Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol
Trentino-Alto Adige/Südtirol o Sudtirolo? Per gli italiani vale la prima interpretazione. Per gli austriaci (e tirolesi) la seconda. Eppure si parla della stessa terra e della stessa gente che fino a un centinaio di anni fa viveva in perfetta simbiosi, senza alcun motivo di rancore o risentimento reciproco.
Nessuno oggi si sognerebbe di utilizzare negli atti ufficiali di Trento il termine "Tirolo di lingua italiana" per definire la provincia di Trento: questo sarebbe un motivo di richiamo da parte delle autorità di Governo o di derisione neo confronti di una consistente fetta della popolazione di lingua italiana. 98 anni fa invece non era così, tant'è vero che lo stesso Giovanni Prati, ritenuto uno dei massimi poeti del risorgimento italiano, non esitava a chiamare questa terra "Tirolo italiano". Il tutto - come precisava il professor Umberto Corsini - senza scandali e senza risentimenti.
Evidentemente le conseguenze della pesante opera di italianizzazione introdotta dal Tolomei nei primi anni Venti sono ormai diventate irreversibili. Se tra la popolazione di lingua tedesca l'attaccamento alla toponomastica tradizionale appare quasi un obbligo, per i trentini tutto questo non vale. Anzi, molti dei termini coniati dall'Ascoli e dal Tolomei durante l'epoca fascista sono ormai entrati nel linguaggio comune. Capita così sempre più frequentemente che radio, televisioni, giornali e atti ufficiali parlino di "Tre Venezie" per definire l'area del nord est italiano, o di "Venezia tridentina" per definire quello che fino a qualche decennio prima era chiamato Tirolo meridionale.
Scrive a questo proposito lo storico Gatterer riferendosi ai termini artificiosamente coniati dal Tolomei: "Non era la stessa identica cosa reclamare per l'Italia il Tirolo italiano o la Venezia Tridentina; la denominazione non cambiava l'essenza del territorio, è vero, però modificava il carattere dell'enunciazione, creava otticamente un titolo di diritto".
Dunque, se da un lato si devono ammettere le giuste e legittime aspirazioni autonomiste che animavano la popolazione trentina intorno ai primi del Novecento, dall'altro appare evidente che la propaganda ultranazionalista del ventennio fascista ha soffocato e nella gran parte dei casi cancellato l’identità locale, utilizzando – oltre agli strumenti della propaganda – anche quelli della toponomastica, opportunamente "italianizzata" e strumentalizzata a fini patriottici.
Quando venne coniato con finalità politiche e “separatiste” il termine Trentino (vedi Giovanni Battista a Prato nel 1850), lo scontro fra i nazionalisti era alle prime battute. Ancora a quel tempo l’Austria era un crogiuolo di razze e di etnie e basava la sua potenza proprio sulla multiculturalità di un territorio che abbracciava gran parte d’Europa. Poi arrivò la sconfitta di Sadowa contro la Germania prussiana e da quel momento i nazionalisti iniziarono le loro scorribande culturali in quel che allora era il territorio di un grande Impero. Nel Tirolo iniziarono a confrontarsi da un lato i nazionalisti tedeschi e dall’altro i nazionalisti italiani: due realtà, entrambe matrigne di quel terribile fenomeno che fu il nazifascismo, che non tolleravano né potevano concepire l’esistenza in Europa di una terra multilingue e multiculturale come l’Austria-Ungheria, né potevano tollerare una regione come il Tirolo ove da secoli convivevano italiani, tedeschi e ladini. Per queste realtà non c’era spazio alcuno e la popolazione fu obbligata ad optare per l’una o l’altra nazionalità, ben consapevoli che né i tirolesi né gli austriaci potevano avere una nazionalità nel senso auspicato dai nazionalisti.
Per il Tirolo storico (trilingue da 8 secoli) l’avvento di questi nazionalismi fu dunque il principio della fine. E di questi nazionalismi ancora oggi risentiamo gli effetti poiché, nell’accezione moderna, il termine tirolese significa essenzialmente tedesco e trentino significa invece italiano. Una equazione che non può essere condivisa poiché la complessità di questa terra rende impossibili opzioni di natura etnica o linguistica, posto che i territori che componevano all’epoca il Tirolo storico erano rappresentati da valli e città che, per questioni di natura geografica, economica, sociale e religiosa, avevano interessi e riferimenti molto diversi che non potevano essere ricondotti ad un preciso territorio come quello che oggi si intende il “Trentino”.
Sono concetti che a molti trentini – tirolesi di lingua italiana – ancora oggi sfuggono, così come sfuggono alla maggioranza dei cittadini i motivi per i quali esistono due Stati di lingua tedesca come l’Austria e la Germania. Sono lacune difficili da colmare oggi.
Tutto questo vale anche per la scuola, fondamentale struttura formativa per una cultura autonomista. Lo Stato italiano - dal secondo dopoguerra ad oggi - non ha mai incoraggiato programmi formativi improntati alla conoscenza della storia locale. Anzi ha spesso boicottato esplicitamente il diffondersi di una coscienza autenticamente autonomista nel Trentino. Lo testimonia il fatto che molti libri di testo non riportano alcun riferimento alla pur importante ed interessante storia del Trentino nel periodo antecedente il XIX secolo. E non ci riferiamo esclusivamente alla figura di Andreas Hofer o alle sollevazioni antinapoleoniche, ma anche a figure altrettanto importanti come Michael Gaismayr o Francesco Cleser.
Sarebbe interessante conoscere oggi quanti giovani - e non solo loro - conoscono la storia della loro terra, dalle origini del Principato di Trento ai giorni nostri. Forse si potrebbero contare solo sulle dita di una mano.
Non è il caso di riprendere sterili polemiche circa la proposta di una sorta di esame di trentinità degli insegnanti! Ma non c'è dubbio che il problema si pone in tutta la sua vastità. Oggi infatti gli studenti trentini, come del resto i loro colleghi di tutta Italia – conoscono molte cose (o almeno dovrebbe essere così) del contesto globale, ma nessuno saprà mai - se non per iniziativa personale - quali sono le radici in cui affonda l'autonomia trentina. Giusto studiare dunque la storia d'Italia, ma appare quanto mai singolare che uno studente trentino non conosca la storia del Principato di Trento o le vicende della guerra rustica che fu uno dei più significativi eventi del '500 nel centro Europa.
"La coscienza storica, particolarmente quella nazionale – scriveva il Gatterer - è una forza possente: una volta fuorviata è correggibile assai difficilmente. La coscienza storica del vasto raggruppamento non è tuttavia formulata dalla storiografia scientifica, bensì da ciò che gli educatori accolgono nei libri di lettura e nei testi scolastici, desumendolo dai risultati della ricerca storica: prelevandone solo ciò che essi giudicano di particolare valore pedagogico, e da ciò che i mass media trasmettono all'opinione pubblica. La via della cognizione scientifica verso la sua popolarizzazione su base di massa nelle scuole e sui giornali non solo è lunga nel tempo, ma implica anche il periodo di nuove deformazioni".
Per tornare alla domanda d’origine non c’è dubbio che oggi il termine Trentino, pur affondando le sue radici nel contesto nazionalista, è un patrimonio di tutti: non solo di coloro che reclamano la sua italianità, ma anche di tutta quella importante fetta di popolazione che si riconosce nelle tradizioni culturali del Tirolo storico, di cui il Trentino è una parte essenziale e indispensabile, ma non alternativa. Perché – come scriveva Clara Marchetto – non c’è storia del Trentino senza il Tirolo.