ovest. Le truppe francesi, decimate e demoralizzate, abbandonarono le ultime posizioni e rifluirono in rotta dentro le mura di Sedan.


Napoleone III prigioniero dei prussiani dopo la resa.

Assistettero alla battaglia, da un'altura presso il villaggio di Frénois, Re Guglielmo I , Bismarck, Moltke e il ministro della guerra Roon, accompagnati dal seguito di dignitari e funzionari.  Napoleone III , invece, già provato da una calcolosi che gli procurò grosse sofferenze, si mosse da un'unità all'altra cercando apparentemente la morte. Verso la fine della battaglia, il Bonaparte fece sventolare la bandiera bianca e un suo aiutante di campo consegnò una lettera indirizzata a Re Guglielmo I nella quale affermava in maniera servilistica e da vero parvenu : "Non sono stato capace di morire in mezzo ai miei uomini, ora non mi rimane che offrire la mia spada nelle mani di Vostra Maestà. Sono vero fratello di Vostra Maestà, Napoleone". Dopo la risposta dettata da Bismarck in cui veniva accettata la resa, si consegnò nelle mani dei prussiani insieme con il resto dell'esercito (oltre 100.000 uomini, comprese alcune migliaia di feriti, e circa 500 cannoni). Dopo aver avuto un breve incontro con Bismarck a Donchery, Napoleone III firmò la capitolazione nella tarda mattinata del 2 settembre.



La caduta del "secondo impero" , la fine della guerra e la proclamazione di Guglielmo I di Germania.



Jules Favre.

La notizia della resa di Mac-Mahon e di Napoleone III giunse a Parigi il 3 settembre; la città nel pomeriggio piombò nel caos. Una folla di sgherri, diretta dalle logge parigine simile in tutto a quella che ventidue anni prima aveva permesso al Bonaparte di prendere il potere, iniziò a saccheggiare i negozi, a distruggere i simboli napoleonici sparsi nella città e a minacciare l'occupazione degli edifici governativi. Il 4 settembre il settario  Jules Favre propose la detronizzazione del Bonaparte , la creazione di un governo provvisorio e suggerì come governatore militare il generale Louis-Jules Trochu. Lo stesso giorno la Francia divenne per la terza volta repubblica e la consorte di Napoleone III, Eugenia,  si apprestò a lasciare la città per sfuggire ad un possibile linciaggio; per le strade si gridava "abbasso la spagnola". A Place de la Concorde la gente iniziò a urlare "morte ai Bonaparte" e "lunga vita alla nazione".
L'esecutivo post-napoleonico si divise subito in due fazioni, una moderata che chiedeva di arrivare a un compromesso di pace con i prussiani e una radicale che sostenne invece la guerre à outrance (guerra a oltranza).

Garde nationale mobile.

Dopo il fallimento dei tentativi di giungere a un armistizio che potesse evitare il prosieguo del conflitto, le forze armate alleate tedesche procedettero alle operazioni di conquista della capitale francese, racchiusa in 16 forti difesi da una divisione di marinai, da 100.000 uomini della Garde nationale mobile, da 350.000 uomini della guardia nazionale e da volontari venuti dafuori e raccolti per le strade della città. Von Moltke assieme alla terza e alla quarta armata prese la strada di Parigi dando avvio all'ultima e fatidica tappa nella marcia verso l'annichilimento del nemico.
Il 19 settembre Parigi venne tagliata fuori dal resto del paese. Le possibilità di vittoria francesi apparvero ridotte a causa delle forze esigue e della vulnerabilità delle fortificazioni, risalenti al 1842, rispetto alle potenti artiglierie nemiche. Le forze francesi rimaste chiuse a Strasburgo, intanto, subirono un assedio di due mesi, dal 9 agosto fino alla loro resa il 28 settembre. Stessa sorte toccò a Metz, che cadde il 27 ottobre e a Verdun, il cui assedio si protrasse fino all'8 novembre. Orléans cadde il 10 ottobre nelle mani delle truppe del generale Ludwig von der Tann (in seguito verrà ripresa dai francesi e infine riconquistata definitivamente dai prussiani il 5 dicembre).

Parigi, Rue de l'Eglise dopo i bombardamenti prussiani. 

Il 19 gennaio gli assediati parigini lanciarono un'ultima e disperata offensiva in direzione di Versailles (battaglia di Buzenval), ma l'attaccò fallì. Verso la fine dell'assedio Louis-Jules Trochu fu sostituito dal generale Joseph Vinoy come governatore militare. A mezzanotte del 27 gennaio, dopo che Jules Favre ebbe accettato i termini di resa di Bismarck, entrò in vigore l'armistizio che stabilì la fine della guerra ed impose un immediato cessate il fuoco a partire dal 28 gennaio, poi esteso al resto della Francia tre giorni dopo. Favre ottenne la rassicurazione da Bismarck che gli ultimi colpi di cannone dell'assedio sarebbero stati esplosi dai cannoni francesi e che nessun prussiano sarebbe entrato a Parigi durante i giorni dell'armistizio.
La sconfitta francese, oltre a causare il dissolvimento dell'intero esercito bonapartista , provocò uno sconvolgimento politico radicale nel paese. Il crollo del secondo Impero  avviò la fase della terza Repubblica, che, come accennato precedentemente ,  venne proclamata a Parigi il 4 settembre 1870.
L'armistizio, entrato in vigore il 28 gennaio, fu protratto fino al 19 febbraio 1871 al fine di consentire lo svolgimento delle elezioni per un nuovo governo che avrebbe dovuto accettare le clausole del trattato di pace. Adolphe Thiers venne eletto presidente della neonata terza Repubblica e il cartello monarchico-conservatore (del quale facevano parte legittimisti e orleanisti) ottenne la maggioranza assoluta dei seggi dell'Assemblea Nazionale : Bismarck farà di tutto per impedire che in Francia fosse restaurata la monarchia perchè il suo obbiettivo era sempre stato quello di rendere la Francia un vicino debole e innoquo. Il 1º marzo il parlamento francese ratificò gli accordi preliminari della pace che venne firmata il 10 maggio (Trattato di Francoforte) ponendo fine al conflitto.

La proclamazione di Giglielmo I ad "Imperatore Tedesco)
nella Galleria degli Specchi della Reggia di Versailles
(18 gennaio 1871).

Quando ancora Parigi era cinta d'assedio, i Principi tedeschi inebriati da un nazionalismo che rasentava il fanatismo "incoronarono imperatore", nella galleria degli specchi della reggia di Versailles, sede del quartier generale alleato tedesco, il sovrano di Prussia Gugliemo I realizzando la sua più grande ambizione. Tale avvenimento e l'impatto che ebbe la vittoria militare sull'opinione pubblica degli stati permisero la deflegrazione del fanatismo nazionalista tedesco e la fondazione del nazionalista, protestante, militarista Impero Tedesco (Deutsches Reich).

L'Impero Tedesco degli Hohenzollern , costruito e pensato dalla diabolica mente del  Bismarck, sorse su centinaia di migliaia di morti , su inganni , sulla prepotenza violenta delle armi . Esso nacque sull'iniquità e l'illegittimità , sulla spinta di una Rivoluzione conservatrice.
Una "malattia" si era sviluppata nel mondo tedesco, una malattia della mente; e dove prospera la malattia...seguono brutte cose...


Continua...

Fonte:

Wikipedia (immagini).

L'Impero inquieto. La Germania dal 1866 al 1918 (Lutz Heinrich)

Scritto da:

Redazione A.L.T.A.