Papa Leone XIII. |
Obbedendo a questa parola d'ordine, dobbiamo ora far conoscere l'attentato più audace che la setta abbia mai ideato e che tentò di perpetrare.
Due mesi dopo che aveva preso in mano il timone della Vendita Suprema, Nubius, così spiegavasi con Volpe (3 aprile 1824): "Si è psto sulle nostre spalle un pesante fardello, caro Volpe. Noi dobbiamo giungere con piccoli mezzi graduati, sebbene mal definiti, al trionfo dell'idea rivoluzionaria per mezzo di un Papa". Nubius pensava che un tal progetto non poteva essere stato concepito, e i mezzi da adoperarsi per attuarlo non potevano essere forniti che da Satana medesimo, poiché egli aggiunge: "Questo progetto mi è sembrato sempre una cosa che ha del sovrumano". Infatti l'idea d'una tale impresa soltanto colui la poteva concepire il quale avea già portato la sua audacia ancora più in alto, giacché erasi sollevato contro l'Eterno medesimo.
Egli non aveva aspettato fino alla costituzione dell'Alta Vendita per ispirarla.
Allorché la massoneria inglese propagò la setta nell'Europa intiera istituendo le logge che doveano preparare la Rivoluzione, il deista inglese Toland stampò segretamente nel 1720 e diffuse con gran mistero un libro strano scritto in latino e intitolato Pantheisticon. Egli disse in propri termini: "Molti membri di solidalità socratiche(1) si trovano a Parigi, altri a Venezia, in tutte le città olandesi, principalmente ad Amsterdam, e anche, si dovesse stupirne, nella corte di Roma". (p. 42).
Nel 1806, un militare, Gian Battista Simonini, avendo letto l'opera di Barruel, gli scrisse da Firenze una lettera in cui disse che essendosi trovato in rapporti con degli Ebrei in Piemonte al momento che questo paese era in rivoluzione, per guadagnare la loro confidenza e scoprire i loro segreti, li persuase ch'egli era nato a Livorno da una famiglia ebrea e che sebbene cristiano all'esterno era sempre ebreo nel cuore. Essi si aprirono a lui a poco a poco e gli fecero conoscere che tutte le sette anticristiane erano state fondate da loro, sostenute da loro, assoldate da loro; ch'essi aveano guadagnato più di ottocento ecclesiastici, tanto secolari che regolari, fra i quali dei prelati e dei cardinali, e che non disperavano di avere un Papa del loro partito.
Augustin Barruel. |
Barruel ebbe da prima l'idea di pubblicare questa lettera, di cui si troverà il testo intero nei documenti, ma disse a se stesso che in sana critica, quello che vi si trovava esposto esigerebbe delle prove impossibili a prodursi. Si tenne dunque pago di presentarne l'originale al cardinal Fesch perché fosse comunicato all'imperatore che convocava il Sinedrio a Parigi. Desmaretz, occupato dietro l'ordine dell'imperatore a far ricerche intorno agli Ebrei, volle ritenere l'originale; Barruel non glielo permise e l'inviò al Papa. Alcuni mesi dopo, Sua Santità fece scrivere all'abate Testa, suo segretario, che "tutto annunciava la veracità e probità di colui che avea così scoperto tutto ciò di cui era stato testimone". Al momento della Ristaurazione, Barruel rimise una copia di questa lettera a Luigi XVIII.
Quelli che leggeranno i documenti in fine di questo volume, potranno confrontare ciò che vedranno con quello che saranno venuti a conoscere nelle differenti parti di questo libro. Noi non vogliamo conservar qui se non ciò che è detto del futuro Papa che gli Ebrei speravano e porlo a confronto colla missione data a Nubius.
Luigi XVIII di Francia. |
Per incoraggiare coloro ai quali era confidata l'opera titanica di far trionfare l'idea rivoluzionaria per mezzo d'un Papa, le Istruzioni segrete facevano del potere pontificale un quadro tanto seducente quanto vero, vero in sé, seducente per chi avea il desiderio e la speranza di sfruttarlo a proprio profitto: "Per mezzo del braccio, della voce, della penna, del cuore de' suoi innumerevoli vescovi, sacerdoti, frati, religiosi e fedeli di tutte le latitudini, il Papato trova atti di personale abnegazione sempre pronti al martirio ed all'entusiasmo. Dovunque gli piace di evocarne, trova delle anime che muoiono, altre che si sacrificano per lui. È una leva immensa di cui alcuni Papi solamente apprezzarono tutta la potenza. Ancora non ne hanno fatto uso che in una certa misura". I congiurati parlando così non facevano che riepilogare la storia. In tutte le sue pagine essa narra la fede dei cristiani nella istituzione del divino Maestro, la loro cieca fiducia in colui che Egli fece suo vicario e che parla loro in suo nome, la loro sommissione assoluta al Pontefice, che tiene il posto di Cristo in mezzo a loro. Che alcuni Papi, nel momento delle grandi crisi della Chiesa, non abbiano avuto in se stessi molta fede, o piuttosto nella virtù di Gesù Cristo di cui erano rappresentanti, questo è
possibile. Ciò avvenne a Pietro sul lago di Genezareth: al pari di lui essi hanno allora sentito aprirsi le onde sotto i loro piedi finché, volgendo lo sguardo al divin Salvatore, attinsero in Lui con un rinnovamento di fede, un aumento di vigore e di carità divina.
"Indicare ai membri dell'Alta Vendita la potenza della leva pontificia era poco pel Consiglio supremo delle Società segrete; l'importante e il difficile era di far loro credere che essi potessero giungere ad impadronirsi di questa leva e metterla in azione a vantaggio del fine ultimo, della setta, che è "quello di Voltaire e della Rivoluzione francese: la distruzione per sempre del cattolicismo e della stessa idea cristiana".
Come uomini intelligenti - e certo i Quaranta lo erano, Nubis lor capo avea più che intelligenza, era un uomo di un genio infernale, - come poterono accettare di sobbarcarsi ad una sì folle impresa? Pur vi si accinsero, noi lo vediamo dalla loro corrispondenza, vi si accinsero con entusiasmo. Un odio satanico li animava e ogni passione crea l'illusione.
Le Istruzioni erano precedute dalle obbiezioni.
"Il Papa, qualunque sia, non verrà mai alle società segrete. Noi non intendiamo di guadagnare i Papi alla nostra causa, farne dei neofiti dei nostri principii, dei propagatori delle nostre idee. Sarebbe un sogno ridicolo, e, in qualsiasi modo si svolgano gli avvenimenti, che per esempio, dei cardinali o dei prelati sieno entrati, di buon grado o per sorpresa, a parte dei nostri segreti, questo non è niente affatto un motivo per desiderare la loro esaltazione alla Sede di Pietro. Questa esaltazione sarebbe la nostra rovina. L'ambizione li avrebbe condotti all'apostasia, i bisogni del potere li indurrebbero a sacrificarci".
Quello che la setta desiderava, non era adunque un Papa framassone; quello che l'Alta Vendita era incaricata di procurarle, non era nemmeno un Papa devoto alla setta; se trovasse un tal candidato al trono pontificio, non dovrebbe affaticarsi a farlo giungere. Che voleva essa? Lo dicono le Istruzioni: "Quello che noi dobbiamo dimandare, quello che dobbiamo cercare ed aspettare, come gli Ebrei aspettano il Messia, è un Papa secondo i nostri bisogni".
Papa Clemente XIV. |
Come lo intendevano essi, questo Papa secondo i loro bisogni? Lo vediamo nelle Istruzioni: "Alessandro VI non ci converrebbe, perché egli non ha mai errato nelle materie religiose.(1) Un Clemente XIV, invece, sarebbe fatto per noi da capo a piedi.(2) Borgia è stato anatematizzato da tutti i vizi della filosofia e della incredulità e va debitore di questo anatema alla vigoria onde difese la Chiesa. Ganganelli si diede piedi e mani legate ai ministri dei Borboni, che gli facevano paura, agli increduli che celebravano la sua tolleranza, e Ganganelli è divenuto un grandissimo Papa (agli occhi dei filosofi). È presso a poco in queste condizioni che ce ne occorrerebbe uno se ancor è possibile. Con ciò cammineremo più sicuramente all'assalto della Chiesa che non coi libelli dei nostri fratelli di Francia e coll'oro stesso dell'Inghilterra. Volete saperne la ragione? È questa, che per rovinare la rocca su cui Dio ha edificato la sua Chiesa, non abbiamo più bisogno dell'aceto annibaliano,(3) né della polvere da cannone, né delle stesse nostre braccia. Noi abbiamo il dito mignolo del successor di Pietro impegnato nella congiura e questo dito vale per tal crociata tutti gli Urbani II, e tutti i S. Bernardo della cristianità".
Dopo di aver così abbozzato il ritratto di questo Papa chimerico, e di aver detto ciò che la setta potrebbe aspettare da quello che lo realizzasse, le Istruzioni aggiungono:
"Non dubitiamo di arrivare a questo termine supremo dei nostri sforzi. Niente deve scostarci dal piano tracciato: all'opposto tutto deve tendervi. L'opera è appena abbozzata; ma fin da oggi dobbiamo lavorarvi col medesimo ardore che se il successo dovesse coronarla domani".
Allora le Istruzioni indicano il gran mezzo da prendersi perché queste speranze diventino una realtà, il genere di lavoro a cui l'Alta Vendita deve applicarsi perché i suoi tentativi sieno un giorno coronati di buon successo: "Or dunque per assicurarci un Papa fornito delle qualità richieste, trattasi di formare a questo Papa una generazione degna del regno che noi desideriamo". Seguono le Istruzioni che abbiamo riportate per corrompere i costumi e le idee nella gioventù laica e massime nella gioventù clericale: "In alcuni anni questo giovine clero, per la forza delle cose, avrà occupato tutti gli offici, esso governerà, amministrerà, giudicherà, formerà il consiglio del sommo gerarca, sarà chiamato a scegliere il Pontefice che deve regnare, e questo Pontefice come la maggior parte de' suoi contemporanei, sarà necessariamente imbevuto più o meno dei principii italiani ed umanitari che abbiamo cominciato a mettere in circolazione".
"Nella via che noi tracciamo ai nostri fratelli, conchiudono le Istruzioni. si debbono vincere grandi ostacoli e superare molteplici difficoltà. Si trionferà colla esperienza e colla perspicacia. Ma il fine è si bello che vale la pena di spiegare tutte le vele al vento per raggiungerlo. Cercate il Papa del quale abbiamo fatto il ritratto. Gettate le vostre reti nel fondo delle sacristie, dei seminari e dei conventi. Il pescatore di pesci diventa pescatore di uomini, voi porrete degli amici nostri intorno alla cattedra apostolica. Avrete predicato una rivoluzione in tiara e cappa, camminando colla croce e la bandiera, una rivoluzione che non avrà bisogno se non che d'essere un po' spronata per mettere il fuoco ai quattro lati del mondo. Ogni atto adunque della vostra vita tenda a scoprire questa pietra filosofale".
Intanto che i mazziniani si travagliavano per rovesciare i troni, i Quaranta occupavansi nell'opera loro assegnata. Il 5 gennaio 1846, Piccolo Tigre scriveva a Nubius: "Il viaggio che ho compiuto in Europa, è stato tanto felice e proficuo quanto si poteva sperare. D'or innanzi non ci resta che por mano all'opera per giungere allo scioglimento della commedia. Se io devo credere alle notizie che mi sono qui comunicate, siamo vicini all'epoca tanto desiderata. La caduta dei troni non è più incerta per me, che ho studiato in Francia, in Svizzera, in Germania, e persino in Russia il lavoro delle nostre società. Ma questa vittoria non è quella che ha provocato tutti i sacrifici da noi sostenuti. Ve ne ha una più preziosa, più durevole e che noi desideriamo da lungo tempo. Le vostre lettere, e quelle dei vostri amici degli Stati romani, ci permettono di sperarla; è la mèta cui tendiamo, il termine a cui vogliamo arrivare. Per uccidere sicuramente il vecchio mondo (la civiltà cristiana), noi abbiamo creduto esser necessario di soffocare il germe cattolico, e voi coll'audacia del genio, vi siete offerto a colpire nel capo, colla fionda di un nuovo David, il Golia pontificio. Benissimo; ma quando darete il colpo? Io sono impaziente di vedere le società segrete alle prese coi cardinali dello Spirito Santo".
Piccolo Tigre diceva ancora: "Noi non cospiriamo che contro Roma. A tal uopo serviamoci di tutti gl'incidenti, approfittiamo di tutti gli eventi. La Rivoluzione nella Chiesa, è la rivoluzione in permanenza, è il rovesciamento obbligato dei troni e delle dinastie".
La Rivoluzione del 1830 scoppiò, ma non ebbe tutto il successo che la setta si aspettava. I Quaranta ripresero tosto l'opera che il vento delle sommosse avea costretto di sospendere: vale a dire a diffondere nel clero "le dottrine di libertà", col desiderio di vedere il Papa porsi alla testa di coloro che le rivendicavano.(4)
Mentre gli altri congiurati si agitavano così di lontano, Nubius erasi riservata l'opera più delicata e più difficile. Tutto quello che erasi fatto al di fuori, dovea rimanere sterile, se egli non giungeva a sedurre i cardinali: poiché i cardinali sono gli elettori del Papa, e i candidati-nati al trono pontificio.
Grazie al suo nome, alle sue ricchezze, alla sua posizione nel corpo diplomatico accreditato presso la S. Sede, Nubius era in relazioni con tutto il mondo romano. "Io passo - scrisse egli all'ebreo prussiano Klauss - qualche volta un'oretta del mattino col vecchio cardinale della Somaglia, segretario di Stato; cavalco poi ora col duca di Laval, ora col principe Cariati; vo, dopo la Messa, a baciar la mano della principessa Doria, dove trovo di sovente il Bernetti (il cardinale che più temevano). Di là corro dal cardinal Pallotta; visito poi nelle loro celle il procuratore generale dell'Inquisizione, il domenicano P. Jaulot, il teatino P. Ventura, o il francescano P. Orioli. La sera comincio con altri questa vita di ozio così ben occupata agli occhi del pubblico e della corte.
Crétineau-Joly . |
In queste visite, in queste conversazioni, egli non perdeva mai di vista il mandato che avea ricevuto, lo scopo che erasi proposto di conseguire. I suoi complici che si trovavano in Roma facevano lo stesso, nella misura che lo permetteva la loro posizione. "Chi avrebbe potuto immaginare - disse Crétineau-Joly - che questi patrizi, ricchi, stimati, intimi amici dei cardinali, e che non si occupavano nelle loro conversazioni, se non a migliorare i costumi e le leggi mercé il progresso, potessero nell'ombra tramare una congiura qualsiasi contro la Chiesa? La loro notorietà, ben confermata, li metteva al sicuro d'ogni sospetto. Si chiamavano liberali, ma colla Chiesa e per la Chiesa, e anche più per darsi una cert'aria, che per convinzione".
Nubius ci dà, egli stesso, un saggio della sua maniera di condursi presso i principi della Chiesa a fine di meglio tradirli. Due carbonari erano stati condannati a morte per congiura terminata coll'assassinio. Essi salgono il patibolo senza essersi riconciliati con Dio. Targhini dall'alto del palco grida: "Popolo, io muoio innocente, framassone, carbonaro e impenitente". Montanari abbraccia la testa del giustiziato e invece di arrendersi alle esortazioni dei sacerdoti, disse loro: "È una testa di papavero che si è tagliata". Il popolo, ciò udendo, si mette in ginocchio e maledice questo scandalo senza esempio nella Città Eterna.
Su ciò, Nubius scrive a Vindice: "Gridare ad alta voce nella piazza stessa del Popolo a Roma, nella città madre del cattolicismo, in faccia al boia che vi tiene ed al popolo che vi guarda, che si muore framassone impenitente, è cosa ammirabile, tanto più ammirabile quanto che è la prima volta che avviene un simile fatto ... Noi abbiamo dunque dei martiri. Per burlarmi della polizia di Bernetti, io faccio gettare dei fiori, molti fiori, sulla fossa dove il carnefice ha seppellito i loro cadaveri. Noi temevamo di vedere compromessi i nostri servitori in questa bisogna. Si trovano qui degli Inglesi, e delle giovani Miss(5) romanescamente antipapiste, essi sono da noi incaricati di compiere il divoto pellegrinaggio. Questi fiori gettati di notte sui due cadaveri proscritti, fecero fiorire l'entusiasmo dell'Europa rivoluzionaria. Perciò abbiamo domandato ad uno dei nostri più ingenui affiliati della framassoneria, al poeta francese Casimiro Delavigne, una Messeniese su Targhini e Montanari. Egli promise di offrire un omaggio ai martiri e di fulminare un anatema contro i carnefici. I carnefici saranno il Papa e i preti".
Ecco ciò che egli faceva e di che si vantava presso i suoi amici; ed ecco ciò che meditava di fare cogli ecclesiastici: "Io andrò in giornata a presentare a Mons. Piatti i miei doveri di condoglianza. Questo povero uomo ha perduto due sue anime di carbonari. Egli adoperò per confessarli tutta la sua tenacità di prete, ed è stato vinto. Io debbo a me stesso, al mio nome, alla mia posizione e sopratutto al nostro avvenire, di deplorare con tutti i cuori cattolici, questo scandalo inaudito in Roma. Io lo deplorerò sì eloquentemente, che spero di intenerire Piatti medesimo".
Qual meraviglia che uomini retti si lascino talvolta ingannare da tali ipocrisie! In niuna parte tante e così sottili insidie doveano esser tese alla semplicità dei cuori onesti quanto nella Corte Pontificia, perché in nessuna parte Satana ha tanto interesse di sorprendere la buona fede, e in nessuna parte tali sorprese possono servire a più malvagi disegni.
All'ipocrisia congiungevano la corruzione venale. Nubius, dopo aver dato all'ebreo Klauss ragguaglio dell'uso delle sue giornate, diceva: "Voi mi avete spesso parlato di venire in nostro aiuto, quando si facesse il vuoto nella borsa comune. Quell'ora è arrivata in questa dominante. Per lavorare alla futura preparazione di un Papa, non abbiamo un papalino, e voi sapete per esperienza che il danaro è dappertutto il nerbo della guerra. Io vi do delle notizie che vi scenderanno nell'anima; in cambio ponete a nostra disposizione dei talleri, molti talleri. È la migliore artiglieria per combattere la Sede di Pietro".
Note :
(1) I sodalizi socratici aveano la loro sede principale a Londra.
(1) Dio dà l'infallibilità dottrinale al Papa, ma non lo rende impeccabile. È ciò che Mons. Régnier ebbe cura di far osservare nella Istruzione pastorale che scrisse sul Concilio Ecumenico Vaticano. Come ogni altro uomo, il Papa deve vegliare sulla propria salute con timore e tremore. "Egli prima di salire l'altare continua a confessarsi battendosi il petto, ch'egli ha molto peccato con pensieri, parole, ed opere". Egli domanda umilmente ai suoi fratelli che lo circondano, di "pregare per lui il Signore Dio nostro"; e quelli gli rispondono: "Che il Signore onnipotente abbia pietà di voi, e che, avendovi perdonati i vostri peccati, vi conduca alla vita eterna".
(2) Clemente XIV non ha errato più dei suoi predecessori e de' suoi successori sulla sede di S. Pietro; ma egli promulgò il celebre Breve Dominus ac Redemptor il quale accordava ai principi coalizzati l'abolizione della Compagnia di Gesù, avendo ricusato tuttavia di disapprovarla. "Quelli i quali accusano la debolezza di Clemente XIV - dice L. Veuillot - non si mettono al suo posto, né vedono la situazione come essa apparivagli". "Povero Papa! esclamò S. Alfonso de Liguori avendo ricevuto la dolorosa notizia: Povero Papa! che poteva egli fare? E, dopo un momento: "Volontà del Papa, volontà di Dio!" E s'impose un inviolabile silenzio. Clemente XIV morì senza aver veduto la tranquillità stabilirsi nella Chiesa, senza averla potuta acquistare per se stesso.
(3) Annibale varcando le Alpi disfece le rupi che si opponevano alla sua marcia facendole diventar roventi e gettandovi sopra dell'aceto.
(4) Parole già riportate riguardo a Gioberti.
(5) Signorine inglesi.