PRESENTAZIONE
DELL'EDITORE
Le acute e lucide osservazioni dell'Autore a
riguardo delle innegabili somiglianze tra le variazioni introdotte in seno alla
riforma liturgica anglicana del XV secolo e quelle adottate per l'attuazione in
ambito cattolico dei dettami sanciti in materia liturgica dal Concilio Vaticano
II, costituiscono un ulteriore prezioso tassello che va ad arricchire
notevolmente le solide argomentazioni di chi da ormai trent'anni denuncia il
tentativo in atto di «protestantizzazione» voluta scientemente
dalla Gerarchia dell'unica Chiesa di Cristo. Al lettore attento non sfuggirà
infatti come tutte le riforme introdotte nella liturgia cattolica (l'uso della
lingua volgare e la completa abrogazione del latino, la sostituzione dell'altare
con un semplice tavolo, la comunione in piedi e nella mano, la sostituzione del
Canone tradizionale con altre preci eucaristiche dal sapore tipicamente
luterano, ecc...) a partire dalla Costituzione conciliare sacrosantum CONCILIUM (del 4
dicembre 1963) e soprattutto dalla successiva Istruzione EUCHARISTICUM
MYSTERIUM, la cui paternità sarebbe del Cardinale Giacomo Lercaro, abbiano
come obiettivo finale e come logica conseguenza, l'affievolimento e la morte
della pietà e della fede eucaristica nel popolo
cristiano, clero compreso. Non per nulla, il pastore luterano statunitense
Luther D. Reed, professore di liturgia per 35 anni presso il seminario teologico
di Philadelphia, e autore di molte opere su questo soggetto, ha potuto scrivere
trent'anni fa queste brucianti parole che la dicono lunga sulla vera natura del
cosiddetto «rinnovamento liturgico» imposto dal Vaticano II e che
dovrebbero far meditare certi difensori ad oltranza della nuova Messa di Paolo
VI: «L'attuale movimento liturgico mondiale della Chiesa romana non è che
uno sforzo tardivo (ossia, dopo che noi abbiamo già fatto tutto questo
più di 4 secoli fa; N.d.R.) compiuto
per sviluppare una partecipazione attiva ed intelligente dei laici alla messa,
in modo che il popolo possa credersi co-celebrante con il
sacerdote» 1.
PREFAZIONE DEL
TRADUTTORE
Spesso, gli autori cattolici hanno trattato il
tema dell'instaurazione del protestantesimo in Inghilterra, ponendolo come
paradigma tipico di ogni rivolta eretica, anche se esso ripetè, nelle strutture,
i mezzi impiegati da sempre nello smantellamento ricorrente della
cattolicità. Nello studio che segue del Williamson, si vedrà chiaramente come
tali mezzi siano stati sostanzialmente tre:
1º) L’abolizione del latino e l'uso della
lingua volgare;
2º) La sostituzione dell'altare con una
tavola;
3º) I cambiamenti nel Canone della
Messa.
Da questi tre principali sovvertimenti derivarono altre non meno gravi distruzioni e
scardinamenti, come la graduale scomparsa dei libri sacri, ritirati a poco a
poco dalle librerie e quindi mandati silenziosamente al macero; la Comunione in piedi, primo passo per poi riceverla da seduti e
nella mano; la trascuratezza per il culto mariano; il rapido declino
dell’autorità papale; l’aperta opposizione dei Vescovi ed il sorgere di nuove
sette sempre più numerose. II lettore troverà tutti questi fenomeni nelle pagine
che seguono, e che descrivono, appunto, come ad un certo momento della sua
storia, l’lnghilterra si trovò con una nuova religione al posto di quella
tradizionale; e si fa cenno del sangue, dei patimenti e delle torture atroci che
tale cambiamento costò al paese, attraverso la persecuzione crudele di quei
Martiri inglesi che furono riconosciuti e solennizzati dal vertice romano, in
curiosa concomitanza con l'imposizione dei nuovi Canoni della Messa, il cui
testo attuale, secondo l’Autore di questo studio, assomiglia moltissimo al
Canone della Messa riformato da Thomas Cranmer, crudele persecutore dei
cattolici, moltissimi dei quali subirono il glorioso martirio per averlo
respinto. Il dato impressionante rimane la ripetizione esatta e puntuale nella
storia dei fenomeni che spingono avanti l’eresia. Sono sempre identici. I
lettori di questo studio potranno facilmente constatare come le interpretazioni
del Cranmer siano state ormai in buona parte accettate e adottate dalla Chiesa
cattolica attraverso il Novus Ordo Missæ, e le relative disposizioni,
autorevolmente suggerite, più che ufficialmente date, come l’abolizione del
latino, la Comunione in piedi e nella mano, la distruzione dei testi sacri, ecc...; mentre la
sostituzione dell'altare (praticamente una tavola, anche quando la Messa
viene celebrata versus
populum) e lo sconvolgimento del Canone, tradotto e recitato ad alta
voce, sono contemplati nel corpo delle disposizioni chiaramente emanate dal
vertice, senza sussulto, con lentezza,
seguendo la tecnica della «sorpresa» e del «fatto compiuto», e con le periodiche
riaffermazioni di fede cattolica. Esattamente ciò che avvenne in Inghilterra,
nel bel mezzo del XVI
secolo.
Roma,
Pentecoste 1971
THOMAS CRANMER, il
protagonista di questo scritto, fu il Vescovo riformatore anglicano,
nato a Aslacton (contea di Flottinghamshire) il 2 luglio 1439 e morto sul rogo
il 21 marzo 1556. Insegnò teologia a Cambridge partecipando attivamente
alla vita politica e religiosa del suo
tempo, e soprattutto alla formazione della confessione anglicana che volle
attuare con ogni mezzo, non esclusi i più efferati. Nominato Arcivescovo di
Canterbury da Papa Clemente VII (1478-1534), dopo qualche tempo si ribellò
all’autorità di Roma, infrangendo il giuramento di fedeltà. Morto Enrico VIII (1491-1547), fece parte del
Consiglio di Reggenza di Edoardo VI (1537-1553), ma quando partecipò al
complotto per far salire al trono Jane Gray, al posto di Maria Tudor, fu
condannato al rogo come eretico. Le sue famose opere, tra le quali, il
Book Of Common Prayer
(«II Libro della preghiera comune»), scritto nel 1549, culminarono con la
versione in volgare della Bibbia, operata con chiara intenzione antipapale. Egli
combattè soprattutto la dottrina cattolica della Transustanziazione, della Presenza Reale
della Carne e del Sangue di Cristo nell’Ostia e nel calice, e del Sacrificio
dell’altare, riducendo la Messa, in armonia con Lutero e con gli altri
riformatori, ad una semplice commemorazione storica. Per far ciò, distrusse le
basi stesse della dottrina cattolica, perseguitando non solo le sue strutture,
ma i suoi testimoni viventi.
HUGH
ROSS WILLIAMSON, autore di questo
opuscolo, s’interessò per cinquant’anni al problema dell’unità cristiana,
e nel 1955, da anglicano si fece cattolico, nella convinzione ben maturata che
le 290 sette protestanti fossero eretiche. Egli vide nella chiesa anglicana la
distruzione del Canone della Messa che in
Inghilterra era stato recitato da tutti i sacerdoti dal tempo di
Sant’Agostino fino all'avvento del protestantesimo. Autore di molte opere importanti, il Williamson è
un’autorità ben conosciuta nel campo degli studi teologici e teoretici. Il suo
ultimo lavoro è uno studio sul Cardinale Pole (di cui parla anche in questo libretto),
d’importanza fondamentale per la documentazione storica e religiosa del XVI
secolo.
I
OBIETTIVI DI CRANMER
Lo storico inglese diffida istintivamente dei
cambiamenti liturgici. Sa che questi sono già avvenuti nel suo paese e che hanno
avuto per conseguenza lo scardinamento
del precedente sistema religioso. Non sempre ci si rende conto, però, che, se si
escludono gli specialisti, solo pochi si interessano di un argomento così
particolare, e che la generale indulgenza verso certi atti è originata
dall’ignoranza più che dalla malafede. La riforma liturgica compiuta in
Inghilterra nel secolo XVI fu opera, in gran parte, di Thomas Cranmer,
Arcivescovo di Canterbury, che dal 1547 al 1553 fece il bello e il cattivo tempo
in campo religioso. Egli non faceva mistero delle sue intenzioni e non cercava
affatto di celare il suo pensiero, e cioè, che la potenza della «grande
prostituta, vale a dire della pestifera sede di Roma», risiedeva nella
«dottrina papista della Transustanziazione, della Presenza Reale del Corpo e del
Sangue di Cristo nel SS.mo Sacramento dell’altare (come essi dicono), e del
Sacrificio e dell’oblazione di Cristo offerti, mediante il ministero
sacerdotale, per la redenzione dei vivi e dei morti» 2. Ecco quello che occorreva distruggere. Era
necessario che il popolo apprendesse che
Cristo non era presente nel SS.mo Sacramento, ma soltanto in coloro che
lo ricevono degnamente. «Mangiare e bere la Carne e il Sangue di Cristo non
deve essere preso nel significato letterale di mangiare con la bocca e con i
denti una cosa reale, ma in quello di assimilare, mediante una fede viva, con il
cuore e con lo spirito una cosa in realtà assente» 3. Il nuovo rito escogitato da Cranmer per
giustificare il suo atteggiamento, «la celebrazione della Santa Cena»,
non doveva contenere nulla che si prestasse a qualche somiglianza con la
Messa, «mai abbastanza odiata». La Messa nella quale «è offerto a Dio
Padre un sacrificio, cioè il Corpo ed il Sangue di Nostro Signore, vero e reale,
per ottenere il perdono dei peccati e la salvezza dei
morti e dei vivi»
4 fu definita
un’eresia meritevole della pena di morte.
Tale era l’obiettivo di Cranmer. I tre principali mezzi per raggiungerlo
dovevano essere l’uso della lingua volgare, la sostituzione
dell’altare con una santa tavola e i cambiamenti operati nel Canone della
Messa.
II
LA LINGUA
VOLGARE
La traduzione della Bibbia in lingua volgare
esisteva in Inghilterra fin dall’epoca sassone. Molto prima che Wyclif
5, nel 1380, proponesse la sua nuova
traduzione «con intenti perfidi», vi erano state, come aveva fatto
osservare San Tommaso Moro (1478-1535), altre traduzioni in inglese ad opera di
«uomini virtuosi ed eruditi, buoni ed onesti». E il Santo insisteva sul
fatto che non vedeva la ragione per cui la Bibbia non dovesse essere tradotta in
inglese, dal momento che «non c'è alcun
passaggio della Scrittura tanto ostico da non offrire spunti per gioire e per accrescere la propria devozione
sia ad un uomo virtuoso e onesto che ad una donna». Ciò a cui si
doveva resistere era la traduzione della Bibbia deliberatamente orientata
«secondo un perfido intento». Ecco la principale ragione dell’insistenza dei riformatori del XVI secolo nel chiedere
la lingua del popolo 6. La traduzione di William Tyndale
7, uno dei seguaci di Cranmer, fu fatta
bruciare dalle autorità religiose. Interrogato in proposito, San Tommaso Moro
rispose: «Mi meraviglio assai che qualche buon cristiano, con appena un
briciolo di cervello, si stupisca o si lamenti che questo libro sia stato
bruciato, sapendo di che si tratta. Se qualcuno lo chiama il «Nuovo Testamento»,
lo chiama con un falso nome, a meno che non lo chiami il Testamento di Tyndale o
il Testamento di Lutero. Perché Tyndale, dietro consiglio di Lutero, ha corrotto
e cambiato la buona e salvifica dottrina di Cristo nelle loro diaboliche
eresie al punto tale da renderla cosa nettamente contraria». Pregato di dare
alcuni esempi, scelse tre parole: «Una è la parola «sacerdote».
La seconda è «Chiesa». La terza è
«carità». Al posto di «sacerdoti», Tyndale usa sempre la parola
«anziani». Chiama la «Chiesa» «Assemblea», e invece di
«carità», dice «amore». Poiché tali termini non sono affatto
sinonimi nella lingua inglese, a ben considerare le cose è chiaro che
un'intenzione malvagia ha ispirato questi cambiamenti» 8. D’altra parte, Tyndale corredava la sua
traduzione di note; come quella, per esempio, che diceva essere la Messa una
questione di «scuotimenti, dondolamenti e miagolii come un gioco di
scimmie». Coloro che ancora credevano alla fede tradizionale e la
praticavano, erano considerati «bestie senza il suggello dello Spirito di
Dio, bollati dal Segno della Bestia, coscienze cancerose». Ma molto più
dannose delle note - come San Tommaso Moro aveva sottolineato - erano le
traduzioni deliberatamente falsate che Tyndale
(seguito da Cranmer in una versione pubblicata sei anni dopo) aveva fatte allo
scopo di estirpare la dottrina cattolica tradizionale. Tradusse la parola
«immagini» con «idoli», creando così un mezzo efficace contro il culto dei Santi
e della Santa Umanità di Gesù Cristo. La parola «confessare», che potrebbe
ricordare il sacramento della penitenza, divenne «riconoscere». Le grandi parole
chiave del Vangelo «grazia» e «salvezza» divennero «favore» e «salute». La
parola «sacerdote», come si è detto, divenne «anziano», e «Chiesa» divenne
«Assemblea». Tyndale spiegava in una nota che «con la parola
«sacerdote», il Nuovo Testamento intende parlare di un «anziano» che deve
insegnare ai giovani». Spiegava ancora che i due sacramenti istituiti da
Gesù Cristo, il Battesimo e la Santa Comunione, erano «nient'altro che la
predicazione delle promesse di Cristo». Così, per non citare che un esempio,
il consiglio apostolico contenuto nella lettera di San Giacomo, «Qualcuno fra
voi è malato? Chiami i sacerdoti della Chiesa ed essi preghino su di lui dopo
averlo unto con olio nel nome del Signore» (Gc. V, 14), fu epurata per il
suo evidente riferimento al sacramento dell’Estrema Unzione. Lo stesso Wyclif,
nella versione precedente, traducendo correttamente «i sacerdoti della Chiesa»,
non aveva operato nessun cambiamento. Ma nella versione di Tyndale e in quella
di Cranmer, essi divennero «gli anziani dell’Assemblea». Così i protestanti
potevano esibire la Bibbia in lingua volgare per provare che il Nuovo Testamento
non conteneva alcun riferimento che giustificasse l’insegnamento e la pratica
cattolica contemporanea delle dottrine discusse; per di più, quando simili
traduzioni tendenziose della Bibbia furono giustamente sequestrate dalle
autorità cattoliche, queste poterono essere accusate «di impedire al popolo
di leggere la Bibbia». Era così semplice... E l’efficacia di questa doppia
menzogna era tale che ancora oggi se ne conserva l'eco. La parte centrale della
Messa in lingua volgare conteneva la narrazione dell’istituzione
dell’Eucarestia, ugualmente in volgare. Non solo si doveva rinunciare al Canone
recitato a bassa voce 9, come era stata la regola dall’VIII secolo; anche le parole in inglese
«Fate questo in memoria di me» dovevano essere distintamente
intese. La parola greca anamnesis, che viene tradotta «in memoria
di», è difficile da tradurre correttamente in inglese. Espressioni come
«ricordo», «memoria», «memoriale», implicano l’esistenza di una cosa in sé
stessa assente, mentre anamnesis ha il significato di
ri-chiamare e ri-presentare un avvenimento passato in modo che
questo divenga attivamente presente. Anche la parola latina «memoria» non rende
adeguatamente questo significato. Le parole inglesi «ricordare» (recall)
e «ripresentare» (represent), anche se scritte «re-call» e
«re-present», sono insufficienti senza spiegazioni supplementari, e
«remembrance» (memoria), «memory» (ricordo) e «memorial» (memoriale), per
il loro uso e significato convenzionale, sono effettivamente equivoche
10. «In tutta la
tradizione della Chiesa primitiva, appare chiaramente - come ha rilevato un
teologo - che l’Eucarestia è considerata, per il significato del termine
«anamnesis di me», come la ri-presentazione davanti a Dio
dell’unico Sacrificio di Gesù Cristo in tutta la sua efficace e completa
pienezza, che dà i suoi frutti nel momento attuale. Così San Giovanni
Crisostomo: «Noi offriamo ancora oggi ciò che fu offerto allora ed è
inesauribile. Questo viene fatto per un'anamnesis di ciò che fu fatto
allora, poiché Egli disse: «Fate questo per l’anamnesis di me». Non
offriamo un altro sacrificio, come un tempo il gran sacerdote, ma offriamo il
medesimo sacrificio. O meglio, offriamo l’anamnesis del
sacrificio»
11. Cranmer, volendo
distruggere ogni idea di Messa-sacrificio, e sostituirle la teoria di una
semplice cena commemorativa in cui Cristo è presente solo nel cuore dei fedeli,
non avrebbe potuto trovare arma più efficace della sostituzione del Canone
recitato a bassa voce con il racconto dell’istituzione, in inglese. Racconto che
si faceva ripetendo: «Fate questo in memoria di me». Nel silenzio
assoluto, il fedele, istruito sul significato di quel momento, sapeva ciò che
accadeva, anche se non era in grado di formularlo. Ora, invece, poteva ascoltare
con le proprie orecchie, per quel che ne poteva capire, che quella era
una cena commemorativa. La Bibbia lo diceva. Era invitato al ricordo di qualcosa
accaduto in un remoto passato. E questa interpretazione veniva sottolineata
dalle parole del pastore che, dandogli la comunione, diceva: «Prendi e mangia
questo per ricordare che Cristo è morto per te, e nutrisciti di Lui nel cuore
per mezzo della fede, con azione di grazie». Il nuovo Libro di preghiera
(Prayer Book) in volgare fu imposto al paese la domenica di
Pentecoste, ossia il 9 giugno 1549. Il 10 giugno, una folla di paesani del
Devonshire, dopo aver assistito al nuovo rito, obbligò il curato a ridire la
Messa. In meno di dieci giorni, un'armata popolare di circa seimila persone - è
difficile avere le cifre esatte - aveva occupato Crediton e minacciava Exeter.
Le loro rivendicazioni erano semplici e precise e non riguardavano che la fede.
Chiedevano che fosse loro restituita la Messa «come prima» e che il SS.mo Sacramento fosse di nuovo
conservato in un posto preminente. «Non accetteremo - dicevano - il
nuovo servizio, perché non è che un gioco. Vogliamo le nostre antiche funzioni
del Mattutino, della Messa, di Compieta, della Processione e delle Litanie della
Madonna, il tutto in latino, e che ogni predicatore nell’omelia ed ogni
sacerdote nella Messa preghi specialmente per le anime del Purgatorio come
facevano i nostri avi». Il battesimo doveva essere amministrato «durante
la settimana come nei giorni festivi». Chiedevano inoltre che fosse
ristabilita la benedizione degli oggetti semplici, che l'olivo e le ceneri
fossero distribuite nel tempo dovuto e con «tutte le antiche cerimonie in uso
fino ad ora nella Santa Madre Chiesa», cose che Cranmer aveva abolito come
«superstizioni»
12. Cranmer fu irritato
non solo da queste rivendicazioni in sé stesse, ma, ancor più, dal fatto che
contadini ignoranti, «Hob, Will e Dick», avessero avuto l’audacia di
giudicare la sua teologia. Scrisse loro:
«Oh, ignoranti del
Devonshire e Cornwall, non appena ho letto i vostri articoli ho pensato che
eravate stati spinti dai papisti, esperti nel chiedervi quel che voi non capite.
Voi mostrate quale spirito guidi coloro che vi hanno convinti che la Parola di
Dio non è che un gioco. Non è forse ancor più un gioco ed uno scherzo ascoltare
il sacerdote che parla al popolo ad alta voce in
latino? Nel servizio inglese c’è solo la Parola eterna di Dio. Se ai vostri
occhi questo è solo un gioco, penso che non si debba biasimare tanto voi, quanto
invece i preti papisti che hanno abusato della vostra sincerità. Preferite
essere come le gazze o i pappagalli che vengono addestrati a parlare senza
capire una parola di ciò che dicono, piuttosto che essere veri cristiani che
pregano Dio nella fede»? 13 I ribelli, nella semplicità della loro fede,
non si lasciarono intimorire dal loro dotto Arcivescovo. Cranmer dovette allora
ricorrere al braccio secolare, ossia all’autorità civile e militare. Mercenari
stranieri, principalmente luterani tedeschi, furono impiegati sul suolo inglese,
per la prima volta dopo 300 anni, e l’ultimo baluardo della fede fu battuto
dalle armi. «Il massacro fu eseguito alla cieca»; sono le memorabili
parole di Hilaire Belloc. «Quattromila di loro furono uccisi, schiacciati dai
cavalli o impiccati, prima che gli uomini di Devon accettassero, sia pure
freddamente, l'eletta prosa di Cranmer» 14. Si dice che i mercenari italiani e
spagnoli, impiegati come rinforzo alle truppe tedesche, resisi conto di come
stessero le cose, siano andati dal Nunzio Imperiale per essere assolti dalla
colpa di aver partecipato a quel massacro. Quando giunse a Londra la notizia
della sua vittoria, Cranmer la fece celebrare con una cerimonia solenne nel coro
della cattedrale di San Paolo e, in un sermone pronunciato alla presenza del
sindaco e dei consiglieri, l’Arcivescovo si rivolse al suo uditorio con queste
parole: «Il flagello delle divisioni, quale non si era mai più visto
dopo la passione di Cristo, è giunto fra noi per istigazione del demonio, perché
non siamo stati diligenti ascoltatori della Parola di Dio diffusa dai suoi
fedeli predicatori, ma siamo stati traviati dai preti papisti». In realtà,
era completamente falso dire che il popolo non capisse la Messa in latino. Lo si
può giudicare dal gran numero di libri di devozione che circolavano fra una
popolazione di tre milioni; infatti, soltanto nell’olocausto della scienza e
della pietà cattolica che faceva parte della politica
protestante, 250.000 libri liturgici furono distrutti. Nel 1550, l’anno dopo
l’entrata in vigore del primo Prayer Book, Cranmer inviò
dei commissari nelle università. Ad Oxford, furono distrutti migliaia di libri.
Cambridge subì una devastazione più lenta, ma ancora più completa, di modo che,
all’inizio del regno della regina Elisabetta I, rimanevano appena 177 volumi
«tagliuzzati e lacerati»! Il risultato fu inevitabile. Un predicatore
protestante, in un sermone pronunciato alla presenza del re nel 1552, non esitò
a dichiarare: «Ecco invadere l’Inghilterra più cieca ignoranza e più
superstizione ed infedeltà di quanta mai ve ne fosse sotto i Vescovi di Roma. Il
vostro regno (mi dispiace dirlo) sta per divenire più barbaro della
Scozia»
15. Un altro predicatore,
deplorando il moltiplicarsi delle sette che sorgevano, come conseguenza
inevitabile della politica di Cranmer, lamentò: «Ecco gli Ariani, i
Marcionisti, i Libertini, i Davisti e molte altre simili mostruosità; occorrono
ripari contro i settari, contro gli Epicurei e contro gli pseudo-evangelici, che
cominciano a scuotere le nostre chiese con una violenza mai
vista»
16. Una delle ragioni per
cui Cranmer aveva ordinato la distruzione dei libri sacri, era la voce che
correva all’estero secondo cui i fedeli avrebbero avuto di nuovo l’antico
servizio in latino. Occorreva dunque vigilare affinché il popolo
«abbandonasse questa vana attesa di avere di nuovo le pubbliche funzioni e la
somministrazione dei Sacramenti in lingua latina». L’Atto stesso del
Cranmer, prescriveva la consegna di tutti i libri liturgici latini alle autorità
allo scopo di «manometterli e ridurli in stato tale che mai più potessero
servire all’uso previsto». Vi fu un’eccezione. Furono permesse alcune copie
in latino e in inglese del Primer di Enrico VIII, purché vi si cancellasse ogni
menzione dei santi. Infatti, Cranmer detestava i santi quasi quanto la Messa, ed
uno dei vantaggi della lingua volgare fu che egli potè così pubblicare nuove
litanie dalle quali tutti i nomi dei santi - perfino quello della Madonna -
poterono essere radiati e rimpiazzati da questa
preghiera: «Dalla tirannia del Vescovo di Roma e da tutti i suoi detestabili
errori, liberaci, o buon Dio»; cosa che il popolo poteva comprendere
facilmente e recitarla ogni mercoledì e venerdì.
III
LA SANTA
TAVOLA
L’anno seguente l’ascensione di Cranmer
all’apogeo del potere ecclesiastico, uno dei protestanti stranieri in
Inghilterra, scrisse trionfante a Bullinger 17, successore di Zwingli 18 a Zurigo: «Aræ factæ sunt haræ» («Gli
altari sono divenuti porcili») 19. Questo non era ancora del tutto vero
perché, in vari luoghi, gli altari furono conservati da sacerdoti e da comunità
devote. Ma nel novembre del 1550, Cranmer fece pubblicare dal Consiglio privato
un editto che stabiliva la distruzione di tutti gli altari nel regno. Ormai,
dove si celebrava il rito della Santa Eucarestia, era di rigore una tavola di
legno. Nel decreto era incluso un chiarimento di Cranmer che, come ha detto
Philip Hughes nella sua opera definitiva sulla Riforma in Inghilterra,
«non lasciava alcun dubbio sul fatto che una religione era stata sostituita
da un’altra religione». Secondo alcune considerazioni 20, «[...] la forma di tavola è prescritta per portare la gente
semplice dall’idea superstiziosa della Messa papista al buon uso della Cena del
Signore. Infatti, per offrire un sacrificio occorre un altare; al contrario, per
servire da mangiare agli uomini occorre una tavola. Se veniamo per nutrirci di
Lui, per mangiare il suo corpo spiritualmente e per bere il suo sangue
spiritualmente, secondo il buon uso della Cena del Signore, nessuno può negare
che la forma di tavola si addica meglio di un altare al Banchetto del
Signore». In seguito, Cranmer spiegò che, quando aveva conservato la
parola «altare» nel suo nuovo Prayer Book, questo significava
«la tavola su cui viene distribuita la santa comunione, e che potrebbe quindi
essere chiamata altare perché vi si offre il nostro sacrificio di lode e
rendimento di grazie». L’editto fu applicato rigorosamente. Uno dei Vescovi
21 che si era rifiutato di togliere gli altari
nella sua diocesi, venne imprigionato e destituito. A Londra, i cambiamenti
furono immediati e totali. Il Vescovo della città, che era stato cappellano di
Cranmer, decise di installare la nuova tavola in modo che solo i comunicandi
potessero accedervi. Una cronaca del tempo riferisce che nella cattedrale di San
Paolo «la tavola fu portata, per ordine del Vescovo, nel mezzo del coro
superiore, con le estremità poste ad est e ad ovest. Dopo il «Credo», veniva
tirato un velo in modo che potessero esser visti solo coloro che ricevevano la
comunione; le grate del coro a nord e a sud furono murate affinché nessuno
potesse rimanervi»
22. Poiché non c’era
Presenza Reale, né Sacrificio, era logico che si cercasse di impedire che
quelli che non si comunicavano assistessero
all’Eucarestia. Quindi Cranmer stabilì: «Non ci sarà celebrazione
della Cena del Signore a meno che un discreto numero di persone non si comunichi
insieme al prete secondo il giudizio di questi; e se non si raggiungerà il
numero di venti persone in una parrocchia, non ci sarà comunione, a meno che
quattro o, come minimo, tre non si comunichino insieme al prete. E, per
eliminare ogni superstizione riguardo al pane e al vino, basterà che il pane sia
come quello che si mangia di solito con altri cibi, purché sia il migliore ed il
più puro pane di frumento che si possa avere. E se resta del pane e del vino, il
pastore se ne serva per le sue necessità» 23. «L’ultima pietra da aggiungere al tumulo
sotto cui giaceva l’antica credenza nell’Eucarestia - scrive testualmente
Philip Hughes - fu l’attacco contro l’uso di ricevere la Comunione in
ginocchio. Che cos’era codesto inginocchiarsi, se non idolatria?
Venne quindi inserita una rubrica nel nuovo Prayer Book
24, la quale spiegava che «ciò non significava
fare o dover fare un atto di adorazione, sia del pane o del vino sacramentali ricevuti corporalmente, sia di una
qualche presenza reale o essenziale della Carne e del Sangue di
Cristo». Col passare del
tempo, la tavola divenne sempre più una semplice tavola che veniva spostata a
seconda delle necessità pratiche. Esplicite istruzioni prescrivevano che, in ogni
chiesa, la santa tavola dovesse essere messa dove prima si trovava l’altare,
eccetto al momento in cui si distribuiva la comunione: «Allora la si metta all'interno del coro, di
modo che sia la preghiera, che il servizio del pastore possano essere seguiti
più comodamente dai comunicandi e il ministro possa farsi meglio udire da
questi, ed essi possano più agevolmente e in maggior numero comunicarsi
insieme al pastore. Dopo la comunione, la santa tavola sia rimessa dov'era prima». Un secolo dopo toccò ai puritani di portare
l’opera di Cranmer fino alla logica conclusione, non solo ricevendo la comunione
seduti, ma anche utilizzando la tavola come il posto più indicato per deporre il
cappello.
IV
IL CANONE
DELLA MESSA
La lingua volgare e la santa tavola furono il
mezzo pratico con cui Cranmer abituò il popolo alle nuove dottrine. La gente
poteva ormai comprendere, con l’azione liturgica, che un semplice pasto non era
un sacrificio - il Sacrificio - e che esso non implicava nient'altro che la
consumazione del pane e del vino comuni. Poteva anche comprendere che ciò veniva
fatto in memoria di un avvenimento remoto. Infatti, per coloro che non avevano
istruzione religiosa, questi usi erano più suggestivi di ogni insegnamento
dottrinale. Nel breve periodo di cinque anni in cui, sotto il regno di Maria la
Cattolica, l'Inghilterra tornò per l’ultima volta alla fede tradizionale, il
Cardinal Pole insistette non solamente sulla restaurazione degli altari e della
Messa, ma anche delle semplici cerimonie abolite da Cranmer (acqua benedetta,
ceneri, olivo benedetto, ecc...), «con l’osservanza delle quali inizia
l’educazione dei figli di Dio», tanto che la loro abolizione è il «punto
iniziale» per gli eretici che tentano di distruggere la Chiesa
25. Ma il punto centrale dell’opera di Cranmer
risiedeva evidentemente nell'esposizione teologica delle nuove credenze in una nuova forma liturgica. La versione
definitiva di quello che un tempo era stata la Messa, risultava - come ha
sottolineato Gregory Dix - non una disordinata offensiva contro un rito
cattolico, ma il solo tentativo, per la prima volta compiuto, di dare
un'espressione liturgica alla dottrina della «giustificazione per
mezzo della sola fede»
26. E, considerata da
questo punto di vista, tale versione fu un capolavoro. La logica conseguenza
della dottrina protestante fondamentale della «sola fede» era - e resta -
l’abolizione dei sacramenti. Le manifestazioni esteriori, ovviamente, non
possono essere accettate come cause di grazia. Lutero, naturalmente, lo
aveva previsto fin dall’inizio; mentre da una parte aboliva cinque sacramenti
«minori», dall’altra attaccava l’uso della Comunione sotto una sola
specie, la Transustanziazione, e la dottrina dell’Eucarestia come sacrificio,
cominciando così a minare dal di dentro ciò che non poteva negare, visto che il
Battesimo, non meno che la Santa Comunione, erano innegabiImente comandati nel
Nuovo Testamento. Essendo impossibile sbarazzare il cristianesimo degli atti
esteriori del Battesimo e dell’Eucarestia, occorreva assolutamente svuotarli di
ogni reale significato. Su questo punto furono unanimi tanto i protestanti
seguaci di Zwingli, quanto i calvinisti ed i luterani. Cranmer non poteva non
convenire con la logica di Zwingli «che la dottrina «Sola fides
justificat» costituisce il fondamento ed il principio per negare che il
Corpo di Cristo sia realmente presente nel Sacramento» 27; per questo -
come abbiamo visto - attaccava la Messa con la stessa violenza di Lutero, il
quale affermava: «Dichiaro che tutti i bordelli (benché Dio li abbia
disapprovati severamente), tutti gli omicidi, uccisioni, ladrocinii e adulterii
hanno fatto meno danno che l’abominio delIa messa papista» 28. La contraffazione della Messa operata da
Cranmer, si trova nei due Prayer Books del 1549 e del 1552. Ma, come i
novatori di epoche posteriori, anch’egli pensava che fosse preferibile
introdurre le innovazioni gradualmente per non suscitare reazioni immediate
29; pertanto non v’è dubbio che la versione del
1552 fu da lui prevista fin dall’inizio. E poiché «la versione del 1552
fornisce ancora per il 95% la struttura della liturgia (anglicana)
attuale»
30, noi non considereremo
qui che la liturgia del 1552. Il Canone fu diviso in tre parti: la «Preghiera
per la Chiesa militante», la «Preghiera della Consacrazione» e la cosiddetta
«Preghiera dell’oblazione». La prima corrisponde, grosso modo, al Te
igitur, al Memento Domine e al
Communicantes; la seconda all'Hanc igitur, al
Quam Oblationem e al Qui pridie; la terza
all'Unde et memores, al Supra quæ e al
Supplices te rogamus. (Non c'è parallelismo per il Memento etiam, per il Nobis quoque Peccatoribus
e per il Per Quem). Per capire esattamente ciò che fece Cranmer,
bisogna considerare nei particolari queste tre
parti.
V
a) La
«Preghiera per la
Chiesa Militante»
Eccone il testo: «Dio onnipotente ed
eterno, che, per mezzo dei santi Apostoli, ci hai insegnato a pregarTi, a
supplicarTi e a ringraziarTi per tutti gli uomini, Ti imploriamo umilmente di
accettare con clemenza le nostre offerte e di accogliere queste preghiere che
offriamo alla Tua divina maestà, supplicandoTi di ispirare sempre la Chiesa
universale con lo spirito di verità, di unità, di concordia e di giustizia.
Concedi che tutti coloro che confessano il
Tuo santo Nome siano concordi nella verità della Tua santa Parola e
vivano nell’unità e nel santo amore. Ti supplichiamo anche di proteggere e di
difendere tutti i Re, Principi e Governanti cristiani e, particolarmente, il Tuo
servo Edoardo, nostro Re, affinché sotto di lui noi siamo governati santamente
ed in pace; accorda al suo intero Consiglio e a tutti coloro che servono sotto
la sua autorità di amministrare la giustizia con verità e imparzialità, punendo la malvagità ed il vizio, e conservando la
vera religione di Dio e la virtù. Concedi, o Padre celeste, a tutti i Vescovi,
Pastori e Vicari la grazia di manifestare, con la loro vita e con il loro
insegnamento, la Tua Parola vera e vivente, e di amministrare i Tuoi santi
sacramenti correttamente e debitamente; dona la Tua grazia celeste a tutto il
Tuo popolo, specialmente a questa assemblea qui riunita,affinché essa ascolti e
riceva la Tua santa Parola con cuore umile e con la dovuta riverenza, e Ti serva
in vera santità e giustizia per tutta la vita. E Ti imploriamo molto umilmente
(o Signore) di consolare e di aiutare, nella Tua bontà, tutti coloro che, in
questa vita, sono soggetti al turbamento, alle pene, al bisogno, alla malattia o
ad altre avversità. Concedici questo, o Padre, per amor di Gesù Cristo, nostro
unico mediatore ed avvocato. Amen». Il cambiamento è abbastanza
drammatico. Oltre alle omissioni del Papa e dei Santi, cosa del resto che non
meraviglia, è scomparsa del tutto qualsiasi menzione delle oblazioni - hæc
dona, hæc munera, hæc sancta sacrificia illibata - parti essenziali del
Te igitur. Nell’antica liturgia della Chiesa, le offerte del pane
e del vino occupavano un posto preminente. L'immaculatam hostiam
ed il calicem salutaris delle preghiere dell’offertorio, come il
sancta sacrificia illibata del Te igitur, vengono
presentati a Dio con la richiesta di rendere l’offerta in omnibus
benedictam, ratam, rationabilem acceptabilemque, per l’imminente
miracolo della Transustanziazione. E, come ha dimostrato Jungmann, «è sempre
il pensiero della loro imminente Transustanziazione che ha motivato l’insistenza
sulla loro santità»
31. Tutto questo per
Cranmer era anatema. «Come Lutero, egli credeva che ogni forma di
Offertorio puzzasse di oblazione» 32. Abolì, quindi, tutte le preghiere
dell’Offertorio, compresa quella che è generalmente considerata la più bella
(Deus, qui humanæ), e così pure ogni menzione dell’oblazione del
pane e del vino. Restava la difficoltà rappresentata dalla presenza del pane e
del vino sull’altare, che per il popolo aveva lo stesso aspetto che aveva
avuto l’Offertorio. Occorreva qualcosa che inculcasse
nell’assemblea un’idea completamente nuova. Cranmer la trovò decidendo che i
sagrestani facessero la questua in quel momento, e che nella preghiera si
parlasse solo delle «elemosine». Poiché queste non erano né offerte né toccate
dal pastore, non c’era alcun pericolo che fossero considerate un'«oblazione»
nell’antico significato. Questa manipolazione liturgica era così ingegnosamente
concepita da suscitare ammirazione, come ha detto Gregory Dix. Evidentemente,
l’assemblea non sentiva e non comprendeva altro che il riferimento alle
«elemosine». Era insito nello spirito della Riforma che il Canone recitato in
silenzio in uso dall’ottavo secolo 33 fosse abolito, di modo che il nuovo canone
in volgare ottenesse sul popolo tutto l’effetto previsto. Ai cambiamenti
effettuati con le omissioni, Cranmer aggiunse un’alterazione importante
sostituendo il nome del Sovrano a quello del Papa. Sedici anni prima, re Enrico
VIII aveva ordinato delle «Preghiere universali» in lingua volgare, grazie alle
quali, sotto forma di petizioni abilmente composte, si presumeva di far
esprimere al popolo idee politiche e teologiche corrette. Bisognava anzitutto
che la gente si rendesse conto che il Re era il capo supremo della Chiesa
d'InghiIterra. Il Papa doveva essere nominato solo con disprezzo. Le preghiere
universali rappresentavano un mezzo utile per commentare i diversi aspetti della
vita contemporanea, ma la ragione essenziale per cui furono introdotte è che si
voleva sottolineare la funzione del Sovrano nella Chiesa. Pur abolendo le
preghiere in vigore, Cranmer conservò e mise in risalto il Te
igitur, inserendo la preghiera per il Re e per lo Stato (di cui la
Chiesa non è altro che una parte), nel punto in cui si trovava la preghiera per
il Papa e per la Chiesa 34. Così, la «Preghiera per la Chiesa Militante», omettendo da una parte
ogni riferimento all’oblazione, alla Madonna e ai Santi, al Papa e alla Chiesa
cattolica di tutto il mondo e,
dall’altra, sostituendovi la preghiera per il capo ad un tempo dello Stato e
della Chiesa, serviva da introduzione alla preghiera della
Consacrazione.
V
b) La
Preghiera della Consacrazione
Nel
Prayer Book del 1549, Cranmer faceva precedere le Parole dell’istituzione
da questa preghiera: «Ascoltaci, o Padre Misericordioso; Noi Ti supplichiamo
e, per mezzo dello Spirito Santo e della Tua Parola, degnaTi di benedire e di
santificare questi doni, Tue creature di pane e di vino, affinché essi siano per
noi il corpo ed il sangue del Tuo amatissimo Figlio, Gesù Cristo»! Questa
formula fu criticata perché suscettibile di essere interpretata nel senso della
Transustanziazione. Al che Cranmer, indignato, rispose: «Noi non preghiamo
assolutamente affinché il pane ed il vino siano cambiati nel corpo e nel sangue
di Cristo, ma affinché per
noi siano così in questo santo mistero; cioè, che noi possiamo riceverli
tanto degnamente, da divenire partecipi del corpo e del sangue di Cristo, e che
quindi possiamo essere nutritiin
spirito e verità»
35. Nondimeno, benché
questa formula rendesse esattamente il senso del rito secondo Zwingli, cioè che
il fatto di «mangiare la carne e bere il sangue si riferisce alla
memoria della passione di Cristo e della Sua morte, e che l’offerta a
Cristo delle nostre anime e dei nostri corpi costituisce il solo
sacrificio», Cranmer, nel secondo Prayer Book decise di evitare ogni
possibilità di malinteso. Ma, prima di procedere, facciamo una digressione. è senz'altro vero che la parola
«nobis» esiste nel Quam Oblationem del Canone Romano:
«Degnatevi [o Signore] di rendere questa oblazione in tutto bene X
detta, as X critta, rati X ficata, ragionevole ed accettabile,
affinché essa diventi per noi il Corpo e il Sangue del Vostro
dilettissimo Figlio nostro Signore Gesù Cristo». Qui, pertanto, il senso non
si presta ad equivoci, perché la Transustanziazione è stata annunciata dai
magnifici Te igitur, Memento Dómine e Hanc
igitur, in cui «i doni sacrificali santi ed immacolati» vengono
descritti in termini appropriati all’imminente trasformazione in Corpo e Sangue,
di cui noi siamo gli indegni beneficiari. L’omissione, da parte di Cranmer, di
questi riferimenti e cambiamenti circa le oblazioni, giustificò la sua protesta;
la sua formula, infatti, non poteva essere compresa nel senso della
Transustanziazione. Essa significava semplicemente «per noi», cioé nei nostri
spiriti, non oggettivamente. Il Nuovo Canone Anaphora II, imposto oggi alla
Chiesa cattolica dalla gerarchia, segue fedelmente Cranmer. Non esiste
preparazione alla Consacrazione. Dopo il Benedictus, il celebrante
dice semplicemente: «Padre veramente santo, fonte di ogni santità», per
chiedere subito che «questi doni diventino per noi il Corpo e il
Sangue di Gesù Cristo...». Nel Canone Romano, è impossibile interpretare il
«nobis» nel senso datogli da Cranmer. Nell’Anaphora II è quasi impossibile
interpretarlo diversamente. Il peggio è che, secondo l’Istruzione del
Consilium ad Exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia (presieduto dal
massone Mons. Annibale Bugnini; N.d.R.), questo Canone, Anaphora II, dev'essere
detto abitualmente e, oltre a ciò, dev'essere
destinato all’istruzione catechistica dei giovani sulla natura della preghiera
Eucaristica. Nel luglio 1968, sapendo che molti di coloro che avevano studiato
l’opera di Cranmer si preoccupavano seriamente della possibilità che l’Anaphora
II fosse redatta e fosse applicata in vista di una falsa «unità» con i
protestanti - poiché può chiaramente servire a negare la Transustanziazione -
sul Catholic Herald apparve un appello indirizzato alla gerarchia
inglese (perfettamente al corrente di tutta la storia di Cranmer), affinché
intervenisse presso il Consilium, e, per dimostrare la sua buona fede,
sopprimesse il «nobis» (per noi). Non si ottenne nulla e si fu costretti
a ricordare che la Riforma anglicana si era affermata in seguito all’apostasia
di tutti i Vescovi inglesi, eccetto il solo San Giovanni Fisher
36. Ma torniamo a Cranmer e all’opera da lui
compiuta per eliminare ogni possibile falsa
interpretazione o ambiguità dalla sua preghiera. Ecco il testo della versione
del 1552: «Ascoltaci, Padre misericordioso, Ti supplichiamo e
concedici che, ricevendo il pane e il vino, creature Tue, secondo la santa
istituzione del Tuo Figlio, il nostro Redentore Gesù Cristo, in memoria della
Sua morte e della Sua passione, diveniamo partecipi del Suo corpo e del Suo
sangue santissimi». Sopprimendo il passo «per mezzo dello Spirito Santo e
della Tua Parola, degnaTi di benedire e
santificare questi doni, Tue creature di pane e di vino, affinché essi siano
per noi il corpo ed il sangue del Tuo amatissimo Figlio Gesù Cristo»,
Cranmer escluse ogni possibilità che il dono del Corpo e del Sangue si riferisse
al pane e al vino, e che il «santificare» comportasse effettivamente la
Presenza divina. La Preghiera della Consacrazione del 1552 comincia con queste
parole: «Dio onnipotente, nostro Padre celeste che, nella Tua dolce
misericordia hai donato il Tuo unico Figlio Gesù Cristo, affinché patisse la
morte sulla Croce per la nostra redenzione, il quale con la Sua morte, offrendo
Sé stesso in olocausto, ha offerto un'unica oblazione di completo
sacrificio, perfetto e sufficiente per i peccati del mondo intero, ed ha
istituito e ci ha comandato nel Suo santo Vangelo di celebrare una memoria
perpetua della Sua morte preziosa, fino a che Egli ritorni...». A questo
punto, Gregory Dix fa notare che l’accento è stato posto di proposito
sull'«unica oblazione di Sé stesso offerta una sola volta, sacrificio, poi
oblazione e soddisfacimento completo, perfetto e sufficiente per i peccati del
mondo intero», ossia in un lontano passato (sul Calvario). Fa inoltre notare che l'Eucarestia è
stata ridotta ad una «memoria perpetua» (la parola è stata scelta
abilmente) «della Sua morte preziosa, fino a che Egli ritorni». (il «ri»
- assente in San Paolo - è stato aggiunto per dimostrare che la «passione»
è un fatto che riguarda il passato, mentre la «venuta» riguarda il
futuro, e non l’Eucarestia37.
VII
c) La
Preghiera di Oblazione
La Preghiera di Oblazione, recitata
immediatamente dopo la comunione del popolo era la seguente: «O Signore e
Padre celeste, noi, Tuoi umilissimi servitori, desideriamo ardentemente che la
Tua paterna bontà accetti con clemenza questo sacrificio di lode e di azione di
grazie che Ti abbiamo offerto: umilmente, Ti supplichiamo di concedere che, per
i meriti e per la morte del Tuo Figlio, Gesù Cristo, e per la fede nel Suo
sangue, noi e tutta la nostra Chiesa otteniamo la remissione dei nostri peccati
con tutti gli altri benefici della Sua passione. Ecco, Ti presentiamo e Ti
offriamo, o Signore, noi stessi, le nostre anime ed i nostri corpi, affinché
siano per Te un sacrificio giusto, santo e vivente; supplicandoTi umilmente che
noi tutti che siamo partecipi di questa santa comunione, siamo pieni della Tua
grazia e celeste benedizione. E, benché indegni a causa dei nostri infiniti
peccati di offrirTi un qualsiasi sacrificio, Ti supplichiamo di accettare questo
servizio santo e doveroso, non valutando i nostri meriti, ma perdonando le
nostre offese per Gesù Cristo, nostro Signore, per il quale e con il quale, in
unità con lo Spirito Santo, a Te siano resi ogni onore e gloria, o Padre
onnipotente, nei secoli dei secoli. Amen». Si noterà che qui Cranmer tolse
ogni dubbio circa sua nuova interpretazione del rito e, nello stesso tempo, con
il triplice impiego della parola «sacrificio», trasse in inganno le anime
semplici che, ascoltando il testo in volgare, furono portate a pensare che la
nuova messa avesse qualche continuità con l’antica. Secondo la concezione
cattolica, Gesù Cristo offre al Padre la perfetta oblazione di Sé stesso e la
Chiesa, in quanto Suo Corpo, partecipa al Suo eterno atto sacerdotale per mezzo
dell'Eucarestia. Cranmer, deliberatamente, sostituì questo concetto con l’idea che noi offriamo a Dio «noi
stessi, le nostre anime ed i nostri corpi». Ugualmente, la conclusione
«per il quale e con il quale, in unità con lo Spirito Santo, a Voi siano resi
ogni onore e gloria, o Padre onnipotente, nei secoli dei secoli», sembra
evocare (pur essendo totalmente differente) la più grande dossologia della
liturgia: «Per ip X sum, et cum ip X so et in ip X so,
est ti X bi, Deo Patri omni X potenti, in unitate Spiritus Sancti,
omnis honor et gloria, per omnia sæcula
sæculorum». Qui, i cinque segni di Croce, seguiti dalla simultanea
elevazione dell’Ostia e del Calice in un gesto d’offerta (ricordo dell’antica
cerimonia in cui il celebrante sollevava il Pane consacrato ed il diacono, con
le due mani, il grande Calice, per far toccare l’uno all’altro), erano il segno
esteriore e visibile dell’offerta a Dio del Sacrificio accettabile. L’atto
dell’elevazione, coincidendo con le parole «omnis honor et
gloria», compiva la fusione dei simbolismi del linguaggio e dell’azione,
presentando in questo modo un'espressione liturgica del significato della Messa. Cranmer vietò i segni
di croce e l’elevazione, ma conservò approssimativamente le parole che, pur
significando una cosa del tutto diversa, davano l’illusione della continuità.
Così, il nuovo rito fu plasmato in modo da esprimere la dottrina della
Giustificazione per mezzo della sola Fede, dottrina che non poteva
adattarsi al senso che si era sempre attribuito ai Sacramenti.
VIII
La
questione della
Giustificazione
e la
Messa Tridentina
Alla base
di tutti gli argomenti che il Concilio di Trento (1545-1563) era stato chiamato
a trattare, c’era la questione della Giustificazione e si dimentica troppo
spesso che il Concilio era stato convocato per appianare le controversie fra
cattolici e protestanti. Ma, dopo dibattiti che durarono diciotto anni, ci si
rese conto che le divergenze erano insormontabili. Non poteva esserci
compromesso tra la dottrina cattolica basata sulla Sacra Scrittura («Che
giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che
quella fede può salvarlo? [...] Così anche la fede: se non ha le opere è
morta» [Gc II, 1-14,17]) e la dottrina luterana della sola fede, senza il
valore delle opere e la partecipazione della volontà umana. La definizione di
Trento fu promulgata nel 1547: «Se qualcuno dice che l’uomo peccatore è
giustificato dalla sola fede, come se non fosse richiesto nient'altro per
ottenere la grazia della giustificazione, e che non c’è nessun bisogno di essere
preparati e disposti dal movimento della volontà, sia scomunicato». Alla fine del
Concilio di Trento, durante il quale i protestanti promossero ovunque, come
Cranmer, nuovi riti che davano un volto all’eresia, la grande necessità per i
cattolici fu quella di unirsi e di serrare le file contro le nuove negazioni.
Per questo fine, l’antica liturgia, ovunque nella stessa lingua, era uno
strumento troppo prezioso che non bisognava perdere. Ne risultò il Messale
Romano riformato di San Pio V (1504-1572), che fu imposto dall’autorità
centrale a tutti i cattolici di rito latino con un atto legislativo senza
precedenti 38. La Messa Tridentina fu promulgata da San
Pio V con la Costituzione Apostolica Quo primum del 19 luglio
1570. Il Santo Papa dichiarava: «Con il nostro presente decreto, valido in
perpetuo, Noi determiniamo e ordiniamo che mai niente dovrà essere aggiunto,
omesso o cambiato in questo Messale». Al fine di vincolare i posteri,
affermò che «mai, in avvenire, un sacerdote, sia regolare che religioso,
potrà essere costretto ad usare un altro modo di dire la Messa». E, onde
prevenire una volta per tutte ogni scrupolo di coscienza o paura di sanzioni e
censure ecclesiastiche, aggiunse: «Noi qui dichiariamo che, in virtù della
Nostra Autorità Apostolica, decretiamo e decidiamo che il nostro presente ordine
e decreto durerà in perpetuo e non potrà mai essere legalmente revocato o
emendato in avvenire». Si può giudicare l’importanza che San Pio V
stesso attribuì al suo atto, leggendo queste sue parole: «E se nondimeno
qualcuno osasse attentare con un'azione contraria al Nostro presente ordine,
dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Santi
Apostoli Pietro e Paolo». Di questo tenore sono le interdizioni e le censure di
San Pio V, oltre le quali è andato Paolo VI (1897-1978) con la sua Costituzione
Apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969, decretando forme
nuove per la Messa e sostenendole con la seguente dichiarazione: «Noi desideriamo che i Nostri presenti decreti e prescrizioni
siano fermi e validi per il presente
e per l’avvenire, nonostante, nella misura necessaria, le ordinanze
promulgate dai nostri predecessori». La Messa Tridentina, voluta e forgiata come
arma indistruttibile contro l’eresia, è stata così sostituita da una nuova
liturgia che è fin troppo compatibile con le eresie di Cranmer e seguaci. Alcuni
di noi si chiedono il perché.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Per la storia generale dell’epoca, si
consulti P. W. Dixon, History
Of The Church Of England From 1529 To 1570, sei volumi dei quali
particolarmente il quarto presenta un valore inestimabile. Da leggere è pure
P. Hughes, The Reformation In
England, pubblicato più recentemente, e particolarmente il vol. II.
Abbondante è la bibliografia sulla personalità di Cranmer. La Parker Society ha
pubblicato sull’argomento le seguenti opere:
1)
Writings And Disputations Of Thomas Cranmer Relative To The Sacrament Of The
Lord’s Supper.
2) Miscellaneous Writings And Letters Of
Thomas Cranmer.
Vi è poi il famoso Memorial Of Cranmer di
Stryper ed il Remains Of Thomas Cranmer di Jenkyns. Queste ultime opere,
insieme con l’edizione Gardiner di Bishop Cranmer’s Recantacyons, possono
fornire un indice completo delle idee teologiche deI Cranmer. Un'esposizione
moderna di queste, fornita da un teologo anglicano è The Shape Of The
Liturgy di Gregory Dix. Per i due Prayer Books di Cranmer, si
consulti con profitto l’edizione Everyman: The First And Second Praver Book
Of Edward VI, con l'introduzione di Bishop Gibson. Tra le pubblicazioni
italiane sull’argomento, va segnalato il bellissimo volume di P. Celestino
Testore s.j., intitolato ll primato di Pietro difeso dal sangue dei Martiri
Inglesi.
APPENDICE
Testo completo
del Canone Anaphora II
imposto da
Cranmer(**)
è veramente degno e giusto, ed è nostro dovere
renderTi grazie sempre e ovunque, Signore, Dio Padre onnipotente ed eterno. Per
questo, con gli Angeli e con gli Arcangeli e con tutta la celeste schiera,
lodiamo e magnifichiamo il Tuo nome glorioso, osannando sempre e dicendo :
santo, santo, santo, Signore Dio degli eserciti. Il cielo e la terra sono pieni
della tua gloria! Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome
del Signore; Gloria a te, Signore, nell'alto dei cieli. Dio onnipotente ed
eterno che, per mezzo dei Tuoi santi Apostoli, ci hai insegnato a pregarTi ed a
supplicarTi ed a ringraziarTi per tutta l’umanità, Ti supplichiamo umilmente di
accogliere per la Tua grande misericordia queste preghiere che noi offriamo alla
Tua maestà divina, supplicandoTi di ispirare sempre la Chiesa universale con lo
spirito della verità, unità e concordia; accorda a tutti coloro che confessano
il Tuo santo nome di comprendersi nella verità della Tua santa Parola e di
vivere nell’unità e nell’amore divino. Specialmente Ti preghiamo di salvare e di
difendere il Tuo servo Edoardo nostro Re, di modo che sotto di lui possiamo
essere governati nella pietà e nella pace. Concedi a tutto il suo consiglio e a
tutti coloro che egli ha investito di autorità di amministrare la vera ed
imparziale giustizia, onde punire la malvagità ed il vizio e conservare la
divina religione e la virtù. Dona a tutti i Vescovi, pastori e curati, o Padre
celeste, la grazia di manifestare, con la loro vita e la loro dottrina, la Tua
viva e vera Parola e di amministrare degnamente e fedelmente i Tuoi santi
sacramenti; e a tutto il Tuo popolo, dona la Tua grazia celeste affinché, con
cuore umile e con la dovuta riverenza, ascolti e riceva la santa Parola,
servendoTi veramente nella santità e nella giustizia tutti i giorni della vita;
Ti supplichiamo umilmente per la Tua bontà, o
Signore, di consolare e di soccorrere tutti coloro che, in questa vita
transitoria, sono nelle pene, nel dolore, nel bisogno, nella malattia o in
avversità. Raccomandiamo specialmente alla Tua bontà misericordiosa questa
comunità qui radunata nel Tuo nome per celebrare la commemorazione della
gloriosa morte del Tuo Figlio; e Ti offriamo la più alta lode e il più sincero
rendimento di grazie per la grazia e la mirabile virtù che Tu hai manifestato in
tutti i santi dal principio del mondo; anzitutto nella gloriosa e Beata Vergine
Maria, Madre del Tuo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, e nei santi
Patriarchi, Profeti, Apostoli e Martiri; ci sia dato, o Signore, di seguire il
loro esempio, la loro fermezza nella fede, e di osservare i Tuoi santi
comandamenti. Raccomandiamo alla Tua misericordia, o Signore, tutti i Tuoi servi
che ci hanno lasciato nel segno della fede e riposano ora nel sonno della pace;
concedi loro, Ti supplichiamo, la Tua misericordia e la pace eterna, e che nel
giorno della resurrezione noi e tutti coloro che appartengono al corpo
mistico del Tuo Figlio possiamo insieme essere posti alla Tua destra e ascoltare
la Sua gaudiosa parola: «Venite a Me, voi, benedetti da Mio Padre e prendete
possesso del Regno che vi è stato preparato dal principio del mondo». Concedici
questo, o Padre, per l’amore di Gesù Cristo, nostro
solo mediatore ed avvocato. O Dio, Padre
celeste, che nella Tua dolce misericordia, hai dato il Tuo unico Figlio Gesù
Cristo perché patisse la morte sulla Croce per la nostra redenzione, il quale in
essa ha compiuto (con una unica oblazione offerta una volta) un pieno, perfetto
e sufficiente sacrificio, oblazione e soddisfazione per i peccati del mondo
intero, ed ha istituito e ci ha comandato nel Suo santo Vangelo di celebrare una
perpetua memoria della Sua preziosa morte finché Egli non torni. Ascoltaci, o
Padre misericordioso, Te ne supplichiamo, di volere, col Tuo Spirito Santo e la
Tua parola, benedire e santificare questi doni, queste creature di pane e di
vino in modo che siano per noi il corpo e il
sangue del Tuo amatissimo Figlio Gesù Cristo, che, la notte in cui fu
tradito, prese il pane e, dopo averlo benedetto ed aver reso grazie, lo spezzò e lo diede ai Suoi
discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo che è offerto per
voi; fate questo in memoria di me». Ugualmente, dopo aver cenato, prese
il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti,
perché questo è il mio sangue del Nuovo Testamento, che è sparso per voi e per
molti in remissione dei peccati; fate
questo, tutte le volte che ne berrete, in memoria di me». (Una rubrica, a
questo punto, prescriveva al ministro, mentre prende in mano il pane e il
calice, di restare voltato verso l’altare, senza elevazione nè ostensione del
sacramento ai fedeli). Per questo, o Signore e Padre celeste, secondo
l’istituzione del Tuo amatissimo Figlio, il nostro Salvatore Gesù Cristo, noi,
Tuoi umili servi, celebriamo e facciamo, dinanzi alla Tua divina maestà, con
questi santi doni che ci vengono da Te, il memoriale che Tuo Figlio ha voluto
che noi facessimo, avendo nella memoria la Sua beata passione, la Sua potente
resurrezione e la Sua gloriosa ascensione, rendendoTi le nostre più sincere
azioni di grazie, per gli innumerevoli benefici che in tal modo ci ha procurato,
desiderando solo che la Tua paterna bontà voglia accettare misericordiosamente
il nostro presente sacrificio di lode e di azione di grazie; supplicandoTi molto
umilmente di concedere, per i meriti e la morte del Tuo Figlio Gesù Cristo e per
la fede nel Suo sangue, che noi e tutta la Chiesa, possiamo ottenere la
remissione di tutti i nostri peccati e tutti gli altri benefici della Sua
passione. E Ti offriamo, o Signore, le nostre anime, i nostri corpi come un
sacrificio consapevole, santo e vivo ai Tuoi occhi,
supplicandoTi umilmente che tutti coloro che partecipano alla Tua santa
comunione possano ricevere degnamente il preziosissimo corpo e sangue di Tuo
Figlio Gesù Cristo, essere ripieni
della Tua grazia e benedizione celeste, e divenire un sol corpo con il Tuo
Figlio Gesù Cristo, in modo che Egli abiti in loro e loro in Lui. E benché noi
siamo indegni per i nostri numerosi peccati di offrirTi alcun sacrificio, Ti
supplichiamo ciononostante di accettare il nostro presente dovere e servizio e
di comandare che queste preghiere e suppliche, col ministero dei Tuoi santi
Angeli, siano portate fino nel Tuo santo Tabernacolo, agli occhi della Tua
divina maestà, non guardando ai nostri meriti, ma perdonando le nostre offese,
per Cristo nostro Signore, col quale e per il quale in unità con lo Spirito
Santo, ogni onore e gloria vengano a Te, o Padre Onnipotente, nei secoli dei
secoli. Amen».