lunedì 9 gennaio 2017

Uno scorcio di "Memorie della guerra d'Italia degli anni 1848-1849"

Fonte: Regno Lombardo Veneto / Königreich Lombardo Venetien





Pria che le due parti dessero di piglio alle armi pubblicarono come di solito i loro manifesti. Il piemontese cercava di mascherare con declamazioni ed accuse la debolezza di un'ingiusta causa; quello austriaco era semplicissimo ed esponeva ai gabinetti ed ai popoli la verità.
Il Feldmaresciallo in un breve ordine del giorno ricordò alle truppe il loro valore e le vittorie, e terminava con additar loro Torino qual meta de' loro sforzi. A questo ordine del giorno aggiunse egli... una specie di manifesto, nel quale parlò più diffusamente del modo suo di procedere e di quello dell'avversario. Vi fu chi volle scorgere in quell'atto un linguaggio appassionato; noi non negheremo che fosse concepito in termini energici, e che lo scrittore di esso non fosse forse un diplomatico, era però l'espressione della verità; ed il gabinetto di Torno aveva dato al Feldmaresciallo sì replicati motivi di lagnanze e di scontento, che non è meraviglia se il vecchio Soldato perdette alla fine la pazienza, e diè sfogo alla bile tanto tempo repressa.
Il Feldmaresciallo diresse pure particolari manifesti agli abitanti della Lombardia e di Milano, esortandoli con quelli a mantenersi tranquilli.
Chrzanowsky (militare polacco a capo dell'Armata Sarda nella Battaglia di Novara, ndr) pure diresse incoraggianti parole all'esercito piemontese, eccitando i soldati al valore ed alla vittoria.
Ma le parole dello straniero duce alle truppe sconosciuto non potevano produrre nell'animo dei soldati piemontesi quell'entusiastico effetto, che le parole del Feldmaresciallo produssero sui suoi.
Mentre il soldato piemontese udiva con indifferenza la voce del suo condottiero, alla lettura dell'ordine del giorno di Radetzky eccheggiava l'aere delle grida di giubilo dei nostri; che egli promettevano di vincere o morire
[..]
Invece di recarsi a Lodi, come da tutti e dappertutto si credeva, il Feldmaresciallo piegò improvvisamente a destra, e giunse nelle ore pomeridiane col suo quartier generale a Sant'Angelo (Lodigiano).
[…]
Qui si rinnovò una di quelle scene che, che caratterizzavano lo spirito ond'era allora animato l'esercito d'Italia. Verso sera la musica di un reggimento suonava nel giardino del castello, dove i soldati affollati in gran numero, in fratevole concordia s'intrattenevano nella babelica confusione di lingue, colle quali, come s'esprime il poeta, s'implorarono le benedizioni dell'Imperatore.
Non andò guari che tutti furono invasi da letizia ed i soldati cominciarono a ballare; gli ufficiali si confusero tra i soldati, e perfino i vecchi Generali non andarono esenti dalla generale vertigine.


Tratto da: Memorie della guerra d'Italia degli anni 1848-1849