Il liberalismo, infatti, che l’uomo moderno ha teorizzato e imposto, si è eretto fin dall’origine contro il Creatore e il diritto naturale. Esso rappresenta una scelta e una sfida. E’ l’antico e sempre risorgente grido dell’uomo che proclama il suo non serviam. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: i “diritti civili” dello Stato moderno hanno surrogato i veri diritti umani. La sovranità popolare ha preteso di legiferare contro Dio e ha finito per legiferare contro l’uomo. Il cattolicesimo democratico, accettando la democrazia moderna, si è veramente suicidato e ciò che, agli occhi dei più, può essere apparso un successo (l’essere, cioè, i “cattolici” italiani diventati partito di governo) è, in realtà, un fallimento. L’orgogliosa illusione di essere riusciti a ghigliottinare Dio per proclamare la piena “dignità” dell’uomo (quasi che questa potesse stare senza quello), ha portato all’espulsione della legge divina e naturale dall’ordinamento giuridico e alla relegazione, nell’ipotesi migliore, della religione nell’interiorità della singola coscienza. L’abbandono della dottrina sociale cattolica ha portato al varo di “leggi” infami (come quella dell’aborto, per esempio) e alla promozione di una mentalità e di un costume di vita antisociali. Così, la pace sociale, frutto della giustizia e opera del diritto, si rivelerà sempre più un miraggio nonostante le contrarie apparenze di una solidarietà artificiale e statalistica, che serve, in verità, a nascondere una società lacerata e divisa. Il principio della “differenziazione”, infatti, presupposto del pensiero politico moderno, non poteva non portare alla attuale dissocietà che i “cattolici” hanno contributo a creare: anche col loro aiuto è stato reintrodotto il “principio della guerra”; non più quello hobbesiano, “naturale”, presociale, ma quello istituzionalizzato, regolamentato, “civile”, il quale sopprime definitivamente la comunità e decreta la morte del bene comune.
(Danilo Castellano, La razionalità della politica, ESI, Napoli 1993, pp. 144-145)
Ciò che deriva direttamente dal liberalismo è o l’anarchia o la tirannia. Che l’anarchia derivi dal liberalismo come una conseguenza deriva dal suo principio, è evidente. Ridiciamolo per la centesima volta: secondo le Costituzioni moderne, ognuno ha il diritto di pensare come vuole e di agire come pensa. Ora, se il pensiero è la linea di condotta di ognuno, senza il freno della verità oggettiva, è ovvio che si vada verso la dissoluzione completa della mente e della volontà. In più il liberalismo sfocia fatalmente nella tirannia. Lo abbiamo dimostrato più di una volta: per mettere un freno a qualsivoglia deviazione della mente, del cuore e della passione, si è dovuti ricorrere alla volontà generale e si sono dovute creare delle leggi. Solo la legge determina il diritto, ma se la legge rappresenta la volontà generale e se questo popolo è guidato da una volontà malvagia, empia, immorale, cos’altro aspettarsi se non la tirannia? Si governa in nome del popolo; e a nome di questo popolo si imporranno le più turpi e incredibili ingiustizie. Tali sono le conseguenze del liberalismo. L’anarchia e il sovietismo ne sono i discendenti in linea diretta. Il liberalismo mina alla radice ogni ordine in qualsivoglia società.
(A. Philippe, Catechismo dei diritti divini nell’ordine sociale, Amicizia Cristiana 2008, p. 50)