Teodorico, detto il Grande, più correttamente Teoderico, dal goto Þiudareiks (Pannonia, 454 – Ravenna, 526), re degli Ostrogoti dal 474 e re d'Italia dal 493 al 526, secondo dei re barbari di Roma.
Sull’esempio di San Bonifacio I, Papa Simplicio nel 483 si rivolse ad Odoacre, re degli Eruli e Patrizio romano, titolo di cui era stato investito dall’Imperatore di Costantinopoli e che gli conferiva la più alta autorità sulla città di Roma e le sue di- pendenze, perché impedisse durante la sede vacante i disordini provocati dalle lotte di fazione. Così, il Patrizio di origine barbara emanò una legge che interdiceva l’elezione di un nuovo papa senza la sua previa autorizzazione, o quella del Prefetto del pretorio.
Alla morte di Papa S. Anastasio II (498) San Simmaco si trovò contrapposto dalla fazione rivale il Cardinale Lorenzo, titolare della Chiesa di S. Prassede, che venne consacrato in S. Maria Maggiore il giorno stesso in cui Simmaco lo era in Laterano. Lo scisma durò tre anni, scatenando nell’Urbe una vera guerra civile. Alla fine i due partiti s’accordarono per ricorrere all’arbitraggio del Re goto Teodorico, che in nome di Bisanzio, dopo aver sconfitto Odoacre nel 493, era divenuto padrone della penisola, fissando la sua sede a Ravenna. Pur essendo ariano, Teodorico, grazie all’influenza del suo ministro Cassiodoro, non si mostrava avverso ai cattolici. Il sovrano decise che dovesse essere riconosciuto come Papa colui che era stata eletto per primo e con i suffragi maggiori. San Simmaco, dunque, fu considerato come il legittimo successore di S. Pietro. A seguito degli eventi dolorosi del suo pontificato, il Papa riunì nella basilica vaticana un concilio di sessantadue vescovi con lo scopo di legiferare in materia di elezioni pontificie, in modo da evitare per il futuro i guasti delle lotte fratricide tra le varie fazioni. La decretale che venne promulgata restringeva al clero romano, escludendo il popolo, il potere di nomina, interdiceva le manovre ‘elettorali’ mentre era ancora in vita il pontefice e a sua insaputa, e rimetteva la designazione del nuovo pontefice alla maggioranza degli aventi diritto, piuttosto che, come per l’addietro, all’uninimità degli elettori. Giovanni II (533-535) cercò a sua volta l’appoggio della corte gota di Ravenna per la sua elezione. Re Atalarico, che allora regnava, gli rispose ribandendo la necessità dell’approvazione regia per l’avvenuta nomina ed il pagamento di un tributo di tremila soldi d’oro. I monarchi ostrogoti intervennero ancora nelle designazioni sia di papa S. Agapito II (535-536) sia di quella di S. Silverio (536-538).