Primo funzionario dell'Impero
"Sua Maestà ha altri ordini?" "Mi svegli domani alle 03.30". Si dice che l'ultima frase pronunciata dall'Imperatore Francesco Giuseppe sia stata improntata al senso del dovere e del lavoro, coerentemente con quella che era stata la sua intera esistenza. Era la sera del 20 novembre 1916, e l'anziano sovrano, ormai ottantaseienne, soffriva da giorni di una violenta infiammazione alle vie respiratorie. La bronchite se lo sarebbe portato via poche ore dopo, ponendo fine al suo pluridecennale regno, durato per la precisione 67 anni, 11 mesi e 20 giorni. L'Imperatore, come noto, si svegliava prima dell'alba, pregava inginocchiato ai piedi del letto, si lavava usando una tinozza e due brocche d'acqua, e dopo una robusta colazione mitteleuropea iniziava a lavorare, studiando le pile di documenti che ministri e collaboratori portavano alla sua attenzione. Questa fu la sua vita, dai 18 agli 86 anni. La proverbiale efficienza ed onestà della burocrazia austriaca prendevano le mosse da lui, primo funzionario dell'Impero.
"Nulla mi è stato risparmiato su questa terra"La vita del nostro Imperatore fu costellata da lutti e disgrazie. La moglie Elisabetta, meglio nota come Sissi, smise di amarlo poco dopo il matrimonio, e tra loro si alzò progressivamente un muro di incomunicabilità che raramente sarebbe stato abbattuto nei decenni successivi. Tuttavia lui non smise mai di amarla (anche se la tradì più volte); e quando, il 10 settembre 1898, gli fu comunicata la sua tragica uccisione, urlò disperato: "Nulla mi è stato risparmiato su questa terra !" Infatti l'Imperatore aveva già perso una figlia, la piccola Sofia, morta di "febbre cattiva" a pochi anni di vita; un figlio, il Principe Rodolfo, scomparso tragicamente a soli trent'anni, probabilmente suicida; un fratello, l'Arciduca Carlo Ludovico, morto in seguito al tifo contratto durante un viaggio in Palestina. In seguito, si aggiungerà alla lista anche il nipote Francesco Ferdinando, di fatto la prima vittima della grande guerra (1914-1918). In realtà, qualcosa gli fu risparmiato, su questa terra: egli infattì non subì il lutto più terribile che gli potesse capitare, peggiore, ai suoi occhi, anche della perdita di un figlio: il buon Dio gli concesse infatti di chiudere gli occhi prima dello sfacelo definitivo dell'Impero avito, avvenuto quasi due anni dopo il suo passaggio alla casa del Padre.
Il custode dell'idea imperialePerchè ricordare ed omaggiare la figura di Francesco Giuseppe? In fondo, non fu un sovrano più volte sconfitto, sotto la cui guida, in seguito alla perdita dell'Italia (1859) e della Germania (1867) tramontò de facto il Sacro Romano Impero, già sciolto de iure dal nonno Francesco? Credo si possa rispondere a questa domanda ricordando che Ceccobeppe, lungo i suoi 68 anni di regno, fu il tormentato custode di un'idea che si apprestava a lasciare il passo alle istanze della modernità: il principio imperiale. Francesco Giuseppe, sovrano paterno di tanti popoli, "consacrò […] la sua esistenza all'idea dell'Impero, a sostegno e a difesa della quale egli chiamava tutti gli uomini di buona volontà, senza differenza di razza e di ceto, i tedeschi come gli ungheresi, i boemi e gli italiani, gli aristocratici come i poveri e i poverissimi". (1) Egli era Imperatore Austriaco, erede dei Sacri Imperatori Romani, chè proprio l'Austria, per il principio della translatio Imperii, era la legittima erede dell'universalismo romano. Nella doppia monarchia danubiana, (in teoria) tutti erano prima austriaci, cioè abitanti del regno sovranazionale asburgico, e solo in seconda battuta tedeschi, o slavi, o magiari... Questo principio si incrinò dopo il 1848, quando le istanze nazionaliste massoniche e giacobine estesero il loro diabolico influsso su strati di popolazione più o meno considerevoli, portando a conflitti nazionalisti, come in Dalmazia o, in scala maggiore, in Boemia; non si può neanche negare, inoltre, che fossero presenti vere e proprie volontà indipendentiste, presso i rumeni della Transilvania o i nazionalisti italiani (sparute minoranze, a onor del vero: nella I guerra mondiale decine di migliaia di trentini e triestini servirono fedelmente la causa imperial-regia, anche se in Italia ci sono solo strade intitolate al traditore Cesare Battisti). Tuttavia l'Austria-Ungheria, è sempre utile ricordarlo, non era la "prigione dei popoli" descritta dalla propoganda antiasburgica. Nei rassicuranti confini imperiali ogni popolo, ogni nazione, poteva vivere liberamente la sua cultura, al contrario di quanto succederà negli stati nazionali giacobini, nei quali valori, lingue tradizioni e costumi saranno forzatamente omologati. Francesco Giuseppe, il sovrano che parlava correntemente le undici lingue dei suoi popoli, sapeva bene che l'Impero non era una creazione artificiale ma una struttura organica, che rappresentava anche uno scudo per i piccoli popoli dell'europa centrale, i quali, se non fossero stati inseriti nell'ambito dell'antica monarchia, sarebbero finiti preda degli egoismi imperialistici russi e tedeschi (come infatti accadde dopo la scomparsa dell'Impero). Probabilmente la vecchia Europa si sarebbe risparmiata le ideoligie totalitarie e i nazionalismi, da cui i conseguenti lutti legati a deportazioni, pulizie etniche e II guerra mondiale, se i nemici della tradizione cattolica universale non avessero voluto e determinato, al termine della grande guerra, la cancellazione dell'Impero austriaco. (2)
A distanza di più di novant'anni dalla morte del Re Imperatore Francesco Giuseppe, appare chiaro che l'unica possibilità di sopravvivenza per l' Europa consiste nel creare un'unione dei popoli, basat su tradizioni e valori comuni. Una realtà, quindi, molto diversa dalla Ue di banchieri e massoni: e per fare questo, essi non potranno non ispirarsi all'esempio dell'Austria francogiuseppina, mosaico di popoli uniti dalla fedeltà alla famiglia imperiale. E allora, se qualcosa del vecchio Impero sopravviverà, potrà dirsi realizzata l'antica profezia asburgica che recitava "Austria Erit In Orbe Ultima", ossia l'"Austria sarà l'ultima tra le nazioni".
"Nulla mi è stato risparmiato su questa terra"La vita del nostro Imperatore fu costellata da lutti e disgrazie. La moglie Elisabetta, meglio nota come Sissi, smise di amarlo poco dopo il matrimonio, e tra loro si alzò progressivamente un muro di incomunicabilità che raramente sarebbe stato abbattuto nei decenni successivi. Tuttavia lui non smise mai di amarla (anche se la tradì più volte); e quando, il 10 settembre 1898, gli fu comunicata la sua tragica uccisione, urlò disperato: "Nulla mi è stato risparmiato su questa terra !" Infatti l'Imperatore aveva già perso una figlia, la piccola Sofia, morta di "febbre cattiva" a pochi anni di vita; un figlio, il Principe Rodolfo, scomparso tragicamente a soli trent'anni, probabilmente suicida; un fratello, l'Arciduca Carlo Ludovico, morto in seguito al tifo contratto durante un viaggio in Palestina. In seguito, si aggiungerà alla lista anche il nipote Francesco Ferdinando, di fatto la prima vittima della grande guerra (1914-1918). In realtà, qualcosa gli fu risparmiato, su questa terra: egli infattì non subì il lutto più terribile che gli potesse capitare, peggiore, ai suoi occhi, anche della perdita di un figlio: il buon Dio gli concesse infatti di chiudere gli occhi prima dello sfacelo definitivo dell'Impero avito, avvenuto quasi due anni dopo il suo passaggio alla casa del Padre.
Il custode dell'idea imperialePerchè ricordare ed omaggiare la figura di Francesco Giuseppe? In fondo, non fu un sovrano più volte sconfitto, sotto la cui guida, in seguito alla perdita dell'Italia (1859) e della Germania (1867) tramontò de facto il Sacro Romano Impero, già sciolto de iure dal nonno Francesco? Credo si possa rispondere a questa domanda ricordando che Ceccobeppe, lungo i suoi 68 anni di regno, fu il tormentato custode di un'idea che si apprestava a lasciare il passo alle istanze della modernità: il principio imperiale. Francesco Giuseppe, sovrano paterno di tanti popoli, "consacrò […] la sua esistenza all'idea dell'Impero, a sostegno e a difesa della quale egli chiamava tutti gli uomini di buona volontà, senza differenza di razza e di ceto, i tedeschi come gli ungheresi, i boemi e gli italiani, gli aristocratici come i poveri e i poverissimi". (1) Egli era Imperatore Austriaco, erede dei Sacri Imperatori Romani, chè proprio l'Austria, per il principio della translatio Imperii, era la legittima erede dell'universalismo romano. Nella doppia monarchia danubiana, (in teoria) tutti erano prima austriaci, cioè abitanti del regno sovranazionale asburgico, e solo in seconda battuta tedeschi, o slavi, o magiari... Questo principio si incrinò dopo il 1848, quando le istanze nazionaliste massoniche e giacobine estesero il loro diabolico influsso su strati di popolazione più o meno considerevoli, portando a conflitti nazionalisti, come in Dalmazia o, in scala maggiore, in Boemia; non si può neanche negare, inoltre, che fossero presenti vere e proprie volontà indipendentiste, presso i rumeni della Transilvania o i nazionalisti italiani (sparute minoranze, a onor del vero: nella I guerra mondiale decine di migliaia di trentini e triestini servirono fedelmente la causa imperial-regia, anche se in Italia ci sono solo strade intitolate al traditore Cesare Battisti). Tuttavia l'Austria-Ungheria, è sempre utile ricordarlo, non era la "prigione dei popoli" descritta dalla propoganda antiasburgica. Nei rassicuranti confini imperiali ogni popolo, ogni nazione, poteva vivere liberamente la sua cultura, al contrario di quanto succederà negli stati nazionali giacobini, nei quali valori, lingue tradizioni e costumi saranno forzatamente omologati. Francesco Giuseppe, il sovrano che parlava correntemente le undici lingue dei suoi popoli, sapeva bene che l'Impero non era una creazione artificiale ma una struttura organica, che rappresentava anche uno scudo per i piccoli popoli dell'europa centrale, i quali, se non fossero stati inseriti nell'ambito dell'antica monarchia, sarebbero finiti preda degli egoismi imperialistici russi e tedeschi (come infatti accadde dopo la scomparsa dell'Impero). Probabilmente la vecchia Europa si sarebbe risparmiata le ideoligie totalitarie e i nazionalismi, da cui i conseguenti lutti legati a deportazioni, pulizie etniche e II guerra mondiale, se i nemici della tradizione cattolica universale non avessero voluto e determinato, al termine della grande guerra, la cancellazione dell'Impero austriaco. (2)
A distanza di più di novant'anni dalla morte del Re Imperatore Francesco Giuseppe, appare chiaro che l'unica possibilità di sopravvivenza per l' Europa consiste nel creare un'unione dei popoli, basat su tradizioni e valori comuni. Una realtà, quindi, molto diversa dalla Ue di banchieri e massoni: e per fare questo, essi non potranno non ispirarsi all'esempio dell'Austria francogiuseppina, mosaico di popoli uniti dalla fedeltà alla famiglia imperiale. E allora, se qualcosa del vecchio Impero sopravviverà, potrà dirsi realizzata l'antica profezia asburgica che recitava "Austria Erit In Orbe Ultima", ossia l'"Austria sarà l'ultima tra le nazioni".
Note:
(1) Cfr. "Andreas Hofer eroe cristiano" di Francesco Agnoli, Res editrice, 1979, p.14
(2) Per un approfondimento sulle condizioni politiche e sociali dell'Impero Austriaco tra otto e novecento, e sulle conseguenze della caduta dell'Impero, cfrhttp://www.scribd.com/doc/82441255/Introduzione-Al-Concetto-Di-Impero-Copia pp 27-33
Fonte: