giovedì 6 settembre 2012

La Monarchia Sacra Parte terza : La Monarchia Sacra e la Teologia: Il rito dell’unzione dei Re da un punto di vista dottrinale

File:Couronnement de Charles VI le Bien-Aimé.jpg
Incoronazione di Carlo VI Re di Francia



Il rito consacratorio non è dunque necessario stricto iure perché un Principe cattolico eserciti, nel rispetto della legge di natura e della Rivelazione, le sue prerogative sovrane. Il suo potere, la sua persona sono sacre anche prescindendo dalla benedizione e consacrazione della Chiesa. Vi furono ottimi Re ed Imperatori cattolici, che mai ricevettero tale consacrazione, e questo nulla tolse alla legittimità della loro autorità.
Non si può a meno di cogliere, tuttavia, la convenienza per cui ordinariamente un monarca cattolico si sottoponga a tale solenne cerimonia. Essa esprime in maniera assai perspicua, semplice ed armoniosa, un punto capitale della dottrina cattolica: l’alleanza tra il potere dei Principi e l’autorità dei Pontefici sotto il supremo dominio di Dio, istitutore dell’una e dell’altra autorità.
Nella cerimonia della Consacrazione ed Incoronazione degli Imperatori e dei Re si coglie l’unità e indivisibilità della società cristiana, pur nella distinzione tra ordine naturale e legge soprannaturale, tra potestà temporale e potere sacerdotale. Il monarca legittimo cui Dio, autore e creatore dell’ordine di natura, conferisce immediatamente la potestà sovrana, riconosce, sottomettendosi alla cerimonia dell’unzione, che tale autorità è anche al servizio dell’ordine soprannaturale e della legge di Grazia.
La Chiesa gerarchica, per parte sua, con la sua speciale impetrazione, chiede a Dio, autore della natura e istitutore dell’ordine sovrannaturale, che il Principe ottenga in modo sovraeminente e sovrabbondante le grazie che gli sono indispensabili per l’esercizio della sua prerogativa.
Il rito conferma visibilmente, tramite il conferimento dell’Olio santo, la speciale dedicazione del sovrano cattolico, non solo alla conservazione della legge di natura, ma soprattutto a difesa e salvaguardia della Religione Rivelata. Ne sottolinea la sacertà, la sacralità, il fatto che l’autorità divina di cui è investito, lo pone su di un piano che, se non è certo equiparabile a quello Sacerdotale, non è, tuttavia, neppure semplicemente e meramente profano e laico.
La Chiesa ha, così, tradotto, con una speciale cerimonia, l’idea misteriosa, ma salutare, che il potere temporale è d’istituzione divina, e che riveste una sua singolare sacralità in ordine alla conservazione della legge di natura e alla salvaguardia dell’ordine soprannaturale (religione rivelata).
Da un punto di vista giuridico, poi, la cerimonia dell’Incoronazione comportava anche l’impegno solenne assunto sotto giuramento dal Sovrano di rispettare i diritti della Chiesa e dei vassalli. Il giuramento prestato in tale fastosa occasione vincolava maggiormente il monarca alla fedeltà ai solenni impegni presi davanti a Dio, al potere sacerdotale ed ai rappresenti del regno, o dei regni di cui era sovrano, nel caso del Sacro Imperatore, che lo assistevano durante la consacrazione.
Così l’Imperatore, prima della cerimonia vera e propria, era condotto dal decano dei Cardinali diaconi nella Chiesetta di S. Maria in Turri, ove, tenendo la mano sul Vangelo sorrettogli da un suddiacono, pronunciava il seguente giuramento:
«Io, N. Re dei Romani, per divina disposizione futuro Imperatore, prometto, garantisco, attesto e giuro, dinanzi a Dio e al Beato Pietro, che per il resto sarò difensore e protettore della Santa Chiesa Apostolica Romana, e tuo, N., della medesima Chiesa Sommo Pontefice, e dei tuoi successori, in tutte le vostre necessità ed interessi, custodendo e conservando i vostri possessi, dignità e diritti, in quanto, sostenuto dall’aiuto di Dio, sarò capace, come saprò e potrò, con retta e pura fedeltà. Così mi soccorrano Dio e questi suoi santi Vangeli».