martedì 11 giugno 2013

ETERNA FEDELTÀ ALLA REPUBBLICA SERENISSIMA DI SAN MARCO





ETERNA FEDELTÀ ALLA REPUBBLICA SERENISSIMA DI SAN MARCO 

7 luglio 1796 – appello dei Bergamaschi per la difesa armata della Veneta Serenissima Repubblica con diecimila volontari fedeli alla Patria contro l’invasione francese. 

Il documento di cui sotto è uno degli estremi tributi che le genti della Serenissima dedicarono al loro amatissimo Principe, N.H. Lodovigo Manin: tutti i messaggi che a lui pervengono dai Dominii, tra il 1796 ed il 1797, dalla Lombardia Veneta all’Istria, alla Dalmazia, hanno il medesimo tenore. La gente è disposta a sacrificare tutto, i beni e anche la vita, purché la Repubblica si salvi. Il tono usato dai sudditi, come allora si chiamavano, non è quello di cittadini che si rivolgono ad un organo politico, ma quello di figli che si rivolgono ai genitori. In quanto presaghe della fine crudele che incombe, queste testimonianze sono rese ancor più struggenti. 

Lettera inviata il 7 luglio 1796 dal Podestà di Bergamo N.H. Alessandro Ottolini al Serenissimo Doge e all’Eccellentissimo Veneto Senato: 
«La gratitudine verso gl’innumerevoli benefizii versati sopra di noi dalla Serenissima Repubblica che per tanti secoli fra noi mantenendo la Giustizia, la Sicurezza e la Felicità colle sue leggi clementi, ne dona il dolce diritto di chiamarci più figli ancora che sudditi del suo paterno imperio; la gloria di appartenere ad un principato che colla sua sapienza e col vigore de’ suoi consigli resosi vittorioso di tutte le vicende, e del tempo distruttore, tende colla sua costanza ad una durata immortale; il sentimento geloso della nostra sicurezza dipendente dalla prosperità del nostro Dilettissimo Governo, senza cui saremmo confusi miseramente nelle sciagure di tanti popoli che con un gemito solo che risuona in tutta l’Europa, attestano la somma differenza dalla nostra fausta sorte; tutte queste considerazioni importantissime esigono che nei bisogni e pericoli dello Stato si sveglino tutti i membri, e con calore e prontezza, da figli corrano li sudditi a circondare colle loro vite l’adorato Principe, offrendo sé stessi alle saggie di lui disposizioni nel comune periglio per una efficace difesa, e presentando l’idea d’una devozione amorosa alla sua legge e d’un consenso che atto sia a frenare gli occulti nemici, li quali pensassero di turbare uno Stato, che oltre li suoi mezzi potenti è munito della prima salda forza degli Imperii, di quell’amore inestinguibile che nasce dalla persuasione e felicità dei sudditi. 
Per questi oggetti sentiti profondamente dagli abitatori delle infrascritte valli, e dai corpi infrascritti del piano, e con tanta rapidità ed ardore abbracciati dai rispettivi Consigli, essi hanno colle unite parti [allegate deliberazioni] spiegato il vivo desiderio di spendere il sangue e la vita in difesa del Principe, con uno sforzo degno di noi e di quella devozione pervenutaci in retaggio dai nostri Maggiori [antenati]. 
In vigore, però, delle risoluzioni prese dalli consigli suddetti, e della facoltà data a noi infrascritti difensori e sindici generali di dette valli e corpi del piano, dopo un esame maturo delle nostre forze, resta unanimemente preso e stabilito: 
Che riservato di fare un giusto riparto calcolato sulla forza delle rispettive popolazioni, del numero che sarà accettato e ordinato, sia umiliata col mezzo del nostro commissionato difendente Bidasio Imberti a piedi del Trono del Serenissimo Principe l’offerta del numero di diecimila uomini de’ nostri abitanti atti alle armi, li quali armati colle proprie armi, e regolati come parerà alle saggie disposizioni del Sovrano, siano pronti ad accorrere a servire ai pubblici comandi in ogni luogo di questa provincia bergamasca, alla difesa e conservazione sotto a questo amatissimo dominio, e di far sentire al Principe la volontaria disposizione di portare quei pesi che fossero occorrenti per conservare la comune felicità, supplicando il zelantissimo ed amatissimo nostro pubblico Rappresentate nobil uomo Alessandro Ottolini, verso cui queste popolazioni hanno mille veraci doveri per le prudenti misure costantemente adottate per la sicurezza ed il bene di questi popoli, ad accompagnare benignamente questo nostro Commissionato, che porta tale sincero attestato della nostra fedeltà e suddito amore, desiderando che sieno messi alla prova li sentimenti di gratitudine e di zelo per li quali siamo unanimi fino alla morte per la gloria e difesa del più giusto e benefico de’ Sovrani». 

All’inizio del 1797, nonostante perdurasse il governo veneziano, Bergamo era insidiata da un contingente di truppe francesi, che ne occupavano il castello. Il 12 marzo 1797 il servizio segreto napoleonico, diretto dal generale Landrieux, attuò un golpe spalleggiando le provocazioni dei pochi giacobini locali. Scacciato il legittimo governo veneto, il 13 marzo fu dichiarata in città la cosiddetta Municipalità democratica. Nei giorni successivi le genti bergamasche dei paesi circostanti insorsero a difesa della Patria Veneta, si armarono e attaccarono da soli Bergamo per reinsediare il Podestà veneziano, N.H. Alessandro Ottolini, che era stato spodestato dai Francesi. Purtroppo furono respinti subendo gravi perdite da parte dei rinforzi inviati da Napoleone.

DOC-EUROPA VENETA 

DOC- STAMPA -regg. bombardieri 1710- repubblica serenissima di san marco . UNIFORMI MILITARI ITALIANE DEL 700 di Brandani Crociani Fiorentino.
STAMPA -regg. bombardieri 1710- repubblica serenissima di san marco .
UNIFORMI MILITARI ITALIANE DEL 700 di Brandani Crociani Fiorentino.

7 luglio 1796 – appello dei Bergamaschi per la difesa armata della Veneta Serenissima Repubblica con diecimila volontari fedeli alla Patria contro l’invasione francese.

Il documento di cui sotto è uno degli estremi tributi che le genti della Serenissima dedicarono al loro amatissimo Principe, N.H. Lodovigo Manin: tutti i messaggi che a lui pervengono dai Dominii, tra il 1796 ed il 1797, dalla Lombardia Veneta all’Istria, alla Dalmazia, hanno il medesimo tenore. La gente è disposta a sacrificare tutto, i beni e anche la vita, purché la Repubblica si salvi. Il tono usato dai sudditi, come allora si chiamavano, non è quello di cittadini che si rivolgono ad un organo politico, ma quello di figli che si rivolgono ai genitori. In quanto presaghe della fine crudele che incombe, queste testimonianze sono rese ancor più struggenti.

Lettera inviata il 7 luglio 1796 dal Podestà di Bergamo N.H. Alessandro Ottolini al Serenissimo Doge e all’Eccellentissimo Veneto Senato:
«La gratitudine verso gl’innumerevoli benefizii versati sopra di noi dalla Serenissima Repubblica che per tanti secoli fra noi mantenendo la Giustizia, la Sicurezza e la Felicità colle sue leggi clementi, ne dona il dolce diritto di chiamarci più figli ancora che sudditi del suo paterno imperio; la gloria di appartenere ad un principato che colla sua sapienza e col vigore de’ suoi consigli resosi vittorioso di tutte le vicende, e del tempo distruttore, tende colla sua costanza ad una durata immortale; il sentimento geloso della nostra sicurezza dipendente dalla prosperità del nostro Dilettissimo Governo, senza cui saremmo confusi miseramente nelle sciagure di tanti popoli che con un gemito solo che risuona in tutta l’Europa, attestano la somma differenza dalla nostra fausta sorte; tutte queste considerazioni importantissime esigono che nei bisogni e pericoli dello Stato si sveglino tutti i membri, e con calore e prontezza, da figli corrano li sudditi a circondare colle loro vite l’adorato Principe, offrendo sé stessi alle saggie di lui disposizioni nel comune periglio per una efficace difesa, e presentando l’idea d’una devozione amorosa alla sua legge e d’un consenso che atto sia a frenare gli occulti nemici, li quali pensassero di turbare uno Stato, che oltre li suoi mezzi potenti è munito della prima salda forza degli Imperii, di quell’amore inestinguibile che nasce dalla persuasione e felicità dei sudditi.
Per questi oggetti sentiti profondamente dagli abitatori delle infrascritte valli, e dai corpi infrascritti del piano, e con tanta rapidità ed ardore abbracciati dai rispettivi Consigli, essi hanno colle unite parti [allegate deliberazioni] spiegato il vivo desiderio di spendere il sangue e la vita in difesa del Principe, con uno sforzo degno di noi e di quella devozione pervenutaci in retaggio dai nostri Maggiori [antenati].
In vigore, però, delle risoluzioni prese dalli consigli suddetti, e della facoltà data a noi infrascritti difensori e sindici generali di dette valli e corpi del piano, dopo un esame maturo delle nostre forze, resta unanimemente preso e stabilito:
Che riservato di fare un giusto riparto calcolato sulla forza delle rispettive popolazioni, del numero che sarà accettato e ordinato, sia umiliata col mezzo del nostro commissionato difendente Bidasio Imberti a piedi del Trono del Serenissimo Principe l’offerta del numero di diecimila uomini de’ nostri abitanti atti alle armi, li quali armati colle proprie armi, e regolati come parerà alle saggie disposizioni del Sovrano, siano pronti ad accorrere a servire ai pubblici comandi in ogni luogo di questa provincia bergamasca, alla difesa e conservazione sotto a questo amatissimo dominio, e di far sentire al Principe la volontaria disposizione di portare quei pesi che fossero occorrenti per conservare la comune felicità, supplicando il zelantissimo ed amatissimo nostro pubblico Rappresentate nobil uomo Alessandro Ottolini, verso cui queste popolazioni hanno mille veraci doveri per le prudenti misure costantemente adottate per la sicurezza ed il bene di questi popoli, ad accompagnare benignamente questo nostro Commissionato, che porta tale sincero attestato della nostra fedeltà e suddito amore, desiderando che sieno messi alla prova li sentimenti di gratitudine e di zelo per li quali siamo unanimi fino alla morte per la gloria e difesa del più giusto e benefico de’ Sovrani».

All’inizio del 1797, nonostante perdurasse il governo veneziano, Bergamo era insidiata da un contingente di truppe francesi, che ne occupavano il castello. Il 12 marzo 1797 il servizio segreto napoleonico, diretto dal generale Landrieux, attuò un golpe spalleggiando le provocazioni dei pochi giacobini locali. Scacciato il legittimo governo veneto, il 13 marzo fu dichiarata in città la cosiddetta Municipalità democratica. Nei giorni successivi le genti bergamasche dei paesi circostanti insorsero a difesa della Patria Veneta, si armarono e attaccarono da soli Bergamo per reinsediare il Podestà veneziano, N.H. Alessandro Ottolini, che era stato spodestato dai Francesi. Purtroppo furono respinti subendo gravi perdite da parte dei rinforzi inviati da Napoleone.

DOC-EUROPA VENETA