domenica 16 settembre 2012

Biografie tratte dal volume "I grandi atleti del trono e dell'altare", del Barone Alessandro Augusto Monti della Corte (Vittorio Gatti Editore, Brescia 1929): Blanc de Saint Bonnet: se il male è religioso, religioso dev'essere il rimedio


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"La Rivoluzione è religiosa, il male è religioso: religioso dev'essere il rimedio.... Noi non ne guariremo che religiosamente...".
Ecco riassunta, con le sue parole, la dottrina di Blanc de Saint Bonnet: scrittore solitario, contemplativo, austero; forse il meno capito ed il meno seguito fra i maestri di luce, incompresi e respinti dal presuntuoso, stupido, '800.
Quante volte ho dovuto parlare di incomprensione, di oblio e di isolamento, in questa breve storia del pensiero cattolico, di fronte alla politica e alla sociologia ?....
Non sorrida il lettore.... Nessun vezzo prezioso di erudito antiquario mi spinge a spolverare questi dimenticati, che sono tali soltanto ad eterna vergogna di quelli che hanno sdegnato i loro insegnamenti, per orgoglio, pigrizia, cecità o leggerezza.
È tragico e umiliante pensare che i nostri nonni, mentre accordavano credito a tutte le utopie, che in nome del Progresso si andavano insegnando — anche alle più mortifere, alle più sciocche e più odiose — chiudessero le orecchie con tanta ostinazione ai moniti solenni della Storia e di Dio....
E se almeno in Italia ne abbiamo fatto ammenda, sicché, per nostro conto, la parentesi è chiusa, tuttavia i quattro quinti dell'Europa e del mondo, sono ancor guasti dello stesso male.
* * *



Vita calma, modesta, povera di vicende, tutta di studio e di raccoglimento, di riflessione e di contemplazione, quella di Antonio Blanc di Saint Bonnet. Vita senza burrasche; silenziosa e appartata, lontana dai clamori, dalle gare degli uomini, ma profonda, intensissima. complessa nel travaglio fecondo di una mente serena.... E la mediocrità della cornice, e l'assenza nel quadro dei giuochi di colore ne fan meglio apprezzare l'armoniosa bellezza.

Malgrado il predicato di assonanza feudale che accompagna e distingue il suo cognome, nessun vanto di splendida ascendenza porge lustro alle origini dell'uomo. Suo nonno era un modesto borghese campagnolo, fattore agli stipendi di un convento di frati, a Savigny, non lungi da Lione, che nel periodo rivoluzionario aveva speso con accorgimento, nell'acquisto di "beni nazionali", il rotondo peculio, pian piano accumulato.

Da quei poderi appunto, detti di Saint Bonnet, dal nome di un antico santuario, la famiglia aveva tratto la sua nuova qualifica, salendo di un gradino nella scala sociale, e giungendo a godere di una larga agiatezza.

Il vecchio agricoltore poté dare ai figlioli una istruzione solida e brillante ed accasarli convenientemente. Così il padre di Antonio fu avvocato in Lione, dove nacque il piccino il 28 gennaio 1815.

Era di complessione delicata e un po' gracile e i genitori vollero allevarlo in campagna perché si rinforzasse e crescesse robusto. A Saint Bonnet, fra il bosco e la collina, venne su insieme coi contadinelli, libero, come un piccolo selvaggio. A dieci anni compiuti lo misero in collegio e, insofferente di ogni disciplina, si mostrò da principio un pessimo scolaro. Ma nella classe di "filosofia" ebbe la gran ventura di trovare un maestro che seppe accattivarsi tutta la sua fiducia e lo guidò e lo spinse sulla via del sapere. Fu l'abate Noirot che, Socrate cristiano, sembrava aver la chiave dei cuori giovanili. Il dotto sacerdote seminò a piene mani il buon seme cattolico in quell'anima fiera. L'adolescente, sotto la sua guida, si trasformò, imparando ad amare lo studio, e presto rivelò una singolare forza di raziocinio, una potenza logica e dialettica unita ad un giudizio così retto e maturo, quali molto di rado si incontrano nei giovani. Il diritto, la storia e la filosofia religiosa — soprattutto quest'ultima — attrassero il suo spirito assetato di luce, e lo invase una specie di febbre metafisica che lo tenne poi sempre, senza attenuarsi mai.

Invano la famiglia si sforzò di instradarlo verso qualche carriera facile e redditizia... Volevano a ogni costo che facesse il notaio: gli avrebbero comprato uno studio a Parigi....

Egli ormai conosceva la propria vocazione: andò bensì a Parigi, ma sdegnò le Pandette, la procedura e il Codice, per gli studi teologici e sociali.

Tre volumi in ottavo, densi di contenuto, sulla Unità spirituale, o la Società ed il suo fine oltre il tempo, pubblicati nel 1841, quando l’autore aveva solo ventisei anni, consacrarono la fama del giovane filosofo nelle alte sfere conservatrici e cattoliche. Fu salutato erede di Giuseppe de Maistre; la stampa religiosa lo esaltò fra i maestri: gli fu offerta la croce della Legione d'Onore. Poteva esser l'inizio della celebrità.... Ma, ritroso com’era dai contatti col pubblico, alieno da ogni forma di ambizione, egli non fu capace di sfruttare il successo; per essere più esatti: non lo volle sfruttare. Mentre avrebbe potuto, rimanendo a Parigi, esibirsi e brillare fra gli "intellettuali", ottenere una cattedra all'Università, collaborare ai grandi periodici del tempo, preferì ritornare a vivere in campagna, fra la madre ammalata ed i suoi libri.

In una lettera, scritta al suo amico Laprade alcuni anni più tardi, egli esprimeva con forza il suo disgusto per la vita del "mondo" e della capitale, tutta pervasa di materialismo, febbrilmente agitata, futilmente perversa....

"Se l'Infinito è in qualche luogo scientemente osteggiato, la poesia soffocata in fondo ai cuori, e gli idoli più ignobili e funesti alzati ed adorati in scambio del vero, egli è bene in Parigi.... Il mio giudizio su ciò che vi ai compie io l’ho formato fin dal primo giorno: e non ho mai pensato a ritrattarlo. Mi sono accorto subito che muovevo appartarmi in mezzo ai boschi ed alla solitudine....

In piena giovinezza, io non avrei cambiato Saint-Bonnet con un palazzo principesco a Parigi, né i poveri quaderni ch'esso mi sa ispirare col portafoglio di un ministro in carica".

E dal suo romitaggio non volle mai più uscire.... Di tanto in tanto un libro lo ricordava ai vivi, ed allora il suo nome tornava a comparire sulle colonne delle recensioni, esaltato da qualche solitario entusiasta, più spesso relegato dai critici borghesi nel limbo degli innocui ostinati utopisti: poi di nuovo il silenzio, per quattro, cinque anni.

Benché le sue premesse morali e filosofiche — cattoliche nel senso più severo e ortodosso — avessero riflessi politici e sociali che egli stesso, scrivendo, chiariva ed illustrava, la politica spicciola non riuscì mai a sedurlo: non era un polemista ed il suo apostolato restò sempre nel campo puramente ideale.

Nel Dolore, che uscì nel 1858, nella Restaurazione francese stampata nel '60. nell' Infallibilità e nella Legittimità edite nel '70 e nel ‘72. sviluppò ed inquadrò la sua dottrina, cercando, come scrisse, di "dimostrare agli uomini, quanto i loro interessi in questo mondo dipendano dai loro interessi nell’altro".

Il lavoro, lo sforzo, la fatica, il dolore, sono elementi essenziali della vita: sopprimerli è impossibile perché sono divini; e, se accettati con animo cristiano, diventano fecondi anche temporalmente.

"Per rialzare di nuovo la ragione presso i popoli e frenarne gli appetiti è necessaria tutta la potenza del cristianesimo....".

Soltanto il cristianesimo — anzi il cattolicesimo — può "distogliere il popolo dalle false dottrine che pongono quaggiù il Paradiso: e affievoliscono gli animi con il sogno fallace di un aumentato benessere".

Ci vuole dunque una Restaurazione, non soltanto politica, ma anzitutto morale, che, contro gli errori delle filosofie negatrici, riaffermi "l'eterna Verità superiore", giacché se "gli uomini hanno separato le scienze, di scienze in fondo non ce ne è che una sola: quella che subordina l’uomo alla leggi del Creatore", e "chi oggi proclama la verità per metà, fa più male di chi isolatamente la nega: al punto in cui sono gli animi e si trova la nostra civiltà, è necessaria la verità integrale".

Senza la religione i popoli decadono: la civiltà, privata dell'alito divino, si riduce a un mostruoso brutale macchinismo: tutto crolla, si disfa, si confonde nel caos.

"Chi ha seguito da presso le vicende degli uomini sa che quando le anime si sono affievolite, le nazioni sono morte, si è impoverito il sangue, il clima stesso è diventato ingrato, il suolo è isterilito, e la rude natura che ci aveva insegnato a servirci delle nostre forze, ha occupato di nuovo la terra...".

Verità religiosa e verità sociale, sotto entrambi gli aspetti, ripudiata dal secolo....

Saint Bonnet, proclamandone i diritti, sa di sfidare i mille pregiudizi del volgo, ma dalla propria limpida, assoluta certezza, trae la forza tenace di andar contro corrente, di rifiutare l'incenso agli idoli sovrani, di protestare, solo, contro la gran menzogna....

"La democrazia trionfa ed io combatto la democrazia. Le aristocrazie vengono ripudiate ed io sostengo che esse hanno creato le nazioni. I dogmi vengono respinti ed io sostengo che i dogmi hanno creato l'aristocrazia e la proprietà, queste due colonne di ogni civiltà. L'industrialismo, le banche, il credito, i prestiti sono esaltati ed io sostengo che essi rovinano i popoli....

"Le leggi del Creato, quali Iddio le ha segnate, nella natura stessa delle cose e degli uomini, escludono ogni sogno di eguaglianza terrena, consacrano nel modo più augusto e più solenne le giuste, insopprimibili eterne gerarchie, formale e mantenute per via di selezione.

"La società si può paragonare allo stato del vino in fermentazione. Continuamente la parte pura prende l’alto, l’alcool viene a galla e la feccia resta al fondo; ogni strato si pone in ragione del suo peso. Così circolano gli uomini in seno a una nazione, operando in tal modo il perfezionamento dell'insieme. Se il vino si guasta, la feccia sale e intorbidisce tutto. È quello che ha fatto la Rivoluzione francese...".

Da questa naturale, spontanea selezione, nascono dunque le aristocrazie a cui spetta la guida e il governo dei popoli: non caste chiuse, anguste, cinte di privilegi arbitrari ed odiosi, quali sono denunciate da lutti i demagoghi, bensì elette magnifiche di condottieri nati, servitori gratuiti dello Stato.

E lo stesso principio vale per designare le dinastie chinate a reggere le nazioni.

"Quando colui che scruta nei cuori e nelle reni sceglie una famiglia fra tutte le altre, la sua scelta è divina e regale; e di ciò tale casa da’ la prova fornendo più santi e legislatori e guerrieri che tutte le altre pur nobili famiglie: benché anche queste, sotto tale aspetto, superino quelle borghesi e popolari, in una proporzione prodigiosa....

"Stando difatti al Breviario Romano si vede che le famiglie nobili riunite hanno prodotto più del trentasette per cento dei Santi venerati dalla Chiesa cattolica, e le sole famiglie reali il sei per cento.... Ammettendo una famiglia nobile su cento, e una famiglia sovrana su duecentomila, si avrebbe questa proporzione: lo stesso numero di famiglie ha prodotto nella nobiltà cinquanta volte più santi che nel popolo, e nelle case reali, quattrocento volte più che nella nobiltà e ventimila più che nel popolo!.... Che sono davanti a questi fatti le declamazioni demagogiche, sulle virtù del popolo e sui vizi dei grandi?.... "

Nel ‘48, intorno alla nuova repubblica, successa alla borghese monarchia liberale, una parte del clero aveva civettato, per leggerezza o per romanticismo: in molti luoghi gli alberi della libertà democratica erano stati alzati fra gli incensi liturgici e i canti religiosi: l’Assemblea nazionale aveva visto eletti l'Abate Lamennais e il Padre Lacordaire....

Erano le prime ondate della vasta corrente che, in concorrenza con il socialismo, e sotto vari nomi nei diversi paesi, doveva trascinare molti onesti cattolici per le vie perigliose del modernismo politico, premessa o complemento di quello religioso....

Ancor oggi, malgrado tante tristi esperienze, c’è chi vorrebbe spingere la barca della Chiesa, presidio millenario dell'Ordine più augusto, sulle rotte ingannevoli di un fallace "progresso"....

Sempre lungimirante nella sua intransigenza Saint Bonnet vede il rischio di tali deviazioni e ne denuncia l’intimo fondamentale equivoco.

"La Rivoluzione francese è uscita dal Vangelo,... Una simile frase, che è come la divisa del movimento democratico cristiano, dà la chiave dell'errore che tutto lo involge.

"....Uscita dal Vangelo? Sì, quanto alle parole, ma quanto ai fatti la Rivoluzione francese esce dall'orgoglio umano giunto a maturanza, durante il secolo XVIII.

"Questo cristianesimo democratico tutto distruggerà, se prende forza.

"Esso si appropria quel tanto di verità che basti a dissimulare ogni errore ed a soffocare definitivamente ogni verità.

"Se si riuscisse ad unire lo spirito rivoluzionario con lo spirito religioso, a maritare l'orgoglio con la verità, là sarebbe finita per sempre per la nostra civiltà. Ecco il grande pericolo.... .".

Figlio e superatore della democrazia che nel campo economico nulla aveva innovato — se mai, nemica del corporativismo, fiorente prima dell’89, aveva peggiorato lo stato della plebe — il socialismo aveva cominciato a diffondersi nella seconda metà dell'800. Abbiamo visto che Donoso Cortés gli aveva dedicato un suo scritto importante, confutandolo insieme con il liberalismo, l'altra eresia politica e morale del secolo.

A sua volta anche Blanc di Saint Bonnet dovette preoccuparsi della nuova minaccia.

Più e più volte ritorna sopra tale argomento per denunciare l'insidia della guerra di classe e affermare la sacra legittimità del possesso, contro le aberrazioni del mito comunista.

"Non ci vuol tanto per suscitare una rivoluzione.... Gli uomini sono infelici: ditegli che fra loro vi sono degli altri uomini che ne sono la causa.... ".

"Il capitale cominciò il giorno in cui gli uomini, appagati i propri bisogni, ebbero la possibilità e la saggezza di risparmiare. Se la proprietà non fosse sorta immediatamente, i bisogni avrebbero continuamente consumato i prodotti: questo capitale prezioso che doveva costituire tutto l'avvenire dell'umanità non si sarebbe fondato e noi saremmo ancora allo stato selvaggio…."

"Il capitale ha un padre, figlio dell'uomo; il lavoro; ed una madre, parimenti figlia dell’uomo, l’economia... ".

E ancora, con parole veramente profetiche, come ha mostrato l’esperienza russa:

"La miseria del popolo, miseria più grande che mai, verrà da quelli che la vogliono abolire".

* * *

Con queste citazioni, scelte a caso fra tante, credo di avere dato una impressione esatta delle idee e dello stile dell’austero lionese, benché riesca difficile rendere in italiano, senza prendere troppe libertà con il testo, un periodare spesso complicato e impreciso, e tuttavia efficace per la fiamma interiore che traluce attraverso le nebbie di una prosa, volentieri prolissa e talvolta un po' stanca.

Fiamma che non oscilla, che non viene mai meno, e che in alcuni libri — Il Dolore, ad esempio — divampa in un incendio di passione e di fede.

Resta poco da aggiungere per la parte biografica, dopo quello che ho detto in principio al capitolo.

Giovane ancora, Blanc de Saint Bonnet si era sposato e aveva fondato una famiglia. Buon marito e buon padre, visse patriarcalmente, fra la moglie, compagna di tutti i suoi pensieri, e le figlie amatissime che egli stesso istruiva; e le stagioni e gli anni, nel ritiro campestre, si seguirono uguali, finché giunse il tramonto, cui, se fu rassegnato, non mancarono certo le prove e le afflizioni.... Egli perdette infatti nel ‘70 la moglie, alcuni anni più tardi la figlia Elisabetta, novizia nel Convento della Visitazione, poi Maria, maritata al Conte di Calonne.... A questo ultimo colpo sopravvisse tre mesi, che furono una lenta dolorosa agonia, e al principio del giugno 1880 si spense da cristiano, a sessantasei anni.