Introduciamo questo breve studio rilanciando la situazione attuale di grande confusione e smarrimento, senza aggiungere commenti cattivi, ma ironici. Recentemente il neo Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, sul celibato così sembra dire: “Il celibato sacerdotale non è un dogma della Chiesa, ma una tradizione ecclesiastica” .. “E’ riflettere sulle questioni che non costituiscono articoli di fede, naturalmente evitando di creare spaccature all’interno della Chiesa”; sosterrebbe, inoltre, che la “Chiesa deve possibilmente confrontarsi ed aprirsi alle necessità attuali” anche perché c’è “scarsezza di clero”. [1]
Posto che le parole del Parolin siano vere … a tamburo battente, non vedevano forse l’ora, gli “esegeti” del Concilio (Vaticano II) non si sono fatti attendere. Il primo in ordine è don Sciortino. Dalle “preziosissime” pagine della nuova Famiglia Cristiana [2] (probabilmente di religione differente da quella professata nel 1931 da don Alberione) apprendiamo difatti che il celibato ecclesiastico “nella Chiesa occidentale si è affermato – dice – per opportunità” poiché “in certe epoche” probabilmente “era meglio non aver a che fare con i figli dei preti, per evitare che reclamassero diritti ereditari sui beni ecclesiali”.
Mi viene da pensare che oggi invece no: non esistono più eredi che reclamano qualcosa. Tutti gli eredi moriranno prima di ereditare o saranno diseredati.
Ora vediamo un raffronto. Mentre San Pio X nella Pascendi esortava “Con non minore vigilanza e severità dovete esaminare e scegliere chi deve essere ammesso al sacerdozio. Lungi, dal clero l’amore di novità. Dio non vede di buon occhio gli animi superbi e contumaci” (Pascendi , II) … secondo don Sciortino, il cui cognome ricorda vagamente una certa prossimità al bancone del bar, “esigenze pratiche come il calo numerico dei preti in Europa e in altre parti del mondo, potrebbero riaprire la riflessione”. Poi, dopo la classica ‘canonizzazione’ (da salamelecchi) di qualche documento conciliare (cit. Presbyterorum ordinis, 16), il nulla ideologico: “Se vissuta con la maturità affettiva necessaria, il celibato dei preti può rivelarsi una situazione impagabile. Ma deve essere una scelta autentica” .. “Ben lontana dall’accettazione passiva di qualcosa, più o meno sgradito, di cui purtroppo non si può fare a meno se si vuole diventare sacerdoti”.
Verrebbe tanto da dire: nessuno obbliga nessuno a diventare sacerdote. Non è mica il servizio di leva o un “mestiere”! Che vadano a lavare i vetri ai semafori oppure a dirigere i giornali se non vogliono rispettare il Diritto ecclesiastico. Potrebbero anche andare con la setta degli anglicani. (cf. Apostolicae Curae di Leone XIII)
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San Pio X infatti diceva: “In questa parte, o Venerabili Fratelli, e specialmente nella scelta dei maestri, non sarà mai eccessiva la vostra attenzione e fermezza; essendoché sull’esempio dei maestri si formano per lo più i discepoli. Poggiati adunque sul dovere di coscienza, procedete in questa materia con prudenza sì ma con fortezza”. (Pascendi , II)
Papa Sarto ricorda, a buona ragione, quel “dovere di coscienza” che oggettivamente con il documento conciliare Dignitati Humanae [3] – de facto dottrinale e dogmatico [4] (cf. Y. Congar, Le Concile de Vatican II, Beauchesne, 1984, p. 64) - sembra essere stato praticamente annientato.
Legittimazione odierna, quindi, di quella “libertà religiosa in foro esterno”, nei singoli ed anche nel “governo degli stati”, libertà che, secondo gli esponenti della “chiesa conciliare”, si fonda “sulla stessa natura” dell’uomo e non su una “disposizione soggettiva della persona”, libertà da garantire – oggi da favorire – anche “in coloro che non soddisfano l’obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa”. Tutte idee così deplorate sin dalle origini della Chiesa, e condannate fortemente anche dal recente Papa Pio XII, il 6 dicembre 1953, nel Discorso ai giuristi cattolici [5].
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Ci ho pensato molto prima di scrivere le cose che seguiranno, tuttavia credo che sia la cosa giusta e lo farò con garbo: a) se Dio mi ha voluto giornalista e scrittore è un mio preciso dovere [cf. Gv 13,15] scrivere la verità [cf. Gv 8,32] perché mi è stato pubblicamente domandato il parere da molti. Se fossi stato parrucchiere sarebbe stato diverso; b) sono tranquillo poiché tutto ciò che scrivo è ampiamente comprovato non da me [cf. Sant'Agostino, Contro Mani] , bensì dal Magistero della Chiesa [cf. Denzinger antec. rev. Karl Rahner] INTEGRALMENTE e SENZA FRATTURA dall’inizio – all’anno 1958; c) se anche dovessi sbagliarmi, sono comunque in buona fede [cf. At 22,2], e sto raccontando il vero [cf. Ef 4,25]; d) non sono scandaloso poiché scandaloso è lo scandalizzatore [cf. Mc 9,42] e non il cronista; e) altro … (forse non ho pregato abbastanza?). «Un fratello chiese al padre Poemen: “È meglio parlare o tacere?” L’anziano disse: “Chi parla per amore di Dio fa bene, e chi tace per amore di Dio fa ugualmente bene”.» [Poemen, n. 147], consapevole che saremo giudicati per le intenzioni nelle nostre parole [cf. Mt 12,35-37].
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Ma, di cosa ci si può lamentare?
Di nulla, visto che recentemente anche mons. Bergoglio (aka Vescovo di Roma, Francesco I), rivolgendosi all’ateo adulto, casomai anche prossimo alla morte ma battezzato e forse pure cresimato (nella fattispecie i senza Dio italiani), ovvero agli apostati che pubblicamente, volontariamente e con pertinacia rinnegano la fede cattolica (cf. Catechismo Maggiore, San Pio X, v. “Comunione dei santi” e succ.), che forse vanno anche a fare meditazione buddhista nei circoli, ha dichiarato per iscritto:
“Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”.
Posto quindi che mons. Bergoglio ha oggettivamente una posizione teologica da definire, e non lo dico certo io ma la Chiesa: chi Conosce Cristo e ad un certo punto non lo vuol RIconoscere più, se muore così, si danna [cf. Mt 25,12; Lc 13,25; Gv 5,42; Sal 1,6; 5,5; Hab 1,13; Lc 13,26-30; Gv 9,31; 10,27; 1Cor 8,3; Gal 4,9; 2Tm 2,19], dicevamo: posto che mons. Bergoglio ha un approccio alla Missio della Chiesa docente differente da quanto comandò Gesù Cristo [6] [cf. Mt 7:24-27; Dt 5:32; 12:32; At 2:42; 20:20-21,27; 1Cor 11:2,23; 14:37; Ef 4:11-17,20-32; Col 1:28; 1Tes 4:1-2; 2Tes 3:6-12; 1Tim 6:1-4; Tt 2:1-10; 1Pt 2:10-19; 2Pt 1:5-11; 3:2; 1Gv 2:3-4; 3:19-24; Ap 22:14; Mt 1:23; 18:20; Gen 39:2-3,21; Es 3:12; Gio 1:5; Sal 46:7,11; Is 8:8-10; Is 41:10; Mc 16:20; Gv 14:18-23; At 18:9-10; 2Tim 4:17; Ap 22:21; Mt 13:39-40,49; 24:3; Mt 6:13; 1Re 1:36; 1Cro 16:36; Sal 72:19; Ap 1:18; 22:20], possiamo solo interrogarci: non è che forse Geremia 5 è più attuale di ciò che sembra? “Cose spaventose e strane sono successe in terra: i profeti profetavano menzogne e i sacerdoti li applaudivano con le loro mani; e il mio popolo ha amato queste cose. Che castigo non seguirà tutto questo?” (30,13). Speriamo di no ed io non sono certo un millenarista, tuttavia non disprezzo le profezie bibliche [cf. 1Ts 5,20].
Attenzione, qui nessuno sta disprezzando la Chiesa cattolica, qui si discute probabilmente di altro. Non ci dimentichiamo mai l’insegnamento di Luca 10,16 “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato”. Ebbene io, in buona fede, sono invogliato a convincermi che ci troviamo come in un incubo, in un film horror, come a teatro … con delle vere e proprie comparse. [cf. Dt 13,6; Gs 23,12; 1Mc 2,15; Is 59,20; 2Ts 2,3; 2 Cr 29,19; Ger 2,17-19; 1Tm 4,1; 2Tm 3,1; Mt 24,11; Gv 17,12; 1Cr 8,5-6; Ez 28,2; Dan 11,36-37]
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Sostanzialmente la Missio “conciliare” conduce inevitabilmente e quasi sempre alla dimenticanza volontaria, da parte della Chiesa docente, di insegnare alla Chiesa discendente che anche i primi Comandamenti (quelli che riguardano il rapporto fra l’uomo e Dio) vanno rispettati, poiché sono i primi ed i più importanti. Purtroppo, però, con l’ “apertura dottrinale” [7] alla peste irenista ed all’obbrobrio pancristiano, oramai c’è poco da fare, è norma è prassi; si può solo pregare e sperare.
Anche Gesù, difatti, quando proclama l’ultimo e più importante dei Comandamenti, cosa ci dice? “«Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di QUESTI»” (Mc 12).
In Marco si nota che il testo biblico è più minuzioso rispetto al passo parallelo Matteo 22,34-40, difatti qui l’insegnamento del Messia è preceduto da “Ascolta”, che in ebraico dava il nome alla preghiera del mattino e della sera che, appunto, si chiamava “shemà”, “ascolta”. C’è da notare, inoltre, che qui lo scriba utilizza “Egli” per indicare Dio Padre, ciò esclusivamente per riverenza e rispettando la tradizione, visto che non si osava pronunciare il nome proprio di Dio. Rispetto a Deuteronomio 6,5 Marco cita tutto il passo, però ne modifica l’ordine ed aggiunge “il cuore”, difatti si legge “amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”, anteponendolo “il cuore” a tutto il resto della frase.
Come si capisce dal testo biblico e come si è sempre insegnato e comandato da Gesù Cristo fino a Papa Pio XII, Gesù spiega con evidenza totale che c’è un Comandamento più importante degli altri, più profondo, decisivo, che necessita di una precedenza totale (usa QUESTI), non secondo a nulla, cioè: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.
Abbiamo, dunque, capito che prima di ogni cosa bisogna amare Dio e lo facciamo come ci insegna 1Giovanni 5,3: “perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi”.
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Come può Mons. Bergoglio dichiarare e scrivere pubblicamente che un ateo adulto, ovvero un apostata della fede, ovvero colui che è fuori dalla Comunione dei Santi (cf. Catechismo san Pio X, v. Chiesa) secondo l’ordine di Dio (cf. Mystici Corporis, Pio XII, v. diritto divino), possa salvarsi: è un mistero (domanderemo ad Adam Kadmon); e comunque quella “coscienza” di cui parla Mons. Bergoglio è ben lontana dall’essere assimilabile al concetto di rispetto della “legge naturale” così come San Paolo ben lo esponeva [8]; perché è appunto “coscienza di chi non crede e non cerca la fede”, quindi è inutile poi aggiungere che la presunta misericordia opererebbe se c’è “cuore sincero e contrito” poiché la “sincera contrizione” prevede il Pentimento, la conversione ed il rimedio allo scandalo dato [9]. Non esistono altre strade rivelate da nostro Signore, come ci ricorda l’Apostolo: “… perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi TUTTA la volontà di Dio” [Atti 20,27; cf. At 18,6; Ez 3,18-20].
Tuttavia la recente dichiarazione di Mons. Bergoglio, cui si legano strettamente i pensieri “illuminati” di don Sciortino e di Pietro Parolin, sebbene sia oggettivamente contraria (lo avete appena letto) alla Fede cattolica proclamata da nostro Signore e dalla Chiesa docente per XX secoli, è in perfetta sintonia con la Dignitatis Humanae, quindi – oggi e solo oggi – si può dire fantasiosamente che “va bene”.
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Io credo: se poi le persone – o Chiesa discendente – seguono questi consigli di palese comodo e muoiono dannate, non certo è colpa della Chiesa di Cristo, ma assolutamente e solamente di persone come mons. Bergoglio (attenzione questo non è assolutamente un attacco al papato – Defin: se l’eletto non manifesta pubblicamente piena adesione alla FEDE CATTOLICA, Dio non concede alcuna Giurisdizione) ed altri che lo assecondano e che insegnano queste novità. Comunque noi possiamo essere certi che Gesù sarà “con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” [Mt 28] e che la Sua Chiesa è perpetua ed invariabile [10]. Ovvero: come si andava all’Inferno fino al 1958, così si va anche oggi. Le regole non cambiano! Mons. Bergoglio invece cosa dice: praticamente il contrario di Matteo 7,13-14 e di Luca 13,24, ovvero – dice – potete evitare la porta stretta (i Comandamenti) e potete usare la porta larga (la coscienza atea e dell’immanenza).
Mons. Bergoglio, ipotizzo da buon “conciliarista”, non fa altro che ricordare una delle ambiguità presenti nel documento Dignitatis Humanae. L’ambiguità è precisamente questa: “Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura” … “Di conseguenza, il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l’obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa”.
Cari lettori, credetemi, con rammarico e sconcerto scrivo queste cose, e se leggete questo studio “SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA E SULLA DIGNITATIS HUMANAE” potete comprendere la gravità del problema. Per onestà va detto che secondo alcuni il problema sarebbe il documento, mentre secondo altri sarebbe l’interpretazione [12] dello stesso, data la “forma ambigua” (Tale “forma in un Sinodo” comunque è già condannata come “eretica” da Pio VI nella Auctorem Fidei). Va detto, per uguale correttezza, che l’interpretazione che la “chiesa conciliare” avrebbe dato al documento negli ultimi 50 anni (quasi) è comunque quella sbagliata, eretica, rahneriana, e va aggiunto che la prassi dottrinale / pastorale sbagliata (su fede e costume) e continuativa, quando assurge a “norma” porta all’eresia, ed in sé lo diventa.
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Che dire di più?
Io quasi quotidianamente discuto con sedicenti cattolici (si dicono tradizionalisti) che offendono e molestano malamente Mons. Bergoglio su internet, poiché questo è sbagliatissimo. Non è corretto insultare ed umiliare un qualsiasi uomo, figuriamoci quando lo si ritiene Vicario di Cristo; non è forse scritto: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38). Tuttavia da un punto di vista meramente didattico credo che ci sia poco da aggiungere, d’altronde ognuno è libero di abbracciare la fede che crede, basta farlo presente alla Chiesa discendente ed andare a prendere lo stipendio da un’altra parte. E come vedete in questo contesto, nessuno si vuol sostituire al Papa, quello lo fanno i protestanti inventando [11]; difatti qui non si sta facendo dell’arbitrio personale (Sola Scriptura, Sola Fide, Sola gratia), come fanno le false chiese, bensì si sta semplicemente comparando una dottrina (quella di Mons. Bergoglio) con quella inalterata (depositum fidei) che intercorre da San Pietro fino a Pio XII.
Abbiamo appreso da don Sciortino che in Occidente “era meglio non aver a che fare con i figli dei preti, per evitare che reclamassero diritti ereditari sui beni ecclesiali”, vera motivazione (sic!) del celibato ecclesiastico; come abbiamo appreso da Pietro Parolin che i preti dovrebbero sposarsi per “scarsezza di clero”; ciò nonostante mai nessuno ricorda che la Chiesa per XX secoli fu fervente ed i seminari esplodevano di vere vocazioni (c’era anche qualche “pecorone zoppo” poi tutti annoverati fra i “padri del concilio” [13]).
La Chiesa era fervente anche in quel periodo in cui, come sostiene J. Ratzinger, “Il Concilio di Trento conclude le sue affermazioni sul Corpo di Cristo con qualcosa che offende le nostre orecchie ecumeniche ed ha senza dubbio contribuito non poco verso lo screditare questo banchetto nell’opinione dei nostri fratelli protestanti. Ma se noi purifichiamo la sua formulazione dal tono appassionato del 16° secolo, saremmo sorpresi da qualcosa di grande e positivo …” [in riferimento alla dichiarazione del Concilio di Trento, Sess. XIII, N° 5, circa la Santissima Eucaristia ed il Corpus Domini] [14].
Ebbene, oggi che il “tono appassionato del 16° secolo” non esiste più, oggi che molti si vedono costretti (forse per ignoranza ingiustificabile, forse per vigliaccheria, forse per timore di essere superbi, forse per attaccamento alla “borsetta” di Roma, o forse per evitare crisi di panico) a celebrare “una cum” Mons. Bergoglio, oggi che c’è la carrellata di papi “santi subito” (v. Mons. Roncalli, Mons. Wojtyla, Mons. Montini), oggi che abbiamo addirittura 2 papi (un “vescovo di Roma” ed un “papa emerito”), oggi che ci “investe” il “prodigio” della “nuova pentecoste conciliare” [Humanae Salutis di Giovanni XXIII] … ebbene oggi non si vedono le sorprese di cui parlava Mons. Ratzinger nel suo testo Feast of Faith nel 1981 a p. 130. “Saremmo sorpresi da qualcosa di grande e positivo”. Aspettiamo un altro poco e vediamo che sorprese arriveranno. Per ora le uniche sorprese sono lo IOR, Kiko, Martini, Bianchi, ‘veggenti’ ovunque, i pochi pedofili, i numerosissimi efebofili gay, l’esorciccio, un proliferare infinito di eresie e poco altro ….
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Il Celibato secondo padre Enrico Zoffoli
CELIBATO (ecclesiastico). - Stato di perfetta e perpetua castità scelto da chi – specialmente se chierico della Chiesa Latina – rinunzia al matrimonio per consacrarsi interamente a Dio, darsi ad una più fedele imitazione di Cristo ed un più libero e fecondo servizio della Chiesa. Storicamente non risulta un solo caso di matrimonio contratto dopo l’ordinazione. Il primo divieto del medesimo risale al 300 e precisamente al Concilio di Elvira in Spagna (ca. 300/306?. Cf. Kirch, 336). I Concili di Nicea (325), di Gangra (360), Cartagine (390), Orange (441), Arles (442), Tours (461), Toledo (635 e 659) perfezionarono tale legislazione… Nella Chiesa Latina, nei secoli di ferro (X-XI) il celibato ecclesiastico qua e là decadde…; ma grandi Papi – S. Leone IX, Gregorio VII, Callisto II — reagirono con decisione, finché il I Concilio ecumenico Lateranense (1123) impose categoricamente al clero l’astensione dal matrimonio e da qualsiasi tipo di convivenza, dai sud-diaconi ai presbiteri (D-S 711). Il Concilio Vaticano II ha confermato sotto ogni riguardo la stupenda e singolare tradizione della Chiesa latina (PO 16. Cf.: Conc. di Trento, sess. XXI, de ref., c. 6; sess. XXIII, de ref., c. 13; sess. De matrimonio, can. 9; Leone X, nel Con. Later. V, Supernae disposi-tionis, 5.5.1514, par. 34; Innocenzo XIII, Apostolici ministerii, 23. 5.1723, par. 8; Benedetto XIII, In supremo, 23.9.1724, par. 6, 28; Pastoralis offi-cii, 27.3.1726, par. 3; Benedetto XIV, Ad militantis, 30.3.1742, par 12, 25. E così: Gregorio XVI, Pio IX, ecc. Più recentemente: Pio XI, Ad catholici sa-cerdotii, 20.12.1935; Paolo VI, Sacer-dotalis caelibatus, 24.6.1967). [Dal Dizionario del Cristianesimo, Sinopsis, Roma, 1992, v. celibato]
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I Nicolaiti secondo mons. Spadafora
NICOLAITI. – Setta o fazione della Chiesa primitiva a carattere libertino-gnostico. Clemente Alessandrino (PG 8, 1061.112932), parzialmente confermato da altri Padri (Ireneo, Ippolito, ecc.), la riconnette al diacono Nicola, ultimo dei 7 primi diaconi (At. 6, 5), il quale accusato di gelosia verso la propria moglie, per scagionarsi dichiarò che permetteva a chiunque di sposarla poiché bisognava “mortificare la carne”, le cattive tendenze della natura umana, “trascurare la carne”, non darle importanza, abusare del proprio corpo. Con queste parole alcuni cristiani, detti poi Nicolaiti, avrebbero giustificato ogni disordine morale e perfino l’adulterio. Tuttavia il diacono Nicola avrebbe condotto una vita esemplare, almeno secondo Clemente A. (contraddetto in ciò da Epifanio). Altri negano qualunque relazione fra lui e i Nicolaiti. I Nicolaiti sono espressamente nominati in Ap. 2, 6.14 s.; cf. l’allusione del v. 20. Operavano ad Efeso, validamente contrastati dai cristiani; non così da quelli di Pergamo e di Tiatira. S. Giovanni caratterizza la loro dottrina come avente delle ripercussioni nella vita pratica (“dottrina” ed “opere” dei Nicolaiti), e la paragona a quella del profeta Balaam e di Iezabele (peccato di idolatria). Sembra dunque che la setta insegnasse un’eccessiva libertà nell’uso degli idolotiti e dei culti pagani in genere e probabilmente nella dottrina morale. I loro subdoli “argomenti di Satana” (Ap. 2, 24.), sarebbero connessi alle dottrine gnostiche contemporanee. La setta ebbe breve durata; verso la fine del II sec. si fuse con altre sette gnostiche. Nel medioevo furono detti Nicolaiti gli oppositori del celibato ecclesiastico. [Dal Dizionario biblico, Studium, 1963, v. Nicolaiti]
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[2] http://www.famigliacristiana.it/articolo/don-sciortino-una-scelta-al-servizio-della-comunita.aspx
[6] Matteo 28: “16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»”.
[13] Dizionario delle eresie.it “… a parte [l’eretico] de Lubac, aderirono alle idee della Nouvelle Théologie teologi come Pierre Teilhard de Chardin, Yves Congar, Hans Küng, Edward Schillebeeckx, Han Urs von Balthasar (1905-1988), Marie-Dominique Chenu (1895-1990), Karl Rahner (1904-1984), Louis Bouyer (1913-2004), Etienne Gilson (1884-1978), Daniélou e Joseph Ratzinger, sebbene gli ultimi due si dissociassero successivamente dal pensiero della Nouvelle Théologie.”