giovedì 4 luglio 2013

Monsignor Gaume ed il mondo contemporaneo

il vero volto
 
 
Ho trascritto questa pagina di monsignor Gaume (Histoire de la sociètè domestique) nella
quale egli riassumeva il quadro desolante della società pagana prima della venuta di Gesù
Cristo,prima che la croce fosse piantata sulla cima del Calvario e la morte fosse sconfitta.
Ma ad ogni lettore di «buona volontà» appare evidente che la società descritta è la stessa dei
nostri giorni,è immersa nelle medesime tenebre e negli stessi vizi poichè ha rifiutato
l’impero di Cristo sugli individui e sulle nazioni e siccome «Sine me nihil potestis facere,
senza di me non potete far nulla» (Gv. 15,5) il mondo si avvia verso la rovina se non si
converte subito a Dio e non si pente della sua condotta.
La battaglia è furiosa e non si può rimanere neutrali,ogni cattolico deve impegnarsi per il
bene della società stessa e per la gloria di Dio,per dissipare le tenebre di un mondo che
ridiventa pagano nonostante avesse beneficiato enormemente della Verità fattasi carne in
Gesù Cristo e del suo giogo soave (Mt. 11, 29-30). «Il giogo di Gesù Cristo, osserva qui S.
Ambrogio, non inceppa il collo tra catene, ma congiunge l’anima a Dio coi teneri legami della
grazia, non costringe con la necessità e con la violenza, ma dolcemente dirige la volontà al
bene (De Elia et Ieiun. c. XXII). (Alessandro Pini)
«I legami della società religiosa che uniscono l’uomo a Dio erano spezzati. Separati da Dio,
l’uomo e la donna avevano perduto il sentimento della nativa loro dignità,ed erano caduti
sotto il dispotico impero del sensualismo. Ad immagine degli dèi creati dalle loro passioni,
erano divenuti crudeli e lussuriosi. Dalla loro fronte era caduta la corona di gloria,onde
l’aveva ornata la mano del Creatore; poscia,con una benda sugli occhi s’erano prostrati nel
fango, e in questo stato dimenticando ciò che erano,ciò che dovevano essere,avevano cessato
di comprendere ciò che valevano.
Di qui,nell’antichità pagana un profondo e universale disprezzo dell’uomo pel suo simile, e
dell’uomo per se medesimo.
Dovunque si trovava il disprezzo dell’uomo;nel bambino affogato,esposto,venduto,immolato;
nel prigioniero fatto schiavo,costretto a morire sulla tomba dei vincitori o negli anfiteatri;nel
povero cacciato via come un immondo animale;nello schiavo bastonato,oppresso con catene
e con penose fatiche,gettato in pasto ai leoni(…); nella donna,comperata,ripudiata,venduta,in
mille modi disonorata.
Il disprezzo dell’uomo per se stesso si vedeva nella sua mente nutrita di errori ad un tempo i
più vergognosi ,i più grossalani e i più crudeli, o di vane e sterili cognizioni del vero bene;nel
suo cuore,degradato cogli affetti più brutali e più umilianti; nei suoi sensi insozzati e fatti
ministri di ogni genere di nequizia;nella sua vita,ch’egli si toglieva col ferro o col veleno, o
che vendeva a chi voleva goderla,sia per abusarne,sia per tagliarne il filo.
Quanto alla Società,essa era divenuta ciò che erano le sue membra,essa ormai consisteva
nell’oppressione del debole da parte del più forte.Lo Stato era tutto,niente l’individuo;il
cittadino,lungi dall’essere veramente libero,non esisteva che pel Dio-Stato,i cui ordini
dovevano essere riguardati come buoni e onesti,anche quando erano
l’espressione della più flagrante ingiustizia e della più odiosa tirannia.»
 
 
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