domenica 31 marzo 2013

Intervento dell'Imperial-Regio Esercito Asburgico nella Legazione delle Romagne.

 
 
Breve introduzione


L'intervento dell'Imperial-Regio Esercito Asburgico nella Legazione delle Romagne rappresentò il primo  tentativo del Radetzky, dopo la sconfitta dell'esercito sardo-piemontese di Carlo Alberto a Custoza, di consolidare il controllo e l'ordine della Lombardia con il tentativo di occupare le piazzeforti di Ferrara e Bologna, appartenenti allo Stato della Chiesa di Pio IX.





 La prima guerra di espansionismo sabaudo ed il corpo di spedizione romano

Giovanni DurandoIl 18-23 marzo 1848, con le conseguenze dovute alle  cinque giornate di Milano, ebbe inizio la prima guerra di espansionismo sabaudo , che coinvolse con l'inganno , oltre all'esercito sardo-piemontese che era burattino dell'ingannatore, le armate toscana e romana, nonostante i giustificati dubbi, specie col senno di poi,  del Pontefice Pio IX.
In particolare, il 24 marzo Pio IX permise la partenza, da Roma per Ferrara, di un corpo di spedizione al comando del generale Durando. Si trattava un totale di 7 500 uomini, ben muniti di artiglieria e reparti ausiliari. Ad essi si aggiunsero, poco più tardi, nel generale entusiasmo che infiammava la penisola in quel ingannevole 48', sino a 13 000 volontari, guidati dal generale Ferrari e da Zambeccari.
Durando venne seguito, due giorni dopo, da un corpo di volontari, affidato a Ferrari. Per la via (specie a Bologna dove la propaganda liberale aveva fatto molti danni) quest'ultimo raccolse migliaia di volontari, cosicché raggiunse la notevole forza di circa 12 000 armati, cui si aggregarono altri 1 200 guidati da Zambeccari.



Pio IX scopre l'inganno e gli scontri a Vicenza


Rapidamente, le truppe romane si portarono nel Veneto , a Padova e Vicenza, evacuate dal d’Aspre per concentrarsi con il Radetzky a Verona, vera chiave dei legittimi possessi asburgici nella penisola Italiana.
Intanto a Roma , come altr'ove, si erano scoperti i veri intenti di Carlo Alberto e dei suoi oscuri alleati: i liberali cominciavano a pretendere sempre più fino a minacciare l'ordine legittimo, anche negli stessi stati dove con fiducia avevano ricevuto appoggi per l'idea della guerra federale contro l'Impero d'Austria. Questi avvenimenti indussero Pio IX ad emanare una allocuzione  il 29 aprile, con la quale condannava la guerra all'Impero d'Austria.
Durando che si apprestava al combattimento venne raggiunto dalla notizia.
Pur avendo ricevuto espliciti ordini dal Pontefice , parte  dell’esercito romano non abbandonò il campo e, intorpidito dalle parole di elementi sovversivi, si batté a Vicenza, il 23 maggio, riuscendo a malapena a contenere l'assalto di circa 20 000 imperiali. Ma nulla poterono quando Radetzky, spinto ad occidente dall'esercito di Carlo Alberto a  causa del fortunato esito a Goito, rovesciò il fronte e portò l'intero esercito (circa 40 000 uomini) direttamente su Vicenza. L'insubordinato Durando venne investito il 10 giugno: ancora una volta i suoi , scoraggiati e stanchi, furono costretti ad accettare battaglia e si portarono bene ma dovettero, infine, capitolare.
Secondo i patti, l’esercito del Durando consegnò Vicenza e Treviso e promise di non combattere gli imperiali  per tre mesi. In cambio, venne loro permesso di evacuare oltre il Po.




Ritirata del Carlo Alberto e l'Imperial-Regio Esercito passa il Po





Poi venne la serie di scontri passati alla storia come la battaglia di Custoza, il 23-25 luglio. Di lì Carlo Alberto cominciò una veloce, e disordinata, ritirata verso l’Adda e Milano. Giunto Carlo Alberto in Milano, accolto in malo modo, lì si svolse, il 4 agosto la battaglia di Milano, al termine della quale il tentenna  si risolse , tramite i suoi sottoposti, a chiedere l'armistizio di Salasco. I preliminari vennero sottoscritte il 5, in attesa di successiva formalizzazione.
Gli imperiali non avevano, tuttavia, atteso tanto per intervenire nello Stato della Chiesa: già all’indomani di Custoza, una piccola unità imperiale aveva passato il Po, diretta a Ferrara, probabilmente con fini di perlustrazione. Ma era stata respinta a fucilate da una piccola milizia liberale di Sermide (ciò che valse loro la medaglia come "Città benemerita del Risorgimento nazionale").
Non appena, però, Carlo Alberto si mise in marcia per Milano, gli uomini del Radetzky poterono organizzare una spedizione più significativa: mentre il Liechtenstein marciava su Modena e Parma, per liberarle e rinstaurare i legittimi sovrani, il generale Welden passò il Po verso Ferrara a partire dal 28 luglio.
L'avanzata nello Stato della Chiesa si segnalò, subito, per ordine e disciplina: usavano, i generali imperiali, una volta stabilitisi in una località ribelle, imporre alle teste calde e ai sovversivi delle somme di denaro pari ai danni che essi arrecavano alle imperial-regie truppe, a volte la ottenevano, altrimenti provvedevano a rifornirsi direttamente attingendo dalle proprietà dei colpevoli.
Così facendo il Welden prese posizione a  Ferrara e puntò su Bologna. Qui, il liberale podestà Bianchetti cercò un accomodamento ed ottenne che le truppe restassero accampate fuori città.




Combattimenti e punto della situazione







Poi avvenne un incidente (in una trattoria un ufficiale imperiale era stato malmenato da alcuni sgherri prezzolati) e Welden ordinò l'ingresso in città. Al che la fazione liberale , che tirò nella mischia gente del popolo,  insorse e si ripeterono le scene già viste a Milano nel corso delle cinque giornate. Dopo i combattimenti, avvenuti in gran parte presso la Montagnola, rimasero sul campo circa 110  tra liberali Bolognesi e insorti di varia estrazione sociale, 170 imperiali morti e 500 prigionieri, oltre ad alcuni cannoni. Welden prese atto della situazione e, il 9 agosto, ripiegò verso il Po.
Per valutare correttamente quei fatti, occorre considerare che:
(I) l'esercito del insubordinato Durando, reduce da Vicenza, aveva da poco evacuato anche Bologna, la quale era difesa solo da carabinieri, finanzieri e guardia civica, i quali, per la maggior parte, non avevano intenzione di disubbidire al Pontefice.
(II) Radetzky era ancora impegnato nell'inseguimento di Carlo Alberto e al Welden non concesse, quindi, che 4 000 soldati .
(III) Welden agiva senz'alcuna autorizzazione da parte del governo papale e, anzi, Pio IX, che non voleva altro spargimento di sangue,  aveva protestato energicamente: scriveva di “invasione austriaca” e smentiva “altamente... le parole del signor maresciallo Welden … dichiarando che la condotta del signor Welden stesso è tenuta da Sua Santità come ostile alla Santa Sede ed a Nostro Signore".
Tutto ciò considerato, quindi, i Bolognesi, in quell'occasione, si comportarono da fedeli sudditi di Pio IX e, infatti, ricevettero il plauso del ministro degli interni del governo papale, conte Fabbri in un proclama ai Romani, parlò di “tracotanza dell'insolente straniero”, “eroica difesa”, “attentato allo Stato della Chiesa”.


Avvenimenti successivi


Popepiusix.jpgLo stesso giorno in cui il Welden ripiegava le bandiere e prendeva mesto, la via del ritorno, a Vigevano l'Impero Austriaco e Regno di Sardegna sottoscrivevano formalmente l'Armistizio di Salasco, che metteva fine alla prima fase della Prima guerra di espansionismo sabaudo.
Entrambi i contendenti principali (Carlo Alberto per folle asservimento alla setta e alle sue ambizioni, e il Radetzky per saggia previsione) sapevano che la tregua era temporanea: presto la guerra tornò . Il momento venne il 22-23 marzo con la sconfitta sardo-piemontese di Novara e l'armistizio del 24 dello stesso mese.
A quel punto il Regno sardo uscì di scena, per alcuni anni. Radetzky si comportò in maniera eccelsa, sedò  sul nascere alcuni tentativi di ribellione diretti sempre dai liberal-settari a Como e  a Brescia , mentre continuava l'assedio dell'ostaggio del Manin, Venezia. E fu libero di inviare un nutrito corpo di spedizione a liberare dall'anarchia rivoluzionaria la Toscana e di nuovo Bologna e la Romagna, cogliendo l’occasione offerta dal fatto che  Pio IX venne costretto a lasciare Roma, il 24 novembre e dalla proclamazione della settaria Repubblica Romana del Mazzini, il 9 febbraio.


Fonte:

Wikipedia

Memorie della guerra d'Italia sotto il maresciallo Radetzky. (Georges De Pimodan.)

Scritto da:

Redazione A.L.T.A.