venerdì 8 marzo 2013

La Civiltà Cattolica anno XXXV, serie XII, vol. VI (fasc. 813, 23 aprile 1884) Firenze 1884 pag. 257-291 :Enciclica Humanum genus di Papa Leone XIII (20 aprile 1884)

 
 
 

SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI

LEONIS

DIVINA PROVIDENTIA

PAPAE XIII

EPISTOLA ENCYCLICA

AD PATRIARCHAS PRIMATES ARCHIEPISCOPOS ET EPISCOPOS CATHOLICI ORBIS UNIVERSOS
GRATIAM ET COMMUNIONEM CUM APOSTOLICA SEDE HABENTES


Venerabili Fratelli salute ed Apostolica Benedizione.
 
Il genere umano, dopo che per l'invidia di Lucifero si ribellò sventuratamente a Dio creatore, e largitore de' doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l'uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l'altro per il trionfo del male e dell'errore. — Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all'Unigenito Figliuolo di Lui. Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempii del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all'eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio. Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte vanno ad opposti fini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risalì al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole : due città nacquero da due amori; la terrena dall'amore di sè fino al disprezzo di Dio, la celeste dall'amore di Dio fino al disprezzo di sè [De civit. Dei Lib. XIV, c. 17.]. — In tutta la lunga serie dei secoli queste due città pugnarono l'una contro l'altra con armi e combattimenti varii, benchè non sempre con l'ardore e l'impeto stesso. Ma ai tempi nostri i partigiani della città malvagia, ispirati e aiutati da quella società, che largamente diffusa e fortemente congegnata piglia il nome di società Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove. lmperocchè, senza più dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema audacia contro la sovranità di Dio; lavorano pubblicamente e a viso aperto a rovina della santa Chiesa, con proponimento di spogliare affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizii recati al mondo da Gesù Cristo nostro Salvatore. — Gemendo su questi mali, spesso, incalzati dalla carità, Noi siam costretti gridare a Dio: Ecco i nemici tuoi menano gran romore e quei che t'odiano hanno alzato la testa. Hanno formato malvagi disegni contro il tuo popolo, ed hanno macchinato contro i tuoi santi. Hanno detto; venite, e scancelliamoli dal numero delle nazioni [Ps. LXXXII, v. 2-4.].
In sì grave rischio, in sì fiera ed accanita guerra al cristianesimo, è dover Nostro mostrare il pericolo, additare i nemici, e resistere quanto possiamo ai disegni ed alle arti loro, affinchè non vadano eternamente perdute le anime che Ci furono affidate, e il regno di Gesù Cristo, commesso alla Nostra tutela, non solo stia e conservisi intero, ma per nuovi e continui acquisti si dilati in ogni parte della terra.
Chi fosse e a che mirasse questo capitale nemico, che usciva fuori dai covi di tenebrose congiure, il compresero tosto i romani Pontefici Nostri antecessori, vigili scolte a salute del popolo cristiano; e antivenendo col pensiero l'avvenire, dato quasi il segnale, ammonirono principi e popoli non si lasciassero ingannare alle astuzie e trame insidiose. — Diede il primo avviso del pericolo Clemente XII [Const. In eminenti, die 24 aprilis 1738.]; e la Costituzione di lui fu confermata e rinnovata da Benedetto XIV [Const. Providas, die 18 maii 1751.]. Ne seguì le orme Pio VII [Const. Ecclesiam a Iesu Christo, die 13 septembris 1821.]: poi Leone XII con l'Apostolica Costituzione Quo graviora [Const. data die 13 martii 1825.], abbracciando in questo punto gli atti e i decreti de' suoi Antecessori, li ratificò e suggellò con irrevocabile sanzione. Nel senso medesimo parlarono Pio VIII [Encyc. Traditi, die 21 maii 1829.], Gregorio XVI [Encyc. Mirari, die 15 augusti 1839.] e più volte Pio IX [Encyc. Qui pluribus, die 9 novemb. 1846. Alloc. Multiplices inter, die 25 septemb. 1865, etc.].
Imperocchè da fatti giuridicamente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali massonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare deposizioni dei complici stessi, essendosi venuto a chiaramente conoscere lo scopo e la natura della setta Massonica, quest'Apostolica Sede alzò la voce, e denunziò al mondo, la setta dei Massoni, sorta contro ogni diritto umano e divino, essere non men funesta al cristianesimo che allo Stato, e fece divieto di darvi il nome sotto le maggiori pene, onde la Chiesa suol punire i colpevoli. Di che irritati i settarii, e credendo di poter parte col disprezzo, parte con calunniose menzogne sfuggire o scemare la forza di tali sentenze, accusarono d'ingiustizia o di esagerazione i Papi, che le avevano pronunziate. In questo modo cercarono di eludere l'autorità ed il peso delle Costituzioni Apostoliche di Clemente XII, di Benedetto XIV, e similmente di Pio VII, e di Pio IX. Nondimeno tra i Frammassoni medesimi ve n'ebbe alcuni i quali riconobbero, loro malgrado, che quelle sentenze dei romani Pontefici, ragguagliate alla dottrina e alla disciplina cattolica, erano altamente giuste. E ai Pontefici si unirono non pochi principi ed uomini di Stato, i quali ebbero cura o di denunziare all'Apostolica Sede le società Massoniche, o di proscriverle essi stessi con leggi speciali nei loro dominii, come fu fatto nell'Olanda, nell' Austria, nella Svizzera, nella Spagna, nella Baviera, nella Savoia ed in altre parti d'Italia.
Ma la saggezza dei Nostri Predecessori ebbe, ciò che più monta, piena giustificazione dagli avvenimenti. Imperocchè le provvide e paterne loro cure, o fosse l'astuzia e l'ipocrisia dei settarii, ovvero la sconsigliata leggerezza di chi pure aveva ogni interesse di tener gli occhi aperti, non avendo nè sempre nè per tutto sortito l'esito desiderato, nel giro d'un secolo e mezzo la società Massonica propagossi con incredibile celerità; e traforandosi per via di audacia e d'inganni in tutti gli ordini civili, incominciò ad essere potente in modo da parer quasi padrona degli Stati. Da sì celere e tremenda propagazione ne sono seguiti a danno della Chiesa, della potestà civile, della pubblica salute quei rovinosi effetti, che i Nostri Antecessori gran tempo innanzi avevano preveduti. Imperocchè siamo omai giunti a tale estremo da dover tremare per le future sorti, non già della Chiesa edificata su fondamento non possibile ad abbattersi da forza umana, ma di quegli Stati, dove la setta di cui parliamo, o le altre affini a quella e sue ministre e satelliti, possono tanto.
Per queste ragioni, appena eletti a governare la Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente nell'animo la necessità di opporci, quanto fosse possibile, con la Nostra autorità a male sì grande. — E colta bene spesso opportuna occasione, venimmo svolgendo or l'una or l'altra di quelle capitali dottrine, in cui il veleno degli errori Massonici parea che fosse più intimamente penetrato. Così con la Lettera Enciclica Quod Apostolici muneris sfolgorammo i mostruosi errori dei Socialisti e Comunisti: con l'altra Arcanum prendemmo a spiegare e difendere il vero e genuino concetto della famiglia, che ha l'origine e sorgente sua nel matrimonio: con quella che incomincia Diuturnum ritraemmo l'idea del potere politico, esemplata ai principii dell'Evangelo e mirabilmente consentanea alla natura delle cose e al bene dei popoli e dei sovrani. Ora poi, ad esempio dei Nostri Predecessori, Ci siam risoluti di prender direttamente di mira la stessa società Massonica nel complesso delle sue dottrine, de' suoi disegni, delle sue tendenze, delle sue opere, affinchè, meglio conosciutane la malefica natura, ne sia schivato più cautamente il contagio.
Varie sono le sètte che, sebbene differenti di nome, di rito, di forma, d'origine, essendo per medesimezza di proposito e per affinità de' sommi principii strettamente collegate fra loro, convengono in sostanza con la setta dei frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a cui tutte ritornano. Le quali, sebbene ora facciano sembianza di non voler nascondersi, e tengano alla luce del sole e sugli occhi dei cittadini le loro adunanze, e stampino effemeridi proprie, ciò nondimeno, chi guardi più addentro, ritengono il vero carattere di società segrete. Imperocchè la legge del segreto vi domina, e molte sono le cose che per inviolabile statuto debbonsi gelosamente tener celate non solo agli estranei, ma ai più de' loro adepti: come, ad esempio, gli ultimi e veri loro intendimenti: i capi supremi e più influenti: certe conventicole più intime e segrete: le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi da eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, carichi, officii tra' socii; quella gerarchica distinzione di classi e di gradi, e la rigorosa disciplina che li governa. Il candidato deve promettere, anzi, d'ordinario, giurare espressamente di non rivelar giammai e a nessun patto gli affigliati, i contrassegni, le dottrine della setta. Così, sotto mentite sembianze e con l'arte d'una continua simulazione, i frammassoni studiansi a tutto potere di restare nascosti, e di non aver testimoni altro che i loro. Cercano destramente sotterfugi, pigliando sembianze accademiche e scientifiche: hanno sempre in bocca lo zelo della civiltà, l'amore della povera plebe: essere unico intento loro migliorare le condizioni del popolo, e i beni del civile consorzio accomunare il più ch'è possibile a molti. Le quali intenzioni, quando fossero vere, non sono che una parte dei loro disegni. Debbono inoltre gli ascritti promettere ai loro capi e maestri cieca ed assoluta obbedienza: che ad un minimo cenno, ad un semplice motto, n'eseguiranno gli ordini; pronti, ove manchino, ad ogni più grave pena, e perfino alla morte. E di fatto non è caso raro che atroci vendette piombino su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto, o disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia. — Or bene questo continuo infingersi, e voler rimanere nascosto: questo legar tenacemente gli uomini, come vili mancipii, all'altrui volontà per uno scopo da essi mal conosciuto: e abusarne come di ciechi stromenti ad ogni impresa, per malvagia che sia: armarne la destra micidiale, procacciando al delitto l'impunità, sono eccessi che ripugnano altamente alla natura. La ragione dunque evidentemente condanna le sètte massoniche e le convince nemiche della giustizia e della naturale onestà.
Tanto più che altre e ben luminose prove ci sono della sua rea natura. Per quanto infatti sia grande negli uomini l'arte di fingere e l'uso di mentire, egli è impossibile che la causa non si manifesti in qualche modo pe' suoi effetti. Non può un albero buono dar frutti cattivi, nè un albero cattivo frutti buoni [Matth. VII, 18.]. Ora della massonica setta esiziali ed acerbissimi sono i frutti. Imperocchè dalle non dubbie prove che abbiamo testè ricordate apparisce, supremo intendimento dei frammassoni esser questo: distruggere da capo a fondo tutto l'ordine religioso e sociale qual fu creato dal cristianesimo, e pigliando fondamenti e norme dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di pianta.
Questo per altro, che abbiamo detto o diremo, va inteso della setta massonica considerata in sè stessa, e in quanto abbraccia la gran famiglia delle affini e collegate società; non già dei singoli suoi seguaci. Nel numero dei quali può ben essere ve ne abbia non pochi, che, sebbene colpevoli per essersi impigliati in congreghe di questa sorta, tuttavia non piglino parte direttamente alle male opere di esse, e ne ignorino altresì lo scopo finale. Così ancora tra le società medesime non tutte forse traggono quelle conseguenze estreme, a cui pure, come a necessarie illazioni dei comuni principii, dovrebbero logicamente venire, se l'enormità di certe dottrine non le trattenesse. La condizione altresì dei luoghi e dei tempi fa che taluna di esse non osi quanto vorrebbe od osano le altre. Il che però non le salva dalla complicità con la setta massonica, la quale più che dalle azioni e dai fatti, vuol esser giudicata dal complesso de' suoi principii.
Ora fondamentale principio dei Naturalisti, come il nome stesso lo dice, egli è la sovranità e il magistero assoluto dell'umana natura e dell'umana ragione. Quindi dei doveri verso Iddio o poco si curano, o mal ne sentono. Negano affatto la divina rivelazione; non ammettono dogmi, non verità superiori all'intelligenza umana, non maestro alcuno, a cui si abbia per l'autorità dell'officio da credere in coscienza. E poichè è privilegio singolare e unicamente proprio della Chiesa cattolica il possedere nella sua pienezza, e conservare nella sua integrità il deposito delle dottrine divinamente rivelate, l'autorità del magistero, e i mezzi soprannaturali dell'eterna salute, somma contro di lei è la rabbia e l'accanimento dei nemici. — Si osservi ora il procedere della setta massonica in fatto di religione, là specialmente dov'è più libera di fare a suo modo, e poi si giudichi, se ella non si mostri esecutrice fedele delle massime dei naturalisti. Infatti con lungo ed ostinato proposito si procura che nella società non abbia alcuna influenza nè il magistero nè l'autorità della Chiesa; e perciò si predica da per tutto e si sostiene la piena separazione della Chiesa dallo Stato. Così si sottraggono leggi e governo alla virtù divinamente salutare della religione cattolica, e per conseguenza si vuole ad ogni costo ordinare in tutto e per tutto gli Stati indipendentemente dalle istituzioni e dalle dottrine della Chiesa. — Nè basta tener lungi la Chiesa, che pure è guida tanto sicura, ma vi si aggiungono persecuzioni ed offese. Ecco infatti piena licenza di assalire impunemente con la parola, con gli scritti, con l'insegnamento, i fondamenti stessi della cattolica religione: i diritti della Chiesa si manomettono: non si rispettano le divine sue prerogative. Si restringe il più possibile l'azione di lei; e ciò in forza di leggi, in apparenza non troppo violente, ma in sostanza nate fatte per incepparne la libertà. Leggi di odiosa parzialità si sanciscono contro il Clero, cosicchè vedesi stremato ogni dì più e di numero e di mezzi: vincolati in mille modi e messi in mano allo Stato gli avanzi dei beni ecclesiastici: i sodalizii religiosi aboliti, dispersi. — Ma contro l'Apostolica Sede e il romano Pontefice arde piú accesa la guerra. Prima di tutto egli fu sotto bugiardi pretesti spogliato del Principato civile, propugnacolo della sua libertà e de' suoi diritti: poi fu ridotto ad una condizione iniqua, e per gl'infiniti ostacoli intollerabile: finchè si è giunti a quest'estremo, che i settarii dicono aperto ciò che segretamente e lungamente avevano macchinato fra loro, doversi togliere di mezzo lo stesso spirituale potere dei Pontefici, e fare scomparire dal mondo la divina istituzione del Pontificato. Di che, ove altri argomenti mancassero, prova sufficiente sarebbe la testimonianza di parecchi di loro, che spesse volte in addietro, ed eziandio recentemente dichiararono, essere veramente scopo supremo dei frammassoni perseguitare con odio implacabile il cristianesimo, e ch'essi non si daranno mai pace, finchè non veggano a terra tutte le istituzioni religiose fondate dai Papi. — Che se la setta non impone agli affigliati di rinnegare espressamente la fede cattolica, cotesta tolleranza, non che guastare i Massonici disegni, li aiuta. lmperocchè in primo luogo è questo un modo da ingannar facilmente i semplici e gli incauti, ed un richiamo di proselitismo. Poi con aprir le porte a persone di qualsiasi religione si ottiene il vantaggio di persuadere col fatto il grand'errore moderno dell'indifferentismo religioso e della parità di tutti i culti: via opportunissima per annientare le religioni tutte, e segnatamente la cattolica che, unica vera, non può senz'enorme ingiustizia esser messa in un fascio con le altre.
Ma i Naturalisti vanno più oltre. Messisi audacemente, in cose di massima importanza, per una via totalmente falsa, sia per la debolezza dell'umana natura, sia per giusto giudizio di Dio che punisce l'orgoglio, trascorrono precipitosi agli errori estremi. Così avviene che le stesse verità, che si conoscono per lume naturale di ragione, quali sono per fermo l'esistenza di Dio, la spiritualità ed immortalità dell'anima umana, non hanno più per essi consistenza e certezza. — Or negli scogli medesimi va per via non dissimile ad urtare la setta Massonica. L'esistenza di Dio, è vero, i Framassoni generalmente la professano: ma che questa non sia in ciascun di loro persuasione ferma e giudizio certo, essi stessi ne fan fede. Imperocchè non dissimulano, che nella famiglia Massonica la quistione intorno a Dio è un principio grandissimo di discordia; ed anzi è noto come pur di recente si ebbero tra loro su questo punto gravi contese. Fatto sta che la setta lascia agl'iniziati libertà grande di sostenere circa Dio la tesi che vogliono, affermandone o negandone l'esistenza: e gli audaci negatori vi hanno accesso non men facile di quelli che, a guisa dei Panteisti, ammettono Iddio, ma ne travisano il concetto: ciò che in sostanza riesce a ritenere della divina natura non so quale assurdo simulacro, distruggendone la realtà. Ora abbattuto o scalzato questo supremo fondamento, forza è che vacillino anche molte verità di ordine naturale, come la libera creazione del mondo, il governo universale della provvidenza, l'immortalità dell'anima, la vita avvenire e sempiterna.
Scomparsi poi questi, come dire, principii di natura, importantissimi per la speculativa e per la pratica, è agevole il vedere che cosa sia per addivenire il pubblico e il privato costume. Non parliamo delle virtù sovrannaturali, che senza special favore e dono di Dio niuno può nè esercitare, nè conseguire, e delle quali non è possibile che si trovi vestigio in chi superbamente disconosce la redenzione del genere umano, la grazia celeste, i sagramenti, l'eterna beatitudine: parliamo dei doveri che procedono dalla onestà naturale. Imperocchè Iddio, creatore e provvido reggitore del mondo; la legge eterna, che comanda il rispetto e proibisce la violazione dell'ordine naturale; il fine ultimo degli uomini, posto di gran lunga al di sopra delle create cose, fuori di questa terra; sono queste le sorgenti e i principii della giustizia e della moralità. I quali principii se, come fanno i Naturalisti ed altresì i Frammassoni, si tolgano via, incontanente l'etica naturale non ha più nè dove appoggiarsi, nè come sostenersi. E per fermo la morale, che sola ammettono i Framassoni, e che vorrebbero educatrice unica della gioventù, è quella che chiamano civile indipendente, ossia che prescinde affatto da ogni idea religiosa. Ma quanto sia povera, incerta, e ad ogni soffio di passione variabile cotesta morale, il dimostrano i dolorosi frutti, che già in parte appariscono. Imperocchè ovunque essa ha cominciato a dominare liberamente, dato lo sfratto alla educazione cristiana, la probità e integrità dei costumi scade rapidamente, orrende e mostruose opinioni levan la testa, e l'audacia dei delitti va crescendo in modo spaventoso. Il che si lamenta e deplora da tutti; e spesse volte, sforzati dalla verità, non pochi di quegli stessi l'attestano, che pur tutt'altro vorrebbero. Oltre a ciò, per essere l'umana natura infetta dalla colpa di origine, e però più proclive al vizio che alla virtù, non è possibile vivere onestamente senza mortificar le passioni, e sottomettere alla ragione gli appetiti. In questa pugna è bene spesso necessario disprezzare i beni creati, e sottoporsi a molestie e sacrifizii grandissimi, a fine di serbar sempre alla ragione vincitrice il suo impero. Ma i Naturalisti e i Massoni, ripudiando ogni divina rivelazione, negano il peccato originale, e stimano non esser punto affievolito nè inclinato al male il libero arbitrio [Conc. Trid. Sess. VI, De Iustif., c. 1.]. Anzi esagerando le forze e l'eccellenza della natura, e collocando in lei il principio e la norma unica della giustizia, non sanno pur concepire che, a frenarne i moti e moderarne gli appetiti, ci vogliono sforzi continui e somma costanza. E questa è la ragione, per cui vediamo offerte pubblicamente alle passioni tante attrattive: giornali e periodici senza freno e senza pudore: rappresentazioni teatrali oltre ogni dire disoneste: arti coltivate secondo i principii di uno sfacciato verismo: con raffinate invenzioni promosso il molle e delicato vivere: insomma cercate avidamente tutto le lusinghe capaci di sedurre e addormentare la virtù. Cose altamente riprovevoli, ma pur coerenti ai principii di coloro che tolgono all'uomo la speranza dei beni celesti, e tutta la felicità fanno consistere nelle cose caduche, avvilendola sino alla terra. — Ed a conferma di ciò che abbiam detto può servire un fatto più strano a dirsi, che a credersi. Imperocchè gli uomini scaltriti ed accorti non trovando anime più docilmente servili di quelle già dome e fiaccate dalla tirannide delle passioni, vi fu nella setta Massonica chi disse aperto e propose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitudini a satollarsi di licenza: così le si avrebbero poi docile stromento ad ogni più audace disegno.
Quanto al consorzio domestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. Il matrimonio non è altro che un contratto civile: può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti: il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell'educare i figli non s'imponga religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada. — Ora questi principii i Frammassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma studiansi da gran tempo di fare in modo, che passino nei costumi e nell'uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimonii non celebrati nella forma civile: altrove le leggi permettono il divorzio: altrove si fa di tutto, perchè sia quanto prima permesso. Così corresi di gran passo all'intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento. — Ad impossessarsi altresì dell'educazione dei giovanetti mira con unanime e tenace proposito la setta dei Massoni. Comprendono ben essi, che quell'età tenera e flessibile lasciasi figurare e piegare a loro talento, e però non esserci spediente più opportuno di questo per formare allo Stato cittadini tali, quali essi vagheggiano. Quindi nell'opera di educare e istruire i fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna nè di direzione, nè di vigilanza: e in molti luoghi si è già tanto innanzi, che l'educazione della gioventù è tutta in mano dei laici; e dall'insegnamento morale ogni idea è sbandita di quei grandissimi e santissimi doveri, che l'uomo congiungono a Dio.
Seguono le massime di scienza sociale. Dove i Naturalisti insegnano, che gli uomini hanno tutti gli stessi diritti, e sono di condizione perfettamente uguali: che ogni uomo è, per natura, indipendente: che niuno ha diritto di comandare agli altri: che voler gli uomini sottoposti ad altra autorità, da quella in fuori che emana da loro stessi, è tirannia. Quindi il popolo è sovrano: chi comanda, non aver l'autorità di comandare se non per mandato o concessione del popolo; tantochè a talento di questo egli può, voglia o non voglia, esser deposto. L'origine di tutti i diritti e doveri civili è nel popolo, ovvero nello Stato, che reggasi per altro secondo i nuovi principii di libertà. Lo stato inoltre dev'esser ateo: tra le varie religioni non esservi ragione di dar la preferenza a veruna: doversi fare di tutte lo stesso conto.
Ora che queste massime piacciano ugualmente ai Framassoni, e che su questo tipo e modello vogliano essi foggiati i governi, è cosa notissima, e che non ha bisogno di prova. Egli è un pezzo di fatti, che con quanto hanno di forze e di potere apertamente lavorano per questo,spianando cosi la via a quei non pochi più audaci di loro, e più avventati nel male, che vagheggiano l'uguaglianza e comunanza di tutti i beni,fatta scomparire dal mondo ogni distinzione di averi e di condizioni sociali. Da questi brevi cenni si scorge chiaro abbastanza, che sia e che voglia la setta Massonica. I suoi dogmi ripugnano tanto e con tanta evidenza alla ragione, che nulla può esservi di più perverso. Voler distruggere la religione e la Chiesa fondata da Dio stesso, e da lui assicurata di vita immortale, voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le istituzioni del paganesimo, è insigne follia e sfrontatissima empietà. Nè meno orrenda e intollerabile cosa egli è ripudiare i benefizii largiti per sua bontà da Gesù Cristo non pure agl'individui, ma alle famiglie e agli Stati; benefizii, per giudizio e testimonianza anche di nemici, segnalatissimi. In questo pazzo e feroce proposito pare quasi potersi riconoscere quell'odio implacabile, quella rabbia di vendetta, che contro Gesù Cristo arde nel cuore di Satana. — Similmente l'altra impresa, in cui tanto si travagliano i Massoni, di atterrare i precipui fondamenti della morale, e di farsi complici e cooperatori di chi, a guisa di bruto, vorrebbe lecito ciò che piace, altro non è che sospingere il genere umano alla più abbietta e ignominiosa degradazione. — Ed aggravano il male i pericoli, onde sono minacciati tanto il domestico, quanto il civile consorzio. Come di fatti esponemmo altra volta, avvi nel matrimonio, per unanime consenso de' popoli e dei secoli, un carattere sacro e religioso: oltrechè per legge divina l'unione coniugale è indissolubile. Or se questa unione si dissacri, se permettasi giuridicamente il divorzio, la confusione e la discordia entreranno per conseguenza inevitabile nel santuario della famiglia, e la donna la sua dignità, i figli perderanno la sicurezza d'ogni loro benessere. — Che poi lo Stato faccia professione di religiosa indifferenza, e nell'ordinare e governare il civile consorzio non si curi di Dio nè più nè meno che se egli non fosse, è sconsigliatezza ignota agli stessi pagani; i quali avevano nella mente e nel cuore cosi scolpita non pur l'idea di Dio, ma la necessità di un culto pubblico, che giudicavano potersi più facilmente trovare una città senza suolo, che senza Dio. E veramente la società del venere umano, a cui siamo stati fatti da natura, fu istituita da Dio autore della natura medesima, e da lui deriva come da fonte e principio tutta quella perenne copia di beni senza numero, ond'essa abbonda. Come dunque la voce stessa di natura impone a ciascuno di noi di onorare con religiosa pietà Iddio, perchè abbiamo da lui ricevuto la vita e i beni che l'accompagnano; così per la ragione medesima debbono fare popoli e Stati. Opera perciò non solo ingiusta, ma insipiente ed assurda fanno coloro, che vogliono sciolta da ogni religioso dovere la civil comunanza. — Posto poi che per volere di Dio nascano gli uomini alla società civile, e che il potere sovrano sia vincolo così strettamente necessario alla società stessa, che, dove quello manchi, questa necessariamente si sfascia, ne siegue che l'autorità di comandare deriva da quello stesso principio da cui deriva la società. Ed ecco la ragione, che l'investito di tale autorità, sia chi si voglia, è ministro di Dio. Laonde fin dove è richiesto dal fine e dalla natura dell'umano consorzio, devesi obbedire al giusto comando del potere legittimo, non altrimenti che alla sovranità di Dio reggitore dell'universo: ed è capitalissimo errore il dare al popolo piena balla di scuotere, quando gli piaccia, il giogo dell'ubbidienza. — Così ancora chi guardi alla comune origine e natura, al fine ultimo assegnato a ciascuno, ai diritti e ai doveri che ne scaturiscono, non è da dubitare che gli uomini sono tutti uguali fra loro. Ma poichè capacità pari in tutti è impossibile, e per le forze dell'animo e del corpo l'uno differisce dall'altro, e tanta è dei costumi, delle inclinazioni, e delle qualità personali la varietà, egli è assurdissima cosa voler confondere e unificar tutto questo, e recare negli ordini della vita civile una rigorosa ed assoluta uguaglianza. Come la perfetta costituzione del corpo umano risulta dall'unione e compagine di varii membri che, diversi di forma e di uso, ma congiunti insieme e messi ciascuno al suo posto, formano un organismo bello, forte, utilissimo e necessario alla vita; cosi nello Stato quasi infinita è la varietà degl'individui che lo compongono; i quali, se parificati tra loro, vivano ognuno a proprio senno, ne uscirà una cittadinanza mostruosamente deforme; laddove, se distinti in armonia di gradi, di officii, di tendenze, di arti, bellamente cospirino insieme al bene comune, renderanno immagine d'una cittadinanza bene costituita e conforme a natura.
Del resto i turbolenti errori, che abbiamo accennati, debbono troppo far tremare gli Stati. Imperocchè tolto via il timore di Dio e il rispetto delle divine leggi, messa sotto i piedi l'autorità dei principi, licenziata e legittimata la libidine delle sommosse, sciolto alle passioni popolari ogni freno, mancato, dai gastighi in fuori, ogni ritegno, non può non seguirne una rivoluzione e sovversione universale. E questo sovversivo rivolgimento è lo scopo deliberato e l'aperta professione delle numerose associazioni di Comunisti e Socialisti: agli intendimenti dei quali non ha ragione di chiamarsi estranea la setta Massonica, essa che tanto ne favorisce i disegni, ed ha comuni con loro i capitali principii. Che se non si trascorre coi fatti subito e da per tutto alle estreme conseguenze, il merito di ciò deve recarsi, non già alle massime della setta o alla volontà dei settari, ma alla virtù di quella divina religione che non può essere spenta, e alla parte più sana dell'umano consorzio, che sdegnando di servire alle società segrete, si oppone con forte petto all'esorbitanza de' loro conati.
E volesse il cielo, che universalmente dai frutti si giudicasse la radice, e dai mali che ci minacciano, dai pericoli che ci sovrastano si riconoscesse il mal seme! Si ha da fare con un nemico astuto e fraudolento che, blandendo popoli e monarchi, con lusinghiere promesse e con fine adulazioni entrambi ingannò. — Insinuandosi sotto specie di amicizia nel cuore dei principi, i Frammassoni mirarono ad avere in essi complici ed aiuti potenti per opprimere il cristianesimo; e a fine di mettere nei loro fianchi sproni più acuti, si diedero a calunniare ostinatamente la Chiesa come nemica del potere e delle prerogative reali. Divenuti con tali arti baldanzosi e sicuri, acquistarono influenza grande nel governo degli Stati, risoluti per altro di crollare le fondamenta dei troni, e di perseguitare, calunniare, discacciare chi tra' sovrani si mostrasse restio di governare a modo loro. — Con arti simili adulando il popolo, lo trassero in inganno. Gridando a piena bocca libertà e prosperità pubblica; facendo credere alle moltitudini che dell'iniqua servitù e miseria, in cui gemevano, tutta della Chiesa e dei sovrani era la colpa, sobillarono il popolo, e lui smanioso di novità aizzarono ai danni dell'uno e dell'altro potere. Vero è bensì che dei vantaggi sperati maggiore è l'espettazione che la realtà: anzi oppressa più che mai la povera plebe vedesi nelle miserie sue mancare gran parte di quei conforti, che nella società cristianamente costituita avrebbe potuto facilmente e copiosamente trovare. Ma di tutti i superbi, che ribellansi all'ordine stabilito dalla provvidenza divina, questo è il consueto gastigo, che donde sconsigliatamente promettevansi fortuna prospera e tutta a seconda dei loro desideri, trovino ivi appunto oppressione e miseria.
Quanto alla Chiesa, se comanda di ubbidire innanzi tutto a Dio supremo Signore d'ogni cosa, sarebbe ingiuriosa calunnia crederla perciò nemica del potere de' principi, od usurpatrice dei loro diritti. Vuole anzi essa, che quanto è dovuto alla potestà civile, le si renda per dovere di coscienza. Il riconoscere poi da Dio, com'essa fa, il diritto di comandare, aggiunge al potere politico dignità grande, e giova molto a conciliarsi il rispetto e l'amore dei sudditi. Amica della pace, altrice della concordia, tutti con affetto materno abbraccia la Chiesa; e intenta unicamente a far bene agli uomini, insegna doversi alla giustizia unir la clemenza, al comando l'equità, alle leggi la moderazione; rispettare ogni diritto, mantenere l'ordine e la tranquillità pubblica, sollevare al possibile privatamente e pubblicamente le indigenze degl'infelici. Ma, per usare le parole di Sant'Agostino, credono o vogliono far credere che non torna utile alla società la dottrina del Vangelo, perchè vogliono che lo Stato posi non sul fondamento stabile delle virtù, ma sull'impunità dei vizi [Epist. CXXXVII, al. III, ad Volusianum c. V, n. 20.]. Per le quali cose opera troppo più conforme al senno civile e necessaria al comune benessere sarebbe, che principi e popoli, in cambio di allearsi coi Frammassoni a danno della Chiesa, si unissero alla Chiesa per respingere gli assalti dei Frammassoni.
In ogni modo, alla vista d'un male sì grave e già troppo diffuso, è debito Nostro, Venerabili Fratelli, applicar l'animo a cercarne i rimedii. E poichè sappiamo che nella virtù della religione divina, tanto più odiata dai Massoni, quanto più temuta, consiste la migliore e più salda speranza di rimedio efficace, a questa virtù sommamente salutare crediamo che prima di tutto sia da ricorrere contro il comune nemico. Tutte quelle cose pertanto, che i romani Pontefici Nostri antecessori decretarono per attraversare i disegni e render vani gli sforzi della setta Massonica; tutte quelle che sancirono per allontanare o ritrarre i fedeli da cosi fatte società; tutte e singole Noi con l'Autorità Nostra Apostolica le ratifichiamo e confermiamo. E qui confidando moltissimo nel buon volere dei fedeli, preghiamo e scongiuriamo ciascuno di loro, per quanto amano la propria salute, a farsi coscienza di menomamente dipartirsi da quanto su questo proposito fu prescritto dall'Apostolica Sede.
Preghiamo poi e supplichiamo Voi, Venerabili Fratelli, che cooperiate con Noi ad estirpare questo rio veleno, che largamente serpeggia in seno agli Stati. A Voi tocca difendere la gloria di Dio e la salvezza delle anime; tenendo, nel combattimento, questi due fini davanti agli occhi, non vi mancherà nè coraggio nè fortezza. Il giudicare quali sieno i più efficaci mezzi da superare gli impedimenti e gli ostacoli, è cosa che spetta alla prudenza vostra. — Pur nondimeno trovando Noi conveniente al Nostro ministero l'additarvi alcuni dei mezzi più opportuni, la prima cosa da farsi si è togliere alla setta Massonica le mentite sembianze, e renderle le sue proprie, ammaestrando con la voce, ed eziandio con Lettere Pastorali, i popoli, quali siano di tali società gli artifizii per blandire ed allettare; quali la perversità delle dottrine e la disonestà delle opere. Conforme dichiararono più volte i Nostri Predecessori, chiunque ha cara quanto deve la professione cattolica e la propria salute, non si lusinghi mai di poter senza colpa ascriversi, per qualsivoglia ragione, alla setta Massonica. Niuno si lasci illudere alla simulata onestà; imperocchè può ben parere a taluno che i Massoni nulla impongano di apertamente contrario alla fede e alla morale: ma essendo essenzialmente malvagio lo scopo e la natura di tali sètte, non può esser lecito di darvi il nome, nè di aiutarle in qualsivoglia maniera.
È necessario in secondo luogo con assidui discorsi ed esortazioni mettere nel popolo l'amore e lo zelo dell'istruzione religiosa; e a tal fine molto raccomandiamo, che con ragionamenti opportuni a voce e in iscritto si spieghino i principii fondamentali di quelle santissime verità, nelle quali consiste la cristiana sapienza. Scopo di ciò è guarire con l'istruzione le menti, e premunirle contro le molteplici forme degli errori e i vani allettamenti dei vizii, massime in questa gran licenza di scrivere ed insaziabile brama d'imparare. — Opera faticosa di certo: nella quale tuttavia partecipe e compagno delle fatiche vostre avrete specialmente il Clero, se in grazia del vostro zelo sarà ben disciplinato e istruito. Ma causa così bella e di tanta importanza richiede altresì l'industria cooperatrice di quei laici, che all'amore della religione e della patria congiungono probità e dottrina. Con le forze unite di questi due ordini procurate, Venerabili Fratelli, che gli uomini conoscano intimamente ed abbiano cara la Chiesa; perchè quanto più crescerà in essi la conoscenza e l'amore di lei, tanto maggiormente saranno abborrite e schivate le società segrete.
Egli è per questo che, giovandoci della presente occasione, torniamo non senza ragione a ricordare la opportunità inculcata altra volta, di promuovere caldamente e proteggere il Terz'Ordine di san Francesco, di cui recentemente con prudente condiscendenza mitigammo la regola. Imperocchè, secondo lo spirito della sua istituzione, esso non mira ad altro, che a tirare gli uomini all'imitazione di Gesù Cristo, all'amore della Chiesa, alla pratica di tutte le cristiane virtù: e però tornerà efficacissimo a spegnere il contagio delle sètte malvagie. Cresca dunque di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui, tra molti altri, può anche sperarsi questo prezioso frutto, di ricondurre gli animi alla libertà, alla fraternità, alla uguaglianza: non quali va sognando assurdamente la setta Massonica, ma quali Gesù Cristo recò al mondo, e Francesco nel mondo ravvivò. La libertà diciamo dei Figliuoli di Dio, che affranca dal servaggio di Satana e dalle passioni, tiranni pessimi: la fraternità, che da Dio piglia origine, creatore e padre di tutti: l'uguaglianza che, fondata sulla giustizia e carità, non distrugge tra gli uomini tutte le differenze, ma dalla varietà della vita, degli officii, delle inclinazinni forma quell'accordo e quasi armonia, voluta da natura a utilità e dignità del civile consorzio.
In terzo luogo avvi un'istituzione, attuata sapientemente dai nostri maggiori, e poi coll'andar del tempo dismessa, la quale può servire ai dì nostri come di modello e di forma a qualcosa di simile. — Intendiamo parlare dei Collegii o Corpi di arti e mestieri, destinati, sotto la guida della religione, a tutela degl'interessi e dei costumi. I quali collegii, se per lungo uso ed esperienza riuscirono di gran vantaggio ai nostri padri, torneranno molto più vantaggiosi all'età nostra, perchè opportunissimi a fiaccare la potenza delle sètte. I poveri operai, oltre ad essere per la stessa condizione loro degnissimi sopra tutti di carità e di sollievo, sono in modo particolare esposti alle seduzioni dei fraudolenti e raggiratori. Vanno perciò aiutati con la massima generosità, e invitati alle società buone, affinchè non si lascino trascinare nelle malvagie. Per questo motivo Ci sarebbe assai caro che, adattate ai tempi risorgessero per tutto sotto gli auspizii e il patrocinio dei Vescovi a salute del popolo siffatte aggregazioni. E Ci è di grandissimo conforto il vederle fondate già in molti luoghi insieme coi Patronati cattolici: due istituzioni, che mirano a giovare la classe onesta dei proletarii, a soccorrere e proteggere le loro famiglie, i loro figli, e a mantenere in essi con l'integrità dei costumi l'amore della pietà, e la conoscenza della religione. — E qui non possiamo passare sotto silenzio la società di san Vincenzo de' Paoli, insigne per lo spettacolo e l'esempio che porge, e sì altamente benemerita della povera plebe. Le opere e le intenzioni di cotesta società sono ben note; essa è tutta in sovvenire i bisognosi e i tribolati, prevenendoli amorosamente, e ciò con mirabile sagacia, e con quella modestia, che quanto meno vuol comparire, tanto è più opportuna all'esercizio della carità cristiana e al sollevamento delle umane miserie.
In quarto luogo, a conseguir più facilmente l'intento, alla fede e vigilanza vostra raccomandiamo caldissimamente la gioventù, speranza dell'umano consorzio. — Nella buona educazione di essa ponete grandissima parte delle vostre cure, e non vi date mai a credere di aver vigilato e fatto a bastanza, per tener lontana l'età giovinetta da quelle scuole e da quei maestri, donde sia da temere l'alito pestifero delle sètte. Fate che i genitori, i direttori spirituali, i parrochi, nell'insegnare la dottrina cristiana, non si stanchino di ammonire opportunamente i figli e gli alunni intorno alla rea natura di tali sètte, anco perchè imparino per tempo le varie e subdole arti, solite usarsi dai propagatori di quelle per arreticare la gente. Anzi quei che apparecchiano i giovanetti alla prima comunione faranno benissimo, se gl'indurranno a proporre e promettere di non ascriversi, senza saputa dei propri genitori ovvero senza consiglio del parroco o del confessore, a società alcuna.
Ma ben comprendiamo, che le comuni nostre fatiche non sarebbero sufficienti a svellere questa perniciosa semenza dal campo del Signore, se il celeste padrone della vigna non ci sarà largo a tale effetto del suo generoso soccorso. Convien dunque implorarne il potente aiuto con fervore veemente ed ansioso, pari alla gravità del pericolo e alla grandezza del bisogno. Inorgoglita dei prosperi successi, la massoneria insolentisce, e pare non voglia più metter limiti alla sua pertinacia. Per un'iniqua lega ed un'occulta unità di propositi da per tutto i seguaci suoi congiunti insieme, si danno scambievolmente la mano, e l'uno rinfocola l'altro a più osare nel male. Assalto sì gagliardo vuole non men gagliarda difesa: vogliam dire che tutti i buoni debbono collegarsi in una vastissima società di azione e di preghiera. Due cose pertanto dimandiamo da loro; da una parte, che unanimi, a schiere serrate, a piè fermo resistano all'impeto ognora crescente delle sètte; dall'altra, che sollevando con molti gemiti le mani supplichevoli a Dio, implorino a grande istanza, che il cristianesimo prosperi e cresca vigoroso; che riabbia la Chiesa la necessaria libertà; che i traviati ritornino a salute; che gli errori alla verità, i vizii faccian luogo alla virtù. — Invochiamo a tal fine l'aiuto e la mediazione di Maria Vergine Madre di Dio, affinchè contro l'empiè sètte, in cui veggonsi chiaramente rivivere l'orgoglio contumace, la perfidia indomita, la simulatrice astuzia di Satana, dimostri la potenza sua, essa che trionfò di lui sin dal suo primo concepimento. — Preghiamo altresì san Michele, principe dell'angelica milizia, debellatore dell'oste infernale; san Giuseppe, sposo della Vergine Santissima, celeste e salutare patrono della cattolica Chiesa; i grandi Apostoli Pietro e Paolo, propagatori e difensori invitti della fede cristiana. Per il patrocinio di essi e per la perseveranza delle comuni preghiere confidiamo, che Iddio si degnerà di sovvenire pietosamente ai bisogni dell' umana società, minacciata da tanti pericoli.
A pegno poi delle grazie celesti e della benevolenza Nostra impartiamo con grande affetto a Voi, Venerabili Fratelli, al Clero e a tutto il popolo commesso alle vostre cure l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma presso san Pietro il dì 20 aprile 1884, anno settimo del Nostro Pontificato.

LEO PP. XIII.
Testo originale in latino