Antonio Joli (1700 - 1777), Napoli vista dal borgo di S. Lucia
Gli Asburgo confidarono nella marina da guerra per la protezione del Mezzogiorno che, «da tempo muto ne’ suoi cantieri, e inerte spettatore delle correrie rapaci de’ barbareschi, tornò con Carlo VI all’opera assegnatagli dalla natura, e conseguì qualche trionfo contro i pirati», come ricorda lo Schipa.
Impegnata in vari conflitti – la guerra di successione spagnola, la guerra di Sicilia –, l’Austria portò avanti una politica di sostanziale aggressività per la sicurezza dei mari e dei traffici, non scoraggiò la “corsa” - effettuata da imbarcazioni regnicole con base principale Reggio per la sua posizione di fronte alla Sicilia, ed altre basi lungo il litorale tirrenico (Scilla, Bagnara, Palmi) e ionico (Melito, Bruzzano) della Calabria -, cercò di fronteggiare l’emergenza turco-barbaresca con la costruzione, o meglio la ricostruzione, di una flotta e potenziò la navigazione in convogli.
Vienna confidava nella marina da guerra, tanto che dal 1708, anno in cui il viceré Vincenzo Grimani destinò due vascelli a difesa delle coste dagli scorridori, crescente fu l’impegno dei viceré asburgici nelle costruzioni navali, ma con esiti inferiori alle aspettative.
Nel 1717 da una dotazione di quattro galere e due navi da trasporto si era passati ad una dotazione di quattro galere e due navi da guerra, mentre un’altra, la San Carlo, era in fase di completamento e si prevedeva di avviare la costruzione di una fregata, ma il sogno di accrescere l’organico giungendo ad un totale di quattro fregate e di dodici unità da guerra e in più di costituire a Napoli una Giunta di Marina e Commercio, subordinata ad una Giunta Suprema a Vienna, era destinato a non realizzarsi. L’iniziativa non superò mai la fase progettuale e, nonostante l’appoggio del viceré Althann, nel 1725 soltanto quattro galere e quattro navi da guerra costituivano
la squadra navale regnicola, protetta da un contingente di 20.000 uomini.
Si era ben lontani anche dai progetti dell’Asburgo di creare nelle due Sicilie un porto che costituisse un buon rifugio per le navi da guerra, apportando nello stesso tempo modifiche al porto di Brindisi per la sua strategicità di fronte a Valona, covo di pirati e base di partenza per le loro scorrerie nel Mediterraneo.
Non era una grande flotta quella austriaca e, nel 1734, nonostante l’intensificarsi dei lavori, la situazione era sostanzialmente rimasta identica: nel 1731 la S. Leopoldo prendeva il posto della S. Carlo, tutte e due adibite al vettovagliamento delle truppe che dal litorale austriaco lungo l’Adriatico raggiungevano Napoli e la Sicilia; nello stesso anno cessava il servizio la S. Barbara, sostituita dalla S. Elisabetta e nel 1731-33 si iniziava la costruzione della S. Elisabetta e del S. Luigi, entrambi vascelli da
guerra. Era il massimo sforzo che aveva potuto realizzare il governo austriaco negli anni della sua dominazione per limitare gli attacchi turco-barbareschi ai convogli commerciali in navigazione lungo il Tirreno e lo Ionio.
Rielaborato da uno scritto di Mirella Mafrici