lunedì 15 aprile 2013

R.P. G. Cornoldi d.C.d.G: La Chiesa e il liberalismo massonico rispetto alla libertà.

 
La Civiltà Cattolica anno XXXV, serie XII, vol. VIII, Firenze 1884 pag. 421-432.

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

CONCETTO DELLA FILOSOFIA CATTOLICA INTORNO ALLA LIBERTÀ DELL'UOMO:

LA CHIESA E IL LIBERALISMO MASSONICO RISPETTO ALLA LIBERTÀ

I.

Ella è cosa per poco inesplicabile che la massima parte degli uomini letterati o scienziati si dia allo studio di ciò che meno importa ed è ignobile, lasciato lo studio di ciò che più importa ed è nobile. In sommo pregio si ha la scienza sperimentale, nel suo aspetto materiale; in poco la cognizione di quella dignità onde l'uomo è fregiato a cagione dell'anima sua immateriale ed immortale. Nelle nobili conversazioni si terrà come onorata cosa il cinguettare della ruta e dei bacherozzi, ma si avrà in conto di un discorso non conveniente a tal luogo parlare dell'anima umana, delle sue eccelse prerogative. Anzi gli sforzi tutti di una gran parte dei moderni scienziati, che sono liberali massonici e nemici della religione, sono diretti a fare discomparire la discrepanza che vi ha tra l'uomo e il bruto, tra il bruto e l'essere inorganico, e con atomi inerti e moto, sull'orme del pazzo Epicuro, si vuole spiegare il pensiero e il volere, preferendo la dottrina stupida di un fato cieco che risulti dalle leggi meccaniche della materia, alla dottrina che intorno alla libertà ci dà la sincera filosofia cattolica. Eppure cotesta libertà è il dono tra gli altri più nobile che ci ha dato il Creatore e con ragione disse Dante (Parad. V):
Lo maggior don, che Dio per sua larghezza
Fesse creando ed alla sua bontate
Più conformato, e quel ch'ei più apprezza,
Fu della volontà la libertate,
Di che le creature intelligenti,
E tutte e sole furo e son dotate.
Ma quel che è peggio, tutte le nozioni più assurde intorno alla medesima libertà, purchè siano conciliabili col mal costume e coll'empietà, si propugnano, e dai volgari scienziati la sola combattuta o la sola ignorata è la vera e la giusta. Sopra questa vogliamo filosofare.

II.

Quanto è bello il concetto di Aristotele che dice l'uomo essere come l'orizzonte tra il cielo e la terra, o l'anello di congiunzione tra le sostanze separate, cioè gli spiriti, e la materia! Di vero, l'anima umana la quale è sostanziale forma del corpo umano, considerata nel lato più nobile, ossia in quant'è principio dell'intendere e del volere, è simile agli angeli, ma in quanto è principio del sentire è eguale all'anima dei bruti, in quant'è principio della vita vegetativa è come il principio vitale delle piante, e in quant'è principio dell'essere corporeo rassomiglia alle forme sostanziali degli inorganici. Laonde essendo essa una nell'essere, è nella virtù molteplice, e può sola quello che possono fare le anime di specie diversa prese disgiuntamente.
Ora è mestieri considerare che nè gli inorganici nè le piante operano guidate dalla norma o dalla determinazione di forme conoscitive; e la forma conoscitiva, onde operano i bruti, è legata alla materia ed è singolare, cioè ha rapporto soltanto ad individui determinati nel tempo e nel luogo all'hic et nunc. Come il sigillo imprime operando sulla cera una imagine singolare determinata, similmente il bruto in ogni suo atto tenderà solo a ciò ch'è singolare e da questo solo sarà mosso e tratto. Non così vuolsi discorrere dell'anima razionale umana. Il suo volere è determinato da una forma conoscitiva che riguarda l'universale, e non il singolare, se non perchè ed in quanto è contenuto nell'universale. La forma intellettiva universale pratica è il bene, al bene è determinata la volontà come a suo proprio oggetto adequato. Se non che il concetto universale di bene non può essere compiutamente, diremo così, esaurito che da un bene infinito; e ciascuno e tutti i beni finiti ne avranno partecipazione, ma nessuno dei medesimi lo esaurirà compiutamente. Perciò la volontà umana la quale sarebbe necessariamente determinata ad abbracciare il bene infinito, se immediatamente le si affacciasse, non può essere determinata necessariamente ad abbracciare qualunque bene le si presenti, siccome finito; e potrà in vero abbracciarlo, perchè è compreso nel suo pieno oggetto, ma potrà ancora ripudiarlo perchè non è il suo oggetto adequato. Così se un fanciullo presomi per mano vuole a sè trarmi, posso determinare me stesso a seguirlo, ma posso non determinarmi a far ciò, perchè la sua forza non pareggia la mia, e perciò di leggieri resisto.
Adunque se il filosofare nostro si restringe agli atti, in ciò consiste la vera nozione della libertà, che la volontà possa a suo arbitrio abbracciare o ripudiare qualunque bene finito le si presenti per lo mezzo della facoltà conoscitiva intellettuale. La forma intellettuale del bene che determina la volontà al bene in genere, cotalchè non possa volere se non ciò che si apprende come bene, non la determinerà a verun bene particolare, ma resterà in potere della volontà stessa l'eleggere come forma della sua operazione la forma intellettuale ch'esprime questo o quell'altro bene particolare. Diciamo particolare, perchè l'operazione singolare è determinata all'hic et nunc, e perciò sempre ha immediato rispetto al particolare e non mai all'universale, essendo che quaggiù ogni bene è finito e determinato nel tempo e nel luogo nell'hic et nunc.
Da ciò è chiarito che la volontà umana naturalmente è allettata da ogni bene particolare perchè tende al bene in genere; perciò tanto più sarà allettata da un bene particolare quanto più questo bene sarà veduto dall'intelletto partecipare del bene universale. Diciamo così, perchè non è il bene in sè, ossia nella sua sola realtà, che alletta la volontà, ma allettala passando per l'intelletto, cioè in quanto conosciuto: quindi l'antico adagio, nil volitum quin praecognitum. Qualora il bene non fosse conosciuto, rispetto alla volontà sarebbe come non esistente; e se non fosse conosciuto qual bene, non partecipando in nulla dell'oggetto adequato della volontà, non potrebbe menomamente allettarla; come un corpo non illuminato non è punto visibile alla facoltà visiva. Questa mossa od allettamento che viene alla volontà dall'intelletto, ovvero dal bene in quanto conosciuto, si suol dire morale: fisico si chiamerebbe un movimento od una spinta che, indipendentemente dal grado della bontà che sta nell'oggetto appreso, la volontà ricevesse da un altro principio.
Se non che nessuna causa creata, nemmeno un angelo, può direttamente e fisicamente muover la volontà. Ma perchè essa è una potenza, e le potenze pullulano dall'essenza dell'anima ch'è nel suo essere creata da Dio e continuamente conservata, Dio che diede la prima spinta al bene, egli sì che può spingere immediatamente la volontà stessa verso un bene conosciuto, in maniera più forte che non porterebbe la bontà del bene stesso conosciuto: come l'uomo può, spingendo di dietro, far andare un carro con maggiore prestezza di quella onde andrebbe tirato da un solo cavallo. Iddio il fa talvolta ma senza determinare la volontà di guisa che essa, sotto questa divina mozione non sia libera a determinar sè stessa ad abbracciare il bene particolare o a ripudiarlo e abbracciarne un altro di eguale, di minore o di maggiore bontà. Cotesta mozione divina lascia sempre la volontà indeterminata così che essa non agirebbe, se sotto la mozione divina non determinasse sè stessa. Ciò richiede l'ordine naturale della volontà, la quale non dee tendere al bene, inadequato suo oggetto, con quella necessità onde dee tendere al bene ch'è suo adequato oggetto il quale è l'infinito: e Dio che operando nella natura da lui creata ne mantiene le leggi da sè stesso poste, non viola quest'ordine. Ma oltre ciò è mestieri riflettere sopra quella virtuale moltiplicità che ha l'anima umana perchè principio unico delle tre vite intellettiva, sensitiva, vegetativa. Fa' di pensare ad un ruscello ristretto ne' suoi argini. Se tu lasci tra cotesti argini tutta la sua acqua ei correrà verso la foce o, direm così, al suo termine, al suo fine con piena forza: non così, se dividi quell'acqua in altri rivi. Anzi potrà accadere che, per la troppa acqua deviata, scuoprasi il suo letto e cessi ancor dall'andare.
L'anima umana intellettiva è il ruscello che va, come a suo termine o suo fine, al bene proposto dall'intelletto; ma quest'anima si divide ancora quasi in due rivi secondarii, in quanto è principio della vita sensitiva e principio della vita vegetativa. Laonde tanto più il suo valore, nel tendere al bene proposto dalla ragione, sarà stremato, quanto più sarà speso nelle funzioni delle due vite sensitiva e vegetativa. Anzi potrà avvenire che tanto sia disviato e conseguentemente sminuito, che, in quanto ragionevole, più non possa operare.
Questo è un fatto che l'esperienza ci attesta. Vediamo talora che la passione dell'ira, per esempio, agita l'uomo di maniera che l'intelletto non ha più spedita la virtù di ragionare; e l'anima tutta, per così dire, colla sua forza si espande nell'irascibile. In tale caso la libertà non solo potrà essere menomata nell'esercizio, ma eziandio qualche volta tolta di guisa che, sebbene l'uomo possa essere colpevole anche gravemente in causa, tuttavia l'atto operato sotto quella impetuosa passione, non sia grave colpa od anche non sia colpa del tutto. Quindi, se si dovesse giudicare solamente in sè stessa, quella sentenza della forza irresistibile, che spesso proferiscono i giurati nel nuovo modo, ben poco sicuro, di fare giustizia ai rei, la sarebbe talvolta una sentenza ragionevole o giusta; ma dovrebbono far ragione che oltre al considerare l'atto operato sotto la passione, eziandio vuolsi considerare nelle sue cause, e queste possono essere state volute con piena libertà dal colpevole, specialmente se fu conscio della propria debolezza.

III.

La norma naturale del proprio operare è la ragione di ciascun uomo. Dio nel crearlo subordinò la volontà umana a cotesta norma, nella quale è concepito l'ultimo giudizio pratico che immediatamente precede la libera operazione; o sia elicita [= direttamente prodotta, N.d.R.] dalla volontà soltanto, oppure sia elicita dalla volontà e imperata alle facoltà a lei soggette. Cioè, come suolsi dire filosoficamente, o rispetto agli atti eliciti o rispetto agli atti imperati. La ragione fondamentale in forza della quale l'uomo deve seguire, come norma nelle sue operazioni, la propria individuale ragione è che questa, se è retta, esprime la stessa ragione di Dio, norma suprema e criterio primo ed universale dell'ordine, cui si conforma la divina volontà, e al quale deve conformarsi pure ogni volontà creata. Che se questo è il motivo per cui l'uomo dee avere per norma la sua ragione, egli è manifesto che dovrà seguire pure quale norma del suo operare que' comandi che Dio può fargli a suo arbitrio; i quali, comechè non sieno formalmente ed espressamente manifestati dalla ragione individuale, pure sono implicitamente e virtualmente contenuti nel principio ad essa ragione evidente, di obbedire a Dio e di eseguire ogni suo volere. Così il primo motore d'onde origina ogni moto, anche nell'ordine morale, è Dio e dev'essere Dio e Dio solo.
Quanto è sublime e onorifica all'uomo questa prerogativa di essere dipendente solo da Dio! Se non che Dio può esercitare il suo dominio e la sua autorità immediatamente o mediatamente. Come nell'ordine meccanico tu puoi, urtando, determinare immediatamente al moto una palla, ovvero mediatamente urtandone un'altra che sia mezzana del moto; e come nell'ordine fisico Dio potè creare il primo uomo immediatamente, e comunicando a questo la divina e misteriosa virtù seminale, produrre mediatamente tutti gli uomini successivi; così Dio nell'ordine morale può fare partecipi della propria autorità altri uomini e mediante questi obbligarci. Così verificasi quel gran principio che Dio, primo motore universale, muove tutto l'universo nei varii suoi ordini, meccanico, fisico, intellettuale e morale, adoperando come ministre le cause inferiori, a lui essenzialmente e totalmente soggette. Ora vediamo come l'umana libertà e questa legge sovrana, onde vuol essere retto l'universo intero, è rispettata dalla Chiesa ed è violata dal sistema liberale massonico nelle società che sottraggonsi dalla Chiesa medesima, la combattono, o ne intendono perfidamente e sconsigliatamente la distruzione.

IV.

Sopra la libertà dell'uomo, quale l'abbiamo esposta, tutta si volge la economia dell'ordine soprannaturale, quale viene esposta dalla dottrina della Chiesa cattolica. Imperocchè in cotesta dottrina abbiamo, che sebbene all'uomo sia naturale la tendenza al bene, e siagli proposto come fine ultimo la visione immediata di Dio, supremo bene che in sè eminentemente comprende tutti i beni finiti, tuttavia tale fine si deve conseguire coll'esercizio virtuoso della libertà. La esistenza della libertà umana è domma cattolico; nè tollera la Chiesa che tra suoi seguaci si dica che la grazia, onde Iddio illustra la mente e muove la volontà ad operare il bene ed eleva il nostro operare ad un ordine soprannaturale, determini la medesima volontà così, che questa non possa determinare sè stessa e l'atto non sia libero. Il merito, il demerito, il premio, la pena sempre presuppongono la libertà; la legge, il dovere e l'obbedienza non hanno punto luogo senza la libertà. Dio non salva chi vuole dannarsi; Dio non danna chi vuole salvarsi: fin che l'uomo ha vita, uso di ragione e libertà, gli viene offerta quella grazia ch'è sufficiente a sottrarsi alla perdizione: se non l'usa, è sua colpa.
L'operazione della Chiesa o con la moltiforme sua parola, o con l'amministrazione dei sacramenti, tutta è diretta ad allettare al bene sincero ed all'ultimo fine e ad allontanare dal male e dalla perdizione, ma è un allettamento od è un timore che lascia intera la libertà della elezione. Essa gli adulti che hanno l'uso della libertà non gli accoglie quali figli nel suo seno, se liberamente non lo vogliono; nè rimuove dal suo stesso seno, se non quelli che per loro pervertimento se ne rendono liberamente meritevoli.
Dicevamo testè che appunto perchè l'anima umana è una in ciascuno individuo ed è nel suo valore limitata, la virtù delle potenze superiori può essere affievolita dai moti e dal soverchio esercizio delle potenze inferiori, di qualità che le passioni del senso possono eziandio indirettamente impedire l'esercizio della ragione e quello della libertà, e molto più renderlo difficile e fiacco. Ed eccoti la Chiesa che sapientissimamente si adopera a reggere le facoltà inferiori dell'uomo, perchè sia mitigato l'impeto delle passioni e così l'uomo sia liberamente spedito al ben fare secondo ragione. Coteste passioni non le vuole estinte, perchè ben regolate tendono al lecito e spesso al debito; ma le infrena e le regge, come chi addestra il cavallo focoso nol fa per togliergli la potenza del correre, ma per disciplinare il suo corso di modo che non adduca a precipizio il cavaliere e sè stesso. E tanto è forte ed acconcia l'operazione della Chiesa, che quelle passioni che non possono essere infrenate per naturali mezzi, per umani consigli o per forza, lo sono di leggieri per essa, in virtù de' conforti soprannaturali che appresta. L'uomo cui nulla vale a ritenere quando irato vuol ferire il nemico o disperato vuol uccidere sè medesimo, ritorna alla calma, il lume della mente risplende chiaramente di nuovo, ridonando tutta la libertà, quasi perduta, alla volontà, se le consolanti e care dottrine della Chiesa gli sono proposte e una breve fervida prece innalzi a Dio od invochi fiducioso l'aiuto della Vergine Madre del Redentore. Quanto più l'influsso della vera religione penetra negli individui, tanto più la società diventa pacifica e lieta, e le noie e naturali tribolazioni della famiglia si conciliano con la carità, la concordia e la pace, e divengono a guisa dell'ombre di una pittura del divino Raffaele che la rendono più bella e più pregevole. I selvaggi stessi corrivi ad ogni lascivia e crudeltà che satollavansi delle carni degli uccisi nemici e ne tracannavano il sangue, abbrutiti per quelle passioni che a poco a poco ne spegnevano persin la razza, col soave magistero della Chiesa venivano tramutati in angeli, entrati nella libertà dei figli di Dio; e con questo metodo i padri della Compagnia di Gesù trasformarono le orde dei cannibali in società che meritaronsi da storici illustri il bel nome di Paradiso in terra.
La Chiesa non niega all'uomo il naturale diritto che ha di seguire i dettami della sua individuale coscienza, purchè nel formarli segua le norme legittime. Tutta la libertà che Dio gli concede ed essa pur gli concede. È vero ch'essa s'impone a lui come legislatrice e della mente e del cuore e dell'opera, ma s'impone come ministra di Dio, e prova la sua divina missione per modo che l'uomo non può rivocarla in dubbio senza contraddire ai dettami della sua stessa coscienza. La Chiesa comanda a' figli di obbedire ai genitori, a' sudditi di obbedire a' sovrani, fa altre sue leggi positive; ma insieme proclama quel principio quanto vero innanzi alla ragione altrettanto nobile ed onorevole alla dignità della persona umana che omnis potestas a Deo est: che ogni potere in terra deriva da Dio, perchè ogni autorità è quale ruscello che scende dalla fonte infinita della divina autorità; ed ogni legge umana altro non è che una applicazione della legge naturale ed eterna la quale ha suo fondamento nella ragione e nella volontà di Dio.
Per questo motivo è chiaro che il cristiano non s'inchina che a Dio: si china al padre, al sacerdote, al vescovo, al Papa, ma solo perchè in essi vede Iddio dei quali sono ministri. Che se tali non sieno, ne disdegna l'impero e non ne riconosce l'autorità, perchè eguali a sè non avrebbono diritto sopra le sue operazioni, nè avrebbono il potere di obbligare la volontà a seguire una norma di agire che non è la sua individuale ragione. Il cristiano è veramente e pienamente libero, perchè solo soggiace al potere di Dio, il sottrarsi dal quale non solo è empio, ma assurdo, essendo egli l'autore dell'essere dell'uomo, del suo intelletto, della sua volontà, onde sempre, per continuata conservazione, deriva la forza alle sue potenze; l'uomo cristiano soggiace al solo potere di Dio ch'è suo essenziale principio, e fuor del quale non può avere il suo ultimo fine. Quanto sono matti coloro che pretendono di francarsi dalla Chiesa per vaghezza dì libertà, e che dispregiano la nostra soggezione quasi fosse vile servaggio!

V.

Questo vile servaggio che attenta alla libertà umana e alla nostra dignità personale è fuor della Chiesa ed è quello ch'è insegnato oggimai quasi da per tutto dove è incarnato lo spirito del liberalismo massonico. Tutto ciò che vi è di nobile, di giusto di vero è demolito. Il fondo è la dottrina di Epicuro, nella quale ogni cosa è ridotta ad atomi e a moto meccanico. Il fato non è la volontà di Dio, dalla quale nessuna creatura si può sottrarre, ma il fato, presso costoro, è la necessità degli eventi la quale deriva dalle leggi meccaniche del moto. Tolta l'anima semplice, spirituale, immortale dell'uomo, e sostituitivi gli atomi, sarebbe spenta la libertà, perchè gli atti dell'umana volontà non altro sarebbero che moti meccanici degli atomi, determinati dagli urti di altri atomi esterni. Il lume dell'umana ragione non sarebbe il lume del volto di Dio: signatum est super nos lumen vultus tui Domine; non l'imagine dello stesso divino intelletto e però criterio di verità, per partecipazione, divino, ma tutto il suo valore, tutta la sua dignità deriverebbono dalla materia e dai suoi movimenti e come questi sarebbe abbietto e voltabile.
Se non che questa, fin qui, è teorica liberale massonica, la quale in sè stessa assurda, vile e contraria all'umana libertà, non ha certo la virtù di cangiare il fatto. Qualunque scempiezza dicano gl'imbecilli, l'uomo rimane quello ch'è, e però ritrovano in sè medesimi, loro malgrado, il giudice che condanna la loro ignoranza e la loro perfidia. Ciò che essi ottengono colle loro inique arti, è di menomare nella realtà e nella pratica la libertà umana, e far discendere dall'alta sua dignità personale l'uomo e la società tutta quanta. Imperocchè si adoprano ad estinguere nel cuore la verace religione ch'è l'unico freno alle passioni perturbatrici della libertà, e con la perversa educazione, con la licenza della stampa, con la corruzione dei teatri, con l'arti rese studiatamente oscene e in ogni altra guisa solleticano le stesse passioni, offrono ad esse, quanto più per loro si può, pascolo al loro diletto, cotalchè in virtù di quel principio che sopra abbiamo proposto, cioè che l'unità dell'anima umana porta che quanto più essa si espande nelle facoltà animali, tanto più si restringe e infiacchisce nelle facoltà immateriali, viene essa anima, a simiglianza di quella dei bruti, precipuamente tratta alla soddisfazione della carne, rimanendo debole nell'uso della ragione e impotente di spiegare con pienezza la sua libertà nel campo dei beni razionali che fanno l'uomo virtuoso.
Inoltre nel sistema liberale massonico la libertà è incatenata ed oppressa sotto un tirannico ed abbietto servaggio. E di vero nel sistema cristiano l'uomo al solo Dio è soggetto, e la soggezione e la obbedienza che presta agli altri uomini, la presta allorchè in questi riconosce l'autorità divina in essi più o meno partecipata: omnis potestas a Deo est. Ridevole cosa sarebbe il dire che la umana libertà si avvilisce sottomettendosi nei suoi atti a Dio, da cui essa deriva; come ridevole cosa sarebbe il dire che disconviene ad un ramo il dipendere dal tronco, dal quale essenzialmente trae il suo essere e la sua vita. Però la Chiesa cattolica è formata da un popolo di liberi, nei quali tutta la dignità personale è riconosciuta, rispettata, propugnata. Non così fuor d'essa nel sistema liberale massonico. Imperocchè qui vuolsi che l'uomo si assoggetti all'uomo perchè uomo. È sbandito il diritto divino; solo è riconosciuto l'umano. Non si ammette la derivazione delle leggi umane dall'eterna divina: e principio sovrano della legislazione moderna anticristiana e della morale indipendente è nulla potestas a Deo est, ch'è l'antitesi perfetta del domma cristiano.
Il cristiano che s'assoggetta al superiore, dà a questo un culto relativo, cioè un culto che a Dio si riferisce, perchè in tanto si umilia in quanto nell'uomo che impera vede un ministro di Dio: ma il liberale massonico che si assoggetta al superiore dà a questo un culto assoluto perchè in esso non riconosce il ministro di Dio, ma solo l'uomo, Tra essi però v'è nella subordinazione dei sudditi a' superiori una discrepanza simile a quella che v'è tra il cristiano che venera una imagine di Maria, e un pagano che venera un idolo; quella è sincera religione, perchè è culto relativo, questa è vile idolatria, perchè è culto assoluto.
Essendo pur cosa necessaria, a dispetto delle teoriche socialistiche, che sempre in sulla terra vi sieno sudditi e superiori, perchè vi sarà sempre la famiglia e la società, stato naturale all'uomo; e famiglia senza padre e capo, e società senza governo, senza leggi, senza uno o più reggitori, è impossibile; avviene in fatto che nel sistema liberale massonico la volontà è tratta per forza ad assoggettarsi a chi non dovrebbe assoggettarsi per ragione, presupposta quella dottrina. Imperocchè essendo in realtà certissimo che come non v'è essere finito che non derivi per creazione da Dio, così non v'è autorità che da Dio pur non derivi; mentre che in esso sistema liberale massonico non si riconosce questa derivazione, dovrebbesi ammettere che nei così detti superiori non v'è di fatto veruna autorità. Laonde la soggezione è determinata dalla forza.
Davvero che hanno ragione cotesti liberali massonici di gracchiare contro la Chiesa e il sacerdozio cattolico, quasi che per quella e per questo si attentasse alla libertà ed alla personale dignità dell'uomo! Accusate noi della colpa vostra, perchè vi rimanga celata. Indarno! Le vostre dottrine, i vostri fatti continuati con un crescendo per anni ed anni hanno tolto ai popoli ogni illusione. Oggimai si sa da tutti che il nome di libertà è nelle vostre bocche una menzogna, una ipocrisia. Voi non siete liberi appunto perchè volendo voi francarvi da Dio, le vostre passioni mettono sul vostro collo un turpe giogo, e siete schiavi dell'uomo; mercecchè è schiavitù la soggezione a chi non ha diritto ed autorità sopra il soggetto. La libertà poi che ad altri promettete si cangia in catene; catene del pensiero, catene del cuore, catene delle operazioni: perchè col fatto dichiarate fuori dei diritti del cittadino chi non pensa come voi, chi non ama ciò che voi amate, chi non opera secondo il vostro talento. Giurate una costituzione la quale a tutti garantisca la libertà, e riconoscete in tutti il diritto di ascendere a' seggi dei legislatori; ma siete parati a lacerare in faccia a' cattolici la costituzione, qualora legalmente essi fossero eletti dal suffragio di quel popolo che ironicamente chiamate sovrano. Quest'è tirannia e non libertà. Voi confidate nella nostra pazienza! avete ragione di farlo: perchè a noi non ogni cosa è lecita come voi credete che sia a voi. Tolleriamo, sì tolleriamo! Ma la coscienza ci dice che con noi sta il diritto, la giustizia, la verità e Dio: e mentre aspettiamo l'ora di Dio, abbiam ragione di pregare con l'autore dei libri dei Maccabei coloro che veggono la presente servitù del popolo cristiano: reputent ea quae acciderunt, non ad interitum, sed ad correptionem esse generis nostri.


«(...) perchè l'azione sia imputabile, è d'uopo che venga coscientemente voluta. I caratteri dunque propri dell'operar umano, cioè di quell'operar che appartiene esclusivamente all'uomo, e non è prodotto da cause estrinseche, sono i seguenti: Nell'operare umano bisogna che si abbia coscienza del valore dell'azione; che si mediti e poi si deliberi se debba farsi o pur no. Questo atto per cui il volere elegge liberamente quello che ha da fare dicevasi nelle scuole atto elicito. Deliberato di volere qualche cosa, noi indirizziamo a quel fine tutt'i nostri sforzi, cioè a dire facciamo una serie di atti per effettuare il nostro proposito. Questi atti consecutivi senza i quali il volere resta affatto chiuso in sè stesso diconsi atti imperati. L'atto elicito è quel semplice punto in cui togliamo qualchecosa a fine del nostro operare, cioè facciamo il proponimento di agire in una determinata guisa. Quando poi incomincia l'operosità pratica, quando il volere domina ed aggioga tutte le potenze, onde può disporre, e le indirizza ai suoi fini allora han luogo gli atti imperati.
La vera sede della libertà sta nell'atto elicito, perchè esso non può venir sottoposto, come dicemmo, a coazione di sorta. All'incontro gli atti imperati possono benissimo essere determinati non dal mio volere ma dal volere altrui.» Lezioni di Filosofia del Prof. Felice Tocco ad uso de' Licei, Bologna 1869 pag. 443-444.


II. Macc. VI, 12: «Obsecro autem eos, qui hunc librum lecturi sunt, ne abhorrescant propter adversos casus, sed reputent, ea, quae acciderunt, non ad interitum, sed ad correptionem esse generis nostri. — Or io prego quelli, che leggeran questo libro, che non prendano scandalo per tali sinistri avvenimenti, ma riflettano, che le cose che avvennero furon destinate all'ammenda, e non per lo sterminio di nostra nazione.» Vecchio Testamento secondo la Volgata, tradotto e commentato da Mons. Antonio Martini, tomo VIII, Firenze 1783, pag. 422.