Da alcuni giorni regnava in Napoli una sorda agitazione. La sera del di 12 maggio, erano arrivati dei Calabresi armati.
ll 14, un gran numero di pari e di deputati si riuniscono al Municipio (nel palazzo Monteoliveto), per ivi deliberare sulla forma del giuramento.
Colà, dichiarano che eletti sotto il ministero del 3 aprile, il cui programma autorizzava le camere di concerto col potere esecutivo a modificare (svolgere) la costituzione, non vogliono prestare un giuramento di osservanza puro e semplice, ma un giuramento che abbracci le riforme annunziate dal programma. . .
La nuova formula è sovversiva pel primo capo, poichè ella concentra in una sola mano tutti i poteri legislativi; ella è assurda, poichè un giuramento che si riferisce a delle modificazioni da farsi, è un giuramento sull'incognito, un giurare nel vuoto; poco importa: il ministero si fa l'organo delle pretenzioni della Camera, e ne trasmette al principe tutte le esigenze.
Il Re da prima resiste, ma si conosce il suo spirito di conciliazione. Gli amnistiati del 1845 e del 1817 che sono influenti al Municipio, ne han fatta più di una volta l'esperienza. È ancora possibile un accomodamento .... Bisogna dunque impedirlo ad ogni costo. Come fare?
S'improvvisa una commedia, — la commedia avanti il dramma; l' ordine vuol così ; — le comparse sono al loro posto , i battitori di mani in numero completo .
Ad un dato segnale, un officiale della guardia civica si precipita nella sala. Il suo nome è La Cecilia, ed è capo di divisione nel ministero dell'interno; gesticulando colla sciabola in mano, esclama:
— « Cittadini, le milizie marciano sul Palazzo del Comune; la rappresentanza nazionale è violata!
— « Tradimento! Tradimento! » — gridarono i deputati.
— « Alle barricate! » — risponde La Cecilia. Si corre alle armi: il tiro è fatto.
In un batter d'occhio si innalzano le barricate nelle vie di Toledo, Santa Brigida, Monteoliveto, del Gesù, ec. (È inutile dire che non era vero niente; era semplicemente un'astuzia democratica. Il solo movimento di milizie che si operò nei dintorni del Palazzo del Comune, prima dell'apertura delle ostilità, fu motivalo dalla ritirata di un battaglione svizzero posto sulla piazza del castello (Largo del Castello), e che, nella notte del 14 al 13, rientrò pacificamente ne' suoi quartieri.)
Si entra per forza nelle case, se ne cacciano gli abitanti a colpi di sciabola, ed alcuni Calabresi, travestiti da guardie nazionali, si affrettano ad occupare i balconi e le terrazze.
Dal loro canto i deputati si armano di pugnali e deliberano in tumulto.
Sulla metà della notte, sopraggiunge un giovine officiale della flotta francese. La sua missione non ha nulla che la caratterizzi d'officio; ma egli ha parlato al comandante del vascello ammiraglio, al figlio stesso dell'ammiraglio, e crede sapere da buona sorgente che, nel caso di una collisione, il Baudin farebbe sbarcare delle truppe per tutelare i diritti e la libertà del popolo napolitano.
Vera o falsa, questa notizia è salutata dalle più vive acclamazioni; non più patriottici ditirambi, non più frasi sonore sulle baionette straniere. La sommossa vuole scaricarle sul capo de' suoi avversari poilitici; ma cosa sono per essa queste meschine considerazioni? I Francesi sono alle porte di Napoli; ella gli chiama gli domanda; gl' invoca istantemente.
Frattanto che fa il ministero?
Il ministero prosegue l'opera sua; cospira. I suoi agenti si mescolano ne' gruppi, provocano la resistenza, perorano sulle barricate. In mezzo ad essi è il cittadino Levrault, vero provveditore di sommosse, ridicolosamente rivestito dai fratelli e dagli amici del titolo di ministro di Francia.
Bentosto un dispaccio telegrafico ordina alla guardia nazionale di Salerno, nota per la sua esaltazione, di marciare su Napoli, la dimane 15 maggio. Si fanno pervenire al Re i più menzogneri rapporti.
— « Le truppe reali fraternizzano colla sommossa . »
— « Tutta quanta Napoli è in potere degl' insorti . «
— « Le Calabrie marciano sulla capitale, »
— « Sire, l'ordine di fare ritirar le milizie, altrimenti la vostra corona è perduta ! »
Il Re, cui questi rumori non impongono niente all'atto, vuole però dare un' ultima prova delle sue intenzioni pacifiche.
Acconsente di fare rientrare gli Svizzeri e la guardia reale, ma alla condizione espressa che siano demolite le barricate.
Nuove negoziazioni.
Le milizie si ritirano; ma rimangono ritte le barricate.
Siamo al 15 maggio.
È questo il giorno fissato dai caporioni.
A Parigi, come a Napoli la parola d'ordine è già data; sono state già prese le ultime disposizioni.
Un momento ancora, e su due punti dell'Europa deve scoppiare la stessa tempesta.
Allo spuntar del giorno, il parlamento rientra in seduta. La notte ha dato consiglio. ll deputato Ricciardi domanda la soppressione immediata della Camera de' Pari, la consegna delle fortezze alla guardia nazionale, e l'allontanamento delle milizie, onde la metà dovrà partire per l'alta Italia.
Vivi applausi accolgono questa mozione che non tarda a traspirare al di fuori.
Le riunioni di popolo divengono minaccianti ; le barricate invece di scomparire si moltiplicano ad ogni passo.
La forza armata riprende allora le sue posizioni del giorno innanzi, e resta coli' arme in braccio davanti alla sommossa.
Ecco ora una contrafazione delle giornate del Febbraio, tanto famose nella rivoluzione della Francia.
Alle ore undici da una barricata di via Santa Brigida parte un colpo di fuoco e ferisce un soldato svizzero. Il provocatore è un certo Mollica, impiegato nel ministero dell'interno.
Nel medesimo istante, dalle finestre del palazzo Cirella, occupato dai redattori del Giornale ministeriale, si tira sulla guardia reale.
I capitani non sono più padroni dei loro uomini.
Le guardie reali e gli Svizzeri si lanciano a passo di carica contro di chi gli assale: quante sono le case, tanti sono gli assedi. L'attacco è intrepido; la resistenza si prolunga attesa la forte posizione degl'insurgenti.
Tutto ad un tratto nella direzione di Santa Lucia, si fanno intendere immense grida; masse compatte di popolo sboccano in via Toledo.
È ella una vittoria della sommossa? è egli un soccorso pei ribelli?
No, poichè al disopra della folla che si precipita quale onda, sventola la bandiera reale; é il popolo fedele che viene ad unirsi alle milizie e far giustizia dei malfattori che usurpano il suo nome.
Nel palazzo Monteolìveto, l'agitazione è al suo colmo, al fragor del cannone si va decretando la formazione di un comitato di pubblica salute. È composto di quattro membri, Bellelli, Lanza, Giardino e Petrucelli.
Le follie chiamano i delitti. Una volta sul declive delle rivoluzioni, è impossibile l' arrestarsi.
Si domanda la decadenza ; e la decadenza è pronunziata.
Il combattimento continua.
Da un lato, milizie, devozioni sublimi, gesta inaudite, lotte eroiche; dietro le barricate vociferazioni sinistre, fredde atrocità, mutilazioni oscene.
Tuttavolta gli Svizzeri e la guardia reale van sempre avanzandosi.
Le barricate son tolte ad una ad una: non più resistenza; la sommossa non ha coraggio che difesa dalle palle, e non si mostra audace che allorquando è in sicuro.
Tutto è finito, e la guardia reale marcia sul Palazzo del Comune.
Allora immensi terrori, scompigliamento ed un gridar generale : — Chi si può salvare si salvi ! — Alle Calabrie ! Alle Calabrie ! — E ciascun pensa alla sua sicurezza. Alcuni, nuovi Caligola, vanno a cercare un oscuro rifugio nei più reconditi recessi; altri rivestono in tutta fretta un'uniforme di guardia di pubblica sicurezza; altri, più spaventati, o più agili, scalano le mura della caserma del treno, attigua al Palazzo del Municipio. Alcuni fauno anche meglio, gridano: Viva il Re! .
Le medesime scene, la medesima conclusione, lo stesso eroismo davanti al pericolo. Soltanto per un giusto rigore, le prigioni della repubblica si richiusero sui vinti: a Napoli, per un eccesso di clemenza, le carceri rimasero vuote.
Nella giornata del 15, in mezzo al combattimento, Ferdinando aveva cambiato il suo ministero.
Nel ministero formato di nuovo vi si trovava in maggioranza il partito monarchico. Era composto de' principi Cariati, Ischitella, Torella, dei signori Gigli, Bozzelli e del generale Carascosa .
Dalle vigorose misure che furono adottate per la sicurezza del regno, è facile accorgersi che una mano ferma prese le redini dello Stato , e, in grazia di energiche disposizioni l'ordine si ristabilì insensibilmente nella città.
ll 16, previa un'ordinanza reale, la guardia nazionale è disciolta.
Il 27, comparisce una legge repressiva contro la stampa, i cui odiosi eccessi e gli attacchi affatto personali reclamavano un giusto gastigo. Si richiamarono le milizie napolitane allontanate a bella posta dall'ultimo ministero. Docile strumento del comitato centrale, Pepe vuol ritenere i suoi soldati.
— « Avanti ! avanti ! — grida il generale. — Viva l'Italia ! morte all' Austriaco ! »
— « Morte ai traditori ! >> — risponde l'esercito.
E l' esercito lo abbandona.
Gloriosa defezione!
In mezzo al caos universale, alle apostasie, agli spergiuri, l'onore, come ai tempi del Terrore , erasi rifugiato nei campi.