Si è concluso il 23° viaggio apostolico di Papa
Benedetto XVI in Messico e Cuba, due Paesi retti da regimi che
in tempi e in modi diversi hanno perseguitato crudelmente la fede cattolica. Una
delle occasioni che hanno portato il Pontefice nel cosiddetto “Mondo Nuovo” è
stata la ricorrenza del Bicentenario dell’indipendenza dei
cosiddetti Paesi “latinoamericani”, che rievoca fatti accaduti tra il 1808 e il
1826, grazie ai quali le province di cui si componeva la regione americana
dell’allora Impero Spagnolo diedero vita a nuovi Stati indipendenti.
Su tali fatti si è soffermato Marco
Respinti che in un interessante
articolo su “La Bussola Quotidiana“ ha colto l’occasione per scrivere
su una delle tante leggende nere, che vuole l’indipendenza
“latinoamericana” come l’emancipazione dei popoli
“sudamericani” dalla tirannide spagnola, accomunando erroneamente tale evento ad
altre 2 rivoluzioni: da un lato alla Rivoluzione Francese
(1789-1799) e dall’altro lato alla Rivoluzione Americana
(1775-1783), grazie alla quale al Nord nacquero gli Stati Uniti d’America,
anch’essa maldestramente interpretata secondo la medesima chiave ideologica. La
leggenda nasce dallo storico positivista Aldo Ferrari,
sostenuto dal suo collega Robert Palmer e dal francese
Jacques Godechot, tuttavia una nutrita schiera di studiosi, i
più interessanti sono quelli iberoamericani, hanno da tempo
dimostrato come i fatti andarono diversamente. Ad esempio il sociologo, storico
e letterato nicaraguense Julio César Ycaza Tigerino che nel suo
saggio “Génesis de la indipendencia hispanoamericana” (1946) parla di
«falsificazione grottesca e stupefacente». Secondo Tigerino il
falso storico parte dalla contraffazione dei termini con cui
avvenne la conquista spagnola del “Mondo Nuovo”, nonché la sua evangelizzazione
e la sua civilizzazione, descritta truffaldinamente come la
storia di una sottomissione rapace e schiavistica da parte dell’Europa
“colonialista” di una terra immacolata, la “rapina” e lo “stupro” di un
continente intero perpetrato dai “maschi cristiani bianchi”. Una
ricostruzione fantasiosa e manipolatrice, afferma, che ha la sua matrice
nell’illuminismo, come d’altra parte tutte le leggende, ma che
continua ad essere propinata nei sussidiari scolastici.
La verità è che l’Indipendenza iberoamerica
non fu affatto una rivoluzione ideologica, come quella
francese, ma una reazione all’involuzione politica di tipo
assolutistico lungo cui si erano incamminati i governi coloniali di
allora. Non fu un tentativo di ribellarsi all’eredità spagnola e cattolica, ma
il suo esatto contrario: una rottura istituzionale resasi necessaria solo per
poter perseguire con profitto un legame culturale inscindibile.
Il nemico erano le nuove politiche centraliste e statalistiche che minacciavano
tali legami, cioè il venire meno dell’autonomia per cui le
colonie avevano lungamente goduto e grazie alle quali prosperato. Le guerre di
secessione dagli imperi che diedero vita, in tutto il continente americano, a
Stati nuovi furono in realtà diverse da quella ideologica e ideocratica
scoppiata in Francia nel 1789, poiché miravano a conservare il
patrimonio avuto in eredità dall’Europa cristiana, non a
cancellarlo: fu quindi davvero un’insorgenza antirivoluzionaria col
solo intento separatista, una riforma nella continuità e non la distruzione di
un retaggio.
Il mito della “rivoluzione latinoamericana” è
insomma un falso storico, lo dimostra la mancanza di proteste
per la celebrazione della ricorrenza con la festosa accoglienza riservata al
Pontefice della Chiesa Cattolica. Altri semplici esempi sono, ad esempio, l’elezione quest’estate di un sacerdote come leader degli
indigeni colombiani del Cauca e la
continua difesa, ancora oggi, dei popoli indigeni del Paraguay da parte
della Chiesa. Sul nostro sito è possibile visionare un dossier apposito.
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