venerdì 28 giugno 2013

I danni dell’aborto sulle donne che lo praticano

sindrome-post-aborto
 
 
Le pratiche abortive sono state legalizzate nella stragrande maggioranza dei paesi occidentali adducendo come principale scusante che si tratterebbe di una pratica sicura rispetto a quella dell’aborto clandestino. Viene da chiedersi però se corrisponda a verità asserire che la salute di una donna praticante un’aborto, seppur in una struttura ospedaliera e seguita da personale medico competente, non corra alcun rischio dal punto di vista fisico e psicologico.
 
La risposta è no. La realtà è  ben diversa da quella esposta per fini propagandistici dai sostenitori delle pratiche abortive, tanto è vero che proprio a causa dell’aborto possono sorgere nella donna che lo pratica diverse complicazioni, sia di tipo fisico (prossime o tardive) che psichico:
  • ·         Emorraggia: La RU-486 comportando il rischio di emorraggia, oltre a richiedere una seria sorveglianza medica dopo il suo utilizzo, rende necessaria una trasfusione di sangue.
  • ·         Infezione: frammenti del feto rimasti nell’utero dopo l’aborto oppure una cattiva sterilizzazione degli strumenti chirurgici utilizzati possono provocare una infezione alle tube uterine tale da compromettere la fertilità della donna.
  • ·         Lesione del collo uterino: il collo uterino può venire danneggiato dagli strumenti utilizzati per dilatarlo, aumentando il rischio di aborti spontanei o parti prematuri nelle future gravidanze. L’aborto chimico presenta le stesse complicazioni.
  • ·         Perforazione dell’utero: l’aborto procurato tramite raschiamento può perforare la parte uterina provocando la peritonite, che nella peggiore delle ipotesi rende obbligato un’intervento di asportazione dell’intero utero rendendo la donna irrimediabilmente sterile.
  • ·         Perforazione del colon: una sola manovra errata durante l’aborto per aspirazione o raschiamento può far perforare dallo strumento utilizzato oltre all’utero anche il colon, rendendo necessaria l’operazione chirurgica di resezione per rimuovere la parte danneggiata.
 
Le complicazioni appena citate sono di tipo immediato, ora esporrò quelle di tipo tardivo:
  • ·         Malattia infiammatoria pelvica (PID): si tratta di una malattia infiammatoria del bacino contratta nel 30% delle donne che hanno abortito. Può causare sterilità, dolori pelvici cronici e portare ad aborti spontanei.
  • ·         Aborto spontaneo: si rileva nelle donne che hanno praticato l’aborto un tasso del 35%  in più di aborti spontanei rispetto a quelle che non l’hanno praticato.
  • ·         Parto difficile: le complicazioni nei futuri parti o gravidanze sono comuni nelle donne che hanno abortito.
  • ·         Nascita prematura: le nascite premature risultano essere da 2 a 3 volte maggiori nelle donne che hanno abortito rispetto a quelle che non hanno mai praticato un aborto.
  • ·         Cancro al seno: stando al Family planning perspectives del marzo – aprile 1983 “Le donne che abortiscono al primo trimestre di gravidanza raddoppiano il rischio di contrarre un cancro al seno, in rapporto alle donne che portano a termine la loro gravidanza”.
  • ·         Gravidanza extra-uterina: in tale gravidanza il feto umano si sviluppa, invece che nell’utero, nella tuba di Falloppio, mettendo la madre in pericolo di morte in caso di scoppio della tuba. Nelle donne che hanno praticato l’aborto si registra un tasso di crescita di tali gravidanze. La pillola RU-486, essendo inefficace su questo tipo di gravidanza, aggrava ulteriorimente il problema in quanto da a colei che ne fa uso l’illusione di non essere più incinta.
 
Tali sono i danni di tipo fisico che l’aborto può causare, non mancano però anche possibili danni di tipo psicologico:
  • ·         Perdita di autostima: il rendersi conto di aver violato la propria missione di madre da parte della donna che ha abortito causa un abbassamento dell’autostima che può arrivare al disprezzo di sé stessi.
  • ·         Senso di colpa: non sono rari i sensi di colpa verso il figlio che avrebbe dovuto nascere da parte di donne che hanno abortito. La negazione o la rimozione del senso di consapevolezza provocano problematiche ancora più gravi dovute al soffocamento della coscienza turbata.
  • ·         Rimpianto, ansia, depressione: questi disturbi psichici sono comuni nelle donne giovani che hanno praticato l’aborto.
  • ·         Sindromi post-abortive: la reazione all’aborto di una donna è simile ai comportamenti causati dallo stress post-traumatico, i cui sintomi iniziano a verificarsi diversi anni dopo essersi sottoposta a tale pratica. Essi sono: riduzione dell’autostima, insonnia, difficoltà nel concentrarsi, intorpidimento della sensibilità. Lo psichiatra Vincent Rue, che si occupa di sindromi post-abortive, ha aggiunto in tale lista anche “depressione, inclinazione al suicidio, rottura delle relazioni sociali, uso di droga, abuso di alcool, problemi sessuali, fobie, gravidanze isteriche, sterilità, anoressia.”
 
Di fronte a ciò, viene da chiedersi come sia stato possibile legalizzare l’aborto con la scusante che una volta divenuto legale esso non comporterebbe rischi per la salute della donna che lo attua rispetto al praticarlo clandestinamente. La risposta a questa domanda la può dare il dr. Bernard Nathanson, medico ex-abortista che giocò un ruolo importante nella legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti: “Cominciammo convincendo i massmedia che quella per la liberalizzazione dell’aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli Americani era favorevole alla liberalizzazione dell’aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa centomila, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di un milione. Ripetendo continuamente enormi menzogne si finisce per convincere il pubblico.  Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era 10.000.  Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli Americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l’aborto. Un’altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l’aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1500% dalla legalizzazione.”.
 
 
Fonte: “50 domande e risposte sull’aborto”, apparso su Voglio Vivere, anno II n° 8, agosto 2003
A cura di Federico