domenica 30 giugno 2013

Veritas in caritate: un commento alla “Caritas in veritate”

  BXVI_duomo_7
 
L’Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate (CV) è un magnifico documento di enorme spessore politologico, un “saggio”che abbraccia completamente gli aspetti più attuali delle tante problematiche che ci attanagliano. Traspare una notevole sapienza sul mistero e sul significato della natura umana. Un testo assolutamente da leggere e diffondere. Tra le molte impressioni che suscita la lettura dell’enciclica “Caritas in veritate” (CV) una è prevalente: non c’è nulla che non potrebbe essere sottoscritto da “laici illuminati” come Giulio Tremonti o Marcello Pera o da qualche neocon americano. L’auspicio generico di una “moralità” che governi i rapporti interpersonali e internazionali sembra comunque destinato a lasciare il tempo che trova, come ogni moral suasion basata sull’appello alla “buona volontà”. La preoccupazione maggiore del teologo e filosofo tedesco, sembra essere stata principalmente quella di offrire un contributo all’agenda del G8 tenutosi a L’Aquila; un buon contributo, ma forse più sociologico che religioso.
Si era sempre creduto, almeno fino al Vaticano II, che la Chiesa, società perfetta, avesse una sua dottrina non riducibile né al capitalismo né al socialismo né al liberalismo: quella via che è l’unica conforme al diritto naturale e divino, al di fuori del quale, ogni società è destinata a crollare. Non occorre risalire molto indietro: basta tornare alla lettera Notre charge apostolique di S. Pio X (1910) per leggere come il compito che viene assegnato ai cattolici sia quello di “instaurare omnia in Christo”, ossia di ricostruire quella società cristiana che è l’unica che abbia mai garantito ai popoli la vera pace, la vera libertà e la vera prosperità intese in senso cattolico. Il guaio è che per questo bisogna non assecondare, ma combattere e possibilmente invertire il corso della cosiddetta civiltà moderna, a partire dai suoi fondamenti che consistono nell’usurocrazia internazionale della banca e della finanza apolidi. Finché questi meccanismi infernali non saranno sconfitti i popoli continueranno a languire sotto il giogo di Mammona. Certo, per questo occorre affrontare il rischio di inimicarsi i “potenti della terra”: ma non è questo che si richiede a un Papa? Il santo Papa Pio X giunse invece a mettere fermamente in guardia (la lettera è scritta contro il movimento catto-democratico francese del Sillon) sui pericoli di una “falsa democrazia”. La rilettura della Notre charge apostolique appare oggi doverosa perchè ancora più attuale che nel 1910. In particolare questi passaggi espliciti della CV – Libreria Editrice Vaticana 2009 - mi hanno lasciato perplesso:
(7) Pag. 10 …. La Città dell’Uomo vista come propedeutica alla Città di Dio o come sinonimo, mentre per S. Agostino tali Città si trovano in antitesi. Tutto ciò indurrebbe a credere che “umanesimo integrale” sia un termine che maschera in realtà un Culto dell’Uomo, antropocentrico e non più teocentrico;
(14) Pag. 19 …. Viene denunciato il pericolo delle visioni utopistiche e ideologiche, senza considerare però che anche l’umanitarismo laicista dell’ONU e il democratismo, sono frutti di tali medesime visioni, frutto dei “Lumi” che avrebbero tolto l’Umanità dal “buio” delle credenze religiose (come abbondantemente dimostrato dai Papi successivi al 1789);
(17) Pag.23 …. I “messianismi carichi di promesse” dovrebbero essere esplicitati chiaramente, perché anche il mondialismo ecumenico e sincretista e il mito del melting pot lo sono: producono illusioni come quella della Pace perpetua (utopìa kantiana) e dell’uomo “buono per natura” di russoviana memoria (la cosiddetta ‘immacolata concezione del genere umano’);
(21) Pag.29 …. Auspicare il “consolidamento dei regimi democratici …libertà e pace”, si pone in contraddizione con la denuncia del “relativismo culturale”. Non è corretto tralasciare l’evidente relativismo culturale tipico e necessario frutto delle società democratiche occidentali, fondate sulla divisione ideologica (punto II) dei partiti politici e sul ‘pluralismo’. Libertà e Pace nell’occidente non sono Libertà e Pace del Vangelo (punto III). San Pio X nella sopra citata Lettera-Enciclica, negava che la Democrazia dovesse avere un privilegio speciale rispetto alle tre note forme di governo compatibili con la Giustizia, condannando la falsa connessione tra cattolicesimo e democrazia;
(25) Pag.36 …. L’invito della “dottrina sociale cattolica a dar vita ad associazioni di lavoratori” è inteso in modo gravemente elusivo, perchè storicamente, è stato sempre affiancato alla condanna del sindacalismo ateo di origine socialcomunista (Pio XI, Divini Redemptoris);
(29) Pag.43 …. Condannare l’indifferentismo religioso, i fondamentalismi e la promozione dell’ateismo, contrasta chiaramente con la concomitante difesa della “libertà religiosa”, in quanto tali fenomeni sono frutti coerenti della libertà religiosa stessa. Nella ‘libertà religiosa conciliare’ (condannata invece da Pio IX e dalla Quas Primas di Pio XI sulla Regalità Sociale di Cristo),  è ricompresa anche la libertà di ateismo e  pertanto è proprio una conseguenza della stessa il relativismo culturale tanto avversato ma nel contempo ‘prodotto’ o favorito. Ogni altra forma di “religione” o presunta tale, considerata assieme a tutte le altre nel contesto sociale della Uguaglianza giuridica, genera necessariamente o la confusione sincretista, o la difesa fondamentalista, o lo scetticismo indifferentista. Infatti Pio IX, nella lettera al Vescovo di Nevers 1871, acutamente intuiva come: “Ciò di cui io temo non è la Comune di Parigi, no, quel che io temo è il Cattolicesimo Liberale … La vera rovina della Francia (e di tutta la Chiesa, ndr) è il Cattolicesimo Liberale, che tenta di unire due princìpi così opposti tra loro come il fuoco e l’acqua, ovvero in Quanta Cura ammoniva:”… non temono di caldeggiare l’opinione sommamente dannosa per la Chiesa cattolica e per la salute delle anime, dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di venerata memoria chiamata delirio cioè “la libertà di coscienza e dei culti essere un diritto proprio di ciascun uomo che si deve proclamare e stabilire per legge in ogni ben ordinata società ed i cittadini avere diritto ad una totale libertà che non deve essere ristretta da nessuna autorità ecclesiastica o civile, in forza della quale possano palesemente e pubblicamente manifestare e dichiarare i loro concetti, quali che siano, sia con la parola, sia con la stampa, sia in altra maniera“. ”. La Dignitatis Humanae del Vaticano II ha sancito invece che: “… la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa…..che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l’hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società.”;
      (33) Pag.50 … Paolo VI auspicava l’utopìa di una “decolonizzazione autonoma nella libertà e nella pace”. Da un Pontefice occorrerebbe più realismo, perché era chiaro da subito sia il ritorno ai    tribalismi e agli scontri   etnici, che la nuova forma   neocolonialista fatta dalle autorità finanziarie e dalle multinazionali. Fascinazione verso “l’uomo buono per natura” secondo Rousseau, senza considerare quanto abbiano bisogno i popoli poveri di quelli ricchi. Interdipendenza o autonomìa? Le due aspirazioni si annullano vicendevolmente;
(42) Pag.70 …. Viene enunciata la “vocazione solidale e di comunione dell’anima della globalizzazione”. Purtroppo le finalità sono scelte da quelle lobbies che hanno promosso il progetto e che lo hanno spinto al massimo della velocità, non da chi ingenuamente pensa di cavalcare un processo inventato, gestito e sfruttato da altri;
(57, 74) Pag.95 e Pag. 119 …. La suggestione seguente è molto sottile: “La religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano”….”La fede senza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone”. In realtà un tale ‘problema’ non dovrebbe neanche essere posto perchè la Fede (Virtù che illumina l’intelletto), non è concepibile senza la ragione, a meno che non si tratti di una ‘religione fideistica’ (come la intende il modernismo secondo la Pascendi di San Pio X). Si può desumere allora che fede e ragione siano ormai concepite non come le ha sempre concepite la Chiesa. Nel Catechismo di San Pio X la Fede è, infatti, proprio la Virtù teologale che illumina l’intelletto aprendola alla Sapienza. La Fede è quella Virtù che dispone la ragione ad aderire alla Verità rivelata per l’Autorità di Dio rivelatore. Quindi non sarebbe mai possibile scindere fede e ragione nel (vero) cattolicesimo;
(64) Pag.106 …. Scrivere che “…i sindacati dovrebbero volgere lo sguardo verso i lavoratori dei Paesi in Via di Sviluppo”, oltre ad apparire un contrappeso alle soventi aperture liberali, contiene un errore di fondo. In verità, è proprio la concorrenza di questi lavoratori, fondata da un sistema sleale, che toglie il lavoro qui ed abbassa la soglia dei diritti per i lavoratori europei. Chi è il “prossimo” che i sindacati dovrebbero aiutare per primo? Un cedimento alle tentazioni terzomondiste socialisteggianti? Forse un messaggio a quella parte di cattolici “di sinistra” che rimpiangono ancora Giovanni Paolo II;
(79) Pag.126 …. La preghiera “…di non essere messi troppo alla prova… “. Nel Pater del Vangelo di S. Matteo non si chiede a Dio di non essere tentati, ma di non cedere alla tentazione. Così hanno sempre interpretato i Padri e i Dottori della Chiesa.
Il Signore per salvare gli uomini, affidò alla Chiesa nata dal Suo Sacrificio redentore, l’Ordine cristiano per tutta l’umanità. Nei tempi moderni vi è stata la grande ribellione a quest’Ordine, accusato di degradare la dignità umana. Quest’accusa, due secoli dopo la Rivoluzione Francese, ha trovato ricezione nella riforma conciliare, che ricorre ai “principi” ribelli illuministici, per aggiornare l’Ordine cristiano al nuovo mondo. La giustificazione delle idee illuministe in chiave neocristiana ha per riferimento la Populorum progressio (Pp) di Paolo VI, ed infatti Benedetto XVI, che non potrebbe (e non dovrebbe) ignorare la rivoluzionaria rottura conciliare col Magistero cattolico, si rallegra invece di questa continuità della demolizione conciliare, dicendo: “Fino ad allora, una simile commemorazione era stata riservata solo alla Rerum novarum. Passati altri vent’anni, esprimo la mia convinzione che la Populorum progressio merita d’essere considerata come «la Rerum novarum dell’epoca contemporanea », che illumina il cammino dell’umanità in via di unificazione.” Una sorta di condominio globale di nazioni e religioni abbasserebbe le barriere dogmatiche sostituendo alle rivalità secolari una generosa emulazione. I discorsi del Concilio hanno cercato l’adesione del cattolicesimo a tale mutamento dell’apostolato: ormai, «al di là delle divergenze religiose», tutti gli uomini di buona volontà, “cristiani anonimi”, si ritroverebbero uniti al servizio del Mondo nello stesso culto dell’Uomo, che il Padre Georges de Nantes nomina M.A.S.D.U: movimento d’animazione spirituale per la democrazia universale. In pratica l’anti-magistero.
La Chiesa come Agenzìa dell’ONU, oppure ridotta a parodìa dell’INPS… Paolo VI promuoveva così, tanto il suo nuovo concetto di Tradizione, letta alla luce del presente, quanto di Rivoluzione sociale, un programma mondiale di democrazia popolare cristiana, tutto preso dal progressismo francese ed ora ripreso in pieno da Benedetto XVI. Ma come può costui dire che tale programma di dottrina sociale sia edificato sulle basi messe dagli Apostoli e trasmesse ai Padri della Chiesa? Nella città cristiana l’uomo è chiamato a rispondere grato e devoto all’amore del divino Crocefisso, da cui deriva la più alta responsabilità umana. Solo da questa viene il bene sociale. Una nuova gerarchia ha da tempo immensa simpatia per la religione dell’uomo, per un umanesimo laico, aprendo le porte della Chiesa alla sua rivoluzione egualitaria, antigerarchica. I capi conciliari confondono le differenze, che chiamano “discriminazioni”, per aiutare l’edificazione del villaggio globale della religione ecumenista mondiale. Nella Gaudium et Spes del Vaticano II è anticipata, anche a livello d’ideologie e di religioni, la confraternizzazione universale: la missione della Chiesa diviene sostenere e benedire le sue direttive verso il villaggio globale, descritto nella Gaudium et Spes, come una città unificata da un ‘nuovo vangelo’. Si tratta di sostituire l’Idea tradizionale, fondata sulla Trascendenza, adattando la Morale e la Religione alla mentalità contingente di ogni epoca. La lettera Notre charge apostolique di S. Pio X invece ricordava che:”…non vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana…se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l’anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l’unione degli spiriti nella verità, l’unione delle volontà nella morale, l’unione dei cuori nell’amore di Dio e di suo Figlio Gesù Cristo.”
Benedetto XVI si pone come ‘conservatore’, ma sempre nella coerenza a quella “rivoluzione conciliare”, a quella direzione alla quale diede già il suo contributo come teologo negli anni sessanta del XX Secolo.  
 
Pietro Ferrari
 
Fonte: