martedì 27 novembre 2012

Bauco e il colonnello alsaziano

Durante l'ultima fase dell'assedio di Gaeta diversi legittimisti francesi, spagnoli e belgi forzarono il blocco opposto dai piemontesi e offrirono i loro servigi al Re Francesco II di Borbone.
A capo di questi c'era Theodule de Christen nato il 1835 a Colmar in Alsazia che si fece promotore presso il re di un piano strategico volto ad alleggerire l'assedio di Gaeta e nel contempo organizzare una guerriglia organizzata contro l'esercito invasore. Pertanto, con il consenso del re che approvò la strategia, partì alla volta degli Abruzzi per attuare il suo piano.

Intanto gli abitanti del Regno che in molti casi disconoscevano già l'autorità dei Savoia e quindi attribuivano il grado di usurpatori gli uomini del Re di Sardegna, per tale motivo si organizzavano in bande armate e si univano ai soldati di Re Francesco per resistere a un esercito che giustamente consideravano straniero a tutti gli effetti anche perché parlavano prevalentemente il francese che era sconosciuto alla stragrande maggioranza della popolazione.
A “calmare” i bollori della resistenza fu inviato Il generale piemontese Maurizio de Sonnaz che non si limitava alla semplice repressione delle bande ma interveniva spesso anche contro le popolazioni inermi.
Durante la marcia di spostamento da Gaeta in Abruzzo per reprimere gli ultimi focolai di resistenza, il De Sonnaz nelle vicinanze di Sora incappò nelle truppe filoborboniche comandate dal Colonnello alsaziano Théodule Emile de Christen allora appena ventiseienne e dal "Brigante" sorano, il guardaboschi Luigi Alonzi detto "Chiavone".
Quest'ultimi per evitare lo scontro con i Piemontesi si ritirano verso l'abbazia di Casamari, a ridosso del Confine con lo Stato Pontificio. I Piemontesi, incuranti delle complicazioni diplomatiche sconfinarono e si lanciarono all'inseguimento dei Borbonici e arrivati a Casamari seminarono il terrore.
Entrarono nell'abazia sfasciando infissi, devastando tutti i locali e profanando la chiesa, non sazi legarono inoltre un frate alla spezieria della farmacia e gli diedero fuoco.
Ripartiti i piemontesi, i napoletani e i briganti aiutarono prima a domare gli incendi e poi s'incamminarono verso il villaggio di Bauco sempre nel territorio pontificio, il luogo era idoneo per un'azione difensiva in quanto aveva un'unico accesso dal lato nord ed era circondato da mura medioevali.
Gli uomini vennero calorosamente accolti dalla popolazione e ospitati in due palazzi del borgo non senza timori di un nuovo attacco sabaudo.
Come infatti, De Sonnaz lasciò nuovamente Sora e De Crhristen, informato del pericolo, si apprestò alla difesa occupando tutti i punti perimetrali del paese organizzando le truppe sulle mura con armi a sufficienza e, onde evitare di trovarsi a corto di munizioni, ammucchiò una consistente quantità di pietre inoltre nella notte del 24 gennaio sopraggiunge il Chiavone con il suo gruppo. Il colonnello assicurò i maggiorenti che avrebbe lasciato il paese in capo a due o tre giorni.
Ma all'alba il generale De Sonnaz schiera 3,500 uomini con le artiglierie intorno alle pendici del colle, e dagli spalti i difensori odono che il nemico non ha intenzione di risparmiare la vita ad alcuno degli assediati che siano soldati o meno, una sorta di paura attanaglia alla gola i 400 uomini.
Ed è proprio l'ufficiale che voleva far strage che guida il primo attacco piemontese, un intero battaglione si lancia alla carica ma un vigoroso fuoco di sbarramento degli assediati rende vano il tentativo, molti soldati cadono sul campo tra cui lo stesso sbruffone che li comandava.
Subito dopo in De Sonnaz ordina alla batteria di far fuoco sul Bauco da una distanza di circa 700 metri, i napolitani ad ogni colpo gridano “Viva Francesco II” causando non poco nervosismo tra gli attoniti nemici e De Christen è su un muraglione che tranquillamente fuma il sigaro offertogli da Coataudon a sberleffo dei piemontesi che riescono solo a sbatterlo a terra da uno spostamento d'aria di un colpo cadutogli vicino, quell'uomo per gli assedianti era il colmo della provocazione.
Il bombardamento va avanti per sei ore in modo serrato e subito dopo mezzogiorno i piemontesi tentano nuovamente un assalto, con tre colonne a passo di corsa si muovono alla volta del villaggio da altrettanti lati urlando “Savoia”, il punto principale dell'attacco però è presso il giardino Filonardi dove il Caracciolo comanda un centinaio di uomini.
Il silenzio si è fatto sugli spalti dove i napoletani accucciati attendono il comando e quando il nemico è prossimo alle mura una sventagliata di fucilate accoglie gli attaccanti, nessun piemontese riesce a raggiungere le mura di Bauco, l'intenso fuoco napoletano li falcia a qualche metro dallo sbarramento.
Le truppe regolari dei Savoia sono costrette a ritirarsi in malo modo lasciando sul campo un tappeto di cadaveri e feriti gementi, si raggruppano e ripartono all'assalto puntando sempre sulla posizione del Caracciolo che era meno fortificata e questa volta il contatto tra i contendenti non si può evitare, si combatte un corpo a corpo serrato con baionette e con qualsiasi cosa sia utile come arma e ancora una volta i piemontesi cedono lasciando un muro di propri cadaveri come ulteriore risorsa alla difesa del paese.
Un nuovo tentativo di assalto piemontese, questa volta però teso a scalare le mura, è respinto con l'uso delle pietre che il Colonnello Emile De Christen aveva preventivamente stipate, 300 soldati si arrendono perchè intrappolati tra le mura e vengono inviati alla parte alta del paese più protetta dai combattimenti.
In questo momento di calma, un drappello sabaudo chiede di parlamentare con il colonnello che accetta di incontrare il generale nemico. Al colloquio De Sonnaz arrogantemente vorrebbe imporre le condizioni di resa ma l'alsaziano gli rinfaccia che chi sta perdendo è il savoiardo non lui.
Comunque si giunge ad un accordo che prevede 3 punti, il primo che De Sonnaz avrebbe abbandonato il territorio pontificio senza possibilità di un successivo sconfinamento, il secondo che De Christen avrebbe potuto indossare le armi in qualsiasi parte del regno escluso che negli Abruzzi e in Calabria finchè Francesco era a Gaeta e il terzo era la libera possibilità ai soldati napoletani di scegliere la propria strada.
La battaglia di Bauco termina con un pesante bilancio piemontese, circa 500 tra morti e feriti, 300 i prigionieri.
I 400 napolitani escono dalle mura del villaggio in pieno assetto e con la bandiera in testa per ritornare nei territori del Regno, le sciabole degli ufficiali sabaudi caduti vengono consegnate nelle mani del generale De Sonnaz che le accetta e con esse ingoia l'amaro calice della sconfitta.
Theodule Emile De Christen viene arrestato nel settembre 1861 a Napoli dove stava appoggiando la resistenza borbonica, scontò due anni di carcere duro e lavoro forzato nei carceri di S.Maria Apparente a Nisida e al forte di S.Elmo per poi essere trasferito nel carcere piemontese di Gavi ma nel dicembre 1863 era a Roma per riprendere la lotta, il governo piemontese riuscì a farlo espellere.
Si spense nel 1870 a soli 35 anni senza mai arrendersi.
 
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