giovedì 30 maggio 2013

Quel fatal 1866 ( 4° ed ultima parte) : La fine della guerra e le sue conseguenze.




Ogni storia ha la sua fine e questo vale anche per ciò che in questa sede mi sono accinto a  narrarvi . Siamo giunti al termine dei nefasti avvenimenti di "Quel fatal 1866" che portarono tristezza in terre un tempo felici.






L' Armistizio di Cormons e il trattato di Vienna






File:Gefecht zwischen k.k. Husaren und preußischen Kürassieren in der Schlacht von Königgrätz (A. Bensa 1866).jpg
Scontro di cavalleria nella battaglia di  Sadowa.
La Prussia, alleata dell'Italia sabauda  nella guerra contro il Cattolico  Impero d'Austria e vittoriosa a Sadowa, concluse il 26 luglio l'armistizio di Nikolsburg, che non prevedeva alcuna clausola a favore delle aspirazioni del governo sabaudo. In quel momento  l'esercito sabaudo si trovava nella situazione più disdicevole: con le  sconfitte, fatte passare per apologetiche vittorie , di Giuseppe Garibaldi  e del generale Giacomo Medici . Nel frattempo il criminale generale Enrico Cialdini aveva occupato una Padova ormai sgombra da soldati Imperiali e dalle strade deserte, mentre il generale Raffaele Cadorna era riuscito ad arrivato fino a Gradisca appunto perché non v'erano più truppe Imperiali. Per mare la grave e vergognosa sconfitta a Lissa aveva aggiunto un'onta in più , cosa che  del resto riuscì benissimo anche alla sconfitta di Custoza.
Raffaele Cadorna
Raffaele Cadorna
L'Italia sabauda , oltretutto con una opinione pubblica totalmente sfiduciata e in miseria economica, non era in grado di continuare le operazioni militari da sola e si vide pertanto costretta all'armistizio. In preparazione di esso il coniglio di Custoza, generale Alfonso La Marmora, a nome di Vittorio Emanuele II , inviò a Garibaldi l'ordine, tra l'altro ben accetto da quest'ultimo vista la situazione a dir poco critica , di sgomberare il Trentino.

Il 12 agosto 1866 tra l'Italia sabauda  (rappresentata dal generale Conte Agostino Petitti Bagliani di Roreto) e l'Impero d'Austria (rappresentato dal generale Barone Carl Möring) fu firmato a Cormòns (Gorizia) l'armistizio che pose fine ad una della pagine più vergognose nel così detto  "Risorgimento italiano" (Terza guerra di espansionismo sabaudo- disfatta di Custoza). Nel frattempo Prussia e Austria arrivarono alla firma del Trattato di Praga (23 agosto), che lasciava in sospeso le richieste sabaude ; queste  verranno  soddisfatte il 3 ottobre dello stesso anno dalla Pace di Vienna, che sancirà ufficialmente la pace e il passaggio del Veneto da colei che rappresentò la sua rinascita ( Impero d'Austria) a colei che la mise in catene e miseria (l'Italia sabauda prima e repubblicana poi)  tramite la Francia di Napoleone III.
L'armistizio congelava la situazione militare in atto, con l'esercito sabaudo faticosamente , e tra le vive proteste della popolazione,  arrivato alle porte di Gradisca, ma con gli Imperiali vittoriosi e ancora saldamente posizionati  nel quadrilatero ed in altre fortezze. L'usurpazione e la seguente annessione del Veneto e del Friuli venne rinviata nel tempo e avvenne dopo la pace di Vienna.


Testo dell'armistizio :

Cormons, addì 12 agosto 1866. Conchiusa fra i commissarii militari del Regio Esercito Italiano ed il I.R. Esercito austriaco al giorno d'oggi.
In seguito all'effettuato sgombro del
Tirolo meridionale e di alcuni luoghi della contea di Gorizia per parte delle truppe italiane i due commissari stabiliscono quanto segue salva la superiore ratificazione:
L'armistizio comincerà col giorno 13 agosto alle ore 12 meridiane e durerà quattro settimane, vale a dire, fino al 9 settembre. Le ostilità non potranno ricominciare che mediante un preavviso di giorni 10. In difetto di preavviso l'armistizio s'intenderà prolungato.
I limiti dei territori occupati dalle truppe saranno per la durata dell'armistizio i seguenti, cioè:

  • per le truppe austriache:
a) L'attuale confine Lombardo-Veneto dal Lago di Garda al Po.
b) Il
Po fino ad un chilometro al di sotto d'Ostiglia e di una linea retta fino a 7 chilometri e mezzo, al di sotto di Legnago sull'Adige presso Villa Bartolomea.
c) Il prolungamento della detta linea fino alla Fratta, la sponda destra di questo corso d'acqua sino a Pavarano, di là una linea che per Lobia va al confluente del Chiampo nell'Alpone: indi la sponda destra di quest'ultimo fino alla cima Tre Croci al confine politico.
d) Il confine politico dallo sbocco del fiume Aussa in Porto Buso fino presso Villa, indi un perimetro di 7 chilometri e mezzo intorno alle opere esterne di
Palmanova, il quale cominciando a Villa, e passando tra Gonars e Morsano termina a Percoto Torre, la sponda sinistra del torrente Torre fino a Tarcento, e di là per Prato Magnano a Salt fra Osoppo e Gemona. Al Tagliamento, la sponda sinistra del Tagliamento sino al piede del Monte Cretci, ed il dorso dei monti che separano le valli di San Pietro e di Gorto fino al Monte Coglians sul confine politico.
e) Intorno al forte Malghera un perimetro di 7 chilometri e mezzo. Il Governo italiano è in facoltà di valersi della parte della ferrovia da
Padova a Treviso compresa in tale perimetro.
f) Lo stesso perimetro di 7 chilometri e mezzo intorno alle altre opere di fortificazioni esterne di Venezia. Nelle località alle quali non si estendono uno di questi perimetri, la laguna, e se esistono canali esterni in prossimità di questi, la sponda interna dei canali stessi. Il forte di
Cavanella d'Adige non sarà occupato né dall'una né dall'altra truppa.
  • per le truppe italiane:
g) I limiti di tutte le parti del Veneto che non sono occupate dalle truppe austriache.
L'approvvigionamento di Venezia sarà libero.
L'accesso ne' territori riservati alle truppe austriache è interdetto alle truppe regie e ai volontari italiani. Egualmente alle truppe imperiali e ai volontari austriaci è interdetto l'accesso ne' territori riservati alle truppe italiane. È però fatta facoltà agli ufficiali di un esercito di attraversare per ragioni di servizio il territorio riservato all'altro, mediante scambievole accompagnamento.
Si farà il reciproco scambio dei prigionieri; l'
Italia li consegnerà in Peschiera e l'Austria in Udine.
Gli impiegati italiani che si trovano nei territori occupati dalle I.R. truppe non saranno molestati, e non lo saranno reciprocamente gl'impiegati militari austriaci in ritiro, che si trovano nei territori occupati dalle truppe italiane.
È ammesso il ritorno degli internati d'ambo le parti: però non potranno entrare nelle fortezze occupate dalle truppe del Governo dal quale furono internati.
Cormons, addì 12 agosto 1866
in casa del Podestà Signor Maggiore Conte Thurn.
CARLO MOERING Generale Maggiore, A. PETITTI Generale


Con il trattato di Vienna del 3 ottobre 1866, veniva definitivamente dichiarata chiusa la terza guerra di espansionismo sabaudo e il Veneto veniva ceduto dall'Austria alla Francia, che lo avrebbe poi rigirato  all'Italia sabauda , previo il consenso degli abitanti tramite un plebiscito; un plebiscito che sarà l'ennesima tragica farsa risorgimentale.
Il trattato fu firmato dal generale sabaudo Luigi Federico Menabrea e dal suo omologo Imperiale , Emmanuel Félix de Wimpffen.






Il  Plebiscito farsa nel Veneto (21-22 ottobre 1866)



Il timore per il governo sabaudo era lo stesso che ebbe  tutte le volte che usurpò uno Stato legittimo della penisola italiana ed il Veneto non fece certo eccezione , anzi . Il timore degli unitaristi   che temevano che  l’espansione savoiarda finisse in una bolla di sapone era fondato e appurato fin dalle prime reazioni popolari allo scoppio delle ostilità: difatti era grande la fedeltà al buon e legittimo governo asburgico  del Lombardo-Veneto con le sue tasse eque e la sua grande efficienza . A fronte di questa preoccupazione crescente, e ritenendo che una libera consultazione tra il Popolo Veneto avesse causato una battuta d'arresto nelle aspirazioni del governo  sabaudo che con i suoi prezzolati tirapiedi (poi chiamati patrioti italiani) si mobilitarono per evitare che ci fosse alcun controllo internazionale della consultazione, violando così in modo palese gli accordi decretati dalla Pace di Vienna e dall’Armistizio di Cormons. Per realizzare il proprio malvagio piano l’esercito sabaudo cominciò una crescente campagna intimidatoria accompagnata dall’occupazione di tutti i municipi veneti.
Ecco alcuni esempi di pubblica minaccia: per quello che dicevano, i manifesti per il plebiscito erano una sorta di ricatto morale a chi andava a votare, in uno di questi si può leggere: "Chi dice Sì mostra sentirsi uomo libero, padrone in casa propria, degno figlio d’Italia. Chi dice No la prova d’anima di schiavo nato al bastone croato! Il Si, lo si porta all’urna a fronte alta, sotto lo sguardo del sole, colla gioja nell’anima, colla benedizione di Dio! Il No, con mano tremante, di nascosto come chi commette un delitto, colla coscienza che grida: traditore della patria!" La Gazzetta di Verona il 17 ottobre 1866 parlando del plebiscito riporta: "Sì, vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell’Italia. No, vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell'Italia". Come mai sottolineare l’essere veneto? Non erano forse tutti per l’unità stando a quanto ci viene riportato nei libri di scuola? Questo è uno dei vari elementi che mettono in luce il dubbio valore della farsa plebiscitaria, ed il fatto che i risultati del plebiscito siano la risultante della reale volontà della gente veneta.
La truffa ai danni dell’invitto Popolo Veneto si consumò il 19 ottobre 1866 in una stanza dell’hotel Europa, nel Canal Grande a Venezia, nella quale il plenipotenziario francese il gen. Leboeuf consegnò il Veneto ai commissari sabaudi ben due giorni prima della data in cui era fissato il referendum: questa fu la palese violazione di quanto stabilito dagli accordi internazionali sanciti dall’Armistizio di Cormons e dalla Pace di Vienna.
Il 21 ottobre 1866 ebbe luogo sul suolo Veneto la farsa plebiscitaria con tutto il Veneto invaso da forze d'occupazione dell'esercito sabaudo, in cui vennero proibite dagli occupanti perfino le tradizionali processioni religiose in quanto "assembramento pericoloso per l'ordine pubblico". Il risultato (641.758 SI, 69 NO, 273 NULLI) è la prova intangibile del broglio perpetuato, soprattutto i 69 sono emblematici: il valore sul campo di battaglia dei soldati veneti che vinsero contro l’Italia sabauda  sono dati di fatto incontestabili e provati dalle relazioni degli stati maggiori Asburgici, mentre i verbali del plebiscito redatti nei seggi sono introvabili. Lo stesso storico Luigi Sutto di Rovigo, nel 1903, fu incaricato dal Museo del Risorgimento di ricostruire dati ed episodi del Plebiscito. Il suo insuccesso fu quasi totale perché non riuscì a visionare i verbali del plebiscito. Perché gli fu vietata tale visione? La risposta è tanto semplice quanto scontata: il governo sabaudo mise in circolo menzogne madornali che volevano far credere e convincere che i favorevoli al plebiscito risultarono essere addirittura il 99,9 %, quando, si afferma, gli aventi diritto al voto erano allora il solo 26% della popolazione: “maschi con più di 21 anni”. In tutto ciò  la libertà e segretezza di voto erano inesistenti , tra minacce e soprusi verso la popolazione  si avvalevano di biglietti di colore diverso e una palese dichiarazione del votante a favore o contro per avere la situazione sotto controllo e garantirne così un risultato favorevole alla nefasta causa unitaria.
Queste poche righe ci danno un’idea del fatto che nel 1866 in Veneto sia stato perpetrato un crimine da parte dell’Italia unita contro la Popolazione Veneta e il legittimo governo . Il Veneto si andava ad aggiungere alla lunga lista dei molti popoli della penisola italica vittime dell’espansionismo sabaudo.
 Il 7 novembre, entrava in una Venezia deserta e visibilmente ostile, lontana dall'iconografia di propaganda  risorgimentale,  l'usurpatore Vittorio Emanuele II di Savoia-Carignano.
 
 
 
 
 
 
Conseguenze:
tra triste verità e leggenda nera.
 
 
 
 
Territorio Veneto asburgico.
Con l'usurpazione da parte dell'Italia sabauda del Veneto , l'ultimo lembo del Regno Lombardo-Veneto veniva occupato da un governo rivoluzionario e illegittimo. L’Imperatore Francesco Giuseppe I venne costretto a riconoscere il Regno d'Italia  e a cedere la Corona ferrea, legittima eredità della sua Casata, simbolo della sovranità sul Regno Lombardo-Veneto.
Questa grave conseguenza della guerra appena conclusa portò alla completa estromissione della guida e protezione asburgica nella penisola italiana che si faceva garante dell'ordine legittimo in essa. I movimenti anti-unitari nel Granducato di Toscana e nei ducati Emiliani occupati da sette anni dal governo unitario sabaudo , subirono una forte battuta d'arresto in quanto il loro maggiore alleato veniva a mancare della sua presenza.
Le tasse sotto il legittimo Imperial-Regio governo erano di sole 11 Lire mentre sotto l'illegittimo governo sabaudo aumentarono a 33 Lire! La leva era obbligatoria anche per coloro che avevano già servito nell'Imperial-Regio esercito , la miseria e la povertà dilagò per tutto il popolo veneto, spesso costretto a emigrare in cerca di occupazione. Altrettanto deleteria fu la sistematica distruzione del patrimonio culturale e linguistico veneto: l’arroganza unitarista del suo centralismo  si caratterizzava da subito attraverso la volontà annullatrice dell’identità locale. E, purtroppo, come ben sappiamo, ciò  non avvenne solo in Veneto.
 
I patriottardi libri di storia ci hanno rifilato , tra le altre "balle tricolore", una leggenda nera che volle e vuole ancora far passare il governo asburgico come il male assoluto:  ci viene detto che alla fine della guerra   Francesco Giuseppe I decise di procedere contro l'"etnia italiana" nelle regioni del Tirolo, Venezia Giulia e Dalmazia. Ci hanno detto che il Consiglio della Corona dell'impero, riunitosi il 12 novembre 1866 sotto la presidenza dell'imperatore stesso e con i suoi ministri più importanti, approvò un verbale intitolato "Misure contro l'elemento italiano", che deliberava la germanizzazione e la slavizzazione delle terre italofone rimaste all'Impero: «Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e [...] si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori [...] con energia e senza riguardo alcuno». Queste tristi menzogne non potrebbero essere più lontane dalla realtà in quanto l'amore di Francesco Giuseppe verso TUTTI i suoi Popoli era smisurato ed essi lo ripagavano con la stessa fedeltà e amore! Le così dette "Misure contro l'elemento italiano" si riferivano  alla presenza di elementi sovversivi  nazionalisti al servizio del governo sabaudo presenti nelle province dell'Impero e nel loro organico amministrativo : 52 anni dopo queste ridenti terre subiranno l'occupazione dal nuovamente sconfitto esercito sabaudo e  durante il ventennio fascista subiranno un forzata italianizzazione.
Cerchiate in rosso le zone interessate dalla "leggenda nera".
Di conseguenza la "germanizzazione" fu analoga a quella successa all'indomani del 1848 , quando il diffidente governo asburgico mise nell'organico amministrativo delle sue provincie elementi fidati on d'evitare altri eventuali disordini. Non ci fu nessuna persecuzione culturale o linguistica nelle province sopra citate: rammentiamo sempre che codeste province rimasero fedelissime all'Imperatore fino alla fine della Prima Guerra Mondiale e anche dopo; se le cose fossero andate davvero come gli storici di regime ci vogliono far credere il comportamento di questi popoli sarebbe risultato assai differente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Conclusioni
 
Giunti al termine di questa storia , e dopo essersi resi conto dei reali avvenimenti, non si può far altro che valutare il tutto come una grande tragedia, una delle tante che colpirono la penisola italiana e i suoi popoli tra il 1859 ed il 1918.
Non si può negare la ragione dei popoli fedeli all'Imperatore che combatterono contro coloro che pretendevano di portar la "libertà" mentre portavano solo catene e ceppi.
Ci si rende facilmente conto di coloro che furono veri Patrioti (Trentini, Tirolesi, Veneti , Friulani) e invece chi fu l'invasore e il criminale (Garibaldi, Savoia, esercito "italiano").
Volete negare ciò? Liberi di farlo! Ma rammentate, negare la verità non cambia le cose ma rende il menzognero ancora più ridicolo.
 
 
 
 
 
 
Fine...
 
 
 
 
 
Fonte:
 
Wikipedia.

1866: la grande truffa.   Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia; AUTORE: Ettore Beggiato;   EDITORE: Venezia: Editoria Universitaria, 2007 (Seconda edizione); PAGINE: 80 pagine
 
 
Scritto a cura di:
 
Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.