giovedì 26 settembre 2013

STRANA SEDUZIONE (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo I°) .



Papa Leone XIII
Intanto bisogna riconoscere che, durante il regno di Leone XIII, i sacerdoti fedeli ebbero il dolore d'esser testimoni di ciò che Mons. Isoard, vescovo di Annecy, così descrisse:
"Gli uomini, laici o preti, che si sono tolti l'incarico d'infondere nel clero uno spirito nuovo per i tempi nuovi, non si propongono - dicono essi - che di ottenere l'adempimento di altissime volontà. Si coprono delle più onorate divise; usurpando una garanzia col mettere in vista personalità più giustamente riputate, venerate, essi lavorano con sicurezza a spodestare l'autorità stabilita da Dio nella sua Chiesa e che è la vita della Chiesa stessa".
In appoggio di queste parole, riferiamo un fatto fra gli altri che si potrebbero ricordare.
Era il settembre 1895; si agitava la grande questione della sommissione o non sommissione delle Congregazioni, della resistenza almeno passiva alle leggi ingiuste, tiranniche ed empie.
Sotto il titolo La graine de schisme, il Figaro scrisse: "I paladini spesso astuti che veggono nelle passioni pietose o nei sentimenti religiosi uno strumento politico, si sforzano di prendere sul Papa regnante, le cui tendenze conciliatrici, checchè se ne dica, non hanno punto cangiato, una dissimulata rivincita. Son dessi che stimolano i vescovi tiepidi ed insultano i ricalcitranti".
L'Univers-Monde, dopo aver riprodotto queste parole, aggiunse sotto la firma di Eugenio Veuillot:
"Noi vogliamo congratularci col redattore del Figaro di notar così bene che quelli che gridano senza diritto nè rischio, e con tanta passione alla resistenza, cercano soprattutto nella questione delle Congregazioni una rivincita contro la politica del Papa. Refrattari, semirefrattari, cattolici alleati coi refrattari e ammoniti dalla S. Sede, son tutti là".
La Semaine Religieuse della diocesi di Cambrai che l'Univers-Monde, un mese prima, avea preso a parte nominatamente, fece seguire a tale accusa questo appello a' suoi lettori:
"Noi dimandiamo a tutti i nostri venerabili Confratelli, sacerdoti della diocesi di Cambrai, unanimi nel pensare che il bene delle Congregazioni e la salute della Chiesa di Francia reclamano l'attitudine passiva davanti alla legge di abbonamento, se sono i sentimenti qui sopra espressi che loro hanno ispirata questa opinione. 

"Noi dimandiamo a tutte le nostre care Comunità unanimi, anche esse, nelle risoluzioni prese sotto la presidenza dell'Arcivescovo, dopo che il pro ed il contro sono stati sì lealmente esposti, se esse hanno voluto, se vogliono "prendere una rivincita contro la politica del Papa"".
Quando ciò che si dichiarava essere la "politica del Papa" fece abbandonare la resistenza, la Lanterne cavò questa conclusione: "Non è affatto inutile d'insistere su questo punto - che la sommissione delle Congregazioni prova perentoriamente - che se il Parlamento volesse inoltrarsi di più nella via in cui si è messo, se egli si decidesse a votare la soppressione dell'Ambasciata presso il Papa ed anche l'abrogazione del Concordato, egli non incontrerebbe nel paese alcuna reale opposizione, e che queste riforme, le quali facevano parte del programma democratico del 1878 potrebbero effettuarsi senza pericolo della tranquillità pubblica e senza difficoltà".(1)
Il ragionamento della Lanterne era quello della framassoneria che ci governa. Incoraggiata da tante sommissioni, essa osò presentare al Parlamento il suo progetto di legge della separazione della Chiesa dallo Stato.
Le Istruzioni segrete avevano detto: Voi volete stabilire il regno degli eletti (di Satana) sul trono della prostituta di Babilonia (Roma); fate in modo che il clero cammini all'ombra del vostro stendardo credendo sempre di camminare sotto la bandiera delle chiavi apostoliche.
Nel suo libro Nouveau Catholicisme et nouveau Clergé, Maignen non ha punto esitato di notare certe parole e certi fatti che mostrano come questa illusione si è trovata in molti.
"Che ci sia pericolo per la fede e per la disciplina della Chiesa, in questa sete insaziabile di novità che trasporta molti cattolici e una parte del clero, diventa ogni giorno più difficile a contestarlo.
"Mai noi crediamo di scorgere un pericolo maggiore nel modo onde i novatori pretendono far prevalere le loro dottrine.


Concilio Vaticano I.

"Questa tattica, infatti, è meravigliosamente adatta allo stato presente e a quello che si potrebbe chiamare la mentalità cattolica dopo il Concilio Vaticano.
"Non solo i moderni novatori non intendono di romperla con Roma, nè d'insorgere apertamente contro l'autorità pontificia, ma anzi hanno altamente confessato l'intenzione di accaparrarsi, in qualche modo, l'influenza di questa stessa autorità e di farla servire al predominio del loro partito.
"Nel campo della teoria, non si tratta più per i novatori di negare un dogma, ma di dare, secondo l'occasione, a tutti i dogmi un senso nuovo.
"Nel campo dei fatti, non è questione di resistere al Papa, ma di far credere all'opinione pubblica che i maneggiatori del Partito sono i soli fedeli interpreti del pensiero del Papa.
"Per giungere ai loro fini i novatori dispongono di due mezzi potenti: l'uno che è di tutti i tempi, l'intrigo, onde si sforzano di spingere i loro partigiani nelle file del clero e nella burocrazia; l'altro, modernissimo e molto formidabile, la stampa, ch'essi maneggiano con tanta destrezza da creare le correnti dell'opinione, le simpatie popolari, tanto più perniciose alla vita della Chiesa quanto più sembrano innocue e spontanee"(2) 
Il defunto Augusto Sabatier, allora decano della Facoltà di teologia protestante a Parigi, ha fatto la medesima osservazione, in due lettere indirizzate da Parigi al giornale di Ginevra, il 20 ottobre 1898 e il 18 marzo 1899, una prima, l'altra dopo la pubblicazione dell'Enciclica sull'americanismo.

Dopo aver detto:
"L'americanismo è figlio del liberalismo.
"Esso ha una coscienza profonda delle necessità del tempo presente e dei bisogni dell'umanità in questa fine di secolo.
"Esso vuol essere moderno, democratico e individualista.
"Il suo pensiero dominante è di unire il secolo e la Chiesa, di cercare una conciliazione fra la tradizione della Chiesa e le aspirazioni del secolo, di far cessare il conflitto tra la teologia dei seminari e le scienze moderne.
"Per gli americanisti, la separazione della Chiesa dallo Stato è lo stato normale.
"Essi accettano la disciplina della Chiesa, ma intendono di accettarla volontariamente.
"Essi sono individualisti nella Chiesa come nella società civile.
"Ai loro occhi, il Concilio Vaticano, che dichiarò l'apoteosi del Papa, è la fine di un grande periodo. Il nuovo periodo ha il cómpito di sviluppare l'iniziativa e le forze individuali, le virtù attive, l'immanenza dello Spirito Santo nell'anima degli individui.
"Essi non si fanno illusione sull'arditezza di questo concetto nuovo della Chiesa".
Egli termina dicendo che, nonostante l'origine di queste influenze e il carattere di queste novità, essi sperano trionfare di tutte le resistenze.
In che modo? Egli pur lo diceva: Raddoppiando le loro proteste di sommissione alla S. Sede, mettendo tutto questo al sicuro sotto la sovranità del Papa, protestando piena obbedienza alle sue direzioni.
Quelli che hanno seguito i novatori, che hanno osservato il loro contegno e i loro atti, che hanno letto i loro scritti, riconosceranno che Sabatier ha colpito nel vivo la loro tattica. Per convincersene pienamente, basta ricordare il discorso pronunciato da Mons. Lorenzelli, nel gran seminario di Soissons nei primi giorni dell'anno 1902. Il nunzio parlò dei pericoli che minacciano la Chiesa cattolica nell'ora presente. Fra questi pericoli, segnalò "la tendenza a naturalizzare lo spirito del clero, ad accogliere ogni nuova dottrina, ogni nuovo metodo d'azione". Egli non temette di aggiungere: "Questo spirito vorrebbe giustificarsi con certe parole della Santa Sede".
Questo modo di operare, giova osservarlo, risponde mirabilmente ai voti che esprimevano le Istruzioni date all'Alta Vendita.

Papa Pio VI

In tutte le circostanze, non, senza dubbio, per obbedire ad un ordine che sapevano venir dal di fuori, ma guidati da non so quale istinto o da non so quale occulto impulso, essi non cessarono di agitare la bandiera del Papa, e di presentarsi come i suoi araldi, mentre insegnavano e propagavano a tutta possa le dottrine che la S. Sede non cessò mai di condannare da Pio VI a Pio X.
Perciò hanno preso il loro punto d'appoggio a Roma stessa. Delle direzioni pontificie, interpretate contro il senso comune, si sono formati un'arma contro i difensori della sana dottrina; han guadagnato dei giornali, altra volta i più opposti al liberalismo, di guisa che in Francia e in Italia, in
Alemagna ed in America, si ebbe il dolore di vedere celebri campioni della Chiesa, darsi a dissimulare le verità, quando pure non propagavano essi medesimi gli errori dell'americanismo, del liberalismo e della democrazia. Così appoggiata, l'audacia dei novatori non ebbe più alcun timore.
Quando l'abate Loisy pubblicò il suo libro: L'Evangile et l'Eglise, dove sono riprodotti gli errori dell'arianismo e del nestorianismo, Naudet nella sua Justice sociale (numero del 10 gennaio 1903) l'apprezzò in questi termini in un articolo intitolato La victoire: "Questo libro, se si sopprimono certe pagine dei due primi capitoli, che sono assolutamente deplorevoli, mi sembra, nel suo complesso essere quanto da Newman in qua è stato scritto di più potente e di più bello in fatto di teologia storica". Egli termina così quest'articolo:
Noi siamo e restiamo i figli diletti del Papa".(3) 
Egli recava in prova questo fatto certamente poco concludente che, trovandosi due mesi prima dinanzi al Papa "i suoi occhi d'una dolcezza e vivacità straordinaria in cui sembra concentrarsi tutta la vita, mi guardarono lungamente".
Era la seconda volta che Naudet parlava di questa udienza; sempre egli si faceva bello dello sguardo che il Papa aveva gettato sopra di lui, studiavasi di far capire che questo sguardo era segno di approvazione delle sue dottrine; ma guardavasi bene di riportare alcuna delle parole che Leone XIII gli aveva rivolte.
Mons. Duchesne .

Dabry si espresse più francamente; egli fece intendere che il libro di cui parliamo Roma lo aveva dimandato all'autore. "Quindici anni fa - dice Mons. Duchesne - era lo spauracchio di tutto il mondo ben pensante. Oggidì Mons. Duchesne è il sapiente cattolico di cui si è orgogliosi ed a cui si è fatto ricorso per rettificare il Breviario; come Loisy è il sapiente cattolico a cui si domanda di confutare Harnack".
Gli errori più anticristiani venivano così posti sotto il patrocinio del Papa; più ancora, il loro autore veniva presentato. come incaricato dal Papa di formularli e metterli in circolazione.
Tre anni or sono,(4) la S. Congregazione dell'Indice condannava l'opera intitolata: Le Paganisme au XIXe Siècle. Subito l'autore dichiarava al suo vescovo che egli "piegava il capo". Ma aveva cura di aggiungere: "In quest'opera io m'era sforzato di seguire le più recenti dottrine di Leone XIII, per quanto ho potuto comprenderle". E Dabry esclamava nel suo giornale, all'indirizzo della S. Congregazione dell'Indice, la quale condannava quelle che si eran dette "le più recenti dottrine di Leone XIII": "Guai a coloro che uccidono gli apostoli o li incatenano!"
Quanti tratti potrebbero a questi aggiungersi se volessimo risalire il corso dei dieci, dei venti ultimi anni! Ma basti richiamare le corrispondenze inviate clandestinamente nei seminari; esse non aveano altro scopo che di presentare ai giovani leviti il Papa alla testa del movimento che deve condurre la Chiesa al secolo, non il secolo alla Chiesa.
Il Journal de Genève, nel suo numero del 31 ottobre 1898, ha perfettamente detto, a proposito della lettera del nostro S. P. il Papa al cardinal Gibbons, quello che in cento occasioni si è tentato di persuadere ai semplici per farli passare sotto la bandiera della setta nell'atto stesso che loro faceano credere di trovarsi sempre sotto la bandiera del Papa.
"L'americanismo - diceva questo giornale - novera fra i suoi primi protettori il Papa e il cardinal Rampolla. Leone XIII ha sempre dimostrato una vivissima simpatia ai capi dell'americanismo, Mons. Ireland, il cardinal Gibbons, ecc.; è unicamente questo che ha permesso all'americanismo di
prosperare e di svilupparsi. Spirito largo e comprensivo, Leone XIII ha visto fino ad oggi nell'americanismo il miglior modo di accomodamento del cattolicismo alle nuove condizioni della società moderna. Secondo il cardinal Rampolla, questa questione si collega strettamente colla politica democratica e repubblicana che il Vaticano ha inaugurato in Francia, e che il cardinale Segretario di Stato vorrebbe che trionfasse dappertutto.
"Quando venne la condanna dell'americanismo, dissero che questa condanna era stata "strappata alla debolezza del S. Padre ormai malaticcio". E non è il Figaro solo che ha parlato così (numero 11 giugno 1899). Anche il Sillon diceva: "Si vanno susurrando molte cose, io non l'ignoro, sul modo onde i famigliari del S. Padre avrebbe approfittato, in questo ultimo tempo, della sua vecchiezza e della sua malattia". Quanti altri sparsero le medesime insinuazioni!(5) 
Quali disordini cotesti discorsi producono negli spiriti che non hanno le dovute diffidenze sulla tristezza dei tempi! Il Signal ne diede un'idea sei mesi più tardi nel suo numero del 6 maggio 1899.
L'apostata Charbonnel vi parlava dell'Unione progressista della gioventù CATTOLICA. I giovani di questa associazione erano persuasi di ciò che loro si era cantato su tutti i toni, che cioè Leone XIII era americanista, e dicevano a se stessi: "Questo sarà il rinnovamento della Chiesa!"
L'ex abate ci fa conoscere quello che risultò da questa falsa persuasione:
"Il disinganno è venuto molteplice e tristamente crudele...
"Leone XIII ha riprovato il neo-cattolicismo;
"Leone XIII ha riprovato il Congresso delle Religioni;
"Leone XIII ha riprovato la Democrazia cristiana (quella sincera dell'abate Daens nel Belgio) e ridusse l'altra (quella dell'abate Garnier) a non essere che una maschera di Democrazia;
"Leone XIII ha riprovato l'americanismo senza riserva;
"Leone XIII, Papa liberale, è il Sommo Pontefice degli anatemi;
"Nessun Papa ha mai anatematizzato in sua vita al pari di lui".
Charbonnel spinge la nota; ma non è men vero che Leone XIII, al pari de' suoi predecessori, non ha fatto grazia all'errore. Quelli che l'avevano abbracciato, e che si erano lasciati persuadere che il Papa approvasse le loro idee, furono un dopo l'altro crudelmente delusi nelle loro speranze.
Come accettarono essi queste disillusioni?
Il fondatore dell'Unione progressista della gioventù CATTOLICA diede la sua dimissione di presidente di questa associazione; ma con dei considerando che riempiono l'anima di tristezza, perchè addimostrano ciò che avviene di questi giovani che hanno voluto mettere la loro attività a servizio del bene, ma che sono deviati da coloro che imprendono a guidarli; la loro buona volontà è da prima resa sterile, poi son gettati nel dubbio, se non anche nella incredulità.
"Io appartengo, mio caro collega - scrisse F. B. - alla generazione del 1890, tempo già lontano se lo si giudica da ciò che avviene oggidì intorno a noi. Voi siete più giovane di me; se voi foste vissuto nella vostra adolescenza, quando si brindava all'Enciclica, voi sapreste che un movimento idealista,
sociale, politico, religioso, metteva la febbre nella gioventù di allora, confidente nella Chiesa che si avanzava verso il Secolo.
"Le circostanze sono cangiate: il virus latino era troppo intimamente penetrato nelle nazioni cattoliche dal secolo XVI in poi, perchè fosse loro possibile di liberarsi, e i Gesuiti sapevano bene quel che dicevano annunziando il fallimento delle Encicliche liberatrici di Leone XIII. Il fallimento è avvenuto e noi siamo vinti.
"Io non vi parlerò dell'alternativa in cui sono posti i cattolici francesi, i quali devono abbandonare la Chiesa o ritornare indietro; io mi terrò pago di segnalarvi l'affare Daens, l'affare Hecker, l'affare Schell. Vi dirò semplicemente, mio caro collega, esser mia intima convinzione che non vi ha niente da fare in questo paese che oscilla senza tregua fra gli estremi, mostrandosi più appassionato che ragionevole.
"Dirò di più: il patriottismo può diventare una grave responsabilità nel conflitto dei doveri, quando il paese, a cui si appartiene, è saturo di tradizioni pagane, tanto politicamente quanto religiosamente e socialmente".
Abbandonare la Chiesa! ecco il pensiero che ricorreva alla mente di quelli ai quali si era fatto credere che Leone XIII spingeva la barca di Pietro in nuove acque. Ma un giorno o l'altro Pietro parla per la bocca di Leone, e la verità cattolica loro apparisce tale qual'è, quale N. S. Gesù Cristo l'ha predicata. L'ideale ch'essi avevano accarezzato si dilegua e il loro spirito sconcertato, sente di non aver più nè la luce, nè la forza di ritornare indietro.
I medesimi disinganni e le stesse tentazioni si sono manifestate al Sillon. Nel suo numero del 10 aprile 1899, esso pubblicava senza commenti una lettera in cui uno de' suoi cominciava col ricordargli il dubbio che egli aveva manifestato poco tempo innanzi, a proposito dell'Enciclica agli Americanisti. "Leone XIII poteva egli condannarli senza condannare ad un tempo tutta l'opera dei suo Pontificato?..." Poi veniva ai rimproveri.
"Ora, voi rallentate il freno ad uomini o ad idee che sostenevate, nella speranza, sembra, che queste concessioni ve ne risparmino delle altre. Permettetemi di credere che è fatica sciupata. Sarete sloggiati dagli ultimi vostri trinceramenti ... Non sarebbe più franco confessare che il Papa, sembra, abbia voglia di rovinare a poco a poco, - o di lasciar rovinare e disfare, in ciò che ha di umano e per conseguenza di distruggibile, ben inteso, - l'opera del suo glorioso Pontificato? Questo può e deve contristarci, ma non può nè deve scoraggiarci. Ma perchè non constatarlo?
"Non sarebbe quindi più politico, pur sottomettendoci per ispirito d'ubbidienza alla Chiesa, nella misura necessaria, di dire schiettamente che queste sommissioni non sono nè ritrattazioni (non essendo la nostra ortodossia per nulla colpita, e il magistero infantile non esercitandosi in niun modo in queste Lettere o decisioni delle Congregazioni), nè rinunzie al lavoro e all'azione? Crediamo noi, dietro questi documenti, che il nostro dovere non sia di cercare una conciliazione tra il dogma cattolico e le idee del secolo; di lavorare per un accomodamento progressivo del cattolicismo con tutte le forze che governano il mondo moderno? ... Non fa mestieri evitare con premura di comparire come se abbandonassimo una causa e idee che continuiamo a credere buone in se stesse, che sono la ragion d'essere della nostra vita e della nostra azione, e, dirò anche, la salvaguardia della nostra fede? Imperocchè il giorno in cui coininciassimo a dubitare che il cattolicismo sia adattabile e capace di progresso, in quel giorno crederemmo noi ancora in lui?"

È di nuovo il pensiero dell'apostasia che si presenta a questi giovani, i quali han creduto "marciare sotto la bandiera dei duci apostolici", mentre in realtà si erano slanciati sulle vie aperte dal massonismo.
Allorchè la framassoneria giunse al potere e gettò il suo grido di guerra: "Il clericalismo, ecco il nemico", uno dei massoni più istruiti e più capaci di penetrare i disegni e i piani della setta, disse ad un vescovo, il quale lo ripetè all'Univers: "Le nostre misure son prese troppo bene, troppo bene abbiam preparato i nostri mezzi d'attacco, troppo bene ci siamo assicurati tutte le alleanze, tutte le connivenze, tutte le complicità di tutto ciò che rappresenta una forza, un'influenza, una potenza, perchè il nostro successo non sia sicuro".
Purtroppo! tutto andò come la framassoneria l'aveva preparato e come l'interlocutore del vescovo l'aveva predetto.
 
 
 

Note:

(1) In una pubblicazione che fece sotto questo titolo: Une deuxième campagne: Vers la sèparation, Combes spiega coi medesimi fatti come la framassoneria è stata indotta a far discutere, più presto che nol pensava, il progetto di legge sulla separazione della Chiesa dallo Stato. "Le Congregazioni sono state disciolte, le loro case sono state chiuse. All'indomani di quest'operazione, la pace più profonda regnò dovunque, anche nei luoghi più anticamente abbandonati alle pratiche dei conventi. "Il silenzio si è fatto, là come altrove, sulle Congregazioni alla vigilia così agitate. "Al presente l'oblio ha sepolto pensino il loro nome. "Sarà lo stesso delle conseguenze sociali della separazione della Chiesa dallo Stato".
(2) Nouveau Catholicisme et nouveau Clergé, pp. 435-436.
(3) Nel novembre 1894 la Democrazia cristiana, pubblicò un articolo di oltre quaranta pagine che conchiudeva: "Noi non abbiamo che uno scopo in questo lavoro: dimostrare che il Papa ha delle simpatie e delle preferenze per i Capi, per le Dottrine e le Opere di questa scuola che potremmo chiamare oggimai Scuola Pontificale. Noi crediamo di aver raggiunto il nostro scopo". 
(4) 1903.
(5) Nel numero d'ottobre 1901, gli Annali di Filosofia cristiana, redatti dall'abate Denis, parlando della lettera dell'8 settembre 1899 al clero francese, dissero così: "Questa lettera non è di Leone XIII che avea subita un'operazione chirurgica ed era gravemente malato. Essa è del defunto P. Mazzella, che faceva allora ogni sorta di pratiche per ottenere la condanna per mezzo dell'Indice dei filosofi laici ed ecclesiastici francesi. S. S. Leone XIII, esitante un momento, tanto in nero si presentavano le cose di Francia, rifiutò formalmente ogni condanna. Mazzella ottenne almeno che la Démonstration philosophique dell'ab. Jules Martin, opera superiore d'un pensatore isolato e senza relazioni coi neo-apologisti, fosse ritirata dal commercio. Un innocente, un venerabile vecchio era colpito per le sue opinioni libere! - Nella lettera di Mazzella si legge un passo che è evidentemente in contradizione con lo spirito largo e paterno di Leone XIII, quello in cui egli oppone lo spirito francese allo spirito tedesco. Sotto questa forma apparentemente lusinghiera, egli condannava una categoria di pensatori cattolici che non sono più tedeschi che italiani, ma che cercano la verità dovunque essa può trovarsi. I cattolici erano presentati come praticanti un "soggettivismo radicale". Si cercherebbe invano da chi e dove simile filosofia sia stata professata".