martedì 12 marzo 2013

Notizie sul ruolo di Napoli nella marina imperiale asburgica (2)

Notizie sul ruolo di Napoli nella marina imperiale asburgica 1

Secondo i termini del Trattato di Rastatt nel 1714 i Paesi Bassi spagnoli (adesso divenuti i Paesi Bassi austriaci, gli odierni Belgio e Lussemburgo), Napoli e Sicilia come pure Milano divennero territori austriaci. L’imperatore Carlo VI adesso possedeva una lunga estensione di costa con cittadine portuali, cantieri navali e unità navali e presto si rese conto dell’alto valore economico della navigazione marittima, per cui dichiarò che “la navigazione ed il commercio sono i maggiori pilastri dello stato”.
Gli storici contemporanei ma pure quelli moderni amano parlare del “sogno” di Carlo VI d’inserire la monarchia fra le potenze marittime, cosa che cercò di realizzare con tutte le sue forze. Per questo, Carlo nel 1722 fondò la cosiddetta “Compagnia imperiale d’Ostenda delle Indie orientali e occidentali” ma la sciolse dopo appena dieci anni per l'ostracismo delle altre potenze.
Parallelamente a questo, Carlo aveva iniziato a promuovere il traffico mercantile in Adriatico pubblicando un proclama sulla libertà di commercio e navigazione in Adriatico nel 1717 e ampliando i due porti di Trieste e Fiume che avevano ricevuto lo stato di porto franco. Lo sviluppo di Trieste e Fiume diede ulteriore impulso al commercio marittimo e rese le due città i nuovi snodi per i progetti miranti al sud (Napoli), sud-est (Impero Ottomano e Levante) e ovest (Spagna e Paesi Bassi). In accordo con questo nuovo concetto furono sviluppati dei piani che prevedevano la fondazione di compagnie e autorità commerciali e d’una Marina imperiale. Come risultato, il commercio coll’estero per acqua cominciò a fiorire, con uno sviluppo che si avvantaggiò del declino di Venezia.
La Serenissima era pure politicamente indebolita a causa delle perdite territoriali dovute alle guerre contro l’Impero Ottomano e, per proteggere il nascente commercio marittimo asburgico contro di essa, l’imperatore Carlo ordinò la creazione di una Marina da guerra. La nuova flotta fu rinforzata da altre tre navi di linea, San Carlo, Santa Elisabetta e San Michele, provenienti da Napoli, col compito di proteggere il commercio triestino.
Ancora nell’estate 1733 il conte genovese Gian Luca Pallavicini-Centurione (1697-1773), allora al servizio austriaco, arrivò a Trieste con una piccola flotta da Napoli come scorta per sostenere l’esercito imperiale che era allora impegnato in combattimento contro Francia, Sardegna e Spagna nella Guerra di Successione Polacca (1733-1738).

Riadattato da un testo di CLAUDIA REICHL-HAM trad. a cura di CIRO PAOLETTI

In foto: Antonio Joli (1700 - 1777), Napoli vista dal borgo di S. Lucia

Antonio Joli (1700 - 1777), Napoli vista dal borgo di S. Lucia



Gli Asburgo confidarono nella marina da guerra per la protezione del Mezzogiorno che, «da tempo muto ne’ suoi cantieri, e inerte spettatore delle correrie rapaci de’ barbareschi, tornò con Carlo VI all’opera assegnatagli dalla natura, e conseguì qualche trionfo contro i pirati», come ricorda lo Schipa.
Impegnata in vari conflitti – la guerra di successione spagnola, la guerra di Sicilia –, l’Austria portò avanti una politica di sostanziale aggressività per la sicurezza dei mari e dei traffici, non scoraggiò la “corsa” - effettuata da imbarcazioni regnicole con base principale Reggio per la sua posizione di fronte alla Sicilia, ed altre basi lungo il litorale tirrenico (Scilla, Bagnara, Palmi) e ionico (Melito, Bruzzano) della Calabria -, cercò di fronteggiare l’emergenza turco-barbaresca con la costruzione, o meglio la ricostruzione, di una flotta e potenziò la navigazione in convogli.
Vienna confidava nella marina da guerra, tanto che dal 1708, anno in cui il viceré Vincenzo Grimani destinò due vascelli a difesa delle coste dagli scorridori, crescente fu l’impegno dei viceré asburgici nelle costruzioni navali, ma con esiti inferiori alle aspettative.
Nel 1717 da una dotazione di quattro galere e due navi da trasporto si era passati ad una dotazione di quattro galere e due navi da guerra, mentre un’altra, la San Carlo, era in fase di completamento e si prevedeva di avviare la costruzione di una fregata, ma il sogno di accrescere l’organico giungendo ad un totale di quattro fregate e di dodici unità da guerra e in più di costituire a Napoli una Giunta di Marina e Commercio, subordinata ad una Giunta Suprema a Vienna, era destinato a non realizzarsi. L’iniziativa non superò mai la fase progettuale e, nonostante l’appoggio del viceré Althann, nel 1725 soltanto quattro galere e quattro navi da guerra costituivano
la squadra navale regnicola, protetta da un contingente di 20.000 uomini.
Si era ben lontani anche dai progetti dell’Asburgo di creare nelle due Sicilie un porto che costituisse un buon rifugio per le navi da guerra, apportando nello stesso tempo modifiche al porto di Brindisi per la sua strategicità di fronte a Valona, covo di pirati e base di partenza per le loro scorrerie nel Mediterraneo.
Non era una grande flotta quella austriaca e, nel 1734, nonostante l’intensificarsi dei lavori, la situazione era sostanzialmente rimasta identica: nel 1731 la S. Leopoldo prendeva il posto della S. Carlo, tutte e due adibite al vettovagliamento delle truppe che dal litorale austriaco lungo l’Adriatico raggiungevano Napoli e la Sicilia; nello stesso anno cessava il servizio la S. Barbara, sostituita dalla S. Elisabetta e nel 1731-33 si iniziava la costruzione della S. Elisabetta e del S. Luigi, entrambi vascelli da
guerra. Era il massimo sforzo che aveva potuto realizzare il governo austriaco negli anni della sua dominazione per limitare gli attacchi turco-barbareschi ai convogli commerciali in navigazione lungo il Tirreno e lo Ionio.

Rielaborato da uno scritto di Mirella Mafrici