Asburgo-Lorena di Toscana
Asburgo-Lorena di Toscana è il nome del ramo della dinastia asburgica che ereditò legittimamente il Granducato di Toscana nel 1737.
Nel 1736 il Duca di Lorena Francesco Stefano aveva sposato Maria Teresa d'Asburgo, unica (e contestata) erede dei domini asburgici, sparsi per l'Europa (Austria, Boemia, Ungheria, Paesi Bassi, Ducato di Milano) ed anche tradizionale erede del titolo al Sacro Romano Impero. La Francia, timorosa che la Lorena, una regione francofona, potesse passare agli Asburgo, si era affrettata a stipulare un trattato per cui riconosceva la Prammatica Sanzione e quindi l'eredità spettante a Maria Teresa, ma in cambio Francia e Austria stabilivano che il Ducato di Lorena fosse annesso alla Francia alla morte del Duca Stanislao Leszczyński (esule Re di Polonia e suocero di Luigi XV).
La casata di Lorena sarebbe stata compensata per questa perdita, con il Trono del Granducato di Toscana , che retto da Gian Gastone de Medici , che non aveva eredi legittimi, e che si era già accordato con le altre potenze europee per il passaggio. Francesco Stefano accettò senza problemi l'obbligo di non annettere il Granducato all'Impero Austriaco, dato che la successione sarebbe stata destinata ad un figlio cadetto della coppia imperiale. Con il matrimonio di Maria Teresa e Francesco Stefano nacque così la dinastia imperiale degli Asburgo-Lorena, dalla quale nacque il ramo degli Asburgo-Lorena di Toscana che divenne la Casata regnante legittima del Granducato di Toscana.
Francesco II (Francesco Stefano):
Figlio e successore di Leopoldo di Lorena (1679 – 1729) e di Elisabetta Carlotta di Borbone-Orléans (1676 – 1744). Sposò Maria Teresa d'Asburgo, figlia dell'imperatore Carlo VI, il 12 febbraio 1736 ed a seguito del guerra di successione polacca dovette cedere il titolo ducale al detronizzato Re di Polonia Stanislao Leszczyński come disposto dai preliminari del trattato di Vienna. In cambio ricevette il diritto a ereditare il titolo granducale di Toscana dopo la morte di Gian Gastone de' Medici (1737), allora promesso all'infante di Spagna Carlo di Borbone, che vi rinunciò come contropartita al riconoscimento austriaco del'acquisizione delle Due Sicilie.
Per garantire l'indipendenza alla Toscana e non renderla una regione dello stato asburgico si stabilì di tenere separate le due corone, mantenendo per il primogenito della casata degli Asburgo-Lorena il titolo imperiale, mentre per il secondogenito quello granducale. Visitò la Toscana per tre mesi nel 1739 e per impegni incalzanti alla Corte di Vienna la governò per mezzo di rappresentanti fidati e altamente qualificati, peraltro capaci ed intelligenti. Francesco Stefano e Maria Teresa ebbero 16 figli.
- Maria Elisabetta (5 febbraio 1737 - 7 giugno 1740)
- Maria Anna (6 ottobre 1738 - 19 novembre 1789)
- Maria Carolina (12 gennaio 1740 - 25 gennaio 1741)
- Giuseppe (13 marzo 1741 - 20 febbraio 1790), futuro imperatore (1780-1790), sposò Maria Isabella di Borbone-Parma, quindi Maria Giuseppa di Baviera
- Maria Cristina (13 maggio 1742 - 10 febbraio 1822), sposò Alberto di Sassonia, duca di Teschen
- Maria Elisabetta (13 agosto 1743 - 22 settembre 1808)
- Carlo Giuseppe (1º febbraio 1745 - 18 gennaio 1761)
- Maria Amalia (26 febbraio 1746 - 9 ottobre 1802), sposò Ferdinando di Borbone, duca di Parma
- Pietro Leopoldo (5 maggio 1747 - 1º marzo 1792), futuro Granduca di Toscana (1765-1790) ed imperatore (1790-1792), sposò Maria Ludovica di Borbone-Spagna
- Maria Carolina (17 settembre 1748)
- Maria Giovanna (4 febbraio 1750 - 23 dicembre 1762)
- Maria Giuseppina (19 marzo 1751 - 15 ottobre 1767)
- Maria Carolina (13 agosto 1752 - 4 gennaio 1825), sposò Ferdinando I delle Due Sicilie
- Ferdinando (1º giugno 1754 - 24 dicembre 1806), sposò Maria Beatrice Ricciarda d'Este, fondatore del ramo degli Asburgo-Este
- Maria Antonietta (2 novembre 1755 - 16 ottobre 1793), sposò Luigi XVI di Francia
- Massimiliano Francesco (8 dicembre 1756 - 27 giugno 1801), vescovo-elettore di Colonia
Leopoldo I (Pietro Leopoldo):
Con Leopoldo I iniziò a tutti gli effetti la Casata degli Asburgo-Lorena di Toscana.
Come Granduca di Toscana, Leopoldo I fu un chiaro esempio di "sovrano illuminato" e le sue riforme si contraddistinsero per una propensione agli scopi pratici più che a quelli teorici. Nella sua opera riformatrice si avvalse di importanti funzionari come Giulio Rucellai, Pompeo Neri, Francesco Maria Gianni, Angelo Tavanti. Il granduca avviò una politica liberista raccogliendo l'appello di Sallustio Antonio Bandini del quale fece pubblicare l'inedito Discorso sulla Maremma, promuovendo la bonifica delle aree paludose nella Maremma e nella Val di Chiana e favorendo lo sviluppo dell'Accademia dei Georgofili. Introdusse la libertà nel commercio dei grani abolendo i vincoli annonari che bloccavano le colture cerealicole , ma l'avvenimento capitale, e che fu un errore dettato dalla febbre illuminista, dopo tanti secoli, fu la liquidazione delle corporazioni di origine medioevale, che erano tutto fuorché ostacolo principale per un'evoluzione economica e sociale dell'attività industriale. Introdusse poi la nuova tariffa doganale del 1781, in base alla quale vennero aboliti tutti i divieti assoluti, che furono sostituiti da dazi protettivi, tenuti, del resto, a un livello molto basso in confronto a quelli allora in vigore. La trasformazione del sistema fiscale fu da Pietro Leopoldo intrapresa fin dai suoi primi anni di regno e nel 1769 venne abolito l'appalto generale ed iniziata la riscossione diretta delle imposte. Esitante si rivelò invece il sovrano fra la politica di Tavanti, che fino al 1781 attraverso il catasto, intendeva prendere la proprietà fondiaria come termine di misura per l'imposizione fiscale e, dopo la morte di Tavanti, nel 1781, quella di Francesco Maria Gianni, suo maggiore collaboratore dal quel momento, che concepiva un piano di eliminazione del debito pubblico attraverso la vendita dei diritti fiscali che lo stato aveva sulla terra dei sudditi. Si sarebbe poi passati ad un sistema fondato esclusivamente sull'imposizione indiretta; operazione questa che, iniziata nel 1788, non era ultimata nel 1790 quando Leopoldo divenne Imperatore. Riformò certi aspetti della legislazione toscana ma il suo maggior progetto, la redazione di un nuovo codice, che Pompeo Neri avrebbe dovuto realizzare, non giunse a termine per la morte del Neri stesso, mentre i progetti di costituzione non ebbero seguito a causa dello smascheramento degli ideali illuministi e costituzionalisti avvenuto il 14 Luglio 1789 e non dalla sua partenza per Vienna. In campo ecclesiastico Pietro Leopoldo commise molti errori ispirandosi ai principi del giurisdizionalismo, sopprimendo i conventi e abolendo i vincoli di manomorta. Inoltre la Toscana si volse religiosamente verso il Giansenismo, rappresentato dal vescovo eretico di Pistoia Scipione de Ricci, tanto che il granduca gli fece organizzare un sinodo a Pistoia nel 1786 per riformare l'organizzazione ecclesiastica toscana secondo i principi giansenisti. Il programma uscito da questo sinodo, riassunto in 57 punti e frutto dell'intesa con Pietro Leopoldo, interessava gli aspetti patrimoniali e culturali e affermava l'autonomia delle Chiese locali rispetto al Papa e la superiorità del Concilio, ma le forti opposizioni del clero e del popolo fedeli alla Santa Madre Chiesa lo convinsero a rinunciare a questa blasfema riforma. Nel periodo 1779-1782 Pietro Leopoldo avviò un progetto costituzionale che continuò ufficialmente fino al 1790 per fondare i poteri del sovrano secondo un rapporto contrattualistico. Anche questa politica però suscitò forti opposizioni, e il granduca, che aveva visto l'effetto infausto che gli ideali illuministi e costituzionali portarono in Francia, e che proprio in quell'anno saliva sul trono imperiale vi rinunciò . Ma la riforma più "importante" , e che dopo un'attenta analisi si presenta negativa per lo sconvolgimento sociale che ne derivò, introdotta da Pietro Leopoldo fu l'abolizione degli ultimi retaggi giuridici medievali: in un colpo solo abolì il reato di lesa maestà, la confisca dei beni, la tortura e la pena di morte grazie al varo del nuovo codice penale del 1786 (che prenderà il nome di Riforma criminale toscana o Leopoldina). La Toscana sarà quindi il primo stato nel mondo ad adottare i principi di Cesare Beccaria, il più importante illuminista peninsulare che nella sua opera Dei delitti e delle pene invocava appunto l'abolizione della pena capitale (ma non per amor alla vitta). Salì al trono imperiale nel 1790, alla morte del fratello Giuseppe II. Appena arrivato al potere dovette pacificare l'impero revocando i provvedimenti più radicali proposti dal fratello. Nel 1790, alla morte del fratello Giuseppe II, ereditava la corona imperiale asburgica; il figlio Ferdinando (Ferdinando III) divenne così Granduca in un periodo che già si presentava agitato dall'esterno e dall'interno a causa della febbre illuminista che colpì il padre.
Ferdinando III :
In politica interna, il nuovo Granduca commise l'errore di non ripudiare le riforme paterne che avevano portato la Toscana in una situazione rivoluzionaria, precedendo in alcuni campi persino la Rivoluzione Francese allora in corso ma cercò di limitarne alcuni eccessi, soprattutto in campo religioso, che erano stati accolti, come tutto il resto, malvolentieri dal popolo. In politica estera, Ferdinando III cercò di restare neutrale nella tempesta succeduta alla Rivoluzione Francese ma fu costretto ad allinearsi alla coalizione antirivoluzionaria su forti pressioni dell'Inghilterra, che minacciava di occupare Livorno e l'8 ottobre 1793 dichiarò guerra alla Repubblica Francese. La dichiarazione non ebbe però effetti pratici ed anzi, la Toscana fu il primo stato a concludere la pace e a ristabilire le relazioni con Parigi nel febbraio 1795. La cautela del Granduca, perché di ciò si trattava, non servì però a tenere fuori la Toscana dall'incendio napoleonico: nel 1796 le armate francesi occupavano Livorno per sottrarla all'influenza britannica e lo stesso Napoleone entrava in Firenze, ben accolto dal sovrano , che sperava nella sua clemenza, ed occupava il Granducato, pur non abbattendo il governo locale. Solo nel marzo 1799 Ferdinando III fu costretto all'esilio a Vienna, in seguito al precipitare della situazione politica della penisola. Le truppe francesi rimasero in Toscana fino al luglio 1799, quando furono scacciate da una controffensiva austrorussa a cui diedero aiuto gli insorti sanfedisti del popolo, "Viva Maria!". La restaurazione fu breve; già l'anno dopo Napoleone tornava a ristabilire il suo dominio sulla Penisola; nel 1801 Ferdinando costretto doveva abdicare al trono di Toscana, ricevendo in compenso prima il Ducato di Salisburgo, nato con la secolarizzazione dell'ex stato arcivescovile e poi (1805), il Ducato di Würzburg, altro stato sorto con la secolarizzazione di un principato vescovile. Ferdinando III tornò in Toscana solo nel settembre 1814, dopo la caduta di Napoleone. Al Congresso di Vienna, ottenne alcune aggiunte al territorio con l'annessione del Principato di Piombino, dello Stato dei Presidii, dei feudi imperiali di Vernio, Monte Santa Maria Tiberina e Montauto e la prospettiva dell'annessione del Ducato di Lucca, seppur in cambio di alcune enclaves toscane in Lunigiana. La Restaurazione in Toscana fu, per merito del Granduca, un esempio di mitezza e buon senso, anche se fu l'ennesimo errore: non vi furono epurazioni del personale che aveva operato nel periodo francese; non si abrogarono le leggi francesi in materia civile ed economica (salvo il divorzio) e dove si effettuarono restaurazioni si ebbe il ritorno delle leggi leopoldine, come in campo penale. Le maggiori cure del restaurato governo lorenese furono per le opere pubbliche; in questi anni si realizzarono numerose strade (come la Volterrana), acquedotti e si diede inizio ai primi seri lavori di bonifica della Valdichiana e della Maremma, che videro l'impegno personale dello stesso sovrano. Ferdinando III pagò questo lodevole impegno personale con la contrazione della malaria, che lo condusse a morte nel 1824. Ferdinando sposò a Vienna il 19 settembre 1790 Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli da cui ebbe cinque figli:
- Carolina Ferdinanda (Firenze, 2 agosto 1793- Vienna 5 gennaio 1802);
- Francesco Leopoldo (Firenze, 15 dicembre 1794-Vienna, 18 maggio 1800);
- Leopoldo Giovanni (Firenze, 3 ottobre 1797-Roma 29 gennaio 1870);
- Maria Luisa (Firenze, 30 agosto 1799-Firenze, 15 giugno 1857);
- Maria Teresa (Vienna, 21 marzo 1801-Torino, 12 gennaio 1855).
Leopoldo II :
Alla morte del padre nel 1824 Leopoldo II assunse il potere e subito dimostrò di voler essere un sovrano indipendente, appoggiato in questo dal ministro Vittorio Fossombroni, che seppe sventare una manovra dell'ambasciatore austriaco conte di Bombelles per influenzare l'inesperto granduca. Questi non solo confermò i ministri che aveva nominato il padre ma diede subito prova della sua sincera voglia di impegnarsi con una riduzione della tassa sulla carne ed un piano di opere pubbliche che prevedeva la continuazione della bonifica della Maremma (tanto da essere soprannominato affettuosamente "Canapone" e ricordato dai Grossetani con un monumento scultoreo collocato in Piazza Dante), l'ampliamento del porto di Livorno, la costruzione di nuove strade, un primo sviluppo delle attività turistiche (allora chiamate "industria del forestiero") e lo sfruttamento delle miniere del granducato. Dal punto di vista politico, il governo di Leopoldo II fu in quegli anni il più mite e tollerante negli stati italiani: la censura, affidata al dotto e mite Padre Mauro Bernardini da Cutigliano, non ebbe molte occasioni di operare e molti esponenti della cultura del tempo, anche di dubbi ideali, e che non trovavano l'ambiente ideale in patria, poterono trovare asilo in Toscana, come accadde all'ambiguo Giacomo Leopardi, al sovvrsivo di penna Alessandro Manzoni, il traditore Guglielmo Pepe, e Niccolò Tommaseo. Alcuni scrittori ed intellettuali toscani come Guerrazzi, Gian Pietro Viesseux e Giuseppe Giusti, che in altri stati italiani avrebbero sicuramente passato dei guai, poterono, per via del carattere troppo mite di Leopoldo, operare in tranquillità. È rimasta celebre la risposta del granduca all'ambasciatore austriaco che si lamentava che "in Toscana la censura non fa il suo dovere", al quale ribatté con stizza "ma il suo dovere è quello di non farlo!". Pagherà in futuro questo errore . Unica scelta saggia in tanta tolleranza e mitezza fu la soppressione della rivista "L'Antologia" di Gian Pietro Viesseux, avvenuta nel 1833 per le giustificate pressioni austriache e comunque senza ulteriori esiti civili o penali per il fondatore. Nell'aprile 1859, nell'imminenza della guerra franco-piemontese contro l'Austria, Leopoldo II proclamò la neutralità ma ormai il governo granducale aveva i giorni contati: in Firenze il partito rivoluzionario appoggiato da agenti sabaudi rumoreggiava e le truppe infettate da elementi sovversivi davano segni di insubordinazione. Il 27 aprile, verso le quattro, davanti ad un gruppo di sgherri rivoluzionari e alla insubordinazione di alcuni elementi dell'esercito, Leopoldo II partì in carrozza da Palazzo Pitti, uscendo per la porta di Boboli, verso la strada di Bologna, senza opporsi . Aveva appena rifiutato di abdicare a favore del figlio Ferdinando. La pacifica rassegnazione (il Granduca non pensò mai ad una soluzione di forza) e le modalità del commiato, con gli effetti personali caricati in poche carrozze e le attestazioni di simpatia al personale di corte, fecero sì che negli ultimi momenti di permanenza in Toscana gli ormai i sudditi dimostrarono la stima per Leopoldo: la famiglia granducale fu salutata dai fiorentini, levantisi il cappello al passaggio, con il grido "Arrivederci babbo Leopoldo!" e accompagnata con tutti i riguardi da una scorta fino alle Filigare, dogana con lo Stato Pontificio. Alle sei pomeridiane di quello stesso giorno, il Municipio di Firenze constatò l’assenza di alcuna disposizione lasciata dal sovrano e nominò un governo provvisorio illegittimo e rivoluzionario capeggiato dagli agenti sabaudi. Rifugiatosi presso la corte viennese, il granduca abdicò ufficialmente solo il successivo 21 luglio; da allora visse in Boemia, recandosi a Roma nel 1869, dove morì il 28 gennaio 1870. Nel 1914 la sua salma fu poi trasportata a Vienna per essere sepolta nel mausoleo degli Asburgo, la Cripta dei Cappuccini.
Ferdinando IV :
Figlio del Granduca Leopoldo II e della Granduchessa Maria Antonietta di Borbone Due Sicilie, salì al trono di Toscana dopo l'abdicazione del padre nel 1859, fu un protagonista involontario del Risorgimento in quanto fino all'usurpazione ufficiale della Toscana al "Regno d'Italia" (1860) ne era diventato Granduca anche se non li fu permesso rientrare a Firenze e non fu mai incoronato nella sua Capitale. Nonostante ciò anche dopo l'occupazione del Granducato Ferdinando, avendo mantenuta la "fons honorum" e la collazione degli Ordini dinastici, continuò ad elargire titoli e decorazioni. Sposò nel 1856 la principessa Anna Maria di Sassonia che morì nel 1859 e in seconde nozze Alice di Borbone-Parma. Dal 1859 al 1866 si mantenne in contatto con i moti antiunitari in Toscana progettando un Regno dell'Italia Centrale, ma purtroppo, le cospirazioni li impedirono di realizzare il suo progetto. Morì esule a Salisburgo nel 1908.
Granduchi di Toscana dopo Ferdinando IV:
Giuseppe I (1908-1942)
Pietro I (1942-1948)
Goffredo I (1948-1984)
Leopoldo III (1984-1993)
Sigismondo I (dal 1993)
Asburgo-Este
Austria-Este o Asburgo-Este è un ramo separato e nato della dinastia degli Asburgo-Lorena, iniziato con Ferdinando Carlo, Arciduca d'Austria, figlio dell'imperatrice Maria Teresa, governatore del Ducato di Milano. Ferdinando Carlo sposò a Milano (1771) la principessa Maria Beatrice Ricciarda d'Este (Modena 6 aprile 1750-Vienna 14 novembre 1829), unica figlia del duca Ercole III di Modena e di Maria Teresa Cybo-Malaspina, duchessa di Massa e Carrara e ultima del suo casato. Alla morte di Ercole III, Ferdinando Carlo divenne duca titolare di Modena, senza mai poter prendere possesso del ducato, occupato da Napoleone, quindi fu suo figlio a divenire, a tutti gli effetti, primo duca della casata degli Asburgo-Este a Modena.
Ferdinando Carlo e Maria Beatrice Ricciarda ebbero 10 figli:
- Arciduca Giuseppe (Milano, 1772);
- Arciduchessa Maria Teresa (Milano, 1º novembre 1773 - Genova, 29 marzo 1832). Sposa (1789) Vittorio Emanuele I di Savoia di Savoia, re di Sardegna;
- Arciduchessa Giuseppa (Milano, 13 maggio 1775 - 20 agosto 1777);
- Arciduchessa Maria Leopoldina (Milano, 10 dicembre 1776 - Wasserburg am Inn, 23 giugno 1848). Sposa (1795) in prime nozze Carlo Teodoro, principe elettore di Baviera (1724-1799), e in seconde (1804) il conte Luigi d'Arco (1773-1854);
- Arciduca Francesco Giuseppe Carlo Ambrogio Stanislao (Francesco IV) (Milano, 6 ottobre 1779 - Modena, 21 gennaio 1846). Sposa a Cagliari il 20 giugno 1812 la nipote Maria Beatrice Vittoria di Savoia, figlia di re Vittorio Emanuele I e di sua sorella Maria Teresa;
- Arciduca Ferdinando Carlo (Milano, 25 aprile 1781 - Gmunden, 5 novembre 1850), Governatore della Galizia (1830-1845);
- Arciduca Massimiliano Giuseppe (Milano, 14 luglio 1782 - Ebenzweir, 1º giugno 1863), fu uno fra i più esperti teorici di arte militare del XIX secolo e Gran Maestro dell'Ordine Teutonico dal 22 aprile 1835;
- Arciduchessa Maria Antonia (Milano, 21 ottobre 1784 - 8 aprile 1786);
- Arciduca Carlo Ambrogio (Milano, 2 novembre 1785 - Komarom, 2 settembre 1808), Arcivescovo di Gran e primate d'Ungheria nel 1808;
- Arciduchessa Maria Beatrice Ludovica (Monza, 14 dicembre 1787 - Verona, 7 aprile 1816). Sposa a Vienna il 6 gennaio 1808 Francesco I Imperatore d'Austria (Firenze, 12 febbraio 1768 - Vienna, 2 marzo 1835).
Duchi di Modena:
Il Congresso di Vienna ristabilì i legittimi stati sovrani e fra questi anche il Ducato di Modena e Reggio nella persona dell'Arciduca Francesco Giuseppe Carlo Ambrogio Stanislao che regnò con il nome di Francesco IV.
La Dinastia d'Austria-Este diede a Modena due sovrani regnanti:
Francesco IV (Milano 6 ottobre 1779 - Modena 21 gennaio 1846), Duca di Modena, Reggio, Principe di Carpi, Principe della Mirandola e Concordia, Duca di Massa e Carrara dal 1829 (anno della morte della madre Maria Beatrice Ricciarda). Sposa a Cagliari il 20 giugno 1812 Maria Beatrice Vittoria di Savoia. La coppia ebbe quattro figli: Arciduchessa Maria Teresa (Modena 14 luglio 1816 - Gorizia 25 marzo 1886) Sposa (1846) Enrico di Borbone-Francia duca di Bordeaux, Pretendente al trono di Francia; Arciduca Francesco Ferdinando Geminiano (Francesco V); Arciduca Ferdinando (Modena 20 agosto 1821 - Bruenn 15 dicembre 1849) Sposa (1847) l'Arciduchessa Elisabetta d'Asburgo-Lorena; Arciduchessa Maria Beatrice Modena 13 febbraio 1824 - Gorizia 18 marzo 1906) Sposa (1847) Giovanni Carlo di Borbone Infante di Spagna, legittimo Re di Spagna.
Francesco V (Modena 1º giugno 1819 - Vienna 20 novembre 1875) Duca di Modena, Reggio, Massa, Carrara e Guastalla, Principe di Carpi, della Mirandola e Concordia. Sposa a Monaco il 30 marzo 1842 Adelgonda Principessa di Baviera. La coppia ebbe una sola figlia Arciduchessa Anna Beatrice (Modena 19 ottobre 1848 - 8 luglio 1849).
Duchi di Modena in esilio:
Francesco V, non avendo discendenza diretta, dispose con testamento che dopo la sua morte i diritti estensi rinvenissero al ramo principale degli Asburgo-Lorena e nominò suo erede l'Arciduca Francesco Ferdinando ponendo però alcuni vincoli per il mantenimento di questi diritti: essere nato da matrimonio di rango, assunzione del nome Austria-Este, inquartare nel proprio stemma l'aquila bianca d'este in campo azzurro, parlare correttamente italiano e non essere in possesso di altra sovranità. Alla morte di Francesco V si succedettero secondo legittimità di Duchi di Modena:
Francesco VI d'Asburgo-Este (18 dicembre 1863 - 28 giugno 1914) che, in qualità di erede dell'Impero Austro-Ungarico, qualora fosse asceso al trono avrebbe dovuto rinunciare, come disposto da Francesco V, ai diritti estensi. I diritti estensi non poterono neppure essere trasferiti ai suo figli perché nati da matrimonio morganatico. L'imperatore Francesco Giuseppe ne investì l'Arciduca Carlo divenuto nel frattempo erede dell'Impero.
Carlo I d'Austria-Este (17 agosto 1887 - 1º aprile 1922) sposa (1911) Zita di Borbone-Parma, discendente del duca Ercole III d'Este, attraverso la quale il sangue degli Estensi è rientrato nella casa d'Austria-Este. Alla morte di Francesco Giuseppe (1916) Carlo diventa Carlo I Imperatore d'Austria, Carlo III Re di Boemia, Carlo IV Re di Ungheria. La sua ascesa al trono determina la perdita dei diritti estensi che Carlo trasferisce (1917) al suo secondogenito Arciduca Roberto. Carlo è stato beatificato dalla Chiesa cattolica il 3 ottobre 2004.
Roberto I d'Austria-Este (Schönbrunn 8 febbraio 1915 - Basilea 7 febbraio 1996) sposa (1953) la Principessa Margherita, Isabella, Maria, Vittoria, Emanuela, Elena, Gennara di Savoia-Aosta. La coppia ha avuto cinque figli: Arciduchessa Maria Beatrice (11 dicembre 1954), Arciduca Lorenzo (16 dicembre 1955), Arciduca Gerardo (30 ottobre 1957), Arciduca Martino (21 dicembre 1959), Arciduchessa Isabella (2 marzo 1963).
Lorenzo I d'Austria-Este (Boulogne-Billancourt 16 dicembre 1955) sposa (22 settembre 1984) la Principessa Astrid del Belgio. La coppia ha avuto cinque figli: Arciduca Amedeo (21 febbraio 1986), Arciduchessa Maria Laura (26 luglio 1988), Arciduchessa Luisa Maria (11 ottobre 1995), Arciduca Gioacchino (9 dicembre 1991), Arciduchessa Letizia Maria (23 aprile 2003). L'Arciduca Lorenzo è stato creato Principe del Belgio ed anche i figli portano il titolo di Principi del Belgio oltre a quelli di Arciduchi d'Austria-Este, Principi Imperiali d'Austria e Principi Reali di Ungheria e Boemia. Questo , a nostro avviso , fa entrare in difetto rispetto alle disposizioni date da Francesco V.
Fine...
Fonte:
Wikipedia
Gli Asburgo (Mondadori)
Scritto da:
Redazione A.L.T.A.