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Il personaggio era quello che era, tanto che pure la storiografia “unitarista” (la maggioranza, quella dello ‘storical correct,’ non lo ha mai considerato un genio, ma ha sempre puntato sulla sua tempra di patriota non venale, mosso solo dai nobili ideali dell’unità, sia pure all’ombra della massoneria. Ma poi è successo che nel 2011 il Banco di Napoli ha reso pubblici i suoi archivi, e l’Eroe dei due Mondi” non ne esce affatto bene, neanche dal lato dell’onestà. Un bel precursore della banda che ci sgoverna, sotto varie spoglie partitiche e di regime, dal 1861. Leggete sotto:
Il Banco di Napoli svela un segreto sull’eroe dei due mondi: Garibaldi non pagò i debiti
di Rossella Lama
GARIBALDI, insolvente con le banche ed evasore con il fisco. E’ quasi una beffa per il povero eroe dei due mondi quell’apertura dell’archivio storico del Banco di Napoli. Perché viene fuori che visto da vicino, da molto vicino, somiglia a tanti, anche dei nostri giorni. Ai quali, peraltro, non sembra siano ascrivibili pari meriti. Perché lui è lui, è Garibaldi, e l’unità d’Italia l’ha fatta davvero.
È successo anche però che abbia chiesto un prestito al Banco di Napoli per suo figlio Menotti, agricoltore e deputato al Parlamento. Una discreta somma, l’equivalente di 1 miliardo e mezzo delle nostre vecchie lire.
Garibaldi aveva due figli, ai quali aveva dato il nome dei suoi luogotenenti della prima ora, della partenza da Quarto. Menotti, appunto, e Ricciotti. Menotti era lo scapestrato. Le cronache riferiscono che sia fuggito alle sgradevoli conseguenze dì un’incriminazione appellandosi all’immunità parlamentare. Non rimborsa nemmeno il mutuo. E il Banco dì Napoli si fa avanti con il padre. “Ma che volete voi? lo vi ho liberati, sono stato anche dittatore e voi pretendete anche che restituisca un prestito“, è la davvero poco eroica risposta del nostro eroe nazionale.
Gli archivi del Monte dei Paschi di Siena ci danno invece uno spaccato dei rapporti di Giuseppe Garibaldi con il Fisco. “Signor Esattore, mi trovo nell’impossibilità di pagare le tasse. Lo farò appena possibile. Distinti saluti”. Punto e basta. Segue la firma. Non sappiamo che sviluppi abbia avuto quella lettera datata 1863. E se il Signor Esattore di Roma abbia avuto quello che chiedeva. Però ne dubitiamo. Nel ’63 sull’Aspromonte Garibaldi è stato arrestato e spedito in esilio a Caprera, dove ha passato diversi anni prima di rifarsi vivo a Porta Pia per prendere Roma.
Garibaldi un po’ pirata lo è stato certamente. Forse anche un po’ troppo presenzialista, o forse semplicemente usato. La sua fama era diventata immensa: in un’Italia di analfabeti e senza televisione non c’era chi non conoscesse la sua faccia e le sue gesta. Dopo il 1870 il suo nome spunta tra i consulenti di un’infinità di opere urbanistiche e di bonifica fatte dai piemontesi, dal riscatto dell’agro romano, come si diceva una volta, alla costruzione degli argini del Tevere. Non si sa bene per quali specifiche competenze, se non quella di aver conosciuto le paludi con la moglie Anita morta a Ravenna di malaria. Comunque è morto povero.
Le carte del Banco di Napoli offrono uno spaccato straordinario per capire come andava il mondo. C’è una polizza di 40 ducati emessa a Napoli a settembre del 1742 per il riscatto di uno schiavo. Sul retro di una polizza del 1613 sono annotati gli ingredienti acquistati per l’imbalsamazione del Cardinale Ottavio Acquaviva d’Aragona. Un cassiere del Monte di Pietà guadagnava nel 1595 trenta ducati al mese, e cinque uno scrivano. Un vitello si comprava per sette ducati e mezzo. Un servizio di barba costava quattro ducati all’anno. Per due camere e cucina a Via Toledo, 45 ducati l’anno di affitto.
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