sabato 16 marzo 2013

Nel 220° anniversario dell'inizio delle Guerre di Vandea in Francia viene presentato il disegno di legge che riconosce il genocidio

 


(ASI) È stato presentato in Assemblea nazionale, in Francia, un disegno di legge che ha lo scopo di riconoscere il "genocidio vandeano", che ebbe luogo, a più riprese, tra il 1793 e il 1796 per opera delle truppe rivoluzionarie nei confronti degli abitanti della regione contadina francese della Vandea.  I Le Pen e il genocidio vandeano Co-autrice di questo disegno di legge è la più giovane esponente politica di casa Le Pen, la ventitreenne Marion Maréchal-Le Pen. È la prima volta che la deputata del Front national presenta un disegno di legge insieme a un collega (Lionnel Luca) del partito di centro-destra Ump. Correva l'anno 1987, quando già il nonno di Marion, Jean-Marie Le Pen, provò invano a far passare un emendamento per riconoscere gli eventi di Vandea come un crimine contro l'umanità.  L’atroce mattanza operata dai giacobini Gli eventi bellici iniziarono in quella regione settentrionale della Francia a causa della resistenza che gli abitanti opposero all'obbligo di leva imposto dalla Convenzione Nazionale, organo giacobino nato nel 1792 sulla scia di sangue della Rivoluzione francese. Di lì né scaturì un estenuante, cruento conflitto condito da ragioni più profonde: il popolo vandeano rifiutava, infatti, di rinnegare la propria fedeltà a Dio e al re di Francia in nome degli “immortali principi” annunciati, a Parigi, dal sinistro sibilo delle ghigliottine. Questo valoroso rifiuto costò in tre anni alla popolazione vandeana - composta in gran parte da contadini, ma anche da religiosi e baroni - l’uccisione, spesso viepiù atroce e sistematica, di almeno 117mila persone su 800mila abitanti.  La tesi dello storico La Chiesa cattolica, nel 1995, ha beatificato 64 sacerdoti barbaramente uccisi, in odio verso la fede, nella località di Rochefort dai profeti della Rivoluzione francese. Anche per il carattere anti-cristiano delle persecuzioni ordite dai giacobini, Reynald
Secher, uno dei maggiori storici delle Guerre di Vandea, ha sempre ritenuto doveroso sostenere la tesi del genocidio. Si è avvalso di testi e documenti dell’epoca, per poter affermare convinto: “Quelle rappresaglie non corrispondono agli atti orribili, ma inevitabili, che si verificano nell’accanimento dei combattimenti di una lunga e atroce guerra, ma proprio a massacri premeditati, organizzati, pianificati, commessi a sangue freddo, massicci e sistematici, con la volontà cosciente e proclamata di distruggere una regione ben definita e di sterminare tutto un popolo, di preferenza donne e bambini” (R. Secher, Il genocidio vandeano, Effedieffe Edizioni,  Milano 1989).  Una Francia incapace di fare i conti con la propria storia Si legge in una Risoluzione Onu del 1948: “Gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” contengono la definizione di genocidio. La tesi di Secher sulle Guerre di Vandea corrispondono dunque a tale criterio internazionalmente riconosciuto e codificato anche nel diritto penale francese. Tuttavia ciò non ha impedito che questo valente storico, in ragione del coraggio dimostrato, subisse nel 1989, all’uscita del suo libro, varie vicissitudini: minacce di colleghi e politici, effrazioni del proprio appartamento con furti di documenti e, infine, il sollevamento dall’insegnamento pubblico. Nella Francia di oggi, ove le scelte estremo-progressiste del governo Hollande lasciano avvertire una recrudescenza del clima giacobino, appare insperata l’approvazione del disegno di legge di Marion Maréchal-Le Pen e Lionnel Luca. 


                                                                  Federico Cenci – Agenzia Stampa Italia