a) Come doveva essere il Concilio
“Scopo principale del Concilio stesso sarà di promuovere l’incremento della fede cattolica e un salutare rinnovamento dei costumi del popolo cristiano e di aggiornare la disciplina ecclesiastica secondo le necessità dei nostri tempi”.. .
“L’opera del nuovo Concilio Ecumenico è veramente tutta intesa a ridare splendore sul volto della Chiesa di Gesù, alle linee più semplici e più pure della Sua natività: ed a presentarla così come il divino fondatore la fece: senza macchie né rughe”.
Giovanni XXIII: (Enciclica “Ad Petri cathedram”, cap. III)
“Il Concilio vuol essere, per divina grazia, punto di partenza di generale rinnovamento; nuova vigorosa irradiazione del santo Vangelo in tutto il mondo, con la santa Chiesa che lo diffonde, lo fa conoscere, ne spiega gli insegnamenti”.
Giovanni XXIII (Udienza generale, 27 luglio 1960)
“Ripresentare al mondo la Chiesa di Dio nel suo perenne vigore di vita e di verità e con la sua legislazione aggiornata alle presenti circostanze, sì da essere sempre più rispondente alla sua divina missione e preparata per le necessità di oggi e di domani”
Giovanni XXIII (Lettera autografa all’Episcopato tedesco, 11 gennaio 1961)
“Questo ci si attende, prima di ogni altra cosa, che, per mezzo del Concilio Ecumenico, la Chiesa, consolidata nella fede, confermata nella speranza, più ardente nella carità, rifiorisca di nuovo giovanile vigore; munita di santi ordinamenti sia più energica e spedita nel propagare il Regno di Cristo e nel respingere vittoriosamente gli attacchi avversari”.
Giovanni XXIII (lettera autografa all’Episcopato tedesco, 11 gennaio 1961)
“La storia insegna che ad ogni Concilio succedono ere di straordinaria fecondità spirituale, in cui il soffio dello Spirito Santo suscita vocazioni generose ed eroiche e dà alla Chiesa gli uomini necessari e adatti. Questa prospettiva di fede e di speranza accende il nostro cuore di presaga attesa”.
Giovanni XXIII
(Discorso ai partecipanti al I Congresso internazionale su “Le vocazioni agli stati di perfezione”; 16.dicembre 1961).
“Se il mondo appare profondamente mutato, anche la comunità cristiana è, in gran parte, trasformata e rinnovellata: si è cioè, socialmente fortificata nell’unità, intellettualmente rinvigorita, interiormente purificata, così da essere pronta a tutti i cimenti”
Giovanni XXIII (Costituzione apostolica ‘Humanae salutis’ con la quale si convocava ufficialmente il Concilio Vaticano II; 25 dicembre 1961)
“Il Concilio vuole trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti. E’ necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo”.
Giovanni XXIII ( Allocuzione inaugurale del Concilio Ecumenico Vaticano II; 11 ottobre 1962)
“Illuminata dalla luce di questo Concilio, la Chiesa si accrescerà, come speriamo, di ricchezze spirituali e, attingendovi il vigore di nuove energie, guarderà con sicurezza ai tempi futuri. Infatti introducendo opportuni emendamenti ed avviando saggiamente un impegno di reciproco aiuto, la Chiesa otterrà che gli uomini, le famiglie, le nazioni rivolgano davvero le menti alle realtà soprannaturali”.
Giovanni XXIII. Allocuzione inaugurale del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962)
“Dopo, se i fratelli che si sono separati, e che sono anche divisi tra loro, vorranno concretare il comune desiderio di unità, potremo dire loro con vivo affetto: ‘Questa è la vostra casa; questa è la casa di quanti cercano il segno di Cristo. Venite: venite a prendere o a riprendere il vostro posto, che, per molti di voi, è quello dei vostri padri antichi.
Giovanni XXIII (Tratto da “L’Assistente Ecclesiastico” mensile dell’Azione Cattolica Italiana. Numero speciale dedicato al Concilio Ecumenico. Aprile 1962 p.298)
b) L’antefatto: il Sinodo Romano
Papa Giovanni XXIII, come anticipazione del Concilio, indisse un Sinodo Romano che doveva essere “Un atto solenne previo alla grande assemblea, di cui doveva essere una prefigurazione e una realizzazione anticipata”. (Allocuzione al clero e ai fedeli di Roma il 29 giugno 1960 citato in Jota Unum Cap.III,31).
“I testi del Sinodo Romano furono promulgati il 25-26 e 27 gennaio 1960 e sono una revisione totale dell’essenza propria della Chiesa. (…) In tutti gli ordini della vita ecclesiale infatti il Sinodo proponeva una vigorosa restaurazione. La disciplina del clero era modellata sullo stampo tradizionale, maturato nel Tridentino e fondato sui due principi sempre professati e sempre praticati. Il primo è quello della peculiarità della persona consacrata e abilitata soprannaturalmente a esercitare le operazioni del Cristo, e quindi inconfutabilmente separata dai laici (Sacro equivale a separato). Il secondo principio, conseguente al primo, è quello dell’educazione ascetica e della vita sacrificata, che differenzia il clero come ceto (anche nel laicato i singoli possono vivere vita ascetica). Il Sinodo prescriveva quindi ai chierici tutto uno stile di condotta nettamente differenziato dalle maniere laicali. Tale stile esige l’abito ecclesiastico, la sobrietà del vitto, l’astensione dai pubblici spettacoli, la fuga delle profanità. Della formazione culturale del clero era similmente riaffermata l’originalità e si delineava il sistema che l’anno dopo il Papa sanzionò solennemente nella ‘VETERUM SAPIENTIA’. Il Papa ordinò anche che si ripubblicasse il Catechismo del Concilio Tridentino, ma l’ordine non fu raccolto. Soltanto nel 1981 per iniziativa privata se ne ebbe in Italia una traduzione.
Non meno significante è la legislazione liturgica del Sinodo: si conferma solennemente l’uso del latino, si condanna ogni creatività del celebrante, che farebbe scadere l’atto liturgico, che è atto di Chiesa, a semplice esercizio di pietà privata. Si urge la necessità di battezzare i parvoli QUAM PRIMUM, si prescrive il tabernacolo nella forma e nel sito tradizionali, si comanda il canto gregoriano, si sottopongono all’approvazione dell’Ordinario i canti popolari di nuova invenzione, si allontana dalle chiese ogni profanità, vietando in generale che dentro l’edificio sacro si eseguiscano spettacoli e concerti, si vendano stampati e immagini, si dia campo ai fotografi, si accendano promiscuamente lumi (si dovrà commettere al prete di farlo). Il rigore antico del sacro viene ristabilito anche circa gli spazi sacri, vietando alle donne l’accesso al presbiterio. Infine gli altari facciali sono concessi solo per eccezione che spetta al vescovo diocesano di concedere.
Non è chi non veda che una tale massiccia reintegrazione della disciplina antica voluta dal Sinodo fu quasi in ogni articolo contraddetta e smentita dal Concilio. E così il Sinodo Romano, che doveva essere prefigurazione e noema del Concilio precipitò in pochi anni nell’Erebo dell’oblìo ed è in verità tanquam non fuerit. Per dare un saggio di tale nullificazione osserverò che avendo io ricercato, in Curie e archivi diocesani, i testi del Sinodo Romano non ve li trovai e dovetti estrarli da pubbliche biblioteche civili.
Nota: In Osservatore Romano, 4 giugno 1981, si scrive che il rinnovamento della Chiesa fu cominciato da Giovanni XXIII con la celebrazione del Sinodo Romano e con la celebrazione del Concilio e che i due finiscono per amalgamarsi. Si, se amalgamare significa annientare. Il Sinodo non è citato nel Concilio neppure una volta”.
(Da Jota Unum cap.III,31.)
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L’11 ottobre 1962, Papa Giovanni XXIII inaugura nella basilica di San Pietro a Roma il Concilio Ecumenico Vaticano II. Vi partecipano 2500 vescovi.
Fin dalle prime battute si può notare la mano interventista degli epigoni del movimento modernista che covava sotto la cenere fin dai tempi di Bonaiuti, con buona pace del solare don Gambasin.
Per bene intendere che cos’è il movimento modernista che stava in agguato, trascrivo di seguito l’esposizione tratta da “Storia ecclesiastica” del Pagnini, volume IV cap.III,9-1932.
c) Il modernismo
Il movimento che va sotto il nome di Modernismo, come quello che pretende adattare la Chiesa alle idee moderne, comprende un metodo ed una dottrina. Il metodo consiste nel voler riformare la Chiesa con dei mezzi puramente umani, pur pretendendo rimanere nel suo grembo; la dottrina – natural conseguenza ed ultimo sviluppo del criticismo tedesco e del protestantesimo liberale – è un miscuglio d’agnosticismo, di sentimentalismo soggettivo, di simbolismo evoluzionista, d’immanentismo e di pragmatismo, che svuota il soprannaturale della sua essenza, riducendolo ai minimi termini nella Sacra Scrittura, nei dogmi, nella persona di Cristo, nei Sacramenti e nella costituzione della Chiesa. I simpatizzanti di questa “sintesi di tutte le eresie” (Pascendi,VII – ndr) si aggruppavano in Germania intorno a Ermano Schell, professore d’apologetica a Wurzburgo, in Francia a L. Laberthonnière, a Maurizio Blondel e all’abate Alfredo Loisy, in Inghilterra all’irlandese Giorgio Tyrrel, un convertito dal calvinismo indi membro della Compagnia di Gesù, da cui fu espulso per le sue temerarie dottrine, in Italia, dove il movimento prese un particolare carattere democratico-cristiano e letterario, intorno a Romolo Murri ed Antonio Fogazzaro.
Leone XIII era morto senza prendere gravi sanzioni contro la poliforme eresia modernista ad eccezione della condanna di qualche libro di idee troppo temerarie; ma Pio X di fronte alle nuove audacie degli ambienti intellettuali francesi pose subito mano e con vigore alla repressione.
Il 16 dicembre 1903 il S.Uffizio mise all’indice cinque delle principali pubblicazioni del Loisy ‘per gravissimi errori che abbondano in questi volumi concernenti specialmente la rivelazione primitiva, l’autenticità dei fatti e degli insegnamenti evangelici, la divinità e la scienza di Cristo, la resurrezione, l’istituzione divina della Chiesa, i Sacramenti’.
Il 3 luglio 1907 il S.Uffizio emanava un nuovo decreto, il decreto “LAMENTABILI”, che fu detto un nuovo SILLABO per l’elenco di 65 proposizioni moderniste, che vi si smascheravano e condannavano.
Poche settimane dopo, l’8 settembre, l’enciclica PASCENDI, chiamata a ragione il riassunto sistematico dei complessi errori conosciuti sotto il nome di Modernismo, pose a nudo le teorie speciose e deleterie, confutandole magistralmente e prendendo misure rigorose per reprimerle.
Il 1 settembre 1910 seguì il Motu proprio, che imponeva il Giuramento antimodernista.
I Modernisti tentarono sfuggire alla condanna con abili manovre e con subdolo contegno, ma il risoluto atteggiamento dell’autorità ecclesiastica li costrinse a dichiararsi. La immensa maggioranza, che non aveva ben avvertito il pericolo delle perverse teorie, piegò accettando l’insegnamento pontificio. Le defezioni si ridussero a Loisy, Tyrrel, Murri, Bonaiuti e pochi altri. In Italia il represso Modernismo si sfogò in due libelli anonimi: “Il programma dei modernisti in risposta all’enciclica di Pio X” e “Lettere di un prete modernista” (1908).Ma tutti i conati furono vani; il Modernismo decadde lentamente senza aver potuto dar vita nè ad una setta, nè ad una scuola in seno al cattolicesimo”.
…DALL’ENCICLICA “PASCENDI” (introduzione)
“A rompere gli indugi ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell’errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista – alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch’è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, fingendo amore alla Chiesa, si danno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gettano su quanto ha di più santo nell’opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.
Fanno meraviglie costoro, perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga per nemici i più dannosi. Imperocché (…) i loro consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si nasconde quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli, ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. (…) Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione. (…) E’ dunque necessario uscire da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi siano costoro che si camuffano così male”.
In queste accorate ma forti parole di un Papa consapevole del pericolo che incombeva sulla Chiesa, si può intravvedere, come su un foglio sovrapposto, la situazione odierna della Chiesa, ostaggio di un neo-modernismo aggressivo più che mai e già penetrato nelle sue vene e nelle sue viscere, e che non si limita a recidere i germogli, ma già si attiva a colpirne le radici medesime.
…IL DECRETO “LAMENTABILI”
Allegati all’enciclica Pascendi, il santo Papa PioX ha voluto fossero elencati alcuni errori del movimento modernista, che la Sacra Romana ed Universale Inquisizione (Sant’Uffizio) ha raccolto nel decreto “Lamentabili”. Sono 65 proposizioni di errori, riprovati e condannati senza indugio; tutti in circolo ancora oggi. Ne elenco alcune come esempio:
3° I dogmi della Chiesa non si possono accordare con le vere origini della religione cristiana.
8° Son da stimarsi immuni da qualunque colpa coloro che non tengono in verùn conto le riprovazioni fatte dalla Sacra Congregazione dell’Indice e da altre Sacre Congregazioni romane.
9° Di troppa semplicità o ignoranza danno segno coloro che credono che Dio veramente è autore della Sacra Scrittura .
13° Le parabole evangeliche furono redatte artificiosamente dagli stessi Evangelisti e dai cristiani della seconda e terza generazione.
14° In parecchie narrazioni gli Evangelisti riferirono non tanto ciò che era vero, quanto ciò che, sebbene falso, stimavano più proficuo ai lettori.
22° I dogmi che la Chiesa propone come rivelati non sono caduti dal cielo, ma sono una interpretazione dei fatti religiosi che l’umana mente si acquistò con laborioso conato.
30° In tutti i testi evangelici il nome ‘Figlio di Dio’ equivale solamente al nome di ‘Messia’; non però significa essere Cristo vero e naturale figlio di Dio.
36° Nega la storicità della resurrezione.
47° Nega il Sacramento della penitenza.
54° Afferma l’evoluzione dei dogmi.
55° Nega il primato di Pietro
58° La Verità non è immutabile, ma si evolve.
59° La dottrina cristiana deve adattarsi ai tempi.
63° L’immutabilità della dottrina non si concilia con il progresso.
Nell’agenda modernista non mancavano tutte quelle invenzioni liturgiche di corollario, che oggi con la riforma vediamo attuate. Si capisce perciò quanto fosse giustificato l’allarme di Pio X e le conseguenti prese di posizione, una delle quali, appunto, il …GIURAMENTO ANTIMODERNISTA cui erano tenuti gli ecclesiastici specie i docenti e i vescovi; ne propongo una parte:
“…Perciò respingo categoricamente l’eretico ritrovato dell’evoluzione dei dogmi, che passano da un senso ad un altro diverso da quello che dapprima ebbe la Chiesa…” – “Mi sottometto pure con la dovuta riverenza e aderisco con tutto l’animo a tutte le condanne, dichiarazioni, prescrizioni contenute nell’enciclica PASCENDI e nel decreto LAMENTABILI specialmente per quanto riguarda la cosiddetta storia dei dogmi”
- “Disapprovo pure quel metodo di studiare e di interpretare la Sacra Scrittura, il quale, trascura la tradizione della Chiesa, l’analogia della fede e le norme della Sede Apostolica, aderisce ai ritrovati dei razionalisti e ritiene non meno liberamente che arbitrariamente la critica del testo come unica e suprema regola. . Respingo inoltre la sentenza di coloro che sostengono che l’insegnamento di storia della teologia e chi scrive di queste materie deve prima mettere da parte l’opinione preconcetta, sia dell’origine soprannaturale della Tradizione cattolica, sia dell’aiuto promesso da Dio per la perenne conservazione di ogni Verità rivelata; poi deve interpretare coi soli principi della scienza gli scritti dei singoli Padri, esclusa ogni sacra autorità, e con quella libertà di giudizio, con cui si è soliti studiare i documenti profani”.
La gravità della situazione è ulteriormente sottolineata dal Papa, che disse: “Siamo purtroppo in un tempo in cui, con molta facilità, si fa buon viso, si adottano certe idee di conciliazione della fede con lo spirito moderno; idee che conducono molto più lontano che non si pensi; non solamente all’affievolimento, ma alla perdita totale della fede”
(Pio X – allocuzione ai cardinali, 27.4.1914)
Dopo questi provvedimenti severi o drastici, se vogliamo, il movimento modernista sembrò stroncato e fu costretto a vivere nella clandestinità fino a che le imprudenti aperture di Papa Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II non hanno fatto riemergere le antiche velleità.
Il giuramento antimodernista fu abolito da Paolo VI.
I modernisti (ed i neo-modernisti) mirano a ridimensionare Gesù Cristo, umanizzandolo per quanto è possibile, e con lui la sua dottrina. Vorrebbero avvicinare l’uomo a Dio ma effettuando l’operazione inversa, cioè spogliando Cristo della sua proprietà divina per renderlo simile e quindi più accettabile all’uomo moderno. Il quale non recepisce più le categorie spirituali essendo avviluppato nel razionalismo materialista. Vorrebbero fare del cristianesimo una dottrina meno severa, meno dogmatica, aperta, perciò più appetibile e in grado di assimilare e assimilarsi con ogni altra fede religiosa. Ad un passo dal progetto massonico che prevede un’unica religione mondiale che si verrebbe a creare mediante la fagocitazione di tutte le religioni esistenti, che praticamente verrebbero annullate, compresa anche l’unica vera, cioè quella cattolica. A questo mirò l’offensiva che impose la sua linea al Concilio Vaticano II. E per questo i suoi frutti sono alquanto amari.
Romano Amerio, nel suo monumentale lavoro sul Concilio Vaticano II e sul postconcilio “Jota unum”, commenta un concetto espresso dal Card. Montini quando era vescovo di Milano, nel 1962, che vede la grande assise quasi come un freno alla spinta missionaria della Chiesa: “Il Concilio non prepara un’espansione del cattolicesimo, ma lo proporziona in modo che sia ridotto al minimo il suo soprannaturale, e la religione sia fatta combaciare al massimo con il mondano, considerato come connaturale ad essa. Non può dunque la Chiesa secondo l’imagine vulgata, essere lievito che monti la massa né investire l’uomo, mutàndone la base, ma piuttosto si farà essa impregnare dal mondo perché così impregnata impregnerà il mondo”.( ‘Jota unum’ cap.III,36) …Se questo era il pensiero del possibile futuro Papa!…
Ecco, questo è modernismo, questo è tradimento!
È passata la leggenda che la Chiesa del passato fosse racchiusa in se stessa, fossilizzata nel suo rubricismo, schiavista e gelosa col suo latino e la sua liturgia decadente, renitente alla scienza e al progresso. Loro avrebbero portato aria libera, il primato della coscienza, la rottura con i feticci di una religione arcaica. Questo la gente l’ha capito e se n’è beata.
Infatti siamo all’evidente sfacciato relativismo religioso e morale.
Ciò che stupisce allora, è che Giovanni XXIII, grazie alla sua concezione idilliaca del mondo, avesse deciso di non usare più il metodo della condanna. Già nel discorso inaugurale del Concilio (11 ottobre1962) enunciava ciò che doveva rivelarsi una novità che avrebbe dato una diversa fisionomia alla Chiesa. Egli con una frase soltanto, rivoltò una fondata consuetudine. Disse: “Al giorno d’oggi (la Chiesa) preferisce far uso della medicina della misericordia piuttosto che delle armi della severità (…) mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che con le condanne”.
Romano Amerio commenta questo passo: “Questo annuncio del principio della misericordia contrapposto a quello della severità sorvola il fatto che, nella mente della Chiesa la condanna stessa dell’errore è opera di misericordia poiché, trafiggendo l’errore, si corregge l’errante e si preserva altrui dall’errore (…). Il metodo della misericordia non si può usare verso l’errore (…) ma soltanto verso l’errante a cui si soccorre proponendo la verità e confutando l’errore”. Secondo Amerio poi, il Papa “Restringe tutto l’officio esercitato dalla Chiesa verso l’errante alla sola presentazione della verità: questa basterebbe per sé stessa senza venire a confronto con l’errore, a sfatare l’errore” (Jota Unum Cap.IV,40) Su questo versante il Papa, purtroppo, è stato immediatamente smentito.
“Si dice il peccato ma non il peccatore”, E’ un adagio profondamente radicato nella nostra cultura superficiale. Chi non lo ritiene logico e ragionevole? Il peccato va sicuramente condannato, ma il peccatore no, qualche attenuante la si deve concedere. In piazza ci può andare il peccato, ma finisce che il piacere del pettegolezzo fatalmente trasmoda nella curiosità di scovare l’autore del misfatto. Cronaca di tutti i giorni. Bene, Papa Giovanni XXIII ha fatta sua questa massima popolare, proponendola addirittura come bussola per il Concilio da lui voluto. Il Concilio, seguendo questa norma è andato oltre le previsioni del Papa promuovendo un ecumenismo che elude gli ostacoli dottrinali di coloro che un tempo viaggiavano accanto a noi, togliendo loro, perfino a Lutero, il marchio della condanna.
L’eresia e l’eretico costituiscono un’unica realtà. Il peccato non va disgiunto dal peccatore: sono uniti nel male. Il peccato non avviene da solo, non è una cosa astratta, a sé stante. Il peccato non esiste senza una mente che lo concepisce e una volontà che lo consente. L’uomo è responsabile di quello che fa. Condannare il peccato non serve se non si colpisce anche il peccatore. E’ cosi anche nelle istituzioni civili: la legge non punisce il delitto, ma colui che ne è l’autore.
Secondo la dottrina di Papa Roncalli “Non si dovrà mai confondere l’errore con l’errante (…) onde l’errante è sempre un essere umano e conserva in ogni caso la dignità umana” (Pace in Terris, 83).
Invece Leone XIII nell’enciclica “IMMORTALE DEI” asserisce: “Intelletto e volontà che aderiscono al male decadono dalla loro dignità nativa e si corrompono” (Immortale Dei, 13/a).
Quale dignità dell’uomo allora, vorrebbero salvare Papa Giovanni XXIII e il Concilio? Una dignità puramente naturale, antropica?
d) I piloti del Concilio
Era opinione prevalente che il Concilio si riducesse ad un incontro per tirare le somme di una buona amministrazione con cui incrementare i benefici; lo stesso Papa Giovanni XXIII era convinto che la durata fosse molto breve; quattro o cinque mesi. Le Commissioni preparatorie avevano svolto il loro lavoro con solerzia senza incontrare verùn ostacolo. Era ancora nell’animo dei prelati la sicurezza che derivava dalla convinzione profonda che nessuno avrebbe messo a lista le fondamenta della fede cattolica, e nemmeno la prassi pastorale, che fino ad allora si era dimostrata efficace. Piuttosto era da guardare con attenzione al mondo e assodare che ci si trovava in un momento delicato in cui si doveva stare ben saldi nella barca e gettare le reti più al largo.
Però, fin dalla prima sessione ci si accorse che una minaccia gravava sul Concilio. Una esigua ma agguerrita minoranza di Padri conciliari riuscì a far respingere lo schema preparatorio elaborato nei due anni che precedettero l’assise e che era stato esaminato, approvato e sottoscritto dal Papa; lavoro che doveva servire come base per il dibattito. Poi, violando le norme che regolavano lo svolgimento del Concilio, con metodi pretestuosi riuscì persino a far ritirare lo schema “De fontibus rivelationis” (frutto del lavoro che teologi e vescovi avevano studiato con somma cura) che riaffermava la dottrina cattolica del Concilio di Trento, per sostituirlo con altro che si chiamò “Dei verbum”. Questo per attenuare il dogma che le fonti della fede sono due: la Bibbia e la Tradizione, per assecondare i protestanti i quali non riconoscono nella Tradizione una fonte della Rivelazione.
Il Concilio è stato in balìa di quel manipolo di prelati e dei loro suggeritori teologi che lo hanno fortemente condizionato, ponendo le basi del nuovo corso della Chiesa cattolica.
Siccome certe cose non è conveniente che la gente le sappia, e il Concilio ancor oggi è dipinto con enfasi trionfalistica giudicandolo estremamente positivo, io, rischiando di passare per denigratore o per pessimista se non addirittura per colui che elude la presenza dello Spirito Santo in quel consesso, vorrò considerare alcuni lati oscuri che però possono illuminare l’assetto della Chiesa cattolica venutosi a creare negli oltre 40 anni di quel che usiamo chiamare postconcilio.
Hanno approfittato delle incaute aperture di Papa Giovanni XXIII per infilarvi il cuneo e aprire dei varchi alle azzardate teorie che con termine appropriato si devono chiamare neomoderniste. Il neomodernismo sarebbe un modernismo aggiornato ma in senso peggiorativo.
Chi si opponeva all’imperio di costoro era perfino umiliato, perciò i 2000 Padri sembravano galvanizzati, e la piega che prese il Concilio era ormai segnata. Il postconcilio ne è la naturale prosecuzione.
Un cast di teologi da tempo, ma specialmente dal Concilio Vaticano II, tengono il campo su tutto il fronte: sono i corifei del neomodernismo. Essi si sono spinti anche oltre i loro colleghi del passato, ma a differenza di quelli, sono stimati e vezzeggiati e non di rado premiati dalle autorità vaticane. I loro scritti cosparsi di eresie fanno breccia pure nei seminari e sono venduti liberamente nelle librerie cattoliche. Di seguito i nomi più gettonati, con il loro curriculum-eresiae di alcuni che erano alla guida di quell’incursione pirata:
Karl Rahner
Mette in dubbio i dogmi della transustanziazione, del peccato originale, del sacerdozio ministeriale. Opta per il libero celibato dei preti e l’ordinazione delle donne ecc. Ma la sua tesi più nota è quella dei “Cristiani anonimi”. Egli estende la redenzione a tutti gli uomini indistintamente, per cui ciascuno usufruendo dei meriti di Cristo, avrebbe già acquisito la salvezza; anche a sua insaputa, ognuno sarebbe cristiano “anonimo”. Naturalmente se tutti comunque si salvano, non esiste l’inferno!
Il Card. Hoeffer, Arcivescovo di Colonia, dichiarò: “Chi dice: non credo che Gesù Cristo è vero Dio, e dice che non crede che Gesù Cristo è concepito dallo Spirito Santo, e che dice: non credo che Gesù Cristo è risorto dai morti, non fa più parte della comunione della Chiesa cattolica. Ma rispetti anch’egli la fede della Chiesa e sia tanto onesto da uscire pubblicamente dalla Chiesa cattolica, che non è più la sua Chiesa” (Luigi Villa: Karl Rahner. Ed. Civiltà – Brescia. p.16).
Gesuita, eretico, invece di essere scomunicato per il veleno che immetteva nella Chiesa, fu eletto “perito” del Concilio Vaticano II
Yves Congar
Domenicano. Non crede nell’inferno, propone di togliere il ‘Filioque’ dal ‘Credo’ cattolico, pone Lutero al pari sant’Agostino, in un certo senso anche più grande. Fu nominato esperto al Concilio Vaticano II nonostante che fosse tenuto d’occhio da anni per le sue teorie eretiche. E’ creato Cardinale da Giovanni Paolo II. Congar definì il Concilio suddetto “La rivoluzione d’ottobre della Chiesa”.
Hans Urs Von Balthasar
Gesuita; a 45 anni uscì dalla Congregazione per collaborare negli studi teologici con una donna medico, teologa e, si dice, mistica.
La sua teoria principale è quella dell’inferno che, secondo lui, se esiste è vuoto; quindi dubbi sul demonio. Ancora dubbi sul primato del Papa. Quando dico dubbi intendo contestazioni, perché costui ha ripudiato in tutti i suoi scritti principali la teologia cattolica.
È morto poco prima che Giovanni Paolo II lo elevasse alla porpora cardinalizia. Fu uno dei principali preparatori del Concilio Vaticano II.
Edward Schillebeeckx
Fu colui che approntò il disgraziatissimo catechismo olandese, gravido di eresie, ove si metteva in discussione la divinità di N.S. Gesù Cristo e si negavano altri dogmi come la concezione verginale di Gesù, la sua risurrezione, l’autorità del magistero della Chiesa e del Papa. Si disse che questo catechismo sarebbe una raccolta del pensiero neomodernista. Schillebeeckx invocava il diritto al matrimonio dei preti e preconizzava la disfatta della Chiesa gerarchica che sarà sostituita da strutture di base. Di lui è stato detto che “Non ha il coraggio di rompere con la Chiesa che egli demolisce”. Fu uno dei periti del Concilio Vaticano II.
Hans Küng
La Sacra Congregazione per la dottrina della fede, il 25 febbraio 1973 con pubblico documento dichiara che “Alcune opinioni del Prof. Hans Kung si oppongono in diverso grado alla dottrina della Chiesa”. Tra queste si segnalano quella riguardante il dogma di fede dell’infallibilità della Chiesa e il compito di interpretare autenticamente l’unico sacro deposito della Parola di Dio affidato al solo Magistero vivo della Chiesa, nonché la valida consacrazione dell’Eucaristia.
In una dichiarazione successiva del 15 dicembre 1979 firmata dal Card. Seper e Mons. Hamer si constata che Hans Kung “Non si è minimamente conformato alla dottrina del Magistero” ma che anzi ha ulteriormente aggravata la sua contrapposizione”. Nel suddetto documento la Sacra Congregazione per la dottrina della fede dichiara che “Il Prof. Hans Kung è venuto meno, nei suoi scritti, all’integrità della fede cattolica, e pertanto non può più essere considerato teologo cattolico, né però, come tale, esercitare il compito di insegnare”.
Tanti i punti di contrasto: la consustanzialità di Cristo con il Padre; respinge le definizioni dogmatiche dei Concili di Nicea e di Calcedonia, nei quali rispettivamente furono definiti la perfetta divinità di Cristo quale Figlio di Dio, e il mistero della Sua incarnazione, unità di persona nella dualità di nature. Propugna l’abolizione del celibato sacerdotale, la consacrazione sacerdotale delle donne, la piena libertà di coscienza, l’uso dei contraccettivi, le elezioni ecclesiastiche e altri sistemi per eleggere Papa e vescovi. Omosessuali da rispettare, aborti legali, negazione dei miracoli, respinge il peccato originale ereditario, nega la divinità di Cristo, ecc.
Di lui disse il Padre Saenz: “Tutto ciò che Kung ha scritto, non solo mi sembra scandaloso, – piis auribus offensiva – e in molte proposizioni apertamente eretico, distruttore e perverso”. “Con la dottrina di Hans Kung infatti, tutto il cattolicesimo si scuote, si sgretola, si distrugge”. “La sua opera non è che la somma di eresie, frutto del pluralismo teologico venuto alla ribalta col Vaticano II” .
Hans Kung, già sacerdote, fu nominato da Papa Giovanni XXIII perito ufficiale del Concilio Vaticano II.
Incredibile! Sostenitori e diffusori di gravissimi errori sulla dottrina cristiana, condannati da PIO XII e poi lasciati liberi di cospirare, e infine riabilitati ed encomiati senza che nessuno di loro avesse ammesso le sue devianze e si fosse sottomesso alla Chiesa.
Questi sono i veri suggeritori, se non gli artefici del Concilio Vaticano II. Qui, dicono, soffiò lo Spirito Santo, perché Egli soffia dove vuole!!!
(NOTA: tutti questi appunti li ho desunti dai libretti dedicati ad ognuno di questi teologi, scritti dal Dott. Mons. Luigi Villa, che ringrazio).
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