PAPA PIO IX
La Civiltà Cattolica anno XXIX serie X vol. VII (fasc. 677, 27 agosto 1878), Firenze 1878.
R.P. Matteo Liberatore S.J.
MISSIONE PROVVIDENZIALE DI PAPA PIO IX
I.
Colla precedenza di pochi giorni alla pubblicazione dell'articolo della Revue des deux Mondes, che travisava il carattere del Pontificato di Pio IX, e di cui facemmo menzione nel passato quaderno [1], uscì alla luce in un altro periodico, parimente francese, gli Études, un altro articolo, che ne chiariva la vera idea, mostrando che la missione, data dalla divina provvidenza a Papa Pio IX, fu quella di combattere il più fiero nemico della verità cattolica nei tempi presenti: il Liberalismo [2].A noi è sembrato sì giusto questo concetto, e sì utile ad informarne la mente, che volentieri ne facciamo materia della presente trattazione, epilogando in gran parte i pensieri, espressi nel detto articolo, e ripetendone il titolo.
Il Liberalismo, dice il Ramière autore dell'articolo soprallodato, è una dottrina che afferma la piena indipendenza della libertà umana; e per conseguenza nega ogni autorità superiore all'uomo, nell'ordine intellettuale, religioso e politico. Ce ne ha tre specie. Il liberalismo radicale, che professa tutti i principii liberaleschi e non si arretra dinanzi al alcuna delle sue conseguenze; il liberalismo moderato, che ammettendo gli anzidetti principii ne rigetta alcune conseguenze; il liberalismo cattolico, che non è tanto una professione positiva di errori, quanto una tendenza ad essi, e che sentendo colla Chiesa, quanto ai principii, trova inconveniente il proclamarli, e tirarne le conseguenze. Rispetto a queste si tiene in tutto o in parte col liberalismo moderato. Il Liberalismo è sorto dal Protestantesimo e dal Cesarismo, come loro perfezionamento logico. In religione il Protestantesimo avea negato l'autorità della Chiesa, sostituendovi il giudizio privato; pur ritenendo la parola rivelata nelle divine Scritture. In politica il Cesarismo avea sottratto il potere civile dalla subordinazione al potere religioso; pur volendo la società a sè soggetta come ad emanazione diretta del potere divino. «Il Liberalismo è stato più audace ad un tempo e più sincero; ed in religione come in politica ha compita la rivolta. In nome della libertà del pensiero, della libertà di coscienza, della libertà de' culti, ha proclamato l'indipendenza degl'individui e delle società non solamente a riguardo della Chiesa, ma a riguardo di Gesù Cristo e di Dio. Esso ha finito così di rovesciare l'ordine cristiano, al quale le società moderne dovevano la loro unione, il loro progresso, e fin la loro esistenza [3].»
«Gesù Cristo, re delle anime e delle nazioni, padre dei principi e dei popoli, ha fondato sulla terra una società, che spirituale nella sua essenza ed istituita principalmente per la salute eterna delle anime, ha abbracciato nel suo pieno esplicamento le nazioni stesse, alle quali ella assicura i beni più preziosi dell'ordine altresi temporale. Ed invero, dal punto che le nazioni, come tali, si sottomettevano a Gesù Cristo, esse non potevano ricusare di prendere la legge evangelica per regola delle loro scambievoli relazioni, e dei rapporti tra governanti e governati. Esse trovavano in questa regola comune, interpretata ed applicata dalla Chiesa, il legame d'una confederazione reale e profonda. Così s'era formata, intorno alla Chiesa, società delle anime, questa società delle nazioni, che nominavasi la Cristianità: corpo immenso, di cui Gesù era il Capo, come lo era della Chiesa stessa, e di cui le nazioni erano le diverse membra [4].»
Quest'ammirabile istituzione, che il Cesarismo e il Protestantismo avevano assalita, il Liberalismo, quant'è da sè, l'ha distrutta. Esso proclama nell'ordine intellettuale l'affrancamento da ogni regola; e nell'ordine sociale l'indipendenza da ogni autorità superiore. Ripudiando l'autorità di Dio, non può ritenere quella di Cesare. Al popolo appartiene farsi la legge da sè medesimo, elevare e rovesciare i poteri, creare i diritti e i doveri. Esso è sovrano nel senso più assoluto della parola; la sua volontà è regola di sè medesima. Tal è l'idea del Liberalismo. E però esso è l'eresia più funesta di tutte; l'eresia anticristiana per eccellenza; siccome quella che annienta la missione sociale della Chiesa, ferendola così nella sua essenza, e nega la sovranità di Gesù Cristo, risultante dalla sua divinità. Gesù Cristo, Signore, dee regnare non solo sopra gl'individui, ma sulle nazioni: Dabo tibi gentes haereditatem tuam [5]; e a lui debbon servire i principi, in quanto principi, e i popoli in quanto popoli: Adorabunt eum omnes reges terrae, omnes gentes servient ei [6]. La Chiesa ha missione d'effettuare quest'ordinamento divino: Docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis [7].
II.
Pio IX salendo sul trono pontificale trovò il Liberalismo già in possesso dell'opinione pubblica e della protezione più o meno dichiarata di tutti i Governi. Chiamato dalla divina provvidenza a combattere sì formidabile avversario, il suo primo passo fu di costringerlo a smascherarsi. Non ci è cosa più perigliosa, che avere a fronte un nemico camuffato e coperto di bugiarde divise. L'inganno in tal caso rende vana ogni arte di guerra, e può trarre dalla parte avversa fino gli stessi commilitoni. Ora il Liberalismo si presenta armato appunto di menzogna e di frode. Esso è alla libertà ciò che il filosofismo è alla filosofia. Nondimeno del venerando nome di libertà si prevale ad insidia, per trappolare ogni genere di persone. Sotto tale infingimento, esso strombazzava che i Pontefici, nell'osteggiarlo, lo avevano disconosciuto; che esso, lungi dall'avversare la Chiesa, ne voleva spezzar le ritorte ond'era avvinta sotto i Governi assoluti; che esso non agognava altro, che la riforma degli abusi, il legittimo godimento de' naturali diritti, l'affrancamento de' popoli da dominazione straniera, il miglioramento delle istituzioni civili. Questi essere i sensi del vero Liberalismo, che forse talvolta si esageravano, per una specie di esaltato contrasto, che naturalmente sorge dal non veder soddisfatti i giusti desiderii. Così l'ipocrisia formava un mantello, sotto del quale il Liberalismo, non solo nascondeva le sue laide fattezze, ma rivestendo oneste apparenze riusciva ad ingannare fino i più sinceri cattolici.Ebbene Pio IX, appena proclamato Pontefice, si affrettò ad appagare in larga misura i finti voti. «Dal principio del suo Pontificato egli fece più atti di clemenza, decretò più miglioramenti materiali e morali, che non avevano fatto i suoi predecessori da un secolo. Dopo l'amnistia, pubblicata il 16 luglio, venne l'istituzione del comitato per l'introduzione delle strade ferrate; poi la nomina di un altro comitato per la riforma dell'amministrazione; la conferma di quello, che era stato stabilito da Gregorio XVI, pel rifacimento della procedura e del codice civile; l'incarico degli studii pel disegno di ministeri risponsabili, creati nel seguente mese di ottobre; lo stabilimento d'una consulta elettiva, composta dei Deputati di Roma e delle Province; in fine il decreto che allentava considerabilmente i legami, precedentemente imposti alla stampa. Non era questo bastevole per un primo anno di regno [8]?»
Nè qui ristette il Pontefice; egli concedette più di quello, che ragionevolmente si poteva chiedere a lui. «Ma quanto più egli dava, tanto più gli si domandava. Dopo aver conceduto tutto il possibile, si pretese da lui l'impossibile. E quando sotto la pressione della manifesta violenza, egli concedette anche l'impossibile, quando ebbe data una costituzione, accettato un governo parlamentare, posto alla testa del governo l'uomo meno sospetto pei suoi antecedenti, e più risoluto ad eseguir le riforme tanto domandate; la setta, vedendo fallire, per l'effettuazione de' suoi ipocriti voti, il complotto sovversivo al quale servivano di maschera, non esitò, per impedirla, a servirsi del pugnale. Pellegrino Rossi, il ministro liberale, bagnò del suo sangue le scale del palazzo parlamentare; e nel Parlamento, che aprivasi con tali auspicii, non si levò una sola voce a protestare contro l'infame delitto, mentre che la folla menava in trionfo per le vie di Roma il pugnale che ne era stato strumento [9].» Così Pio IX convinse di menzogna il Liberalismo; o meglio lo costrinse a smentir sè medesimo; a mostrarsi per quello che veramente era, sicchè non potesse più per l'avvenire fascinare i semplici colle sue imposture.
Forse a quella larghezza di concessioni influì qualche illusione generosa del magnanimo Pontefice; ma questo stesso entrò nei disegni di Dio, per la missione a cui destinavalo. Certo il Ramière riporta le parole, riferitegli da un illustre e santo Prelato, il quale le avea raccolte dalla bocca medesima di Papa Pio IX; e son le seguenti: «Sì; noi ci siamo ingannati, disse l'umile Pontefice. Ma noi crediamo che quest'errore, ben innocente da parte nostra, entrava nei disegni della Provvidenza. Se noi avessimo opposta un'assoluta resistenza ad aspirazioni, divenute sì generali anche presso i cattolici, si sarebbe accusato il Papato d'avere, per la sua inflessibilità, alienata da sè volontariamente la società moderna. Per contrario, concedendo tutte le libertà civili, compatibili coi diritti essenziali della Chiesa, noi abbiamo smascherata l'ipocrisia di coloro, i quali non dimandavano le anzidette libertà, che per opprimere la Chiesa [10].»
III.
Strappata così dal viso la maschera al Liberalismo e costrettolo ad apparire nelle sue veraci sembianze, Pio IX potè prendere a combatterlo ed atterrarlo. Ciò fu l'opera dei susseguenti suoi lunghi anni. Nè altri s'illuda, al vedere che Pio IX morendo lasciò anzi il Liberalismo in pieno trionfo. Anche Gregorio VII morì nell'esilio, lasciando nel colmo della potenza il suo avversario. Nondimeno è certo che egli ne avea trionfato, perchè lo avea conquiso nell'ordine delle idee, che irresistibilmente trapassarono poscia in quello dei fatti. Le investiture, da Gregorio proscritte, dovettero, senza riparo, rinunziarsi dai successori di Arrigo IV. Lo stesso vuol dirsi di Pio IX. Egli finì, moralmente prigione in Vaticano, sotto gli occhi del Liberalismo, padrone dei suoi Stati e della stessa sua capitale e sostenuto dalle simpatie di tutte le Potenze d'Europa, aggiogate al suo carro. Ma, prima di finire, l'invitto Pontefice avea già dato all'avversario il colpo mortale. Egli con indomabile costanza gli tenne testa, e lo sfolgorò assiduamente colla virtù tremenda del suo magistero. Nelle sue moltiplici allocuzioni, ne' suoi innumerevoli discorsi (una parte dei quali, messa a stampa, forma ben quattro grossi volumi), il pensiero dominante fu sempre la condanna del Liberalismo o in sè stesso o nelle sue svariate manifestazioni. Nè contro il solo Liberalismo radicale egli diresse i suoi fulmini, ma contro il moderato altresì e il così detto cattolico, che egli dichiarò, ripetutamente, anche più pernicioso degli altri due, perchè insidiatore domestico. Ma segnatamente egli ferì a morte tutte e tre queste forme di Liberalismo colla pubblicazione della sua Enciclica, Quanta cura, e più spiegatamente ancora col celebre Sillabo, oggetto perciò di tante ire e di tante bestemmie per parte dei liberali. Cotesto Sillabo, che oggimai è divenuto il codice della condotta morale pei veri credenti, racchiude la condanna dei principali errori liberaleschi nel giro della religione, della famiglia, della società civile e delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa. In questo quadruplice ordine di cose nessun cattolico può più esser vittima dell'illusione e dell'inganno. Basta che guardi al Sillabo. L'ultima proposizione in esso condannata, la quale contiene virtualmente tutte le precedenti, è questa: «Il Romano Pontefice può e deve venire a conciliazione e componimento colla civiltà moderna, col moderno progresso, col Liberalismo.» La civiltà moderna è il ristauro della civiltà pagana, con tutto l'apparato del suo scetticismo e del suo materialismo. Il progresso moderno è l'abbattimento d'ogni regola immutabile di giustizia, stante il suo diritto nuovo, originato dalla voltabile volontà popolare e dai capricci della pubblica opinione. Il Liberalismo è la negazione d'ogni autorità superiore, e da esso trae origine la civiltà moderna e il progresso moderno. Pio IX l'ha sfolgorato in sè stesso e nelle sue derivazioni.IV.
Il signor Anatolio Leroy-Beaulieu, nell'articolo della Revue des deux Mondes da noi ricordato da principio, riconosce un tal fatto, benchè lo snaturi nelle sue conseguenze. Egli dice: «A muovere dal 1848 il Pontificato di Pio IX non è stato che una lotta implacabile contro ciò, che si appella lo spirito moderno. A questo riguardo Pio IX non faceva che ripigliare e spingere con più vigore una guerra, ingaggiata circa il tempo del suo nascimento. L'antico Papa liberale del 1847 non era che lo strumento dell'Oltramontanismo contemporaneo, il quale non è esso stesso se non una reazione contro la rivoluzione, di cui riproduce in senso inverso l'ardor passionato, le soluzioni assolute, lo spirito spinto tropp'oltre. A una religione di fede e d'autorità la rivoluzione avea voluto sostituire una religione novella, di cui le due magne deesse erano la ragione e la libertà. Son queste le false divinità, tuttavia adorate dal secolo, benchè oggidì prive d'altari, che Pio IX ha voluto rovesciare. È questa nuova idolatria quella, che egli ha preteso di sradicare e sterpare, negando ciò che essa afferma, affermando ciò che essa nega, avvilendo ciò che essa onora, glorificando ciò che essa disprezza. Tutto il regno di Pio IX non è stato che un'esaltazione dell'autorità a fronte della libertà moderna, un'esaltazione del soprannaturale contro il razionalismo e naturalismo contemporaneo.«Liberalismo e razionalismo, l'uno provegnente dall'altro, e tutti e due insieme causa ed effetto della rivoluzione, ecco il nemico che Pio IX ha perseguitato simultaneamente, nelle sue allocuzioni, nelle sue encicliche, nelle sue riforme ecclesiastiche, nelle sue definizioni dommatiche. Contro questo doppio avversario Pio IX ha preso intrepidamente l'offensiva, interdicendo ogni tentativo di pacificazione, come con l'uno così coll'altro, ricercandoli e dando loro la caccia nei più riposti nascondigli, fin nel seno dei fedeli e del clero, scoprendoli e smascherandoli sotto i travestimenti in apparenza più innocenti. Nel suo zelo a condannar le dottrine o gli uomini sospetti di tendenza o di debolezza per gli errori moderni, Pio IX sembrava aver intrapreso d'epurare la fede e la Chiesa, senza timore di disgustare un'età scettica, urtando sì bruscamente le sue abitudini e i suoi istinti. Per richiamare i popoli dalle vie perigliose, in cui la rivoluzione li avea sospinti, la Chiesa guidata da Pio IX si è sistematicamente affondata nei più opposti sentieri, a rischio di non poterne più uscire, e non essere più seguita che da piccolo numero [11].»
Al solito dei liberali, qui lo scrittore fa un guazzabuglio di vero e di falso, di giudizii retti e torti, con niuna coerenza d'idee. Egli confessa che liberalismo e razionalismo sono strettamente congiunti; che il loro culto, quasi nuove divinità, si vuol sostituire alla fede e all'autorità della Chiesa; e nondimeno motteggia Pio IX, come strumento dell'oltramontanismo nell'osteggiarli risolutamente, senza temere di offender troppo lo scetticismo del secolo. E che avria dovuto fare l'invitto Pontefice, a senno del signor Anatolio? Egli nol dice, ma il fa trasparire abbastanza da tutto l'articolo. A senno suo, Pio IX, per operare prudentemente, avria dovuto venire a temperamenti ed a patti col Liberalismo, far come un amalgama de' due contrarii principii: un po' di vero e un po' di falso, un po' di fede e un po' di razionalismo, un po' di obbedienza a Dio e un po' di condiscendenza al diavolo. Ma non è questo, signor bello, lo spirito della Chiesa di Cristo. La Chiesa, figlia del cielo ed espressione sincera dell'eterna verità, non può patteggiar mai coll'errore: ella deve combatterlo pienamente, perpetuamente, inesorabilmente; fino a ricacciarlo nell'inferno, sua culla e sepolcro. Non è possibile conciliazione della giustizia coll'iniquità; del tempio di Dio con quello degl'idoli. Quae participatio iustitiae cum iniquitate?... Qui consensus templo Dei cum idolis [12]? Ma così ella sarà seguita da piccol numero. Sia. E a che gioverebbe il gran numero, quando esso fosse composto d'ipocriti o mezzo infedeli? La Chiesa vuole anch'essa, come vuole Dio, la salute di tutti gli uomini. Vult omnes homines salvos fieri. Ma a condizione che essi si pongano realmente, non illusoriamente, sulla via della salute, consentendo appieno colla verità e colla giustizia. Del resto il piccol numero, quando sia composto di veri fedeli, basterà a riconquistare il mondo. Non è spenta la parola di Cristo: Nolite timere pusillus grex, quia complacuit Patri vestro dare vobis regnum [13]. Non al numero, ma alla fede è promessa la vittoria. Haec est victoria, quae vincit mundum, fides nostra [14].
V.
Al Liberalismo, così condannato, restava nondimeno uno scampo, quello cioè che gli porgeva il Gallicanismo, colla negazione dell'infallibilità pontificia. Scampo vano; perocchè l'intero Episcopato avea fatto plauso con pieno suffragio al Sillabo e fattolo pubblicare in ciascuna Diocesi. Tuttavolta in mancanza di sodo fondamento, non sarebbero mancati i pretesti contro la verità, per sostenere che il giudizio del Papa non era definitivo, perchè non ancora confermato dalla Chiesa, vuoi raccolta in Concilio, vuoi dispersa per tutto l'Orbe. E così videsi lo strano spettacolo d'un'alleanza strettissima dei liberali coi gallicani, a fine di osteggiare con forze riunite l'autorità pontificia. Gli uni e gli altri riconobbero, che, quantunque discordi tra loro nell'esaltare quelli la sovranità del popolo e questi l'autocrazia dei principi, nondimeno congiungevali uno stesso interesse, quello cioè di voler l'una cosa o l'altra a discapito della sovranità del Pontefice. Era questo come il punto di contatto tra le due fazioni, ed esse si accordarono insieme contro il comune avversario, sopendo a tempo gli scambievoli dissensi.Pio IX sfolgorò e conquise la mostruosa lega, mediante il Concilio Vaticano, e la Costituzione Pastor aeternus. Fu questo l'atto più solenne di quella veneranda Assemblea, e pel quale sembra che Dio la volesse adunata. In virtù dell'anzidetta costituzione il magistero papale fu dichiarato infallibile ed irreformabile per sè medesimo, senza alcun bisogno di assenso per parte dell'Episcopato. Chi non riconoscesse una tal verità, sarebbe issofatto anatema, cioè separato dalla Chiesa di Cristo.
Il Liberalismo ricevette così il colpo di grazia. Egli vide rovesciati d'un tratto da capo a fondo tutti i suoi disegni. L'alleanza col Gallicanismo gli avea fatto sperare non pure uno schermo per sè contro le condanne pontificie, ma la confermazione di alcuni almeno de' suoi principii per parte della Chiesa. Se avesse potuto conseguire che la suprema autorità ecclesiastica fosse riconosciuta non nel Pontefice ma nel corpo de' Pastori; avrebbe potuto vantare nella stessa società religiosa, istituita da Cristo, una specie di governo rappresentativo e una partecipazione di Liberalismo, almen temperato. Sarebbe stato questo un risultato inestimabile pel trionfo de' suoi principii. La Costituzione Pastor aeternus distrusse per sempre questa folle speranza. Essa ha definito irrevocabilmente che il Romano Pontefice è capo della Chiesa universale; che egli ha piena potestà di pascere, di reggere e di governare l'intero gregge di Cristo; che questa sua potestà è episcopale, ordinaria, immediata, verso la quale Pastori e fedeli, tanto ciascuno in individuo, quanto tutti insieme, son tenuti dal dovere di obbedienza; che infine gl'insegnamenti di esso Romano Pontefice, per ciò che riguarda fede e costumi, sono infallibili, e non soggetti a riformazione veruna.
Che farà il Liberalismo contro una definizione dommatica così espressa e piena e solenne? Dove cercherà farmaco alla sua ferita mortale? La cercherà (giacchè altro non restagli) nel campo della incredulità e della violenza. Ma il suo ricorso all'incredulità è pei fedeli un preservativo efficacissimo dal suo contagio; e il ricorso alla violenza non sarà più profittevole a cotesto paganesimo moderno, di quello che fu per l'antico. La violenza, esercitata contro i prischi fedeli, determinò la loro vittoria sul mondo pagano; la violenza, esercitata contro i fedeli odierni, determinerà la loro vittoria sul mondo liberalesco.
Nel giorno 18 luglio 1870 (ben osserva il Ramière) la missione provvidenziale di Pio IX era pienamente compita. Se non che conveniva ch'ei la suggellasse colla croce. «Dopo essere stato il confessore della sovranità sociale di Gesù Cristo e della Chiesa, gli restava di divenirne il martire. E di fermo, il martirio è la testimonianza suprema; è la gloria più grande, che il servo di Gesù Cristo possa rendere al suo Signore, la più perfetta rassomiglianza che possa acquistare di lui; è per la verità il più splendido dei trionfi [15].» Pio IX dovea riportare questo trionfo sul Liberalismo, da lui conquiso. Ed egli lo riportò di fatto col soffrire la rapina de' suoi Stati; col mirare gli oltraggi ai diritti e alle istituzioni della Chiesa, fatti continuamente dai nuovi dominatori; col sopportare gl'insulti, nella sua stessa capitale, d'una stampa svergognata; col divenir ludibrio a sozze lingue di onorevoli senza onore; coll'esser costretto a tenersi in moral prigionia nel proprio palazzo. Stando su questa croce, anche a lui, come già a Gesù Cristo dai farisei, si gridava che volesse discenderne: Descende de cruce. Egli vi perseverò tuttavia pel lungo tratto di più di un settennio, fino al punto in cui rese l'invitta anima a Dio. Gloria imperitura al gran Pontefice; e infamia perenne ai suoi persecutori.
NOTE:
[1] Vedi Civiltà Cattolica, Serie X, vol. VII, pag. 8.[2] Études religieuses, philosophiques etc. Avril 1878, pag. 534: La mission providential de Pie IX.
[3] Études etc. XXII Année, V Série, tome 1, pag. 538.
[4] Ivi.
[5] Ps. II, 8.
[6] Ps. LXXI, 11.
[7] Matth. XXVIII, 20.
[8] Pag. 548.
[9] Pag. 550.
[10] Pag. 549.
[11] Revue des deux Mondes, tome vingt-septième, pag. 410.
[12] 2a ad Cor. VI, 14, 16.
[13] Lucae, XII, 22.
[14] 1a Ioannis, V, 2.
[15] Pag. 552.