L’amica di Radio Spada Vera Provenzale aveva scritto per Azione Katechon un interessante articolo sulla figura del sacerdote oggi, che vi invito a leggere qui; oggi vorrei parlarvi di un grande sacerdote, di ieri e di oggi, che esattamente un mese fa ci ha lasciato, provando a farvelo conoscere: Padre Antonello, che è stato uno dei miei confessori, per lunghi anni parroco del quartiere dove si trovava la mia scuola elementare; un sacerdote umile e buono che ha improvvisamente lasciato tutti i suoi fedeli e amici, che, in 50 anni di sacerdozio, erano veramente tanti.
Padre Antonello Pignatta era nato a Corciano, in Provincia di Perugia, nel 1938, era stato ordinato sacerdote nel 1963 (il 29 giugno, la festa dei Santi Pietro e Paolo) e aveva prestato servizio prima a Marsciano, un altro paese in Provincia di Perugia, per 15 anni, e, poi, a Case Bruciate (un quartiere di Perugia che proprio allora aveva cominciato a cambiare e ingrandirsi), per 30 anni, prima di essere nominato canonico e confessore in Duomo; in totale, 50 anni di sacerdozio, vissuti pienamente e, direi, santamente. E’ morto improvvisamente quest’anno, la sera del 22 novembre, lasciando tutti nello sgomento; se avessi saputo che non l’avrei più rivisto, una settimana prima della sua morte l’avrei salutato con più calore e gli avrei detto qualcosa di più bello e significativo di un semplice “Arrivederci”.
Per me Case Bruciate significa tre cose: la scuola elementare, che ho frequentato nonostante non fossi di quel quartiere; l’amicizia, nata all'interno della stessa scuola e poi durata fino ad oggi; e poi appunto lui, Padre Antonello, IL parroco per eccellenza che, ne sono sicuro (era forse il miglior sacerdote di Perugia, e a maggior ragione la sua perdita è grave), ha raggiunto il premio eterno.
Padre Antonello era il direttore dell'asilo parrocchiale convenzionato con la scuola in cui mandavano noi bambini per il pranzo e il doposcuola (ricordo, tra le altre cose, che ci veniva a prendere e ci portava con il suo pullmino quando pioveva), e fu forse la prima figura sacerdotale che conobbi: è stato un buon sacerdote, l'unico di Perugia (almeno, di quelli che ho conosciuto, e ne ho conosciuti tanti) ad indossare SEMPRE la talare (anche quando, per l'età, non capivo niente di religione, avevo capito, anche per quello, che lui era speciale e qualcos'altro), le cui omelie erano limpide e puntuali e le Messe senza sbavature o fantasie (cosa più unica che rara quando si parla di Novus Ordo); era assiduo nell'ascoltare e confessare i fedeli, anche prima di andare a celebrare o anche prima di ritirarsi, e terminava sempre le confessioni con un “Prega e ama la Madonna, che ti vuole tanto bene!” e con un saluto e un sorriso, quasi degli inviti a tornare e a rivedersi.
Lo scopo del sacerdote è la salvezza delle anime, è il portare le persone a Dio, è il trasmettere il cattolicesimo (puro, integro e vero), e Padre Antonello questo lo ha fatto, e nel fare questo non hai mai cercato modi e metodi nuovi e moderni, che lasciano il tempo che trovano, ma ha continuato a rimanere fedele alle sue promesse sacerdotali e a fare quello che ha sempre fatto: celebrare, predicare, confessare, dirigere spiritualmente, in maniera semplice e umile, ma costate; uno dei soprannomi che gli avevano dato era “Don Bosco” (e infatti c’era chi, al funerale, ha detto “Ciao, Don Bosco!”), e credo che, per la semplicità e la vicinanza ai fedeli, soprattutto a quelli giovani (e poco contavano i 75 anni di età, era tutta esperienza e, soprattutto, non bisogna scordarsi l’inizio della Messa, Introibo ad Altare Dei, ad Deum Qui laetificat juventutem meam , “Salirò all’Altare di Dio, al Dio Che allieta la mia gioventù”, visto che la gioventù più importante è quella interiore e spirituale), si sia meritato un tale soprannome!
Mancheranno molto il suo sorriso e la sua calma, la sua bontà e la sua mitezza, mi mancherà il fatto di non poterlo più vedere celebrare e predicare, di non poterlo più salutare e discorrerci e, soprattutto, di non potermi più confessare da lui in Duomo (e il fatto che mi fossi confessato proprio con lui, una settimana prima delle sua morte, senza che nulla potesse far presagire una cosa simile, rende il tutto ancora più strano). Anche se mi è stato detto, al funerale, che lui non avrebbe voluto vedermi piangere (e, conoscendolo, ne sono sicuro), anche se al Credo ho ripetuto con quanta più fermezza mi era possibile "aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà", ammetto di non avercela fatta a trattenermi; però, se anche Nostro Signore Gesù Cristo, Uomo e Dio, pianse per l’amico Lazzaro, non credo di aver commesso qualche peccato o di essere venuto meno nella fede per questo...
Io ho perso uno dei miei confessori (e Dio solo sa quanto sia necessaria, ad un'anima, la presenza di un sacerdote confessore!), molti miei amici di Case Bruciate hanno perso un amico e una guida, ma credo di poter dire che abbiamo guadagnato tutti un santo, che adesso pregherà ancora di più per noi, continuando a fare ciò che ha sempre fatto...arrivederci, Padre Antonello, che Cristo Re ti abbia accolto con Sé, e che un giorno possa, possiamo tutti, rivederci insieme, se ce lo saremo meritato!
Ho voluto scrivere questo pezzo per offrire il ritratto di un buon sacerdote in un’epoca in cui c’è un grande bisogno di esempio e, in modo ancor più particolare, di santità, e, soprattutto, per far conoscere, in qualche modo, Padre Antonello: immediatamente dopo il funerale scrissi un suo ricordo, che piacque tanto, anche a chi non l’aveva conosciuto e perfino a chi non era di Perugia, e la cosa più bella che mi fu detta, oltre al fatto che erano “parole piene di amore”, fu “In qualche modo, hai fatto conoscere anche a me Padre Antonello”…io spero di poter fare lo stesso, adesso, per ancora più persone, per l’intero pubblico di Radio Spada!
50 anni di sacerdozio e di bene fatto non si possono cancellare e dimenticare, lo dimostrano la folla immensa che quel giorno, per il funerale, ha riempito l’interno, il sagrato e il parcheggio della chiesa di Case Bruciate, e anche il fatto che, ad un mese dalla scomparsa, i fedeli ancora parlano e si ricordano di lui, con nostalgia e amore; voglio quindi concludere con due frasi, prese dal suo diario spirituale e stampate sul santino commemorativo, che sono molto belle, che lo hanno caratterizzato e che sono sicuro che ha vissuto pienamente, fino alla fine: “1962: metterò impegno per passar bene quest’ultimo anno in modo da prepararmi bene alla mia prima Santa Messa. Sarò umile.”; “1963, sarà senz’altro l’anno più bello di tutta la mia vita, l’anno in cui il Signore mi ricolmerà delle Sue grazie e, soprattutto, l’anno in cui mi concederà il dono di divenire Suo Ministro. Attento, dunque: 1-Vita eucaristica intensa; 2-Vita di fede.”
Roberto De Albentiis
22 dicembre 2013 - In die trigesimo