R.P. Giovanni Perrone D.C.D.G.
Da: L'idea cristiana della Chiesa avverata nel Cattolicismo, Genova 1862, pag. 195-218.
CAPO IX.
Volle G. C. che la sua Chiesa fosse infallibile come maestro.
L'infallibilità è un attributo divino; Dio solo per natura il possiede, perchè egli stesso è verità. Può non di meno anche dalla creatura possedersi per partecipazione, per privilegio che Dio può concedere a cui piace. Ora che Dio abbia un così fatto dono comunicato alla sua Chiesa non solo si ha per fede, ma eziandio per ragioni le quali persuadono, che così debba essere; e chiunque ingenuamente proceda se ne convincerà senza difficoltà veruna.Prima però di recar le prove di questo vero convien che in pochi tratti diamo una nozione di questa infallibilità medesima, ed esponiamo il suo obbietto, e gli uffizii pe' quali questa prerogativa o dote viene alla Chiesa conceduta. L'infallibilità pertanto è quel privilegio in virtù del quale chi lo possiede è esente da ogni falsità in materia dottrinale attalchè nè possa esser soggetto ad errore nè insegnare l'errore. L'oggetto poi della medesima è ogni verità rivelata e quanto è con questa verità intimamente connesso, o richiesto perchè nè possa errare passivamente, nè possa errare attivamente nel proporre a credere quanto ad essa ne[ce]ssariamente si riferisce o da quella dipende. Gli uffizii finalmente di chi è dotato di un tal privilegio sono l'insegnare questa verità medesima rivelata e quanto ad essa si attiene; custodire e tutelare il deposito della divina rivelazione; darne il vero senso o genuina interpretazione; decidere le controversie che insorgono o possono insorgere intorno al vero senso della medesima. Esigerebbero queste nozioni un lungo esplicamento, quale però ometto perchè non è di questo luogo, nè del nostro scopo. Perciò lasciandolo alla sagacità del leggitore, noi c'innoltreremo nel proposto argomento.
Essere stata la Chiesa da Dio dotata del dono d'infallibilità in tutta la estensione in cui si è esposto abbiam detto aversi per fede. Ciò si prova non già per espressa definizione che n'abbia data la Chiesa [1], poichè ciò sarebbe aggirarsi in un circolo provando l'infallibilità per la infallibilità. Non avrebbe veruna forza una così fatta definizione qualor non si supponesse prima infallibile chi la desse. Lo stesso dicasi, se la Chiesa desse una tale definizione appoggiata ai divini oracoli che si hanno nella Scrittura, perchè ove non si supponesse infallibile circa la interpretazione di questi oracoli biblici, la interpretazione potrebbe esser falsa. Dunque si dimostra sapersi per fede che la infallibità compete alla Chiesa per la testimonianza che ne dà la Chiesa stessa, pel fatto della sua esistenza, e per l'uso medesimo che ne fece senza interruzione veruna.
Per ben ciò intendere convien che pigliamo le mosse da più alto principio. Or tal è la missione che G. C. diede a questa Chiesa sua di predicare ovunque ed insegnare a tutte le genti le verità che egli era venuto a recare dal cielo ed avea a lei comunicate a questo fine. Da questo punto ella si presentò agli uomini tutti come dotata d'infallibilità per quei motivi medesimi di credibilità coi quali ella provava la divina sua missione. Per la stessa ragione per la quale si doveva credere alla infallibilità di G. C. insegnante sulla terra dopo di aver [confermata] con ogni fatta argomenti, e precipuamente con i tanti suoi miracoli la sua missione divina, si doveva prestar fede come ad autorità infallibile a quanto s'insegnava dalla Chiesa in nome di G. C. Ella provava con i miracoli all'uopo operati essere stata mandata da Dio ad insegnare quanto proponeva a credere, e con ciò stesso provava sè essere infallibile nel proporre a credere quelle verità; altrimenti chi l'ascoltava non avrebbe potuto fare un atto di fede divina. Imperocchè se solo avessero potuto sospettare che o non fosse tutta verità quanto lor si diceva, o che questi messi da Dio loro inviati avessero potuto in alcuna cosa ingannarsi, o non aver essi colto ne1 vero segno circa l'interpretazione del divino insegnamento, è manifesto che non avrebbero potuto nè dovuto fare un atto fermo di fede intorno al proposto insegnamento. Era adunque indispensabile e al tutto necessario pei primi credenti il tener per fede la infallibilità della Chiesa nella sua predicazione, altrimenti non avrebbero potuto fare un atto di fede su verun articolo di quanto lor s'insegnava.
Dissi: tener per fede la infallibilità della Chiesa, perchè se non avessero tenuto per fede questa infallibilità non avrebbero potuto tener per fede ogni altro articolo loro proposto a credere, non potendo l'effetto esser maggiore della sua cagione. Un'autorità fallibile mai non potrebbe far accettare per infallibile e per fede quello circa cui ella medesima potrebbe ingannarsi, e trarre in inganno quelli ai quali essa lo propone. Ognun per sè conosce quanto alogico sarebbe l'affermare il contrario.
Creduta una volta per fede divina l'infallibilità della Chiesa, non si potè non credere che tale ella sia per ogni tempo. Non solo perchè non vi ha ragione di pensare perchè Dio ritraesse da lei questo privilegio, ma perchè è inerente alla sua missione. Or questa missione è perpetua, dunque perpetuo dovette e deve essere questo privilegio indispensabile alla medesima. Come la Chiesa ha cominciato ad ammaestrare le genti ne' suoi primordii, così dovette seguitare nei suoi progressi, e deve proseguire di età in età finchè vi saranno nazioni ad ammaestrare. Anzi crebbe il bisogno dacchè nel proprio seno sono insorti di quelli che si avvisarono di trarre in senso diverso dal vero le verità rivelate, tentarono di alterare, ed anzi difformare la vera credenza, di sostituire il senso proprio a quello che è inteso da Dio, e però qualor fosse mancata l'infallibilità alla Chiesa sariasi perduta la fede, nè vi sarebbe più stato modo di arrestare quegli audaci novatori che avrebbero fatto scempio della divina rivelazione.
Ed eccoci alla seconda pruova del nostro assunto, cioè all'uso non mai interrotto che di tale infallibilità ha fatto la Chiesa. È noto dalla storia ed anzi dalla Bibbia stessa, che vivendo tuttora gli apostoli già erano insorti uomini perversi i quali negavano or l'una or l'altra verità, la divinità del Verbo, la vera umanità di G. C., la risurrezione della carne, la necessità delle opere buone alla salute, la libertà del sensualismo; altri torcevano in mal senso alcuni detti o scritti degli apostoli stessi coll'abusarsi della sacra Scrittura a loro propria perdizione. Che fecero allora gli apostoli, che fece la Chiesa di poi? Fermi e quelli e questa nella propria infallibilità condannarono quegl'innovatori, e definirono anche con apposite formole le verità da quelli o negate, o messe in dubbio o alterate con quel visum est Spiritui Sancto et nobis. Gli eretici che ricusarono di sottomettersi a tali decisioni furono cacciati dall'ovile di Cristo, e tutti i fedeli fecero atto di fede in quelle verità che vennero a mano a mano dalla Chiesa definite e proposte a credersi dai tempi apostolici fino a noi.
Or qui ripiglio il mio argomento, e dico che la Chiesa non avrebbe potuto proporre a credere di fede infallibile e divina le verità da lei definite, nè i fedeli avrebbero potuto accettarle con quest'atto di fede qualora non fosse stata creduta per fede l'infallibilità della Chiesa, perchè altrimenti da un'autorità fallibile si avrebbe avuta una verità infallibile, ciò che ripugna, perchè l'effetto sarebbe stato e sarebbe tuttora maggiore della sua cagione.
Dunque non già per definizione datane dalla Chiesa; non già per l'interpretazione datane dalla medesima degli oracoli divini ne' quali manifestamente parlasi di questo eccelso privilegio alla Chiesa promesso e conceduto, è di fede essere ella infallibile [2], ma sibbene si è sempre creduta come di fede questa infallibilità in virtù della missione divina alla quale è inerente e pel non mai interrotto uso, che essa ne fece nella lunga serie de' secoli. Si è sempre tenuta la infallibilità della Chiesa, come un principio che si suppone e non si prova, come avviene nei principii delle scienze, che non si provano, e servono a provare tutto il resto che ne dipende. Con ciò si rendono ridicoli quelli che ci obbiettano il circolo vizioso col provar che noi facciamo, com'essi dicono, la infallibilità della Chiesa per le Scritture, e le Scritture per la Chiesa.
Da questa pruova della infallibilità della Chiesa sempre tenuta e professata qual articolo di fede fin dai primordii del Cristianesimo perchè inerente alla missione stessa che ella ebbe da G. C. d'insegnare la sua celeste dottrina a tutti gli uomini e in ogni età se ne deduce per legittima conseguenza, che niun altro ceto diviso dalla Chiesa cattolica non potè mai, ne mai potrà vantare infallibilità come quelli che sono scorporati da quell'unica Chiesa, che ebbe l'immediata missione da Cristo alla quale è la infallibilità perpetuamente annessa. E di fatto niuna di queste comunioni l'ha mai pretesa, nè la pretende. Ed è questo stesso un argomento irrepugnabile che niuna di esse è la vera Chiesa di G. C. e quindi che tutte son fuori della vera via della salute. Prive esse di questa preziosa dote vanno necessariamente ondeggianti intorno alla vera dottrina senza aver modo di accertarsi della verità; si aggirano nel dedalo del labirinto di errore in errore senza trovar via di uscirne, in una perpetua mobilità d'insegnamento, e col dividersi in tante frazioni, che omai riesce impossibile di tutte annoverarle. E pur tutte prendono a base la Bibbia, la quale intesa nel senso di ciascuno anzichè servir loro di guida serve di pretesto di sempre ulteriori aberrazioni; non che stringerli ed unirli fra sè non fa che cagionare nuove e nuove divisioni, come il fatto del protestantesimo da tre secoli in poi ne somministra una pruova palpabile ed evidente. Ora la dissoluzione è la foriera della morte, se pur non è la stessa morte in persona.
Venendo alle ragioni, che ci persuadono essere stata da Cristo dotata la Chiesa d'infallibilità, la prima ce la somministra l'idea fondamentale della istituzione medesima di essa Chiesa. Abbiam nei capi precedenti dimostrato altro non esser la Chiesa che una continuazione della divina incarnazione ed una esterna manifestazione della medesima per cui Cristo Dio-Uomo s'incarna misticamente in ciascun fedele mediante la fede e la grazia, continua per essi a vivere sopra la terra, ed a far loro da maestro col dar loro lezioni di verità e di vita eterna non solo interiormente coi suoi lumi e colle sue inspirazioni, ma autorevolmente mediante il magistero della sua Chiesa, ossia dell'ordine gerarchico che lasciò in luogo suo ad ammaestrare il mondo. Egli per esso seguita ad instruire gli uomini perchè possano con sicurezza conoscere le verità già da lui insegnate pel conseguimento della salute, scopo precipuo di sua missione. Egli a questo fine comandò sotto le più terribili comminazioni di prestar fede a questi suoi messi: Predicate ad ogni creatura.... Chi non crederà sarà condannato. Queste parole, come ognun vede, non si racchiudono nel solo periodo della prima predicazione evangelica, ossia del primo annunzio della buona novella, ma si estendono a tutto il corso dell'insegnamento evangelico per tutti i secoli. Imperocchè se così non fosse ne seguirebbe questo assurdo, che quei che non sono tuttora ammessi nell'ovile di Cristo sotto pena di eterna rovina sian tenuti ad ascoltare con docilità quanto vien loro insegnato, sebbene chi glielo insegna possa indurli in errore, e ricevuti nel grembo della Chiesa acquisterebbero di più il diritto di credere a proprio capriccio con ribellarsi ai proprii maestri, e coll'assumere anzi il cómpito di instruire secondo che a lor ne paresse, i proprii apostoli e istitutori.
Che se perpetuo, e non mai interrotto è l'obbligo de' fedeli di ricevere l'ammaestramento nelle cose di fede dagl'inviati del cielo, come da quelli nei quali e pei quali lo stesso Dio redentore seguita ad insegnare, ne discende per necessaria illazione dover questi esser muniti di un magistero infallibile, altrimenti sarebbono i fedeli obbligati a credere ad ogni errore che nella ipotesi degli avversarii potessero questi ingannati e traviati maestri insegnar loro. Cristo stesso che per loro mezzo li ammaestra gl'indurrebbe nella falsità e in errore invincibile, perchè tenuti a credere a quanto da essi loro s'insegna. Or come questa è una ipotesi empia ed assurda, è necessario conchiuderne, che adunque questo corpo insegnante sia al tutto fatto immune da ogni pericolo di errare.
Di più, Cristo coll'affidare l'insegnamento perpetuo alla sua Chiesa, l'ha con ciò costituita depositaria fedele di sua rivelazione e del vero senso della medesima. Ma quest'uffizio reclama con sè il dono della infallibilità. E di vero volontà fu di Cristo che questa sua rivelazione intatta ed intiera si conservasse in ogni tempo a benefizio della umana famiglia. Tale però non avria potuto conservarsi qualora la Chiesa depositaria fosse soggetta ad errore, perchè come questa divina rivelazione contiensi tutta nella Scrittura e nella tradizione, avrebbe potuto e tuttor potrebbe pigliare abbaglio sia intorno ai libri sacri e al genuino loro senso, sia intorno alle verità per la tradizione trasmesse; e di fatto di tali enormissimi abbagli vien accusata la Chiesa dagli avversarii suoi. Inoltre poichè la verità rivelata dipende dal senso da Dio inteso nel dare questa rivelazione medesima, una interpretazione erronea o falsa conduce di sua natura ad errori gravissimi in cosa cotanto dilicata; ebbene qualora la Chiesa non fosse infallibile in conservare il senso da Dio inteso, ecco che essa non solo, ma quanti la seguissero (e per comando di Cristo tutti i fedeli debbono seguirla) sarebbero indotti a tale aberramento, ciò che è alieno dalla divina volontà e veracità. Adunque anche per questo rispetto è indispensabile e necessario nel presente ordine di providenza, che la Chiesa sia dotata d'infallibilità. Chè in diverso caso vi si troverebbe nella Chiesa la mostruosità del protestantesimo il quale fece scempio e de' sacri libri, e del retto e sincero senso della Scrittura non meno che della tradizione quale pienamente impugna.
Si aggiunga la costituzione medesima della Chiesa la quale con sapienza veramente divina è stata da Cristo così ordinata, che in esso vi dominasse una così compatta unità, che ciascun membro di essa sia coll'altro connesso, e tutti assieme col rispettivo pastore immediato, e di tutti i pastori col capo supremo, tanto che formassero una sola comunità, una gran famiglia, un sol corpo per professarvi la medesima fede. Niun di questa immensa moltitudine può discordare dal comune concento, nè in un solo articolo dissentire da quanto universalmente si crede; uno e identico è il simbolo dommatico per tutti. Ma come potriasi avere, conservare e mantenere un così fatto accordo, qualora fosse dato a ciascuno il poter dommatizzare a sua posta, senza che altri potesse contradirlo, perchè tutti fruiscono dello stesso diritto, ed ognuno è soggetto ad errore? In un attimo senza la soggezione ad un'autorità infallibile si sfascierebbe quest'ammirabile compage; una divergenza piena e totale subentrerebbe alla unità; molto meno potrebbe durare a lungo. Se pertanto nella Chiesa cattolica da tutti sempre all'unisono per oltre a diciotto secoli si è costantemente professata la fede medesima, convien dire di forza aver sempre in essa prevaluta la persuasione di questo dono a lei fatto da Dio d'infallibilità nel suo insegnamento. Persuasione altamente radicata nel cuor de' fedeli per la quale si affidarono con fiducia piena e senza riserva a quanto loro in cose di fede venisse dalla Chiesa insegnato. Persuasione inoltre del pari altamente radicata nel ceto de' pastori per la quale esso con ogni sicurezza ha mai sempre proposte, e propone a credersi in nome di Dio quelle verità che furono da lui apprese dalla bocca stessa della incarnata sapienza. In tal guisa l'unità di sua costituzione conservossi nella Chiesa da principio in fino a noi; senza la infallibilità di magistero l'unità di fede non è tampoco possibile a concepirsi; con essa tutto si spiega, senza di essa diventa la medesima un problema insolubile; sarebbe un ammettere un effetto difficilissimo anzi impossibile di sua natura ad aversi senza cagione, ciò che ripugna. Si voglia adunque o no, egli è di assoluta necessità l'ammettere l'infallibilità d'insegnamento per avere e conservare l'unità di fede, e per conseguente l'unità di costituzione della Chiesa.
Pur non di meno fin qui si è discorso nella supposizione che non v'insorga controversia o contesa o di fede, o d'interpretazione, ma solo per aver unità di fede e di comunione nel professarla e conservarla. Or che sarebbe, se ad ogni piè sospinto insorgessero litigi, contese e controversie intorno a cose di fede, o intorno alla interpretazione de' testi biblici? tanto più se queste dissensioni nascessero non già solo tra individui, ma tra intieri ceti? Egli è evidente, che senza un tribunale infallibile non mai si potrebbe venire ad un termine, ad una soluzione da non ammetter replica. Or se vi han materie che si prestino a tali litigi, senza alcun dubbio son quelle di religione a cagione della loro oscurità, della loro importanza, e dell'indole della umana mente. Tutta quanto è lunga la storia ecclesiastica ci rende testimonianza come in ogni età, così in ogni luogo, per parte di ogni fatta uomini si sono eccitate controversie gravissime su presso che ogni punto di dottrina. In occasione di tali dispute troviamo spesso, come eserciti divisi su d'un campo vastissimo di battaglia combattenti tra di sè per l'una o per l'altra sentenza. Vi si trova in esse impegnata non dirò solo la verità, ma il più delle volte impegnate si trovano le passioni stesse più veementi, e l'amor proprio vi è interessato dei movitori di novità. Qui pertanto non vi è modo di uscirne, qualor non si ammetta un'autorità infallibile che v'intervenga, che frappongasi tra le parti dissenzienti, e proferisca sentenza finale, inappellabile, sicura. Senza di questo noi ci troveremmo tuttora in lite pendente su d'ogni articolo dottrinale controverso o negato dal principio del Cristianesimo fin qui, e vi starebbero i posteri nostri fino al terminar del mondo.
Or qual fatta religione saria mai quella in cui tutto sarebbe problematico senza alcun modo di torci da dubbii gravissimi che concernono la credenza, e dai quali dipendono i nostri destini? Sarebbe mai questa una istituzione degna di Dio? Ah no per fermo. La rivelazione sarebbe come il libro della natura gettato alla disputazione degli uomini. Si risolverebbe la Chiesa in una scuola filosofica nella quale ognuno adotterebbe il suo placito, in cui gli scolari si volgerebbero contro l'insegnamento dei maestri, i quali pure a sua volta disputerebbero fra di sè; sarebbe la Chiesa un campo libero di opinioni e di opinanti senza speranza alcuna di poter giammai convenire in un sol punto di dottrina. La rivelazione anzi che esserci di giovamento ci sarebbe riuscita di nocumento incalcolabile, perchè principio di divisioni e suddivisioni, di odii scambievoli, di guerre di sterminio e nulla più. Allora, che vantaggio avrebbe avuto il cristianesimo sul paganesimo? Come si sarebbe distinta l'opera di Dio dall'opera dell'uomo? Ebbene se noi dessimo ascolto alla teorica del protestantesimo dovremmo dire tale essere stata istituita la religione di G. C. ossia la Chiesa senza il privilegio della infallibilità. Cosa assurda ed empia a pensarsi, ripugnante alla sapienza e alla bontà di questo Dio salvatore.
Appena si crederebbe esser potuto cadere in mente d'uomo un così fatto sistema, se non avessimo sotto degli occhi nostri questo miserabile spettacolo, che ci porge di sè il protestantesimo. Tre secoli di sperienza han loro fatto toccar con mano la realtà di quanto abbiamo affermato. Non mai coerente con seco stesso, fluttuante mai sempre in un'interminabile successione di ognor nuove dottrine, diviso all'infinito per questo principio medesimo, smarrita ogni fede, incorso in ogni stravaganza di opinamenti, palpa nelle tenebre, e par si ostini più che mai in chiamar beata la libertà di esame, beata la indipendenza della ragione dall'autorità della Chiesa, beata la facoltà di poter sostituire la propria opinione all'insegnamento della medesima. Anzi nè pur di ciò contento ardisce d'insultare alla unità della Chiesa in materia di fede, al suo compatto insegnamento come d'immobile e contrario al progresso della umana ragione. Che altro è ciò mai se non una sostituzione della ragione alla fede, della filosofia alla religione? [3]
E posciachè abbiam toccato lo specioso pretesto col quale il protestantesimo suole illudere sè stesso e trar nella rete i meno avveduti, cioè che per la dottrina della infallibilità si arresta il progresso della ragione, ci è necessario lo sventare cotesta accusa, ed anzi volgerla contro gli accusatori. E innanzi tutto noi poniamo questa prima questione: in materia di fede, rispetto al suo obbietto come rivelato da Dio può darsi un tal progresso? È impossibile, convien riceverlo come Dio lo dà; è immutabile come è immutabile la verità, come è immutabile Dio che lo rivela. Noi possiamo bensì crescere nella cognizione ed acquistar notizia più perfetta di questo obbietto, ma l'obbietto è di per sè stesso immutabile e incapace di progresso. Voler pretendere un progresso in questa parte sarebbe un volere noi aggiungere qualche cosa a quanto ci venne da Dio manifestato: una tale aggiunta più non sarebbe la verità da Dio rivelata, ma un ritrovato di nostra ragione, e però non più obbietto divino. Dunque sotto questo rispetto non è a pensare a progresso.
Poniamo ora questa quistione, può conciliarsi il progresso della ragione colla infallibi[li]tà della chiesa? Noi la risolveremo col fatto. Certo è che nella Chiesa cattolica si è sempre creduta, e creduta di fede la infallibilità di essa Chiesa, pur non di meno non vi è scuola al mondo che offra tanti uomini di prim'ordine quanti se ne contano nel cattolicismo, e per lasciare gli antichi come gli Origeni, i Clementi, i Basilii, i Gregorii, gli Agostini, e altri tali, nella età di mezzo gli Alberti Magni, i Tommasi di Acquino, i Ruggeri Baconi, oltre ad altri profondissimi scolastici, nelle età seguenti i Suarez, i Bellarmini, i Petavii, i Bossuet, i Fenelon, i Gerdil con l'immenso stuolo che loro tien dietro, certamente son tali al cui confronto scompaiono con tutto il loro orgoglio quanti ne annovera quai luminari il protestantesimo in materie religiose. Pruova evidente ben conciliarsi il progresso della ragione col domma della infallibilità della Chiesa.
Poniamo infine questa terza quistione: Non sono forse i razionalisti medesimi quei che proclamano la fede nemica del progresso della ragione? Certo che sì; essi allargano la cerchia di quest'accusa e la estendono a tutto il sovrannaturale. Secondo il Lerminière, il Sue, il Quinet, il Laurent, il Michelet, il Jules Simon, con tutto lo sciame degl'increduli i quali si sdegnano, s'irritano contro la religione positiva e rivelata perchè inceppa il progresso della ragione, racchiude nel cerchio di Popilio la ragione senza poterne uscire, fa oltraggio alla medesima coll'imporgli le sue verità, i suoi dommi, attalchè ella diventi inerte e stazionaria [4]. Egli è bensì vero, che di preferenza essi s'inaspriscono in peculiar modo contro la religione cattolica perchè in sommo grado oscurante, od oscurantista, com'essi parlano, e perchè ben conoscono in lei sola trovarsi il vero cristianesimo cui essi aborrono; con tuttociò la loro accusa versa contro la fede in generale e contro tutto l'ordine soprannaturale e rivelato. Quindi non meno ai cattolici quanto ai protestanti detti ortodossi incombe l'obbligo di rispondere a tali imputazioni date alla cristiana religione. Ma qual risposta daranno mai ai razionalisti quei che somministrano loro le armi per combattere il cristianesimo? Imperocchè se ben si osservi, non vi ha difficoltà mossa dai protestanti contro la infallibilità della Chiesa, che i razionalisti non volgano contro la rivelazione medesima. Nè forse mal non mi appongo in dire, che questa è la cagione per cui tanti de' protestanti ogni dì ingrossano colla loro deserzione dal cristianesimo le file de' miscredenti razionalisti. E questi son quei che con tanto furore, e con tanti mezzi iniqui s'impegnano a dilatare il protestantesimo, cioè ad accrescere con ogni conato il numero degli apostati ossia degli increduli, amandoli piuttosto tali, che cristiani e cattolici.
Data così la soluzione a queste tre questioni, noi ripigliamo il nostro cammino, e diciamo essere una medesima cosa il negare la infallibilità alla Chiesa quanto non solo il difformare la più bell'opera della incarnata sapienza, ma ezianzio il distruggere dalle ime radici la certezza obbiettiva della fede, e far della ragione fallibile dell'uomo l'arbitro ed il giudice delle verità rivelate, ed un introdurre lo scetticismo nel cristianesimo. Or poichè ad alcuni potrebbe parere troppo esagerata una cotale affermazione, giudichiamo pregio dell'opera il provarla a parte a parte.
E per primo, che il negare la infallibilità alla Chiesa sia un difformare la più bell'opera da Cristo istituita, si ha da ciò, che tolta questa infallibilità, si toglie d'un tratto la unità di credenza, come tolto il cemento alle pietre, queste si disperdono per ogni direzione e si sfascia l'edifizio, si scioglie il mazzo, rotto il legame che tien le verghe unite e compatte. Infatti se la Chiesa fosse soggetta ad errore in cose di fede, ognuno è in diritto di credere quello che gli par vero, che tanto è l'errare individualmente, quanto l'errare condottovi da una guida fallace. Ed ecco come la Chiesa perderebbe l'unità di credenza e sarebbe ridotta a tale una confusione, che mai la simile; non potrebbe indurre i fedeli a credere quanto essa crede, poichè in questo caso la Chiesa stessa non avrebbe una credenza fissa e comune, e poi soggetta com'ella sarebbe ad errare non potrebbe costringere i fedeli a credere quant'ella insegna, essendo ella stessa soggetta ad errare e ad insegnare l'errore. Or non sarebbe questo una piena difformazione di questa Chiesa con tanta sapienza da G. C. instituita? [5]
Che poi nella ipotesi in cui siamo, venisse a distruggersi fin dalla radice ogni certezza obbiettiva della fede, la cosa parla da sè, poichè ad aver certezza dell'obbietto si richieggono due condizioni, qualora manchi o l'una o l'altra, questa certezza non può più aversi. La prima di queste condizioni è che la verità di cui si tratta sia stata veramente da Dio rivelata, la seconda è che a noi co[n]sti di una tal rivelazione. Imperocchè non basta perchè noi possiamo o dobbiam credere di fede, che la verità sia stata rivelata da Dio, poichè se noi siamo incerti di questa rivelazione e del senso legittimo della fatta rivelazione, non mai ci correrebbe l'obbligo di credere quanto Dio ha rivelato. Sarebbe la cosa rivelata vera in sè, ma nol sarebbe rispetto a noi che siamo il soggetto della fede. Se taluno riponesse un qualche oggetto in alcun luogo, a cagion di esempio, un tesoro, qualor non avessi la luce necessaria per vederlo, o gl'istrumenti necessari per trarnelo fuori, per me è lo stesso come se quel tesoro non esistesse, non potrei appropriarmelo nè farne uso. Laonde è necessaria l'altra condizione, cioè una testimonianza irrefragabile ed autorevole, che mi accerti essere stata una verità da Dio rivelata ed in questo preciso senso e non nell'altro. Or questa testimonianza non può farla che la sola Chiesa la quale è stata costituita depositaria non solo della fatta rivelazione, ma ancora del senso della medesima, perchè l'ha ricevuto immediatamente dallo stesso Dio rivelante. Per tale testimonianza l'oggetto rivelato si applica in particolare a ciascun credente, il quale così è certo e sicuro di non errare allorchè emette l'atto di fede intorno a quella verità rivelata. Dal che si raccoglie manifestamente, che non basta che la rivelazione divina sia contenuta nella Bibbia ed anche nella tradizione, ma è di più necessario ed indispensabile, che la Chiesa colla sua autorevole testimonianza renda certo il credente che tale è stato ed è il senso nel quale Dio intese manifestare qual si voglia verità in particolare. Altrimenti tutti gli eretici potrebbero aver ragione nel professare i loro errori, e diciam pur francamente le loro stravaganze protestando ognun di loro di aver trovato nella Scrittura quant'essi tengono per fede in opposizione all'insegnamento della Chiesa. Quindi se la Chiesa non fosse dotata d'infallibilità in rendere quest'autorevole testimonianza sull'oggetto da credersi, ma in ciò fare errasse o potesse errare, e per conseguente indurre in errore, chi non vede che tutto diverrebbe incerto, e non si potria più aver certezza di fede? Ed ecco quanto sia vero ciò che in secondo luogo abbiamo affermato, che tolta la infallibilità della Chiesa, fin dall'ime radici si distruggerebbe la certezza obbiettiva della fede, ossia la possibilità della fede medesima. La Chiesa nella ipotesi degli avversarii avrebbe fin dal suo nascere portata in fronte l'impronta ignominiosa del protestantesimo, il marchio abbominevole che rende lo stesso protestantesimo obbietto di degradazione e di risa a chiunque l'osserva diviso nelle innumerevoli sue sette, nella continua sua fluttuazione, nella incertezza assoluta del suo credere.
Dissi per ultimo, che posta la fallibilità della Chiesa, la ragione fallibile individuale sarebbe l'arbitra ed il giudice delle verità rivelate. Il fatto dei protestanti prova la verità di questa deduzione. Non per altro motivo essi eressero in principio la libertà di esame se non perchè avean pria rigettata la infallibilità della Chiesa che li aveva condannati ed anatematizzati. Lutero pretese che per la sola Scrittura intesa nel senso privato di ciascuno si potesse e dovesse determinare l'oggetto di fede a credersi, e per conseguente ognuno per la privata sua interpretazione della Bibbia fosse giudice supremo e indipendente delle cose da credersi. Da questo germe fecondissimo pullularono come per incanto nel campo protestantico capi di fazioni religiose rivali fra di sè, dovette scindersi in mille frazioni il protestantesimo, e si continuò fino a questi giorni, e tuttor continuano i facitori di religiose sette sul suolo britannico sopra tutto, e sul suolo americano. Si giunse al punto che uno non intende più l'altro, ed il razionalismo ossia l'incredulità porta l'ultima sconfitta a quella Babele fabbricata con tanto orgoglio dal concorso di tutti gli eresiarchi. Nulla di più umiliante di un così fatto spettacolo che si offre agli occhi di un mondo intiero, spettacolo innegabile che non solo si ha per la storia, ma che noi, noi stessi veggiamo e tocchiam con mano nella Germania, nella Francia, nell'Inghilterra, nell'America, cioè presso quelle nazioni che si pregiano di loro civilizzazione e coltura, ma colpite da Dio di acciecamento in supremo grado.
Qual maraviglia dopo ciò se veggiamo l'incredulità dominar baldanzosa con immenso danno della società fino a farla indietreggiare allo stato di paganesimo? Qual maraviglia se un miasma letale ammorba l'atmosfera religiosa e morale a segno, che la fede più omai non ha vigore, e tutta languisce per forma, che più non risveglia quei sentimenti generosi e nobili dai quali eran mossi i nostri maggiori ad imprese gigantesche e di pubblica edificazione? Qual maraviglia se la indifferenza in materia di religione invase così gran parte di cristiani fino a non curarsi di conoscere la verità, ed a vivere praticamente come se non avessero un'anima immortale, e più non esistesse Dio al quale debbono quanto prima rendere rigoroso conto di ogni lor operato? Ora tutto questo il dobbiamo riconoscere come da prima fonte emanato dal principio costitutivo del protestantesimo, dalla libertà di esame; principio che indirettamente influì eziandio sugli animi de' cattolici.
Ma rivolgiamo omai da così umiliante spettacolo gli occhi nostri e facciam ritorno all'unica áncora di salute, al principio conservatore e generator della fede, qual è la infallibilità della Chiesa, senza il quale nè può la fede oggettiva divenir subbiettiva, nè può conservarsi una, nè propagarsi. A questa suprema prerogativa noi andiam debitori di tutto il bene che ha la Chiesa operato nel mondo, di que' prodigi che in ogni tempo ha operati la santità in ogni genere. Fu per essa, che la Chiesa qual maestra universale di tutti i popoli si conciliò la venerazione illimitata, che qual luce penetrò a traverso de' secoli e dello spazio e si trasfuse in tutte le menti; fu per essa che il deposito divino della rivelazione si conservò intatto in mezzo alle tante vicende dell'umana sapienza. È per essa che si tiene apprestato il rimedio pei mali da' quali è cotanto travagliata la società, allorchè gli uomini finalmente dalla sperienza ammaestrati rinsaviranno, e deposto l'orgoglio dal quale furon sedotti, ricorreranno umiliati a ricercar da questa madre così mal retribuita e disconosciuta gli oracoli di quella celeste sapienza la quale già salvò il mondo pagano, e di nuovo salverà le nazioni traviate da maestri stolti e presuntuosi fino a ricacciarle tra quelle tenebre dalle quali a gran fatica furono emerse.
Allorchè il Verbo si fece carne il mondo trovavasi nelle più fitte tenebre della idolatria e della immoralità. Secondo il pensare di non pochi de' Padri, nei disegni di Dio dovea appunto operarsi questo prodigio di misericordia nel tempo della maggior corruzione, perchè il mondo conoscesse fino a quale abisso fosse egli disceso, fidato alla sola sua ragione ed alle sole sue forze [6]. Il Verbo incarnato penetrò tra queste tenebre, e le diradò colla sua celeste dottrina e coi suoi divini esempi finchè a lui piacque di onorare il mondo colla sua corporale e visibile presenza. La sua divina missione però non compiuta nel breve periodo nel quale la sua mortale carriera venne racchiusa, continuò pertanto l'opera cominciata dell'ammaestramento dell'universo col prolungamento della incarnazione nel mistico suo corpo, qual è la Chiesa, la quale informata dal suo spirito mai non cessò dal farla da maestra infallibile presso tutti i popoli. Ma che? uomini ingrati e superbi disdegnarono come troppo per sè umiliante questo divin magistero. Vollero farsi guida a sè ed agli altri pei lumi della propria loro ragione. Scossero il giogo della Chiesa e di Cristo che per lei gl'illuminava. Ebbene, questi audaci presuntuosi tanto sè che i loro addetti precipitarono nel caos. Cristo però che sempre vive nella sua Chiesa non abbandona l'opera di misericordia e di salute, li ricondurrà come per mano all'assoggettamento perfetto, ed il mondo pentito ritornerà a vita novella.
NOTE:
[1] Taluni pensano essere di assoluta necessità perchè una verità debba aversi di fede, che ne sia data una espressa definizione. Ora questo principio tolto nella sua generalità non è vero. Pruova ne sieno varii articoli che tengonsi da tutti i cattolici di fede, sebbene non vi sia espressa definizione, contro i Sociniani per es. che G. C. sia stato vero sacerdote prima della sua risurrezione e salita al cielo, e che ne abbia adempiuti gli uffizii; che lo stesso divin Salvatore abbia colla sua morte offerto a Dio un vero sacrifizio; che abbia data una completa soddisfazione al suo divin Padre pei nostri peccati, e così dicasi di parecchi altri articoli, che non potrebbero negarsi senza la taccia di eretici formali.[2] I testi biblici coi quali provasi l'infallibilità conceduta da Cristo alla sua Chiesa son notissimi, per esempio Matth. XVI, 18 — Et portae inferi non praevalebunt adversus eam. — Così Matth. XXVIII, 20. — Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi. — Come pure Jo. XIV, 16 — Et ego rogabo Patrem, et alium Paraclitum dabit vobis, ut maneat vobiscum usque in aeternum, Spiritum veritatis — e v. 36. — Paraclitus autem Spiritus Sanctus, quem mittet Pater in nomine meo, ille vos docebit omnia, et suggeret vobis omnia, quaecumque dixero vobis. — e I. Tim. III, 15. — Ut scias quomodo oporteat te in domo Dei conversari, quae est Ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum veritatis. — Ed altri simili.
[3] Fra i molti testi che a questo proposito potrei allegare dal Guizot e da altri protestanti, porrò a saggio quanto scrive il Matter nella sua Histoire de l'Église, tom. I, p. 160 seg. — Le catholicisme s'appuie sur l'Église et la tradition; il ne peut entendre l'Ecriture en ce qui regarde la foi et les moeurs, que suivant le sens des Pères; l'Église catholique professe de ne s'en départir jamais, et elle ne reçoit aucun dogme qui ne soit conforme à la tradition de tous les siècles précédents. Il est donc avéré qu'elle se considère comme close et consommée.... à ses yeux, toutes les grandes verités sont trouvées, tous les travaux de l'homme ne sauraient être que des commentaires plus ou moins heureux d'un texte une fois écrit et toujours vrai. Comment donc innover au sein de cette Église? Comment le pouvoir sans être hérétique?
Ainsi donc, le catholicisme a failli parce qu'il a cru à l'immobilité: il a voulu se fabriquer une théologie immobile, et il s'est irrité contre ceux, qui chercaient dans des textes spirituellement écrits un esprit progressif, un sens nouveau; l a voulu frapper d'immutabilité la science humaine. —
E così tutti gli altri più o meno sullo stesso tuono, specialmente tra gli increduli alleati dei protestanti.
[4] Ved. Chassay, Le Christe et l'Evangile Allemagne-France. Non che nell'op. Conclusion des démonstrations Évangéliques, de l'ab. Migne, liv. II, Le rationalisme, liv. III, Le Socialisme.
Rispetto poi a Giulio Simon ved. Le livre de la réligion naturelle, de M. Jules Simon par H. L. C. Maret, Paris, 1857. Ved. eziandio J. Lupus, Le Traditionalisme et le Rationalisme, Liège, 1858, tom. III, ch. VI. Cinquième ordre des faits. Les philosophes modernes.
[5] Ecco con quanta sfrontatezza ed aria di trionfo parli il Génin prof. all'università di Strasburgo di letteratura francese, le cui parole son riferite dal Globe, giornale protestante: — Les évêques et les prédicateurs sont mis à la besogne. Ils ont coupé ces côtes fâcheuses (les côtes du christianisme); ils ont abaissé les cimes de la réligion et raboté les mystères. On peut aller maintenant au ciel en litière, en chaise à porteur; on ira bientôt en chemin de fer: c'est charmant. Il faudrait avoir le coeur bien dur pour ne pas se prêter à être sauvé. —
[6] Ved. Petav., De Incarnat., lib. II, cap. XVII.