Da sinistra: il feldmaresciallo Josef Radetzky e il generale Fiorenzo Bava Beccaris. |
Oggi, 6 maggio, ricorre l'anniversario (spesso dimenticato) delle cosiddette Quattro Giornate di Milano nell'ambito dei moti popolari che infiammarono l'intero regno d'Italia nel 1898. Esattamente cinquant'anni dopo le ben più note Cinque Giornate, queste collocate nella turbolenta stagione del '48 europeo.
Benché i nomi siano simili e che, curiosamente, tra i due fatti intercorra mezzo secolo esatto, i due eventi non hanno poi così tanti punti di contatto nelle premesse, nei fatti e nei seguiti.
Le Cinque Giornate furono un vero e proprio episodio di guerra, in linea con ciò che accadeva nel resto d'Europa, tra due visioni del mondo e dello stato. Si trattava di vera e propria insurrezione armata aizzata in prima linea dalla borghesia e dalla piccola-media nobiltà liberale, che però sulle barricate mandava spesso e volentieri la popolazione civile. Il Feldmaresciallo Radetzky dovette intervenire in un contesto di pura battaglia urbana, tant'è che dopo quei terribili 5 giorni di scontri i morti tra i soldati dell'esercito furono circa un migliaio.
Fiorenzo Bava Beccaris, il generale piemontese protagonista delle Quattro Giornate, invece, ebbe a che fare con una schiera di affamati e indigenti schiacciati da una classe dirigente proveniente in parte da alcune di quelle categorie borghesi e nobili di stampo liberale che strizzò l'occhio alle cinque giornate. Vi era poi, oltre alla fame, tutto il ventaglio di rivendicazioni di natura socialista, anarchica e protocomunista, pressoché assenti o per lo più marginali nel '48 lombardo.
Differenti furono anche le reazioni dei due eserciti intervenuti. Se Radetzky, conscio del ruolo strategico ed economico di Milano, agì per lo più con lo scopo di contenere la situazione non usando l'artiglieria sui civili e risparmiando la città (anche quando ebbe riuscì a rientrare), l'esercito italiano di Beccaris intervenne in modo più aggressivo. Durante i moti del 1898 i morti tra i soldati furono solamente due, uno fucilato dai suoi stessi camerati per essersi rifiutato di sparare e l'altro che si sparò da solo per errore. Tra i manifestanti presi a cannonate e assaliti da bersaglieri e carabinieri si contarono tra gli 88 e gli oltre 300 morti, senza contare i feriti e gli arresti.
Una vicenda molto differente anche negli epiloghi. Radetzky procedette con diverse amnistie del nei confronti di diversi civili e nei confronti di quella parte di esercito che disertò, non per niente il Feldmaresciallo boemo poté vivere tranquillamente senza scorta fino alla sua morte a Milano. Inoltre dopo il 1848 emerse l'idea di istituire una milizia contadina per spalleggiare l'azione dell'esercito governativo nel controllo della borghesia e della nobiltà filo-sabauda, gli alti comandi italiani nel 1898 mai avrebbero potuto concepire un progetto simile.
Purtroppo però quel retrogusto di italia umbertina rimasto nell'Italia repubblicana di oggi fa in modo che si mitizzi, al fine di costruire una identità nazionale, un triste evento come quello delle Cinque Giornate e si preferisca insabbiare qualcosa di terribile come le Quattro Giornate.
Spetta dunque a chi ha la possibilità di ricordarsi e di far ricordare queste pagine provare a far rivere e diffondere un'altra versione dei fatti, per evitare che tutto diventi una semplice data sul manuale di storia