“Il moderno razzismo nutre rancore contro la Chiesa poiché essa non vuole cadere in ginocchio dinanzi al suo idolo, la nazione, e adorarlo.” Beato Alojzije Viktor Stepinac
Fortunatamente poco conosciuta, la leggenda nera contro il Cardinale croato Alojzije Viktor Stepinac (1898-1960), beatificato da Giovanni Paolo II nel 1998 e accusato dai suoi detrattori di essere stato un collaborazionista del regime Ustasha, merita di essere approfondita per mostrare le falsità che vorrebbero intaccare la santità questo Cardinale oggi elevato agli altari.
Egli viene principalmente accusato di essere stato accondiscente, se non addirittura collaborante, col regime fascista di Ante Pavelic instauratosi in Croazia nel ’41 e durato fino al ’45 (sotto il quale vennero assassinati circa mezzo milione di persone tra serbi, ebrei ed oppositori politici). Chi sostiene ciò probabilmente ignora i diversi scontri che il Beato Stepinac ebbe col regime, anche quando questi era solido. Merita di essere ricordata l’omelia da lui pronunciata il 25 ottobre 1942, nella quale disse: “La seconda cosa che affermiamo è che tutti i popoli e le razze vengono da Dio. In realtà esiste una sola razza, e questa è la razza di Dio”; “ogni popolo e ogni razza, come al giorno d’oggi troviamo sulla terra, ha diritto ad una vita degna e ad essere trattato con dignità. Per questo la Chiesa cattolica ha sempre accusato – ed anche oggi lo fa – l’ingiustizia e la violenza che prende campo in nome di teorie di classe, di razza e nazionalistiche [...] esse tradiscono in materia di fede il loro compito, se non continuerà ancora ad alzare la propria voce in difesa di tutti quelli che soffrono per queste ingiustizie.”; “Ogni popolo ed ogni razza, quale oggi si sviluppa sulla terra, ha il diritto ad una vita degna di uomo, ed è necessario avere verso di loro un modo di fare da uomo degno. Tutti sono senza differenza, appartenenti alla razza zingara o a qualsiasi altra, neri o europei affamati, ebrei dalla pelle olivastra o nobili ariani, tutti hanno diritto a dire: “Padre Nostro che sei nei cieli“. E dal momento che Dio ha dato a tutti tale diritto, quale potenza umana può negarla loro?”; “Per questo motivo la Chiesa cattolica ha sempre condannato, e anche oggi condanna, ogni ingiustizia e violenza che si compie in nome delle teorie di classe, di razza e di appartenenza ad un popolo, perché è una cosa simile alla lotta di classe che ha compiuto il bolscevismo. Non si possono cancellare dalla faccia della terra ebrei e zingari, e ciò per il fatto perché li si considera una razza inferiore.”. Tali affermazioni suscitarono le ire del ministro dell’istruzione Julije Makanec, il quale rispose pesantemente a quanto detto da Stepinac in un articolo sul giornale Hrvatski Narod (“Il Popolo Croato”), mentre il generale tedesco Edmond Glaise von Horstenau, allora di stanza a Zagabria, ebbe a dire che “Se un vescovo in Germania parlasse così, non scenderebbe vivo dall’altare. L’Arcivescovo Stepinac è un grande amico degli ebrei”.
L’anno seguente, per l’esattezza il 31 ottobre 1943, al termine di una processione penitenziale l’allora Arcivescovo Stepinac attaccherà pubblicamente la politica degli ustasha nei confronti delle minoranze etnico-religione presenti nello Stato Indipendente di Croazia dichiarando che “Noi non desideriamo essere le tromba politica che con la propria voce favorisce i desideri del momento e i bisogni di singoli partiti o singoli. Abbiamo sempre sottolineato anche nella vita pubblica i principi dell’eterna legge di Dio, che vale senza differenze per croati, serbi, ebrei, zingari, cattolici, musulmani, ortodossi o per qualsiasi altro. Ma non possiamo chiamare alla ribellione né obbligare fisicamente qualcuno ad attuare queste leggi di Dio.”, condannando “tutte le ingiustizie, tutte le uccisioni di innocenti, tutte le distruzioni di tranquilli villaggi “ e ricordando che “si ingannerebbe gravemente chi pensasse che non vi sono sanzioni per i trasgressori. Tutto questo terribile caos che il mondo sta vivendo, non è altro che una punizione di Dio per l’infrazione dei comandamenti di Dio, per il disprezzo del Vangelo di Cristo. E se l’umanità non vorrà riconoscere l’autorità di Dio su di essa, è del tutto certo che la destra di Dio colpirà ancora più pesantemente.”
Altro importante capo d’accusa è quello di aver contribuito alle conversioni forzate al Cattolicesimo imposte dagli ustasha ai serbi-ortodossi risiedenti nei territori dello Stato Indipendente di Croazia, accusa che può essere smentita dalle stesse lettere che Stepinac scrisse ad Ante Pavelic, ricordandogli che “tutte le questioni riguardanti la conversione degli ortodossi alla religione cattolica sono esclusivamente di competenza della gerarchia della Chiesa” e che solo “senza alcuna costrizione, nella più completa libertà” si poteva venir accolti in seno alla Chiesa Cattolica. Inoltre va sicuramente citata la disposizione interna che venne fatta circolare in Croazia in quel periodo riguardante i casi di coloro che, ebrei o greco-scismatici, volessero simulare una conversione per salvarsi la vita: “Quando vengono da voi persone di religione ebraica o ortodossa, che si trovano in pericolo di morte e desiderano convertirsi al cattolicesimo, accoglietele per salvare la loro vita. Non richiedete a loro nessuna particolare istruzione religiosa, perché gli ortodossi sono cristiani come noi e la religione ebraica è quella nella quale il cristianesimo ha le sue radici. L’impegno e il dovere del cristiano è in primo luogo quello di salvare la vita degli uomini. Quando sarà passato questo tempo di pazzia, resteranno nella nostra Chiesa coloro che si saranno convertiti per convinzione, mentre gli altri, passato il pericolo, ritorneranno alla loro fede.”.
Utile anche rammentare che il Beato Stepinac definì il campo di concentramento di Jasenovac, in una lettera indirizzata a Pavelic del 24 febbraio 1943, una “vergognosa macchia per lo Stato Indipendente Croato”.
Per quanto concerne invece gli aiuti materiali che Stepinac diede agli ebrei per sfuggire alle violente persecuzioni delle milizie ustasha rimando ai saggi Il Caso del Cardinale Stepinac di Richard Patee e Stepinac e gli ebrei di Alexandra Stefan. In entrambi gli scritti vengono citate testimonianze che confermano il sostegno dato da Stepinac agli ebrei fuggitivi, e a tal riguardo sembrerebbe essere di particolare interesse quella del rabbino Freiberger datata 4 agosto 1942 contenuta in una lettera da lui inviata a Pio XII: “Pieno di rispetto oso comparire dinanzi al trono di Vostra Santità per esprimervi come Gran Rabbino di Zagabria e capo spirituale degli ebrei di Croazia la mia gratitudine più profonda e quella della mia congregazione per la bontà senza limiti che hanno mostrato i rappresentanti della Santa Sede e i capi della chiesa verso i nostri poveri fratelli.”. Considerazioni analoghe furono fatte dal Dottor Wetlmann, membro della commissione per l’aiuto agli ebrei europei delegato in Turchia, che scrisse all’allora nunzio apostolico a Instanbul Angelo Roncalli: “Noi sappiamo che mons.Stepinac ha fatto tutto il possibile per alleviare la sorte infelice degli ebrei in Croazia”.
Nonostante ciò, nel mondo anti-clericale si è per la maggior parte convinti che il Beato Stepinac fosse un fascista della peggior specie con le mani in pasta con il regime di Ante Pavelic.
A cura di Federico
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