Del ‘commissariamento’ dei Francescani dell’Immacolata – nello specifico – se ne è discusso fin troppo, pertanto ritengo inutile aggiungere ulteriore analisi ad altre già presentate da vari colleghi, alcuni molto noti e convenientemente preparati. Sposto quindi l’attenzione su un altro piano, strettamente correlato anche alla vicenda attuale, ma che fu davvero determinante ai tempi del Concilio Vaticano II (1962 – 1965): parliamo della “alterazione dell’informazione dei media”, ciò potrebbe inoculare un embrione di “ignoranza invincibile” nei più.
Domando anzitutto scusa in anticipo se qualcuno dovesse sentirsi urtato od offeso dal presente, tuttavia la mia intenzione è differente. Per evitare di annoiarvi con della sola didattica vorrei iniziare con un racconto metaforico che spiega il senso del presente breve studio.
Abbiamo una strada, gestita dall’ANAS, percorsa adesso da 6 miliardi e più di vetture. Questa strada ha un inizio ed una fine, e la fine è l’obiettivo da raggiungere certamente; lungo il tratto, l’ANAS deve garantire che tutti gli automobilisti arrivino a destinazione, e l’ANAS ha ereditato un codice stradale ‘collaudato’ che NON può essere modificato in alcun modo. Così per anni ed anni, ma un bel giorno accade qualcosa nel consiglio di amministrazione dell’ANAS, che viene sostituito all’insaputa degli automobilisti, e viene comandato ai vari dipendenti dell’ANAS di apporre una lunga serie di segnali di deviazione verso alcuni burroni, ma SENZA modificare il codice stradale, che NON può essere modificato. Alcuni dipendenti si interrogano: “ma se io colloco questi cartelli, la gente morirà ?” … eppure se ne fregano ed eseguono, pensano inoltre “tanto la gente ha il navigatore programmato da sempre per arrivare alla meta” . Cosa succede, dunque? La maggior parte degli automobilisti finisce nel burrone perché si fida dell’ANAS, nonostante il navigatore comandi loro di andare dritto, quindi molti muoiono e non arrivavo alla meta. Alcuni, i trasgressori del codice stradale, probabilmente arrivano a destinazione, tuttavia prenderanno numerose multe poiché hanno comunque violato abitualmente la legge, inoltre sono stati molto egoisti ed hanno mentito dicendo fra loro e con pochi altri che comunque era il codice stradale sbagliato, ma nella realtà non era il codice ad essere sbagliato bensì erano i cartelli stradali messi fuori posto. Altri, forse più attenti ed onesti, probabilmente fermano l’auto e fanno i ‘vigili’ salvando gli altri automobilisti. E noi siamo certi che NON potendo cambiare il codice stradale, quindi essendo obbligatorio osservare la segnaletica, è CERTO che questo nuovo ANAS è un arbitrio, porta alla morte; quindi va denunciato l’ANAS stesso, poiché si è sostituito al’originale, che ha dato questo ordine omicida. E la testimonianza la fa il navigatore che, da sempre, dice “vai dritto”!
Cosa si legge sui forum di settore e sulle testate cattoliche? Sintetizzo per non annoiare: si legge che i Francescani dell’Immacolata sarebbero stati ‘commissariati’ poiché poco avvezzi alla celebrazione della “messa riformata” o Novus Ordo Missae, in favore della “messa tridentina” o Vetus Ordo, (ma) secondo il Messale del 1962.
Per brevità accenno solamente che il Vetus Ordo fu ‘accompagnato’ o ‘promulgato’ dalla (e con) Quo Primum Tempore [1] di San Pio V, costituzione che ne sanciva perpetuità ed invariabilità, principi questi propri della Chiesa stessa [2]. Al ‘trasgressore’ o ‘audace attentatore’ veniva promessa ‘l’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo’.
Ora, se con la ‘messa riformata’ [3] questa ‘indignazione’ v’è stata, io credo che può saperlo Dio e non noi, tuttavia abbiamo dei segnali, delle percezioni, abbiamo anche dei dati di fatto ma, credo, siano più legati ai frutti della ‘nuova pentecoste conciliare’ che al Novus Ordo Missae a sé stante.
Posto che la storia della Chiesa e di alcune riforme è nota a tutti gli studiosi della materia, precisiamo che la “forma extraordinaria del rito romano” (definizione oggi usata ‘impropriamente’ per indicare il Vetus Ordo Missae) è stata ‘riabilitata’ per gradi: Karol Józef Wojtyła (o Giovanni Paolo II) con la lettera Quattuor abhinc annos [4] del 1984 e con il motu proprio Ecclesia Dei afflicta [5] del 1988 diede ai vescovi la possibilità di concedere, a chi ne avesse fatto domanda, l’uso del ‘messale tridentino’; Joseph Aloisius Ratzinger (o ‘papa emerito’ o Benedetto XVI) il 7 luglio 2007, con il motu proprio Summorum Pontificum [6] decise di permettere a tutti i sacerdoti che lo avessero desiderato, la possibilità di utilizzare il ‘messale tridentino’.
Prima di tornare a parlare della “alterazione dell’informazione dei media” che può portare ad un embrione di “ignoranza invincibile” è necessario comunque ricordare [7], senza timore di sbagliare, poiché di fede cattolica, che:
“la Chiesa esercita il suo Magistero ordinario non soltanto dichiarando espressamente la dottrina da tenersi per Fede, ma anche mediante la dottrina implicitamente contenuta nella prassi, ossia nella vita stessa della Chiesa. La dottrina divina, infatti, comunicata alla Chiesa dalla parola di Dio, o il deposito della fede, può essere trasmessa per tradizione scritta, per tradizione orale e anche per tradizione pratica. Modi questi dei quali l’uno non esclude l’altro; anzi la trasmissione che avviene per mezzo della pratica, almeno suppone sempre qualche altra dottrina esplicita trasmessa per iscritto o attraverso la predicazione, in seguito alla quale si sia venuta formando la pratica”.
Perché è importante ricordare questo concetto basilare di fede cattolica, perché:
“per ciò che riguarda la liturgia, quantunque non si possa dire, come pensano i modernisti, che essa crea i dogmi, tuttavia, appunto perché la liturgia riflette la fede della Chiesa, è prova di molti dogmi e perciò di molte verità teologicamente certe. Non c’è dubbio che nel modo con cui la Chiesa prega e loda il Signore, esprime ciò che crede e come lo crede e in base a quali concetti essa onora pubblicamente Dio. E [...] non può tuttavia permettere che in suo nome si usino nella liturgia modi di dire contrari a ciò ch’essa ritiene e crede”.
Abbiamo dunque condiviso in questo contesto quella certezza di fede cattolica, anche quanto alla liturgia e quindi alla disciplina, così come ricordava Pio VI nella Auctorem Fidei [8] condannando nel 1794 alcune proposizioni specifiche del Sinodo di Pistoia (condannato integralmente).
Posto che la Chiesa ed il Papa:
“non possono dare veleno ai propri figli” [Denz. 1837], quanto “alla vita giuridica della Chiesa, bisogna dire che i concili generali e il Papa non possono stabilire leggi la cui osservanza sia peccato. Cristo, infatti, dette alla Chiesa la potestà di giurisdizione per condurre gli uomini alla vita eterna; ma se la Chiesa nelle sue leggi includesse il peccato mortale, obbligherebbe gli uomini a perdere la vita eterna. Né, d’altra parte, Dio può dispensare dalla legge naturale. Perciò la Chiesa non può definire come vizio ciò che è onesto, né, al contrario, onesto ciò che è vizio; non può approvare ciò che sia contrario al Vangelo o alla ragione” [9].
Di questa certezza di fede cattolica, ovvero dell’essenza stessa, teorica dapprima e pratica poi, di Pietro che “scioglie e lega” [10] non credo che sia opportuno riparlarne, poiché il solo mettere in discussione tale prerogativa oggettiva sarebbe bestemmia; Il card. Franzelin [De Trad. tesi XII] “così certa teologicamente che negarla sarebbe un errore gravissimo o anche, secondo l’opinione della maggioranza, un’eresia”. L’infallibilità delle leggi liturgiche, per esempio, viene confermata dal Concilio di Costanza (Denz. 626-668) e dal Concilio di Trento (Denz. 856, 879, 889, 931-935, 942, 943, 954), direttamente o indirettamente.
Quando il Seper interrogò mons. Marcel Lefebvre (che pure ha vari meriti) quanto alla sua opposizione alla celebrazione secondo il Novus Ordo Missae e gli domandò:
“sostenete che un fedele cattolico può pensare ed affermare che un rito sacramentale, in particolare quello della Messa, approvato e promulgato dal Sovrano Pontefice, possa essere non conforme alla fede o favens haeresim?”
.. nello specifico mons. Lefebvre non rispose (cf. Il Problema dell’autorità e dell’episcopato nella Chiesa, CLS, 2005, p. 20; Mons. Lefebvre ed il Sant’Offizio, Volpe, Roma, pp. 14,94,95,124,125).
Il ragionamento logico è il seguente, e lo vedremo, tuttavia per comprenderlo dobbiamo per forza di cose slegarci moralmente e mentalmente dalla situazione presente, altrimenti si rischia di far dominare il proprio intelletto dal sentimento (o dal sentimentalismo). Avremo, quindi, INQUISITORE X e VESCOVO Y.
INQUISITORE X: perché vieti ai tuoi confratelli di celebrare la messa Z ?
VESCOVO Y: perché la MESSA Z non va bene ..
INQUISITORE X: perché dici questo ?
VESCOVO Y: perché .. per tutta una serie di motivi [cf. Breve esame critico al Novus Ordo Missae, Ottaviani e Bacci] .. con la MESSA Z “si vuol fare tabula rasa di tutta la teologia della Messa. In sostanza ci si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio della Messa” [11]
INQUISITORE X: ma allora secondo te la Chiesa può permettere tutto ciò, così diabolicamente? Ovvero può permettere che il Popolo di Dio partecipi universalmente ad un rito “che si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio della Messa”? Ovvero il Papa e la Chiesa intera, unita in comunione ed armonia con il Papa, possono mai vincolare tutto il popolo ad una liturgia blasfema?
VESCOVO Y: .. non risponde !
Cosa voglio dire con questo esempio generico, slegato dal contesto attuale? E qui torniamo al discorso dell’ “ignoranza invincibile”. Attenzione, non ignoranza del VESCOVO Y, bensì inoculata in fase embrionale nella mente del ‘popolano’.
Secondo Sant’Alfonso Maria de’ Liguori è vincibile quell’ignoranza «quae, cum debeat et possit vinci ab operante, vel quia errorem jam advertit, vel saltem dubitat de errore, advertitque simul ad obligationem illum vincendi, tamen negligit illum vincere»; è invincibile quell’ignoranza «quae moraliter vinci nequit cum nulla cogitatio, nec dubium erroris veniat in mentem operantis, nec etiam in confuso dum operatur, vel cum actionis causam ponit». [12]
Difatti anche l’Aquinate esplica benissimo il concetto nella Summa Th. [I-II, 72] [13], quindi qualora la persona dovesse essere così dominata dall’ignoranza di tipo invincibile, quindi la sua coscienza dovesse essere governata a tal punto dall’ignoranza detta invincibile, che non vi sarebbe alcuna possibilità - hic et nunc – di superare la condizione stessa, da qui la non colpevolezza morale in caso di azione oggettivamente illecita.
Si consideri tuttavia che l’esposizione dell’idea stessa di ignoranza invincibile è fortemente legata ad un contesto storico prettamente “analfabeta”, di persone “rozze”, poco “acculturate”, spesso inconsapevoli ed anche fortemente vincolate ai “pochi maestri”, situazione penalizzata (o favorita) anche da quelle scarsissime forme di comunicazione e collegamento. Oggigiorno, invece, la realtà è ben diversa, basti pensare al grande interesse che c’è, anche in contesti non prettamente ‘di teologia’, a tutta quella che è la materia propria della Missio della Chiesa cattolica, ed insomma all’ecclesiologia in generale.
Da qui emerge con grande tracotanza quella tendenza della stampa o di parte di essa alla “alterazione dell’informazione dei media”. Il lettore si fida solitamente del suo ‘autore’ di ‘fiducia’, e lo fa poiché negli anni casomai si è instaurato un rapporto che si basa da un lato sulla ‘credibilità’ e dall’altro sulla ‘necessità’ e sul desiderio di apprendere; quindi si può dire certamente che l’autore stimato (ed è sbagliato oggigiorno) diviene, su talune tematiche, un vero e proprio ‘maestro’. Un po’ come possiamo considerare tutti noi il Suarez (ed è corretto) un ‘maestro di scolastica’.
Dacché sorge il problema di fondo: posta di base la buona fede anche dell’ ‘autore’, ma consentiamoci tuttavia di umanamente dubitare, siamo certi che il nostro ‘autore’ di ‘fiducia’ trasmette la realtà dei fatti senza ‘personalizzare’, volontariamente od involontariamente, alterando così il vero?
La certezza non può mai esserci almeno al giorno d’oggi [abolizione Index], quindi si rende necessaria la comparazione di più fonti e, con l’aiuto della preghiera, casomai si opera un discernimento e ci si indirizza a quella narrazione che più sembra rispettare la retta ragione. Tuttavia talvolta la retta ragione viene sacrificata al sentimento o al sentimentalismo, alla “pancia”, e quindi il discernimento è più della carne che dello spirito.
Il caso dei Francescani dell’Immacolata, così come raccontato dai più, viene presentato come una sorta di persecuzione ESCLUSIVAMENTE volta ad impedire la celebrazione della santa Messa secondo il Vetus Ordo, ebbene questo è quanto i più danno a vedere. Ora, posto che ci vogliamo fidare dei vari autori, ma posto anche che non siamo ottusi e conosciamo bene il retroscena o entroterra di alcuni ambienti (che non sono nessuno per condannare) vicini ai Francescani dell’Immacolata, sappiamo benissimo che non si vuol solo impedire ai Francescani dell’Immacolata di celebrare secondo il Vetus Ordo, bensì si ha oggettiva intenzione di reprimere il più possibile quella tendenza teologica all’ermeneutica della discontinuità che diviene praticamente, sempre più e per alcuni, apologetica cattolica contemporanea [14, varie fonti].
Sorvoliamo sul fatto che alcuni ritengono non esistere questa discontinuità, noi, per dati oggettivi, dobbiamo ritenere che c’è frattura col passato, tuttavia va individuata la natura di questa crepa: il dogma è salvo? L’ecclesiologia è mutata? Cosa bisogna fare per salvarsi l’anima? Le ‘regole’ da seguire per salvarsi oggi sono le stesse di 100 anni fa?
Quella parte della Chiesa che “ammaestra” o “Chiesa docente” comanda ed insegna sempre la stessa fede (Depositum Fidei) alla “Chiesa discendente”, ovvero al popolo ? [15]
Ecco il problema intorno al quale si rigira sin dai tempi del Concilio Vaticano II e, secondo molti autori, precisamente sin dal 7 dicembre 1965 [promulgazione della Dignitatis Humanae].
Siamo noi obbligati ad ascoltare la Chiesa docente? [Cf. Catechismo Maggiore, 188]
Si, senza dubbio, siamo tutti obbligati ad ascoltare la Chiesa docente sotto pena di eterna condanna, perché Gesù Cristo disse ai Pastori della Chiesa, nella persona degli Apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me».
Oltre l’autorità d’insegnare, ha la Chiesa qualche altro potere? [Cf. Catechismo Maggiore, 189]
Si, oltre l’autorità d’insegnare, la Chiesa ha specialmente il potere di amministrare le cose sante, di far leggi e di esigerne l’osservanza.
Analizzare la vicenda dei Francescani dell’Immacolata e spostare, volontariamente od involontariamente, l’attenzione esclusivamente sul vulnus dato oggi dal Novus Ordo, è, a parer mio, un atteggiamento alquanto scorretto. Sintetizzo schematicamente.
Il lettore “ignora” parte della “materia di fede” –> il lettore comunque, desideroso di salvarsi l’anima, vuol capire ed approfondisce –> il lettore si documenta su scritti degli ‘autori’ di cui si fida –> il ‘fidarsi’ genera una sorta di ‘sudditanza psicologica’ che porta a credere ciò che si legge –> ora abbiamo una biforcazione: (a) o (b)
(a) l’autore ‘usa’ questa fiducia raccontando il vero, dacché il lettore diviene meno ‘ignorante’;
(b) l’autore ‘abusa’ questa fiducia raccontando una parzialità se non addirittura una falsità, dacché il lettore non diviene meno ‘ignorante’ bensì gli viene inoculato l’embrione dell’ ‘ignoranza invincibile’.
Nella fattispecie (caso Francescani dell’Immacolata), alcuni autori contemporanei ‘raccordando’ mezze verità o falsità, in buona o cattiva fede, stanno facendo, direttamente o indirettamente, proselitismo a quella tanto odiata disobbedienza all’Autorità, atteggiamento che diviene oggettivamente disordinato e da biasimare qualora assurge a ‘norma’ (diventa prassi implicitamente ‘dogmatica’).
Dire pertanto, così come sempre più spesso si legge, che il problema dei Francescani dell’Immacolata è esclusivamente incentrato sul divieto di celebrare secondo il Vetus Ordo, ma tralasciare tutto il resto e, nello stesso contesto, fare ‘apologia totalitarista’ ad opinioni teologiche assolutamente minoritarie e NON moralmente vincolanti, è una grave scorrettezza che, inoltre, sta procurando scandalo da tanti anni.
Pongo un interrogativo. E se Bergoglio, per motivi noti solo a Dio, sta esercitando invece giustamente quella Autorità di ‘legare e sciogliere’ propria della ‘giurisdizione’ che egli, se papa, ha ricevuto – per mandato – direttamente da Dio? Se sussistono delle motivazioni a noi ignote che spingono colui che dovrebbe essere il Vicario di Cristo ad operare in questo modo?
Ci troviamo davanti ad una condizione di ‘causa’ –> ‘effetto’, dove la ‘causa’ non necessariamente deve essere nota alla ‘Chiesa discendente’, bensì questa può solo guardare all’ ‘effetto’. Ora se è lecito guardare all’ ‘effetto’, è invece altrettanto lecito condannare secondo l’arbitrio privato questo ‘effetto’ ed eventualmente attribuire colpe alla ‘Chiesa docente’ che avrebbe ‘causato’ ?
E torniamo al discorso di prima, ovvero: non è che forse alcune misure disciplinari tendono piuttosto ad evitare che qualsivoglia opinione contraria o critica alla ‘canonizzazione’ del Concilio Vaticano II deve essere repressa? Non è che forse, ora che ci sarà la ‘canonizzazione’ (e negare l’infallibilità nella canonizzazione è eresia [16]) di Roncalli e Wojtyła, e forse la beatificazione di Montini, quindi la ‘canonizzazione’ del Concilio, si vuol annientare qualsiasi ‘voce dissidente’ in seno alla ‘chiesa conciliare’ ?
Ma se la ‘chiesa conciliare’ è Chiesa di Cristo, non è forse necessario e obbligatorio che l’Autorità estirpi con ogni ‘arma possibile’ tutte quelle ‘eresie’ in seno alla Chiesa di Cristo stesso, ovvero tutti quegli ‘eretici’ che mettono in discussione, criticano o condannano la ‘nuova pentecoste conciliare’?
Quindi cerchiamo di essere coerenti e, sganciandoci dal contesto presente, dobbiamo esprimerci secondo la fede cattolica:
a) se il Concilio Vaticano II è stato benedetto da Dio (ricordo che la esclusiva pastoralità dichiarata viene smentita ampiamente de facto dalla dogmaticità di alcuni argomenti trattati in documenti conciliari [17] e dai continui riferimenti alla Scrittura, negarlo è offendere la ragione), non è forse lecito ‘legare’ tutti gli ‘eretici’ che vi si oppongono?
In questo caso (a) citiamo Yves Congar, ‘esperto’ in seno al Concilio (1962 – 1965): “Il Vaticano II è stato dottrinale. Il fatto che non abbia definito dei nuovi dogmi non toglie nulla al suo valore dottrinale, secondo la qualifica che la teologia classica da, in maniera differenziata, ai documenti che ha promulgato. Alcuni sono dogmatici, esprimono la dottrina comune, sarebbero paragonabili alle grandi encicliche dottrinali (che d’altra parte citano sovente), con la differenza che esprimono, mediante la via (e la voce) del magistero straordinario l’insegnamento di quello che il Vaticano I ha chiamato il magistero ordinario ed universale. Tale è lo statuto di Lumen gentium, delle parti dottrinali di Dei Verbum, della Costituzione sulla liturgia e di Gaudium et Spes, ma anche di molti decreti e della dichiarazione Dignitàtis humanae personae. Altri testi, o parti di questi stessi documenti, sono di natura più puramente pastorali, vale a dire che danno, secondo la prudenza sovrannaturale dei pastori riuniti in concilio, delle direttive in materia pratica” (Y. Congar, Le Concile de Vatican II, Beauchesne, 1984, p. 64).
b) se il Concilio Vaticano II è stato maledetto da Dio (ricordo che la esclusiva pastoralità dichiarata viene smentita ampiamente de facto dalla dogmaticità di alcuni argomenti trattati in documenti conciliari [17] e dai continui riferimenti alla Scrittura, negarlo è offendere la ragione), possono essere mai questo ‘veleno’ e questa ‘maledizione’ partoriti in seno alla ‘vera Sposa di Cristo’ ?
In questo caso (b) citiamo Mons. Lefebvre: “… Infine, un problema grave si pone alla coscienza ed alla fede di tutti i cattolici dall’inizio del pontificato di Paolo VI. Com’è possibile che un papa, vero successore di Pietro, assicurato dell’assistenza dello Spirito Santo, possa presiedere alla distruzione della Chiesa più estesa e più profonda della sua storia in così poco tempo, cosa che nessun eresiarca era mai riuscito a fare? …” (Itinéraires, n. 206, pp. 276-281 – Dichiarazione del 2 agosto 1976).
Nel primo caso (a), anche se non comprendiamo esplicitamente le motivazioni di alcuni provvedimenti, credo che non sia lecito giudicare l’operato del Vicario di Cristo, come non è lecito resistervi abitualmente, specie perché la liturgia (per tornare al caso concreto) ricorda ed esalta, appunto in forma rituale – solenne, numerosi dogmi. Cosa ci dice, per esempio, papa Leone XIII:
“Nel determinare i limiti dell’ubbidienza nessuno creda doversi ubbidire all’autorità dei Sacri Pastori, massime del romano Pontefice, soltanto in ciò che spetta al dogma, il cui pertinace ripudio non può sceverarsi dal peccato di eresia. Che anzi, neppur basta l’accettare con fermo e sincero assenso quelle dottrine le quali, vengono dall’universale ed ordinario magistero della medesima proposte alla credenza dei fedeli come divinamente rivelate; e si hanno a credere, secondo il decreto del Concilio Vaticano con fede cattolica e divina.” [18]
Nel secondo caso credo che si debba parlare piuttosto di ‘conservazione della vera fede’ contro chi ‘avvelena il gregge’. Assodato anche – poiché di fede cattolica – che la Chiesa docente DEVE perseguire una precisa Missio definita da Cristo [19] con perpetuità ed invariabilità, e facendolo DEVE usare le ‘armi’ a sua disposizione (Magistero, Liturgia, Disciplina); ove la Missio appare compromessa non può ritenersi ‘autentica Chiesa’ la ‘sorgente del male’, pertanto ogni provvedimento in seno a questa ‘sorgente inquinante’ DEVE ritenersi non autentico, nullo, è semplicemente da IGNORARE (la giurisdizione è vincolata alla fede). Quindi la domanda seguente è d’obbligo, è doverosa: è delitto di sacrilegio la celebrazione, sebbene secondo il Vetus Ordo (ma) con il Messale del 1962, con la menzione a Bergoglio (o Francesco I) nel corso del Te igitur (quindi celebrazione detta “una cum”)?
O forse si vuol proseguire offendendo, umiliando, schifando e disobbedendo, con quotidianità, colui che dovrebbe essere il Vicario di Cristo?
Non è forse scritto:
“Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi.” [Luca IX, 29]
Oppure:
“Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.” [Matteo X, 33].
Dovere di testimonianza, che il CJC del 1917 al can. 1325 comandava:
“Fideles Christi fidem aperte confiteri tenentur quotics eorum silentium, tergiversatio aut ratio agendi secumferret implicitam fidei negationem, contemptum religionis, iniuriam Dei vel scandalum proximi”.
Io credo che è proprio il caso di dire: Tertium non datur ! Fonti, citazioni e concetti possono essere approfonditi nelle numerose note.
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[12] Theologia Moralis, D. Le Noir, Vivès, Parisiis 1872, Lib. I, Trat. I, Cap. I
http://radiospada.org/2013/07/j-ratzinger-dalla-confessione-al-preservativo-attraverso-il-battesimo/
[18] Sapientiae Christianae, insegnamenti Pontifici. La Chiesa al Num. 277; Il Problema dell’autorità e dell’episcopato nella Chiesa, CLS, 2005
Fonte: http://radiospada.org/