lunedì 6 agosto 2012

Il Brigantaggio nel Distretto di Nola 1860-1868: Il Plebiscito e la rivolta nelle campagne

 

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Brusciano è un paesino all’ombra del Monte Somma nelle vicinanze di Nola e Pomigliano D’Arco, a pochi km da Napoli. Il 21 Ottobre del 1860, giorno in cui si tenne il Plebiscito unitario, Brusciano contava 2.856 abitanti di cui 494 erano ammessi al voto. Accadde, però, che quasi i due terzi dei votanti di Brusciano non si presentarono alle urne. L’alfiere della Guardia Nazionale, Giovanni Francesco Tramontano venne sospeso dall’ufficio e destituito dal grado perché faceva propaganda contro il Plebiscito; si sottrassero al voto anche alcuni amministratori pubblici ed impiegati comunali: i decurioni, Sebastiano di Maiolo e Domenico Antonio Terracciano; gli amministratori di Beneficenza, Francesco Maiolo ed Antonio Lanza; il regolatore del pubblico orologio, Rocco Vaia. E così come a Brusciano, in tutto il Distretto di Nola fu impressionante l’affermarsi al Plebiscito dell’astensionismo: ad Avella si astennero poco meno della metà degli aventi diritto al voto; a Carbonara e a Marzano addirittura più dei due terzi. Per giustificare l’elevato tasso di astensionismo a Quadrelle, a Moschiano, a Sperone, a Lauro, a Mugnano, a Saviano furono indicati nei verbali i motivi più vari, dalla imprescindibile necessità di non abbandonare il lavoro nei campi alla febbre sopraggiunta proprio quel dì a migliaia di abitanti. Si astennero soprattutto contadini e rappresentanti del clero, ma anche artigiani e negozianti. L’aspetto significativo del fenomeno, però, è rappresentato dall’astensione degli amministratori pubblici, successivamente tutti esonerati dalle loro cariche. Si astennero a Carbonara i decurioni Felice Iannicello, Carisio Sorrentino, Felice Sorrentino fu Giuseppe e Felice Sorrentino fu Francesco; a Quadrelle si astenne il supplente giudiziario Gennaro Pagano; ad Avella il cancelliere sostituto del comune, Paolo Pescione; a Baiano il Rettore della Chiesa comunale don Pietro Incoronato, il sacerdote don Giovanni Antonio Buccieri e il sagrestano della chiesa e custode del cimitero Bernardino Litto; a Mariglianella il decurione Giovanni Bruscino.
L’astensionismo fu uno dei modi più evidenti in cui venne espresso il grande dissenso popolare nei confronti del processo unitario. Della farsa del Plebiscito, denunciata persino nel Gattopardo, scrive Cesare Cantù: “Qui il plebiscito giungea al ridicolo poiché oltre a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la più parte erano incompetenti, senza tampoco accertare l’identità delle persone e fin votando i soldati, si depositarno in urne distinte i SI e i NO, lo che rese manifesto il voto; e fischi e colpi e coltellate a chi lo desse contrario. Un villano gridò “Viva Francesco II” e fu ucciso all’istante”(1). Dunque la democraticità dell’evento si infrangeva contro la realtà: una scheda per il sì ed una per il no con due urne su ciascuna delle quali campeggiavano stampate le scritte Sì e NO. Scrive il De Sivo: “Al mattino del 21 cominciarono i camorristi con suoni e bandiere a scorrere la città; poi primo il dittatore pose il voto; poi il prodittatore col municipio in forma pubblica; poi garibaldini d’ogni nazione e lingua: Sirtori, Bixio, Turr, Eber, Eberart, Rustow, Peard, Teleky, Megiorody, Dunn, Csudafy e quanti altri di barbari nomi eran lì”(2). Alla fine votò appena l’1,92% della popolazione. Nel distretto di Nola, le votazioni si svolsero, secondo i verbali, nella calma assoluta, solo a Cumignano fu registrato il caso di un omicidio politico, dopo la diffusione dei risultati dell’esito elettorale: si tratta dell’omicidio di Basilio Napolitano di Felice con un colpo di fucile sparato dal cugino Pasquale Napolitano.
A cosa era dovuto questo malcontento così diffuso? Con l’arrivo di Garibaldi a Napoli si rendeva sempre più chiaro che il Generale, ora Dittatore, di liberatore aveva assai poco: in sequenza furono aboliti i dazi doganali, con i quali il governo borbonico proteggeva le industrie e l’artigianato nel Regno, erano state introdotte le tasse, giacché sotto i Borbone il popolo ne era in larga parte esente, unificato il debito pubblico “nazionale” e trasferite al Nord le riserve auree del Banco di Napoli e degli altri massimi istituti di credito, era, poi, aumentato il prezzo di sale e tabacchi ed era stata ristabilita l’onerosa tassa sul macinato, erano state vendute le rendite pubbliche ed epurati gli enti pubblici degli impiegati ritenuti filoborbonici. In più, in barba alle promesse di distribuzione della terra, erano stati messi all’asta i terreni utilizzati dai contadini quali “usi civici”, ed acquistati dagli antichi Baroni spossessati dai Borbone. Si aggiunga che il popolo mal tollerava la chiusura e la soppressione di larga parte dei Conventi assieme alla vendita all’asta dei beni requisiti alla Chiesa. A Novembre, inoltre, dopo il Plebiscito, 30.000 soldati garibaldini furono congedati e così divennero un pesante fardello per l’economia meridionale. Anche chi aveva in un primo momento accolto Garibaldi con entusiasmo, fu costretto, travolto dalle amare delusioni, a ricredersi; nelle industrie imperversarono i fallimenti, nelle campagne i raccolti furono magri, magrissimi, il carovita cresceva di giorno in giorno e la leva obbligatoria toglieva utili braccia alle umili famiglie contadine. Nelle sole provincie napoletane si calcola che su 70.000 chiamati alle armi, se ne presentarono solo 20.000; il resto finì tra i monti a guerreggiare.
Fu così che già nel Giugno del 1860, in tutto il Distretto, da Avella a Palma ed Acerra, si susseguirono assemblee e contestazioni contadine al grido di “Viv’o Rre”. Questa eccitazione, “reazionaria” si disse, costrinse in Agosto le autorità di Nola a sospendere la festa della SS. Assunzione di Maria Vergine(3) e non fu un errore perché il giorno dopo, a Camposano, fu soffocato un tentativo di reazione con grida inneggianti al Re, cosa che si ripeté anche il 26 Agosto durante i festeggiamenti in onore del Patrono San Gavino(4). Ad Acerra furono diversi gli arresti per sommossa e, in seguito al tentativo del sacerdote Domenico Goglia di far nascere una insurrezione reazionaria, furono arrestati Angelantonio di Buono, Vincenzo Soriano, Domenico Aiardo e Francesco Casiello(5). Così, in un continuo crescendo, ad un mese dal Plebiscito, a Lausdomini, San Paolo, Faibano, Cicciano, Sirico e Saviano si susseguirono contestazioni, rivolte e arresti. Proprio per sedare i tumulti il 5 Luglio 1860 era stata istituita la nuova Guardia Nazionale che, per un breve tempo, convisse problematicamente con la Guardia Urbana; il nuovo organismo avrebbe dovuto impedire il sovvertimento dell’ordine pubblico e la rapina della proprietà privata da parte di quanti non avevano visto realizzate le promesse di ripartizione delle terre fatte da Garibaldi, e che, anzi, si erano visti defraudati dei prodotti del loro lavoro e ridotti in miseria.
Nelle campagne nolane i contadini dimostrarono subito il loro dissenso con manifestazioni veementi, minacce e schiamazzi tali che la Guardia Nazionale, comandata dal maggiore Giuseppe Cocozza, marchese di Montanaro, intervenne fermamente per sedare i tumulti in corso, soprattutto quelli presso il Ponte di Ciccione. In alcune località i contadini fuggirono, in altre smisero di manifestare, a Boscofangone, invece, nel territorio detto “Masseria Ruopoli”, i manifestanti, che avevano issato la bianca bandiera borbonica, aggredirono le Guardie che, solo col soccorso dei rinforzi, poterono procedere all’arresto di trentuno contadini. Al termine dell’operazione risultarono affidati a procedimento penale(6):
Nicola Caccavale fu Felice 40 anni di Saviano, Antonio Napoletano di Vicenzo 30 anni di Sasso, Giacinto D’Arienzo fu Clemente 33 anni di Camposano, Giuseppe Guadagno di Raffaele 41 anni di Nola, Santolo Gaestano fu Michele 25 anni di Cimitile, Giuseppe Rosato fu Francesco 40 anni di Cimitile, Francesco Cavallaro fu Aniello 45 anni di Faibano, Giulio Cavallaro fu Gavino 21 anni di Faibano, Pietrantonio de Risi di Agostino 27 anni di Faibano, Martino Furino di Sebastiano 28 anni di Faibano, Sabato Furino di Sebastiano 17 anni di Faibano, Pietro Nappi di Biagio 18 anni di Comignano, Giuseppe Furino fu Francesco 36 anni di Faibano, Giuseppe Parente fu Pellegrino 31 anni di Faibano, Sebastiano Napoletano fu Michelangelo 40 anni di Camposano, Felice Napoletano fu Antonio 21 anni di Comignano, Vito Furino di Antonio 16 anni di Faibano, Gavino de Risi di Luca 19 anni di Faibano, Felice di Sarno di Giovanni 16 anni di Cimitile, Celemente Trinchese fu Pasquale 17 anni di Cimitile, Ferdinando Manganiello di Luigi 25 anni di Faibano, Giovanni di Sarno fu Nicola 57 anni di Cimitile, Giovanni Ferrara di Giuseppe 19 anni di Camposano, Sebastiano Sbizuoco di Sabatino 21 anni di Faibano, Nicola di Sarno di Giovanni 19 anni di Cimitile, Sebastiano de Risi di Luca 15 anni di Faibano, Domenico Manganiello di Luigi 21 anni di Faibano, Vincenzo Napoletano fu Vito 40 anni di Cimitile, Carmine Settembre fu Michele 18 anni di Nola, Raffaele Menna fu Antonio 24 anni di Cimitile, Carmine Menna fu Antonio 26 anni di Cimitile, Nicola Manganiello di Filippo 17 anni di Faibano, Aniello Mercogliano di Michele 20 anni di Cimitile, Pasquale Mercogliano di Lorenzo 21 anni di Cimitile, Antonio Avella di Nicola 19 anni di Cimitile, Carlo Quattrocchi di Pasquale 25 anni di Sperone, Domenico Borrelli di Antonio 22 anni di Sperone. La lunga lista di nominativi non tragga in inganno: siamo solo agli inizi, infatti numerosi altri arresti furono effettuati in tutto il Distretto, ovunque i contadini si levarono al grido di “Viva Re Francesco!”. A San Paolo il 15 Settembre 1861 furono tratti in arresto i contadini Carmine Mascia fu Biagio, Salvatore Vecchione fu Pasquale, Andrea Fuschillo fu Raffaele, Nicola Napolitano fu Andrea, Luigi Basilicata fu Gennaro e Giuseppe Nicotera fu Francesco per aver aggredito un carrettiere di Palma che andava fregiato della Croce Sabauda obbligandolo a dire “Viva Francesco II”. A Lausdomini, invece, furono condannati “per reazione”alla pena di sette mesi di prigionia Rocco Esposito di Angelo e Pasquale Spera fu Francesco di Marigliano, Francesco Villani fu Bartolomeo, Peitro di Palma di Francesco, Giuseppe Mautone fu Giacomo, Andrea Monda fu Francesco e Sebastiano Esposito fu Antonio(7). Così si punivano tutti coloro che, per un motivo o per un altro, ed a qualunque titolo, manifestavano il loro dissenso al processo di unificazione nazionale, anzi, meglio diremo, di annessione forzata perché di questo, per molta gente, si trattò. Sintomatico è che a Nola e a Cicciano i tentativi delle autorità di reclutare manodopera per rinforzare fortificazioni e opere di difesa nelle giornate della battaglia del Volturno, andarono tutti a vuoto per il netto rifiuto dei braccianti di collaborare. Questi ultimi furono, in gran parte, arrestati. A Faibano, frazione del comune di Camposano, la popolazione si sollevò, sostenuta anche dalle Guardie Nazionali e dal Sottocapo di Brigata Antonio Trocchia, ed impedì ad un drappello di operai presi a Cicciano, di proseguire verso Capua.
A Sirico, oggi frazione di Saviano, accadde, invece, che i contadini, armati dei loro attrezzi, insorsero al solo sentore di voci che volevano un loro imminente arresto con l’obbligo di partire per formare terrapieni in Santa Maria di Capua. La Guardia Nazionale ritrovò le stesse scene di rivolta, sedate a Sirico, a Saviano dove rispose con colpi di arma da fuoco ai contadini insorti. Ci è giunta memoria dell’eroico gesto del giovane Francesco Tafuro di Luigi che nello scontro furioso “se ne salì sulla chiesetta del Calvario, e da dietro i Pilastri di un piccolo campanile, faceva giuoco contro la guardia e diceva ai compagni: ‘Coraggio, coraggio, non vi avvilite’ “.Solo grazie all’arrivo dei rinforzi della Guardia Nazionale di Nola, di quella di San Erasmo e di quella di San Paolo, i rivoltosi si dispersero nelle campagne; dei circa trecento partecipanti al sommovimento di Saviano furono arrestati e spediti nel carcere circondariale(8): Gennaro Policastro fu Giambattista, Michele Napolitano fu Benedetto alias Tufano, Pietro Gragnaniello fu Nicola, Michele Pizza di Giosuè, Mario Nappi di Giosuè alias Sacchetta, Saverio Mercatante fu Francesco alias Malacarne, Onofrio Caccavale fu Raffaele, Antonio Capasso di Aniello, Angela Romano, Cristina Tafuro e Teresa Falco. Dopo pochi giorni, un pò alla volta, gli arrestati furono liberati tutti, mentre finirono alle sbarre Francesco Tufano alias Spennata, che da membro della Guardia Nazionale aveva appoggiato i rivoltosi, e Raffaele De Falco, condannati rispettivamente a 6 anni di reclusione e 13 anni di ferri, e Raffaele Iovino che, latitante per 3 anni, ricevette l’indulto il 14 Gennaio 1864.
Il primo Ottobre la vittoria del Volturno fu salutata in tutto il Distretto con partecipati festeggiamenti, i fautori dell'Unità si incontravano nelle piazze e nelle taverne per gioire, ma le piazze preparate a festa non poterono nascondere che il malcontento e le manifestazioni antiunitarie del popolo non si erano raffreddate: a Camposano fu arrestato il cimitilese Raffaele Palumbo ex soldato dell’esercito borbonico che si era pronunciato contro Garibaldi (9), a Cimitile fu arrestato Giovanni Russo che aveva partecipato ad una contestazione armato di scure, a Nola furono arrestati 40 garibaldini disertori della Brigata Fabrizi Battaglione Curzio assieme ad altri 14 disertori catturati a Cancello, mentre ad Acerra fu arrestato un gesuita in possesso di documenti reazionari(10). Fu così che, nelle giornate del Plebiscito, il dissenso verso il processo unitario si espresse nel diffuso astensionismo del 21 Ottobre per andare, poi, via via radicalizzandosi, fino a diventare vera e propria guerriglia e l’omicidio di Cumignano, proprio al termine dello spoglio elettorale, diede, forse, il sentore di quanto stava per accadere nel turbolento distretto di Nola.

Note
(1)L. Grieco, Piemontisi, Briganti e Maccaroni, Guida Editori, Napoli, 1975, pag. 144
(2)G. De Sivo,Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Lecce, 2004, pag. 794
(3)ASC – Alta Polizia – 2°, fasc. 3024
(4)ASC – Alta Polizia – 2°, fasc. 3180
(5)ASC – Alta Polizia – 2°, fasc. 3191
(6)ASC – Giudicato Regio di Nola – Proc. Pen –sent. 230 del 13-11-1860
(7)ASC – Giudicato Regio di Saviano – sent. pen. n.10 del 7-3-1861
(8)ASC – Alta Polizia – 2°, fascicolo 3293
(9)ASC – Alta Polizia – 2°, fasc. 3474
(10)ASC – Alta Polizia – 2°, fasc. 3398