Breve introduzione:
L'intervento dell' Imperial-Regio esercito asburgico nel Granducato di Toscana rappresentò, insieme alla sconfitta della settaria Repubblica Romana del Mazzini e Repubblica di Venezia del Manin , il culmine del processo di riordino legittimo che spense, definitivamente, le sovversive rivoluzioni scoppiate nella penisola italiana nell'anno 1848.
Antefatti:
Moti sovversivi rivoluzionari e costituzioni
Le vicende che portarono all'intervento dell'Imperial Regio Esercito nel Granducato di Toscana ebbero inizio nel gennaio 1848, quando giunse notizia della insurrezione settaria di Palermo contro i Borbone delle Due Sicilie, scoppiata il 12 gennaio. Seguì una rivoluzione liberal-settaria a Napoli, il 27, che costrinse, due giorni dopo, Ferdinando II a dare fiducia ai liberali e promettere la Costituzione, promulgata l'11 febbraio.
Lo stesso 11 febbraio il Granduca Leopoldo II di Toscana concesse la Costituzione, nella generale approvazione dei ben pochi sudditi liberali.
La bandiera costituzionale del Granducato di Toscana nel 1848: il tricolore, con sovraimpresse le armi della casata degli Asburgo-Lorena.
Prima fase della Prima guerra di espansionismo sabaudo
("Prima guerra d'indipendenza italiana")
("Prima guerra d'indipendenza italiana")
Dopo di che gli eventi precipitarono : il 22-24 febbraio rivoluzione settaria a Parigi ed instaurazione della Seconda Repubblica, il 4 marzo Carlo Alberto concesse agli Stati Sardi lo Statuto Albertino, il 14 marzo Papa Pio IX , dando fiducia ai liberali moderati, concesse lo statuto, 13 marzo insurrezione settaria a Vienna e dimissioni coatte del Metternich, 17 marzo grande manifestazione liberale borghese a Venezia che impose al governatore il rilascio dei sovversivi detenuti politici, fra cui il peggiore di tutti , il Manin, 18 marzo inizio delle cinque giornate di Milano.
Giunta a Firenze la notizia delle cinque giornate di Milano, il 21 marzo 1848 Leopoldo II, bon gré ou mal gré, venne subdolamente raggirato dalla fazione liberale e dichiarò guerra all’Impero d'Austria ed inviò l’esercito al comando del generale De Laugier verso il Quadrilatero. Tra loro vi erano dei volontari universitari di Pisa che si diedero alla fuga a Curtatone e Montanara il 29 maggio 1848, e se non fosse stato per i volontari Napoletani che resistettero contro un esercito molto più numeroso la bella vittoria di Goito non ci sarebbe stata . Poi vennero le vittorie del grande Radetzky a Vicenza, il 10 giugno e Custoza, il 23-25 luglio. Di lì cominciò una veloce, ma disordinata, ritirata verso l’Adda e Milano, dove si svolse, il 4 agosto la battaglia di Milano, al termine della quale Carlo Alberto , datasela a gambe , attraverso i suoi emissari risolse a chiedere l’armistizio di Salasco.
Rivoluzione e controrivoluzione nel Granducato di Toscana :
Ricadute sul governo del Granducato
Ancora il 26 giugno, Leopoldo II recandosi dalla sua residenza a Palazzo Pitti a Palazzo Vecchio, nel salone dei Cinquecento, ove si teneva l’apertura del neonato parlamento toscano, con la vista ancora annebbiata da menzogne liberalesche, difendeva “questo meraviglioso risorgimento d'Italia” che permetteva “di ordinare lo Stato secondo i bisogni dei tempi e di proclamare e di discutere in faccia all'Europa la nazionale indipendenza”.
Nel successivo il 17 agosto venne costretto dalla fazione sovversiva a licenziare il governo moderato del Ridolfi, sostituendolo con Capponi. Poi, il 25 agosto, scoppiò una rivolta settaria filo-democratica a Livorno, condotta dal traditore Guerrazzi. Sull'onda di quei fatti, Capponi si dimise il 9 ottobre. Il 27 ottobre Leopoldo II cedette alle pressioni e conferì l'incarico al democratico e subdolo Montanelli, che prese il Guerrazzi come ministro degli interni, ed inaugurò una politica nazionalista, ovvero, volta alla unione con gli altri stati italiani ed alla ripresa congiunta della guerra all'Austria.
In attesa della ripresa delle ostilità (vigeva ancora l'armistizio di Salasco), la questione politica del momento era il precipitare della crisi politica nello Stato della Chiesa di Pio IX: il 15 novembre era stato assassinato dal figlio di un mazziniano , tale Angelo Brunetti detto Ciceruacchio , il ministro dell’interno Pellegrino Rossi e, la sera del 24 novembre, il Pontefice venne costretto a riparare nella fortezza di Gaeta, sotto la protezione del buon Ferdinando II. Vi resterà sino al 12 aprile 1850 (ben oltre la caduta della settaria Repubblica Romana).
Dopo di che la nuova e sovversiva giunta di governo romana sciolse il parlamento e convocò le elezioni per il 21-22 gennaio 1849.
Proclamazione della Repubblica Toscana
Montanelli richiese minacciosamente a Leopoldo II l'elezione di trentasette deputati toscani, rigorosamente liberal-settari, da mandarsi alla "Costituente romana". Fece approvare la proposta dal Parlamento, ma la necessaria controfirma del Granduca non giunse mai in quanto, il 30 gennaio, minacciato e prigioniero della Rivoluzione, lasciò Firenze per Siena, da dove, il 7, partì per Porto Santo Stefano, ove prese alloggio su una nave militare inglese. Qui organizzò l'estrema resistenza: d'accordo con Carlo Alberto, che non aveva ancora intenzione di annettersi il Granducato, comandò alle truppe toscane di De Laugier di riunirsi a La Marmora a Sarzana, per marciare su Firenze e reinsediare il Granduca.
L'operazione cominciò il 17 con la pubblicazione di un apposito proclama di De Laugier, da Massa. La mossa era discreta, in quanto Carlo Alberto avrebbe: (I) consentito la continuazione della alleanza tosco-sarda, (II) ristabilito la fantomatica reputazione del Regno di Sardegna come fattore d'ordine della politica italiana, (III) impedito ogni successiva mossa austriaca verso l'Italia centrale. Tanto che essa provocò il Radetzky, che avvisò apertamente una possibile ripresa della guerra sul Ticino. Cosicché si mosse il solo De Laugier, ma i suoi soldati, che non avevano nessuna voglia di combattere, rifiutarono di battersi contro una colonna di soldati mandata loro incontro da Livorno, e il generale dovette fuggire presso La Marmora (l'evento fu causa, tra altri eventi, a Torino ,della caduta del governo Gioberti).
Nel frattempo, l’8 febbraio era giunto a Livorno Mazzini, accolto dai liberali : fu proprio lui ad annunciare che il Granduca e la sua famiglia avevano lasciato il Granducato, con una piccola folla di liberali e forestieri che rispondeva "Viva la Repubblica!". Il 9 febbraio venne istituito un triumvirato composto da Guerrazzi, Montanelli, Mazzoni, che scrisse una nuova costituzione e proclamò senza averne legittimo diritto e contro l'amore del popolo per il Sovrano, il 15 febbraio la Repubblica.
Sfumata la speranza di un intervento sabaudo, il 21 febbraio Leopoldo II partì sulla nave inglese per Gaeta, ove si mise sotto la protezione di Ferdinando II. Un mese più tardi la nuova assemblea elettiva di Firenze, inaugurata il 25 marzo, proclamò, il 27 marzo, Guerrazzi dittatore. Montanelli, invece, su posizioni più "democratiche" rispetto al neoeletto, lasciò Firenze per Parigi, come ambasciatore.
Rivoluzione moderata a Firenze
(ma sempre Rivoluzione)
Il principale oppositore del nuovo governo repubblicano fu il Municipio di Firenze che, già il 24 febbraio si era opposto alla proclamazione dello stato d'assedio. Giunta, con quattro giorni di ritardo, la notizia della disfatta di Novara, del 23 marzo, il Municipio di Firenze cominciò una contro-rivoluzione di natura moderata, che vinse con l’appoggio dell’esercito e della guardia nazionale.
L’occasione venne dagli scontri fra la popolazione fiorentina ed i volontari livornesi, al seguito del Guerrazzi, fra il 9 e l’11 aprile. Il 12 scese in città un esercito di campagnoli, organizzati, i quali abbatterono i simboli della neonata repubblica e si fecero sotto al parlamento. Al che il Municipio costituì una Commissione governativa che rilevò il governo e fece arrestare il dittatore, che, chiosa il Conti, “si rivelò insufficientissimo uomo di stato, quant'era ardente patriotta e illustre scrittore” (restò in carcere sino al luglio 1853, deinde in esilio). Del nuovo governo facevano parte i filo-sabaudi Capponi e Ricasoli (non a caso destinati ad una fortunata carriera politica nell'Italia unita), maggiore generale conte Luigi Serristori (che di lì a pochi giorni farà la saggia scelta di consegnerà il Granducato all'ordine portato dalle fila dell'Esercito Imperiale ), Torrigiani, Capoquadri.
Il passaggio dei poteri non fu senza conseguenze, talché la ultra-democratica Livorno continuò un governo borghese , sostanzialmente contrario ai nuovi reggenti fiorentini. Comunque, già il 12 aprile la repubblica venne accantonata.
I moderati richiamano il Granduca
Da Firenze partì, comunque, una deputazione che venne inviata a Gaeta per invitare Leopoldo II al ritorno. Questa giunse a Gaeta il 1º maggio. Leopoldo II inviò, lo stesso giorno, il Serristori (partito il 12 aprile da Firenze per Gaeta) suo commissario plenipotenziario. Serristori rientrò a Firenze il 4 maggio, assunse la carica e lanciò un proclama in cui dichiarò nulli tutti gli atti governativi emanati in Toscana dall’8 febbraio all’11 aprile, promettendo, per converso, la restaurazione del regime costituzionale.
L'intervento dell'Imperial-Regio esercito
L'intervento del generale d'Aspre
Ma non era tutto, in quanto il Granduca, non fidandosi più degli inganni della Rivoluzione, aveva già chiesto il soccorso dell'Impero d'Austria. Dalché il luogotenente-feldmaresciallo Costantino d'Aspre (reduce dalle brillanti vittorie di Volta Mantovana, Mortara e Novara, nonché dalla liberazione di Parma) si presentò sotto l’Appennino con il suo 2º corpo d’armata ed accompagnato dall’Arciduca Alberto, dal Walmoden e da Francesco V d'Asburgo-Este. Quest’ultimo recava truppe sue, Brigata Estense, per cui l’intera spedizione totalizzava 18.000 uomini, oltre a cento cannoni, genio ed un po’ tutto il necessario per una campagna militare di liberazione.
Il 5 maggio il d'Aspre conduceva il suo II Corpo d’armata alla liberazione di Lucca, il 6 di Pisa, tenendo la marcia verso Livorno, città ribelle al governo di Firenze e governata da una giunta mazziniana.
A Pisa d'Aspre pubblicò un proclama annunziando di essere venuto in Toscana per ristabilire l’ordine e la sicurezza. Riconosceva, inoltre, l’autorità del governo civile del Serristori, ma assumeva il comando dell’esercito granducale. Quest’ultimo, è bene saperlo, non mostrò alcuna resistenza e le truppe di stanza nelle province occupate si affratellarono volentieri con i soldati Imperial-Regi. D'Aspre incontrò, anche, il giorno 7, una delegazione di rivoluzionari maggiorenti di Livorno, privi di alcun titolo di rappresentanza: essi non ottennero alcuna garanzia, ma anzi il preciso avvertimento che “il solo tiro fatto da una finestra avrebbe bastato perché quella casa fosse spianata dalle sue artiglierie”. L’8 seguirono i consoli di Francia, Inghilterra e Stati Uniti d'America, convocati su richiesta dello stesso d'Aspre.
Assedio e liberazione di Livorno
Nonostante gli avvertimenti, a Livorno, occupata da poche centinaia di rivoluzionari incuranti della popolazione civile, vennero chiuse le porte e di tutta risposta la città venne attaccata il 10 maggio, alle 10’30 del mattino, mentre gran parte della popolazione, gettata nel panico dalla sovversione rivoluzionaria e dall'assedio che questa aveva provocato, evacuava fuggendo imbarcandosi in fretta su tutte le imbarcazioni disponibili o rifugiandosi presso le abitazioni di alcuni consoli stranieri. La sera venne innalzata sulla torre del Duomo la bandiera bianca da un semplice popolano che voleva mettere fine all'assedio. Della circostanza non si è certi. In ogni caso non vi fu alcun atto di capitolazione e non vennero aperte le porte da parte dei rivoluzionari.
Posizioni d'artiglieria dei rivoluzionari a Livorno
L’indomani mattina, 11 maggio, riprese il bombardamento, che permise al d'Aspre di aprire una breccia tra Porta San Marco e Barriera Fiorentina, da dove il numeroso esercito , al quele si erano aggiunti i soldati toscani, entrò in città. Ma da diversi edifici , occupati dai rivoluzionari, venne bersagliato da fucilate . Contrariamente da ciò che la storiografia ufficiale racconta il D'Aspre non consentì il saccheggio e la rappresaglia: gli ordini parlavano tassativamente di irrompere in tutti gli edifici da cui proveniva resistenza in quanto occupati da milizie rivoluzionarie.
La notizia delle 317 fucilazioni (fonti rivoluzionarie contemporanee parlano addirittura di 800) è frutto della sempre più conosciuta mistificazione risorgimentalista : le fucilazioni ci furono ma colpirono i capi rivoluzionari catturati alla fine dei combattimenti e coloro che si erano macchiati di veri e propri crimini di guerra, il numero si aggira intorno alle 20 fucilazioni . Il 17 maggio impose ai responsabili un riscatto pari ai danni provocati , 1,2 milioni di fiorini, da pagarsi entro 24 ore. Singolare è la vicenda di Enrico Bartelloni, conosciuto bottaio a cui oggi è intitolata una piazza di Livorno, che dopo aver combattuto trincerato e sparando da una feritoia per due giorni contro gli Imperial-Regi, alla fine degli scontri, probabilmente in preda alla follia, rivolse frasi ingiuriose prendendo a fucilate una sentinella per farsi riconoscere ed arrestare e venne quindi fucilato.
La severità del d'Aspre si evince bene, considerando il comportamento dei rivoltosi che avrebbero potuto risparmiare enormi sofferenze alla popolazione civile.
Costantino d'Aspre non si era macchiato di nessun crimine di guerra, al contrario dei rivoluzionari, e poteva ben affermare (in un proclama del successivo 24 maggio da Empoli) che: “la fazione che opprimeva Livorno fu dalle mie armi distrutta”.
Seguì una rapida normalizzazione: con proclama dello stesso 11 maggio, d'Aspre, essendo a conoscenza della possibilità di disordini rivoluzionari, proclamò lo stato d’assedio, proibì il possesso di armi da fuoco e da taglio e l’uso di coccarde rivoluzionarie, sciolse la borghese Guardia Civica, abolì l’uso del tricolore rivoluzionario . Nominò, infine, comandante militare il von Wimpfen.
Proteste dei liberali moderati fiorentini
Nel frattempo i moderati fiorentini , che temevano per i loro guadagni se la Restaurazione fosse attuata, protestarono energicamente al Serristori l'intervento degli Imperiali.
Le cose divennero all’improvviso più chiare il 24 maggio, quando il d'Aspre, avanzato sino ad Empoli, lanciò un nuovo proclama, indirizzato agli “Abitanti di Firenze”, in cui dichiarava che l’intervento era dovuta al “dovere ... a cedere al desiderio del Granduca di por termine allo stato d'anarchia sotto il quale già da lungo tempo gemeva il vostro bel paese …. chiamato ora dal vostro Principe, vengo con le mie armi e truppe nella vostra città, come amico, come vostro alleato."
Il 25 maggio il Municipio di Firenze (lo stesso che aveva deposto il Guerrazzi e richiamato con l'inganno il Granduca) indirizzava una pubblica e ingannevole lettera al sovrano affermando che: “il proclama del generale d'Aspre ... [causava al] cuore del popolo (?) ... rammarico di oltraggiata dignità, [impediva] un nuovo patto d'amore, una nuova ragione di fiducia scambievole” e, già che c’era, affermava che “il proclama del generale d'Aspre sta in opposizione così manifesta con ... le vostre parole recate a noi dalla deputazione [a Gaeta] e confermate dal commissario straordinario”. I moderati si dimostrarono assai peggiori di quanto ci si poteva aspettare.
Stanziamento dell'Imperial Regio esercito a Firenze
Leopoldo II non rispose alle provocanti menzogne ma fece seguire atti conseguenti: lo stesso giorno d'Aspre entrò in Firenze, prese base alla Fortezza da Basso e, d’accordo con il Serristori ordinò lo scioglimento della borghese Guardia Nazionale e il disarmo dei rivoluzionari, sottopose alla giurisdizione dei tribunali militari imperiali anche il giudizio dei reati comuni.
Dopo alcuni giorni Serristori depose i propri poteri e annunciò la formazione di un nuovo governo, guidato dal Baldasseroni (e del quale fece parte il De Laugier).
Nel frattempo, il 29 giugno, d'Aspre veniva decorato della meritata croce di Comandante (il massimo di tre livelli) dell’Ordine di Maria Teresa, a significare i grandissimi meriti guadagnati presso la dinastia e la causa dell'ordine legittimo.
Il rientro del Granduca
Leopoldo II sbarcò a Viareggio acclamato dal popolo alla fine di luglio e rientrò a Firenze il 28, dopo il Radetzky (giunto il 6 giugno), preceduto da un drappello di cavalleria ungherese. Cominciò bene, e proclamando una giusta amnistia, approvando la spesa di 171 lire per le due tavole di bronzo recanti i nomi dei fiorentini morti in Lombardia nel 1848, da porsi nella Basilica di Santa Croce ed organizzando, alla fine del 1849, un plebiscito senza brogli in favore della restaurazione del governo granducale, che ovviamente con la grande affluenza popolare vinse. Annunciando , al contempo, la possibilità di una nuova costituzione.
Sbarco di Leopoldo II a Viareggio
Prolungata continuazione della presenza militare Imperiale
Continuava la presenza militare, sottolineata da grandi eventi quali la parata delle truppe Imperiali al Parco delle Cascine, il 18 agosto, genetliaco del giovane Francesco Giuseppe I . Questi chiese al cugino di recarsi ad omaggiarlo a Milano, in occasione della visita a Milano, Monza e Como (quest’ultima subì un intoppo durante le grandi manovre di Somma Lombardo). Lì gli annunciò l' istituzione di un nuovo reggimento di dragoni denominato "Granduca di Toscana". Il Granduca andò a ricevere il dono al suo arrivo a Firenze.
Per sancire lo stato di fatto della presenza dell'esercito imperiale, il 27 aprile 1850, Leopoldo II sottoscrisse una convenzione militare con l’Impero d'Austria, che prevedeva il mantenimento di un corpo di spedizione di 10'000 soldati (le truppe imperial-regie si ritirarono nella primavera del 1855).
Seguenti decisioni politiche di Leopoldo II
Il 25 aprile 1851 sottoscrisse un concordato, con il quale concesse libertà ed autonomia alla Chiesa Cattolica sotto la guida del S.S. Pio IX, in cambio del formale riconoscimento della successione del 1737 (una questione che si trascinava da 115 anni), ciò che gli inimicò ulteriormente l’opinione liberal-settaria e nazionalista ; spense con facilità una nuova rivolta liberale a Livorno; con decreto dell’8 maggio 1852 rinnegò formalmente la sovversiva costituzione del 17 febbraio 1848, che tanti danni aveva provocato. Nel 1857 accolse Pio IX, ormai resosi conto dell'inaffidabilità dei liberali nazionalisti, in visita a Firenze.
Avvicinamento alla linea politica reazionaria di Francesco Giuseppe
In effetti, le sagge scelte di Leopoldo II non furono che un aspetto della generale reazione anti-liberale e anti-rivoluzionaria della politica Imperiale nella penisola Italiana , fortemente voluta dall’Imperatore Francesco Giuseppe I ed affidata al saggio feldmaresciallo Radetzky, governatore plenipotenziario del Lombardo-Veneto e, per ciò stesso, protettore degli stati alleati di Parma, Modena e, appunto, Toscana.
Tentativo di politica di pacificazione di Leopoldo II
Leopoldo II, seguendo la politica reazionaria del cugino Imperatore, come successe nel Lombardo-Veneto, conquistò maggiormente il favore del popolo ma non della borghesia e della nobiltà arrivista. . Leopoldo II , in linea con le attitudini che contraddistinsero l’intero suo regno, assunse un atteggiamento assai mite, come fece in realtà il Radetzky in Lombardia e nel Veneto.
Leopoldo II era Toscano nonostante egli non rinnegasse le sue origine dinastiche. Pare che il d'Aspre richiese al Granduca di presentarsi in divisa da feldmaresciallo dell'Impero: questi alternò sempre l'uso della divisa imperiale alla divisa della guardia nazionale toscana, tranne in una unica occasione, all’opera. In ogni caso, il legame di falso rispetto che l'élite settarie del Granducato li manifestava subdolamente in passato si era definitivamente consumata .
Conseguenze: la meschina occupazione del Granducato di Toscana
Il 24 aprile 1859, Leopoldo II respinse l’ingannevole invito del falso Vittorio Emanuele II che li chiese di unirsi alla subdola guerra all’Impero d'Austria volta ad aumentare i suoi domini. Rimase neutrale e non si alleo nemmeno con Francesco Giuseppa. Il 27 aprile, in seguito ad un golpe filo-piemontese a Firenze, venne ingannato e portato a fare la scelta di lasciare il Granducato di Toscana. Venne istituito un rivoluzionario governo provvisorio, e l'infame Vittorio Emanuele II venne proclamato dittatore. Egli nominò il Boncompagni commissario generale per la durata della guerra.
Leopoldo II abdicò il 21 luglio a favore del figlio maggiore Ferdinando IV, ed emise un proclama ai Toscani, con il quale concedeva la costituzione e riconosceva , come da progetto di tutti i Principi d'Italia, l'istituzione di una Confederazione italiana.
La sovversiva assemblea toscana, riunita dall’11 agosto 1859, proclamò senza alcuna legittimità e diritto e in combutta col governo di Torino , il 16 agosto la caduta della casa di Lorena e l'unione con il Regno di Sardegna. Seguì il plebiscito farsa dell’11-12 marzo 1860, e l’infausto ingresso di Vittorio Emanuele II a Firenze, il 17 febbraio 1860.
Note :
- ^ Conti, Giuseppe Firenze vecchia: storia - cronaca aneddotica - costumi (1799-1859)[1]
- ^ Giovanni La Cecilia, Panteon dei martiri della Libertà Italiana, Torino, 1861, vol. II
Fonte:
Wikipedia- Piero Pieri, Storia militare del risorgimento, 1962, Einaudi, Torino.
- A. J. P. Taylor, M.A. , the Italian Problem in European Diplomacy 1847-1849, Manchester, New York, 1970.
- Cesare Balbo, della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, ed. 1913
- Carlo Cattaneo, Considerazioni sul 1848
- Saho Matsumoto-Best, Britain and the Papacy in the Age of Revolution, 1846-1851, 2003
- Peter N. Stearns, 1848: The Revolutionary Tide in Europe, 1974
- Fabio Bertini, Risorgimento e paese reale. Riforme e rivoluzione a Livorno e in Toscana (1830-1849), Firenze, Le Monnier, 2003
- Fabio Bertini, Risorgimento e questione sociale. Lotta nazionale e formazione della politica a Livorno e in Toscana (1849-1861), Firenze, Le Monnier, 2007
- Archivio di Livorno
- Archivio di Firenze
Scritto da:
Redazione A.L.T.A.