Voltaire fu uno dei primi e più validi agenti della Rivoluzione.
Noi dicemmo che, secondo de Haller, secondo Leone XIII, secondo molti altri, e meglio ancora secondo le sue stesse confessioni, essa si propone la distruzione della religione e il rovesciamento d'ogni autorità. Voltaire si è incaricato della prima parte di questo programma, se non in tutto, almeno nella sua parte più alta, l'annientamento della religione di Cristo.
Concepì egli stesso questo progetto, o gli fu suggerito? Condorcet non lo dice, ma ci dà questa informazione: "Fu in Inghilterra che Voltaire giurò di consacrare la sua vita a questo progetto; e tenne la sua parola" (Condorcet, Vie de Voltaire).
Voltaire
Questo giuramento lo fece egli entro di sè, o lo prestò dinanzi ai congiurati? Quest'ultima supposizione sembra la più verosimile. "Fu in Inghilterra", dice Condorcet. Ora, nel suo primo viaggio in questo paese (1725-1728), Voltaire fu ammesso framassone in uno dei sodalizi descritti da Foland nel suo Pantheisticon dedicato Lectori Philomelho e Philaleti. (Questo appellativo di Filalete sarà una delle loggie di Parigi più avanzate nel movimento rivoluzionario). In questi tre anni di soggiorno in Inghilterra, Voltaire menò "la vita d'un RosaCroce sempre in moto e sempre nascosto".
Qui non siamo più nelle tenebre impenetrabili dei primi tempi della framassoneria; noi siamo, come osserva Claudio Jannet, sopra un terreno storico perfettamente sicuro. E' dall'epoca del viaggio di Voltaire in Inghilterra e della sua iniziazione nella framassoneria per mezzo degl'Inglesi che incomincia la fondazione delle prime logge in Francia, almeno di quelle costituite per apparecchiare la Rivoluzione (I Framassoni - Liberi Muratori - furono condannati la prima volta da Clemente XII nel 1738). Esse furono stabilite da Inglesi, ed in città in cui le relazioni con loro erano più frequenti. Tali furono le città di Dunkerque e di Mons nel 1721, di Parigi nel 1725, di Bordeaux nel 1732, di Valenciennes nel 1735, dell'Havre nel 1739.
Le prima loggia centrale stabilita in mezzo a noi prese il nome di Grande loggia inglese di Francia e il diploma di autorizzazione le fu rilasciato nel 1743 dalla Grande Loggia d'Inghilterra. I due primi Grandi Maestri furono inglesi: lord Dervent-Water e lord d'Harnouester.
lord Dervent-Water
Queste note non sono inutili. L'Inghilterra ebbe sempre una gran parte nelle rivoluzioni del continente ed ha saputo sempre trarne profitto. La Rivoluzione francese ha distrutto la nostra flotta, ci ha fatto perdere le nostre colonie ed assicurò all'Inghilterra l'impero dei mari che godette d'allora in poi (1). La rivoluzione che incomincia attualmente in Russia può aver per effetto di lasciare ad essa che ne manifesta si altamente la gioia, il libero possesso delle Indie.
A Voltaire si aggiunsero dapprima d'Alembert, Federico II e Diderot. Voltaire fu il capo della cospirazione, d'Alembert ne fu l'agente più astuto, Federico il protettore, spesso il consigliere, Diderot fu il primo all'assalto. Tutti e quattro erano compresi d'un odio profondo contro il cristianesimo: Voltaire perchè ne invidiava il divino autore e tutti quelli dei quali Egli ha formato la gloria, d'Alembert perchè era scostumato, Federico perchè non conosceva il cattolicismo se non per mezzo dei suoi nemici, Diderot perchè era pazzamente invaghito della natura il cui culto, come gli umanisti, volea sostituire a quello del Dio vivente. Essi trascinarono nella loro cospirazione molti uomini di tutti i gradi.
Ritornato a Parigi verso il 1730, Voltaire non fece mistero del suo progetto di annientare il cristianesimo contro il quale avea già pubblicati tanti scritti. Hérault, luogotenente di polizia, rimproverandogli un giorno la sua empietà gli disse: "Avete un bel fare, checchè scriviate, non verrete mai a capo di distruggere la religione cristiana". Voltaire rispose: "Lo vedremo" (Condillac, Vìe de Voltaire). Egli diceva altresì: "Sono ristucco di sentir ripetere che dodici uomini hanno potuto stabilire il cristianesimo, ed io ho gran voglia di provar loro che basta uno solo per distruggerlo" (ibid.).
Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert
Ma ciò che meglio fa vedere il suo disegno, è il motto che ritorna costantemente sotto la sua penna e sulle sue labbra. "Tutti i cospiratori - dice Barruel - hanno un linguaggio segreto, una parola d'ordine, una formula non intelligibile al volgo, ma la sua spiegazione segreta svela e rammenta continuamente agli adepti il grande oggetto della loro cospirazione. La formula scelta da Voltaire consisteva in queste due parole: Schiacciate l'infame. Ciò che m'interessa - scriveva a Damilaville (Lettera del 15 giugno 1762) - è l'avvilimento dell'infarne". "Impegnate tutti i fratelli e perseguitate l'infame a viva voce e per iscritto senza concedergli un momento di tregua". "E fate, per quanto vi sia: possibile, i più avveduti sforzi per schiacciare l'infame". "La nostra posizione è tale che noi siamo l'esecrazione del genere umano, se (in questo sforzo) non abbiamo a noi favorevoli le persone oneste (le persone di alta condizione). Bisogna dunque averle tutte con noi a qualsiasi costo: Schiacciale l'infame, io vi dico" (Lettere a Damilaville, a d'Alembert, a Thercot, a Saurin).
Chi è questo infame che bisognava così perseguitare incessantemente, avvilire, schiacciare a qualunque costo e cogli sforzi di tutti i congiurati?
Sulle labbra di Voltaire e su quelle di tutti i suoi adepti, queste parole significano costantemente: schiacciate la religione che adora Gesù Cristo. Schiacciate Gesù Cristo. Le prove abbondano nella loro corrispondenza. Schiacciare l'infame, vuol dire disfare ciò che hanno fatto gli Apostoli; vuol dire abbattere Colui che hanno combattuto i deisti e gli atei; vuol dire perseguitare ogni uomo che si dichiara per Gesù Cristo. E' il senso inteso da Voltaire, e questo senso non è meno evidente sulla penna degli altri. Il cristianesimo, la setta cristiana, la superstizione cristicola sono sinonimi sotto la penna di Federico. D'Alembert è più riservato nell'uso di questa parola, ma l'adopera sempre nel senso inteso da Voltaire. Gli altri congiurati non intendono diversamente la "parola d'ordine". Non la trovano troppo forte per esprimere il desiderio diabolico che s'annida nel loro cuore. L'estensione ch'essi danno alla loro congiura non deve lasciar sulla terra il minimo vestigio della dottrina e del culto del divin Salvatore.
Federico II di Hohenzollern
I congiurati erano completamente organizzati al ritorno di Voltaire dopo il suo soggiorno in. Prussia, verso la fine del 1752. Per schiaccíare t'infame, il mezzo ch'essi han creduto di dover usare prima d'ogni altro fu di assalire la fede nelle anime. "Minare sordamente e senza strepito l'edificio - scriveva Federico a Voltaire - è come obbligarlo a crollare da se medesimo" (29 luglio 1775). Ma, anche in ciò, d'Alembert avvertiva d'essere prudenti e di non voler arrivare troppo presto. "Se il genere umano s'illumina - diceva egli constatando l'effetto prodotto dall'Enciclopedia - gli è che si ebbe la precauzione d'illuminarlo a poco a poco".
I congiurati facevano dell'Enciclopedia la sentina di tutti gli errori, di tutti i sofismi, di tutte le calunnie fin allora inventate contro la religione. Ma era convenuto che essa versasse il veleno quasi insensibilmente. Per giungere a questo risultato adoperossi un'arte ammirabile. "Senza dubbio - scriveva d'Atembert a Voltaire - abbiamo dei cattivi articoli (cioè articoli ortodossi) di teologia e di metafisica. Con censori teologi e con un privilegio, io vi sfido a farli migliori. Vi sono degli articoli meno conosciuti in cui tutto è riparato" (Lettera del 24 luglio 1757). Si sapeva approfittare delle occasioni per introdurre questi articoli riparatori. "Durante la guerra dei Parlamenti e dei Vescovi - avea scritto Voltaire a d'Alembert l'anno precedente (13 novembre 1756) - avrete il comodo d'infarcire l'Enciclopedia di verità che non si sarebbe osato dire vent'anni fa". E a Damilaville: "Io pongo tutte le mie speranze nell'Enciclopedia" (Lettera del 23 maggio 1764). Difatti, essa fu, a detta di Diderot, un abisso dove certe razze di novellieri gettarono alla rinfusa una infinità di cose, mal venute, mal digerite, buone e cattive, incerte e sempre incoerenti; e ciò perchè, secondo lui, si voleva insinuare quello che non potevasi dire apertamente senza provare ribrezzo.
Mentre i congiurati cercavano di scuotere le fondamenta della fede, si adoperavano a fare sparire i suoi difensori, ed innanzi tutto i religiosi. Fu questo il secondo mezzo che adoperarono per arrivare ai loro fini.
Denis Diderot
Fin dal 1743, Voltaire fu incaricato d'una missione segreta presso il Re di Prussia, allo scopo di secolarizzare i principati ecclesiastici.
In Francia non ci erano elettori ecclesiastici da spogliare ma eranvi degli Ordini da sopprimere. I primi colpiti furono i Gesuiti. Choiseul diede la ragione di questa scelta. "Distrutta l'educazione ch'essi impartiscono, tutti gli altri corpi religiosi cadranno da se medesimi". Si sa come arrivarono alla loro soppressione.
Il terzo mezzo fu il mestiere dei merciaiuoli ambulanti. La corrispondenza dei congiurati li mostra solleciti d'informarsi reciprocamente delle opere ch'essi preparano contro il cristianesimo, del frutto che ne aspettano, dell'arte con cui si travagliano per assicurarne il successo. Essi le facevano stampare la maggior parte in Olanda, ed ogni mese ne comparivano delle nuove.
Per ottenere la facoltà di diffonderle, avevano alla corte uomini potenti, persino dei ministri che sapevano far tacere la legge e favorire questo commercio d'empietà. Per riconoscenza di questo strano abuso dell'autorità che era loro confidata, Voltaire esclamava: "Viva il ministero di Francia! Viva Choiseul!" (Lettera a Marmontel, 1767). Malesherbes, che avea la sopraintendenza della libreria, era, per questa propaganda, d'accordo con d'Alembert.
Étienne François de Choiseul
Nella loro corrispondenza, i congiurati si congratulano dei successi che ottengono in Svizzera, in Germania, in Russia, in Spagna, in Italia. Il che dimostra che nel pensiero dei congiurati, la cospirazione di annientare il cristianesimo non era limitata alla sola Francia. Brunetière lo fece osservare, alcuni giorni sono, in una delle sue conferenze: l'Enciclopedia era un'opera internazionale. Relativamente all'Inghilterra, essi non hanno alcun pensiero; essa ribocca, dicono essi, di Sociniani. Per quanto riguarda la Francia, Voltaire e d'Alembert si lamentano degli ostacoli che v'incontrano nelle altre regioni: là dove non potevano diffondere gli scritti apertamente empi o licenziosi, ne pubblicavano di quelli che aveano per scopo di mettere in voga le grandi parole di tolleranza, ragione, umanità, che la setta non ha mai cessato di usare, fedele alla raccomandazione di Condorcet che le diceva di farne il suo grido di guerra (Esquisse du Tableau historique des progrès, Epoque 9).
Bertin, cui era commessa l'amministrazione della casa particolare del Re, comprese il pericolo di questa propaganda e portò la sua attenzione sui merciaiuoli ambulanti. Egli vide quali libri si spargevano per le campagne. Interrogati da lui, dissero che questi libri non costavano loro niente, che ricevevano delle balle senza sapere d'onde venivano, avvisati solamente di venderli nelle loro scorrerie al più modico prezzo. Gli istitutori ne erano dei pari gratificati. In giorni ed ore assegnate, riunivano gli operai ed i contadini ed uno di essi leggeva ad alta voce il libro che era servito a corrompere lui stesso. E così si preparavano le vie alla Rivoluzione perfino nelle classi infime della società.
Le ricerche che fece Bertin per risalire alla sorgente di questa propaganda, lo condussero ad un ufficio d'istitutori creato e diretto da d'Alembert.
Quest'ufficio occupavasi ancora di procurare degli educatori nei villaggi e di porre dei professori nei collegi. Gli adepti, sparsi da una parte e dall'altra, s'informavano dei posti vacanti, ne davano avviso a d'Alembert ed ai suoi coadíutori e davano in pari tempo delle informazioni intorno a quelli che si presentavano per occuparli. Prima di mandarveli, si tracciava loro la regola di condotta che doveano seguire e le precauzioni che doveano prendere secondo i luoghi, le persone e le circostanze.
Per guadagnare il popolo, si fece ricorso ad altri mezzi ancora. Barruel indica particolarmente quello adoperato da coloro che si facevano chiamare "Economisti", perchè si davano per amici del popolo, solleciti dei suoi interessi, desiderosi di alleviare la sua miseria e di far osservare maggior ordine ed economia nell'amministrazione. La razza non è punto perduta. "Le loro opere - dice Barruel - sono piene di questi tratti che annunciano la risoluzione di far succedere una religione puramente naturale alla Religione rivelata". In prova riferisce l'analisi che fa di essi le Gros, prevosto di Saint-Louis du Louvre.
Questi "Economisti" aveano persuaso Luigi XV che il popolo delle campagne e gli artigiani delle città marcivano in una ignoranza fatale a se stessi ed allo Stato, e che era necessario creare delle Scuole Professionali. Luigi XV, che amava il popolo, afferrò con prontezza questo progetto e si mostrò disposto a privarsi delle proprie entrate per fondare queste scuole. Bertin lo distolse. "Era gran tempo, - egli dice - ch'io teneva d'occhio le diverse sètte dei nostri filosofi, e compresi che trattavasi assai meno di dare ai figli del contadino e dell'artigiano delle lezioni d'agricoltura che d'impedirli di ricevere le istruzioni consuete del loro catechismo o della religione. Non esitai di dichiarare al Re che le intenzioni dei filosofi erano ben differenti dalle sue".
Luigi XV di Francia
Bertin non s'ingannava. Barruel riferisce le confessioni e i rimorsi che espresse, tre mesi prima della sua morte, un gran signore che aveva compiuto l'uffizio di segretario di questo club di "Economisti": "Noi non ammettevamo nella nostra società se non coloro dei quali eravamo ben sicuri. Le nostre assemblee si tenevano regolarmente nell'albergo del barone d'Hobach. Per tema che se ne sospettasse lo scopo, ci appellavamo economisti. Avevamo Voltaire per presidente onorario e perpetuo. I nostri membri principali erano d'Alembert, Turgot, Condorcet, Diderot, La Harpe, Lamoignon, guardasigilli, e Damilaville, a cui Voltaire dà per carattere speciale l'odio di Dio". Per finire d'illuminare il Re, Bertin gli spiegò il senso di queste mezze parole: Ecr. l'inf., (Ecrasez l'infáme. Schiacciate l'infame) colle quali Voltaire terminava moltissime delle sue lettere.
Anne-Robert-Jacques Turgot
Egli aggiunse che tutti quelli che ricevevano da Voltaire lettere che terminavano con l'orribile formula erano o membri, del comitato segreto, o iniziati ai suoi misteri.
Questo club era stato fondato tra il 1763 e il 1766. Nel mornento in cui scoppiò la Rivoluzione, esso lavorava già da ventitre anni almeno a sedurre il popolo, sotto lo specioso pretesto di venire in suo aiuto e di alleviare i suoi mali.
Per raggiungere il grande scopo della loro congiura, i settari credettero non essere sufficiente di usare i mezzi generali di cui abbiamo parlato e coi quali tutti doveano concorrere mercè uno sforzo comune. Essi si attribuirono ciascuno un'opera particolare a cui si dedicarono in modo speciale.
Voltaire s'era incaricato dei ministri, dei duchi, dei principi e dei re. Quando non poteva accostare il principe, lo circonveniva. Egli aveva messo presso Luigi XV un medico, Quesnay, che seppe così bene impadronirsi della direzione delle idee dei Re che questi lo chiamava il suo "pensiero".
E il mezzo scelto dal pensatore per insinuarsi nell'animo dei Re era quello usato dagli economisti: richiamare la sua attenzione su ciò che poteva fare la felicità del popolo.
D'Alembert fu incaricato o s'incaricò di reclutare giovani adepti "Procurate - gli scriveva Voltaire - procurate, dal canto vostro - d'illuminare la gioventù quanto vi sarà possibile (15 settembre 1762)". Nessuna missione fu mai compiuta coli destrezza, zelo e attività maggiore. D'Alembert si fece il protettore di tutti i giovani che vennero a Parigi forniti di talento e di mezzi di fortuna. Egli se li affezionava colle corone, coi premi, coi posti accademici onde disponeva quasi da sovrano, sia come segretario perpetuo, sia per i suoi intrighi. La sua influenza e le sue manovre in questo genere si estendevano ben più lontano di Parigi. "Io mi adopro - scriveva egli a Voltaire - a far entrare nell' Accademia di Berlino Helvetius e il cavaliere de Jaucourt". Egli si prendeva cure particolari di coloro che destinava a formare degli altri adepti facendo che loro venissero affidati gli uffici di professori o di precettori. Riuscì a collocarne in tutte le provincie dell'Europa e tutti lo tennero al giorno della loro propaganda filosofica. "Ecco, mio caro filosofo - scriveva egli a Voltaire nella gioia della sua anima perversa - ecco ciò che fu pronunciato a Cassel addì 8 aprile (1772) alla presenza del langravio di Hesse-Cassel, di sei principi dell'impero e di numerosissima assemblea da un professore di storia ch'io diedi al langravio". Lo scritto inviato era un discorso pieno d'invettive contro la Chiesa e contro il clero.
Ed ai congiurati premeva soprattutto di porre presso i giovani principi, destinati a governare i popoli, istitutori iniziati ai loro misteri.
La loro corrispondenza mostra la grande attenzione che avevano di non trascurare un mezzo così potente. Usarono tutte le astuzie per porre presso l'erede di Luigi XVI un prete disposto ad ispirare i loro principii al suo illustre alunno. Erano riusciti a porre l'ab. de Condillac presso l'Infante di Parma.
Barruel consacra i capitoli XII al XVI dei suo primo volume a far conoscere le conquiste (2) che fecero tra le teste coronate, i principi e le principesse, i ministri, i grandi signori, i magistrati, i letterati ed anche, ohimè! nel clero. Vero è che i congiurati tratti dal corpo ecclesiastico erano quasi tutti di quelli che si chiamavano gli "abati di corte". Barruel rende un omaggio ben meritato al complesso del clero di Francia alla vigilia della Rivoluzione. Egli loda particolarmente gli ecclesiastici che, coi loro scritti, si sforzano d'impedire la corruzione degli animi così ardentemente promossa dai congiurati.
NOTE
(1) Lacourt-Gayet ha pubblicato in un volume assai bene documentato il compendio del suo corso alla Scuola superiore di marina. Noi vediamo che dopo il tempo di Colbert, il regno di Luigi XVI fu il periodo più splendido della nostra potenza marittima. Durante i quindici anni che precedettero la Rivoluzione, abbiamo, per la prima e l'ultima volta fino al presente, potuto mostrarci rivali degli Inglesi nel possesso dell'impero dei mari.
La rivoluzione sopraggiunge e immediatamente manifestansi fenomeni "d'anarchia spontanea" nei porti di guerra. Anche prima della riunione degli Stati generali, i clubs, le municipalità pretendono di sostituirsi all'autorità militare che non tarda a trovarsi radicalmente distrutta. Gli equipaggi disertano. Spesso si constata che le navi da guerra spiegano le vele con un deficit di sessanta a cento uomini. Che l'Inghilterra abbia tratto da questo disordine un profitto immenso, la prova è già fatta. Vi collaborò essa direttamente? In una lettera ad uno dei suoi amici, lord Granville confessò che il "governo britannico ha l'abitudine di suscitare e tenere nel territorio francese dei disordini interni". Dal canto suo, lord Mansfield dichiarò in pieno parlamento che "il danaro speso per fomentare una insurrezione in Francia sarebbe bene impiegato".
Più recentemente, nel 1899, quando l'Inghilterra era impegnata nella guerra del Transvaal, il figlio del ministro delle colonie Chamberlain diceva in una corrispondenza intima pubblicata da Le Jura de Porrentruy: "Oltre l'assicurazione del governo francese, siamo garantiti da tutte le rappresaglie di Fachoda per mezzo degli avvenirnenti interni che vanno svolgendosi in Francia. Se non possiamo guari far assegnamento sull'affare Dreyfus ormai sciupato; se il processo dell'Alta corte pare non crei più un'impressione sufficiente per attirare l'attenzione della nazione, noi sappiamo che ritornato il Parlamento in Parigi, il governo introdurrà, coll'appoggio della maggioranza, parecchi bills contro i cattolici, i quali, per la loro violenza, potranno gettare la Francia in uno stato di sovreccitazione estrema e stornare l'attenzione dei Francesi dal sud dell'Africa. Mio padre si è procurato tutte le garanzie da parte della Francia". Come spiegare tale assicurazione e tale complicità se non per l'accordo e l'azione delle società segrete internazionali ?
(2) Non fu concesso ai congiurati di vedere il filosofismo assiso sul trono dei Borboni come lo era sui troni del Nord. Ma Luigi XV, senz'essere empio, senz'essere annoverato tra gli adepti, non fu meno una delle grandi cause del progresso della congiura anticristiana. Egli lo fu per la dissolutezza de' suoi costumi e per la pubblicità de' suoi scandali. Di più, Luigi XV si circondò o lasciossi circondare da ministri senza fede, che ebbero intimi rapporti con Voltaire e co' suoi congiurati.