Primogenito maschio di Re Francesco I, Ferdinando nacque a Palermo il 12 gennaio 1810 e morì a Caserta il 22 maggio 1859, ancora giovane. Un anno dopo la sua morte iniziò l'invasione del Regno, e nessuno potrà mai asserire se, con lui ancora sul Trono, le cose avrebbero potuto avere un corso differente, perché la storia, come è noto, non si fa con "se"; ma è anche vero che è legittimo e sensato ritenere - conoscendo l'uomo e il sovrano - che Garibaldi e soci avrebbero avuto sicuramente vita più difficile...

S.M. Ferdinando II
Nel 1827, dopo la partenza delle forze austriache dal Regno, fu nominato dal padre Capitano Generale dell'esercito. L'8 novembre 1830, con la benedizione del padre morente, salì ancor giovanissimo sul Trono, emanando un proclama nel quale prometteva di risanare quelle piaghe che ancora affliggevano il Regno. Tutta la sua vita fu spesa per mantenere tale promessa. Subito sostituì alcuni ministri, diminuì notevolmente le spese di Corte, concesse una larga amnistia ai detenuti politici e agli esuli, richiamò in servizio gli ufficiali murattiani sospesi dai moti del 1820, e non punì aspramente alcuni congiurati che nei primi anni del suo regno avevano attentato alla sua vita. Ma tale regale generosità non gli fece mai perdere di vista i suoi doveri di sovrano cattolico, e si schierò apertamente contro le riforme liberali della sorella Maria Cristina in Spagna, appoggiando di contro le posizioni carliste.

Maria Cristina di Savoia
Gli eventi del Quarantotto

Maria Teresa d'Asburgo-Teschen
La proposta, come è noto, ebbe grande successo, in quanto prevedeva il mantenimento della civiltà cattolica e tradizionale da un lato e l'ottenimento di una forma di unità confederativa dall'altro, accontentando, qualora realmente e correttamente applicata, tutte le esigenze del tempo. Il neoguelfismo giobertiano ebbe ancor maggior successo dopo l'elezione nel 1846 al Trono di Pietro di una Papa favorevole al progetto, Pio IX, il quale, con le sue riforme, divenne il simbolo vivente (suo malgrado) del Risorgimento italiano in questa sua prima fase.

Ritratto di S.S. Papa Pio IX
Ferdinando, innervosito dal fatto che gli altri facevano le riforme e a lui poi toccavano le grane, volle fare un atto di coraggio e di sfida: lui che fino a quel momento era rimasto estraneo al generale movimento riformista inaugurato da Pio IX, scavalcò tutti gli altri sovrani italiani e concesse la costituzione d'un colpo solo, mettendo fra l'altro in imbarazzo il Papa, il Granduca di Toscana, i Duchi di Parma e Modena e Carlo Alberto a Torino, i quali, dopo questa mossa, furono costretti, uno dopo l'altro, concedere anch'essi la costituzione.
A questo punto era chiaro che l'equilibrio e l'ordine stabiliti a Vienna nel 1815 erano venuti meno; inoltre una rivoluzione era scoppiata anche a Vienna, e Metternich era uscito di scena; approfittando di ciò, i milanesi il 18 marzo erano insorti cacciando gli austriaci e chiedendo a tutti i sovrani italiani di combattere insieme contro gli Asburgo per l'indipendenza italiana. Per altro, dopo varie esitazioni, Carlo Alberto era effettivamente entrato con il suo esercito in Lombardia e marciava contro il "Quadrilatero" austriaco. Insomma, era giunto il momento di mettere in pratica il piano giobertiano.
Pio IX era pronto, ed inviò delle truppe non per attaccare ma a difesa dello Stato Pontificio, ed anche il Granduca di Toscana inviò i suoi uomini. Ferdinando, dinanzi ad una vera ed effettiva unità degli italiani per l'indipendenza non si tirò indietro, ed inviò l'esercito a combattere. è il momento magico della storia d'Italia! Tutti uniti per l'indipendenza, secondo però gli obiettivi del neoguelfismo, vale a dire un'Italia confederale e cattolica, e pertanto monarchica e legittimista. Il problema però è che non tutti la pensavano in tal maniera... Anzitutto i democratici, che ovunque, e specie a Firenze, Roma e Napoli miravano al progetto mazziniano di sovversione repubblicana dell'ordine tradizionale; e poi Carlo Alberto, che in maniera ogni giorno più evidente conduceva la guerra isolatamente ed evidenziando le sue reali intenzioni, che non erano certo quelle neoguelfe, bensì più semplicemente quelle di realizzare l'antico sogno di Casa Savoia, l'annessione della Lombardia e se possibile del Veneto. A questo punto Ferdinando, fiutato il vento, cambiò nettamente atteggiamento (nel frattempo, anche Pio IX ritirava le sue truppe, sia perché oramai era evidente che a Roma si preparava il colpo di stato mazziniano, sia perché da Vienna giungevano minacce di scisma qualora il Papa non avesse smesso di fare guerra all'Impero cattolico, e Pio IX, per quanto amasse l'Italia, era anzitutto il Pontefice di tutti i cattolici del mondo prima che il sovrano di uno Stato italico): mediante un colpo di forza, prima ritirò la costituzione, onde evitare che il governo gli sfuggisse definitivamente di mano e finisse in quelle mazziniane (come stava accadendo a Roma e Firenze), pericolo effettivo che varie rivoluzioni locali nelle provincie meridionali del Regno stavano chiaramente evidenziando; poi ritirò i suoi soldati dal fronte, visto che farli morire per dare la Lombardia a Carlo Alberto (e non per fare la Confederazione Italiana) non aveva alcun senso; infine riconquistò manu militari la Sicilia, ponendo fine ad ogni disordine e velleità rivoluzionaria e sovversiva, e dimostrandosi uomo di carattere come pochi l'Italia aveva conosciuto. Uomo di carattere ma anche generoso: perdonò i condannati a morte per ribellione dopo i fatti del '48, e tale generosità fu ripagata da parte rivoluzionaria con l'attentato mortale (miracolosamente fallito) che dovette subire da Agesilao Milano (un ufficiale calabrese) nel 1856: fu l'unica condanna a morte che il Re non volle amnistiare, proprio per l'ingratitudine fanatica dimostrata in tale occasione. Anche in politica estera si dimostrò sempre un sovrano energico con idee chiare, il cui unico obiettivo erano gli interessi del suo popolo, dinanzi ai quali era capace di dire no anche all'Austria e alla Gran Bretagna. Ad esempio, negli Anni Trenta, ancor giovane sovrano, tenne testa al Palmerston per la nota vicenda degli zolfi siciliani. Era successo che nel 1816 il Governo britannico si era fatto concedere da Ferdinando I il monopolio dello sfruttamento dello zolfo siciliano per pochi soldi, senza che il Regno ci guadagnasse sopra. A Ferdinando II ciò non andava giù; inoltre, egli aveva abolito la tassa sul macinato (per non gravare sul popolo), e quindi aveva bisogno di soldi. Così decise di affidare il monopolio a una società francese che pagava il doppio dell'Inghilterra. Parlmerston mandò subito una flotta militare davanti al Golfo di Napoli, minacciando senza ritegno di bombardare la città. Ferdinando II mostrò il suo carattere, tenne duro, preparando flotta ed esercito alla guerra. Il tutto si risolse con l'intervento di Luigi Filippo Re dei Francesi: il Re dovette rimborsare sia gli inglesi che i francesi (perché il monopolio rimase agli inglesi, che però mai dimenticarono l'onta subita) il presunto danno arrecato

Rispose negativamente anche all'offerta di Francesco Giuseppe nel 1851 di una lega degli Stati italiani, né accettò le pressioni prima di Luigi Filippo poi di Napoleone III di cambiare metodo di governo.

S.S. Pio IX benedice a Gaeta
la Famiglia Reale
la Famiglia Reale
Gli ultimi anni della sua vita furono in parte contristati dalla consapevolezza che a Torino si stava preparando qualcosa di pericoloso, con l'appoggio della Gran Bretagna di Palmerston e delle forze internazionali protestantiche e massoniche, e ancora nel 1857 dovette subire la tragica spedizione del Pisacane contro il suo Regno. Ma la morte lo colse ancor giovane proprio alla vigilia di quegli eventi che condussero alla caduta del Regno, quando cioè più che mai sarebbero state necessarie la sua energia, la sua lungimiranza e l'esperienza che sempre dimostrò durante il suo importante e fecondo governo.
Un regno di progresso civile e materiale
Ferdinando II fu sicuramente il Re di Napoli più amato dai suoi sudditi, ed è per tal ragione ovviamente che a tutt'oggi risulta essere il sovrano più calunniato della storia, perché la storia fu scritta da coloro che portarono via il Regno a suo figlio, e lo portarono via tramite un'invasione a tradimento di uno Stato pacifico ed alleato, legittimo e benvoluto dai propri sudditi. Pertanto è chiaro che un tale atto poteva essere giustificato solo con l'accusa da parte dei vincitori di indegnità di governo verso la famiglia dei Borbone delle Due Sicilie. Insomma, per fornire una parvenza di giustificazione storica all'assalto piratesco del pacifico, alleato, legittimo e sette volte secolare Regno delle Due Sicilie, occorreva infangare la memoria dei detentori di quel Trono, ed in particolare la memoria del suo migliore e più recente esponente (essendo Francesco II appena salito al Trono e troppo giovane ancora per essere credibilmente calunniato).
S.M. Ferdinando II
Lo storico Angelantonio Spagnoletti

Scrive Carlo Alianello



Scrive Marta Petrusewicz, fornendo un quadro del suo regno, «(...) la popolazione in crescita, la tassazione ed il sistema doganale meglio regolati, ed il governo impegnato in un intervento intelligente di costruzione delle ferrovie e strade, manifatture reali e prigioni moderne»

Per capire ancora meglio il personaggio, leggiamo quanto scrive lo zuavo pontificio (parla quindi per esperienza diretta) irlandese P.K. O'Clery, nella sua celebre opera sul Risorgimento



Prendiamo ad esempio anche quanto scrive Angela Pellicciari


Cerimonia d'inaugurazione della ferrovia Napoli -
Portici alla presenza del Re Ferdinando II
(particolare), 1839, tempera su carta, Napoli.
Salvatore Fergola
Portici alla presenza del Re Ferdinando II
(particolare), 1839, tempera su carta, Napoli.
Salvatore Fergola
Tutto ciò è confermato anche da Giuseppe Paladino nella sua voce dedicata a Ferdinando II nell'Enciclopedia Italiana (Treccani), ove scrive: «Diede impulso a costruzioni di pubblica utilità. La prima ferrovia inaugurata in Italia fu la Napoli-Portici (1839). Ad essa seguì nel regno l'altro tronco Napoli-Capua. Sotto F. II fu ampliata la rete telegrafica a sistema elettrico (...) La marineria mercantile a vapore ricevette grande incremento; nel 1848 aveva il terzo posto per numero e armamento di navi. Una serie di trattati di commercio con l'Inghilterra, con la Francia, con la Sardegna inaugurarono un sistema illuminato di moderato protezionismo (1841-1845). Le finanze erano amministrate in modo mirabile: il contribuente napoletano pagava meno degli altri italiani...».
Per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia, occorre ricordare che dopo la rivoluzione del '48 non sono state eseguite nel Regno di Napoli esecuzioni capitali (eccetto quella futura di Agesilao Milano). Delle 42 comminate dai tribunali, Ferdinando II ne commuta 19 in ergastolo, 11 in 30 anni ai ferri, 12 in pene minori


Del resto, così il giornalista francese Charles Garnier descrive la situazione del Regno nella sua Memoria sul Regno delle Due Sicilie (Parigi, 1866): «le imposte erano meno gravose di quelle del Piemonte e minori di quelle italiane degli anni postunitari; il credito del governo solido, il debito basso, la coscrizione molto più tollerabile; gran parte delle entrate erano spese nell'agricoltura e nei lavori pubblici, fra cui si ricordano la prima ferrovia e il primo telegrafo elettrico in Italia, e anche il primo ponte sospeso e i primi fari diottrici furono attuati nel Regno; e così il primo battello a vapore. Il commercio era in crescita, fiorenti le manifatture»

In generale, ai già più che eloquenti giudizi storici finora riportati, si può aggiungere che Ferdinando viaggiò molto per il Regno a visitare ospedali, carceri, campi di lavoro, ecc., al fine di sovvenire sempre di persona ai reali bisogni dei sudditi; per risparmiare e poter diminuire le tasse, oltre a ridurre le spese di Corte e quelle personali, ridusse lo stipendio dei ministri e stabilì contro la disoccupazione che la stessa persona non potesse ricoprire due cariche pubbliche; molti parchi di caccia reale furono restituiti all'agricoltura; sviluppò l'industria, specie quella tessile, fece costruire, oltre alle strade ed alle ferrovie prime elencate, porti, cantieri mercantili, ponti su fiumi, cimiteri fuori dell'abitato, ospedali, conservatori, orfanotrofi, asili infantili per fanciulli poveri, anche case di ricovero per malati di mente (abolì di fatto l'accattonaggio), case per fanciulle, carceri moderni e istituti per sordo-muti; curò la cultura fondando cattedre, aprì biblioteche, convitti, educandati, orti agrari e scuole gratuite; bonificò le terre delle paludi sipontine e l'isola di S. Stefano di fronte a Gaeta e introdusse nuove coltivazioni nel Regno; fondò istituti per incoraggiare l'intrapresa economica premiando con medaglie i migliori; ad ogni occasione (matrimoni reali, feste particolari, ecc.) elargiva donazioni per poveri e doti di matrimonio per fanciulle bisognose; quando vi erano epidemie di colera andava di persona negli ospedali, e così faceva anche quando vi erano terremoti e disastri naturali, soccorrendo materialmente i derelitti; d'altro canto rafforzò anche l'esercito e la marina militare, che divenne una delle prime in Europa. Molto altro vi sarebbe da dire. Ma appare chiaro come Ferdinando II fu la massima e più completa espressione di quel riformismo politico e sociale, inaugurato dal suo bisnonno Carlo, che caratterizzò sempre la Real Casa di Borbone delle Due Sicilie.
Fonte:
http://www.realcasadiborbone.it