Finita la lite sul reperto del museo Lombroso
Sulla restituzione del cranio del brigante Giuseppe Villella al suo paese d’origine e sulla presa di distanza fra la Città e il Museo di Antropologia criminale «Cesare Lombroso» si è spaccato pure il Movimento 5 Stelle (e sono solo in due).
Ma alla fine quella mozione che in pochi giorni... ha fatto il giro d’Italia - ed è pure rimbalzata su parecchi siti stranieri - presentata dal consigliere Domenico Mangone (Pd), è stata approvata da un Consiglio comunale che per metà si è astenuto, sindaco Fassino in testa. Ciò che importa però è che siano bastati sedici voti favorevoli perché passasse un documento unico nel suo genere che impegna «La Città a promuovere ogni iniziativa affinché si giunga alla sepoltura dei resti, anche attraverso la restituzione delle spoglie ai discendenti o alle amministrazioni comunali, trattenute nel museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso di Torino».
Lo scheletro nell’armadio.
Ci ha messo talmente tanta passione il calabrese Mimmo Mangone (si è presentato orgogliosamente così lui, ieri in Consiglio sottolineando l’importanza di quelle radici) presentando la sua mozione, - e ci hanno messo del loro pure un migliaio di cittadini che hanno spedito altrettante mail ai consiglieri comunali di Torino - che poco hanno potuto le parole dell’assessore alla Cultura Maurizio Braccialarghe («Il Museo è dell’Università, e visto che c’è una contesa giudiziaria in piedi il Comune aspetterà che si pronunci il tribunale): la Sala Rossa, dopo aver più volte premesso «che ci sono problemi più urgenti in questa città» alla fine ha lasciato che la mozione passasse. Ora starà alla giunta vedere come muoversi.
La storia.
Il museo, in via Pietro Giuria, di proprietà dell’Università riaprì i battenti il 27 novembre 2009. Contiene 904 crani, scheletri, cervelli e maschere in cera e trae origine dalla collezione privata che Cesare Lombroso allestì in seguito a interventi su individui ritenuti criminali, malati di mente, omosessuali e prostitute con lo scopo di dimostrare la relazione tra comportamento e misure di parti del cranio e del corpo. Proprio sul cadavere di Villella, che aveva avuto trascorsi da brigante, Lombroso fece il suo primo esperimento, nel 1872. Nell’ottobre dello scorso anno, una sentenza del Tribunale di Lamezia Terme, stabiliva con un’ordinanza la restituzione, da parte dell’Università, delle spoglie di Giuseppe Villella al suo paese natale, Motta Santa Lucia (Catanzaro). Mentre due giorni fa la Corte d’Appello ha accolto il ricorso del Museo Lombroso senza però entrare nel merito.
Un cranio da brigante.
Individuando un’anomalia nella struttura cranica, la cosiddetta fossetta occipitale, Lombroso giunse alla conclusione che tale conformazione non fosse presente negli individui «normali» ma solo nel cranio di criminali e pazzi. Ed è proprio su questo punto che l’avvocato Mangone ha dato il meglio della sua arringa finale: «Tralasciando l’aspetto razzistico della questione, sono qui a battermi perché si dia degna sepoltura ad un cranio che è appartenuto a un brigante che ha rubato per fame e ha tuttora discendenti che lo reclamano. E ha aggiunto: «La mia mozione prevede che le spoglie restituite, se utili a finalità didattiche, siano sostituite con calchi o rappresentazioni multimediali».
L’assessore alla Cultura.
Di fronte al sì dell’aula l’assessore alla Cultura ha commentato: manderemo una lettera al Museo per evidenziare quanto emerso dall’aula: sorta di avviso di sfratto non tanto per il museo, ma per alcuni suoi preziosi reperti.
Va però detto che sia Braccialarghe sia parecchi suoi colleghi di giunta hanno spiegato che i reperti esposti al Museo Lombroso sono da considerare al pari di altre opere d'arte. Come le mummie esposte all’Egizio di cui il Cairo non ha mai preteso la restituzione.
di Emanuela Minucci LA STAMPA del 15 gennaio 2013