Qual sia il pendio onde più spesso un cattolico scivola nel liberalismo
Sono varii i declivi onde soventi volte il dabben cattolico sdrucciola nell’errore del Liberalismo, ed è importantissimo accennarli qui, come per far ragione dell’immenso campo in che per essi l’errore s’è ampiamente dilatato, così per mettere gl’incauti in guardia da’ suoi laccioli e trabocchelli.
Spesso si cade nella corruzione del cuore per la perversione della mente; più spesso però avviene di dar nell’errore della mente per la corruzione del cuore. Chiaro lo dimostra la storia di tutte le eresie. Nel loro principio quasi tutte si rassomigliano: o un puntiglio d’amor proprio, o una disdetta, onde altri vuolsi ricattare, o una femmina dietro la cui gonnella perde l’eresiarca il ben dell’intelletto, o il luccicore dell’argento che l’abbaglia, e gli fa vendere la coscienza. Rare volte l’errore scaturisce da profondi e faticosi studii, sì bene rampolla da quelle tre teste dell’Idra che descrive s. Giovanni, e ch’egli chiama “concupiscentia carnis, concupiscentia oculorum, superbia vitae”. Quindi si corre ad ogni errore, ed al Liberalismo altresì. Veggiamo coteste chine nel loro più ordinario pendio.
Si fa liberale l’uomo per naturale desiderio d’indipendenza e di vita scapestrata.
Necessariamente il Liberalismo deve essere simpatico alla natura depravata dell’uomo, del pari che il Cattolicismo gli riesce di sua natura ripugnante. Il Liberalismo è emancipazione, il Cattolicismo freno. L’uomo decaduto ama, per una certa sua natural propensione, un sistema che gli rende lecito e santo l’orgoglio della sua ragione e lo sfogo dei suoi appetiti; cotalchè, come si disse da Tertulliano che l’anima nelle sue nobili aspirazioni è naturalmente cristiana, può dirsi altresì che l’uomo per la corruzione di sua origine nasce naturalmente liberale. E’ dunque assai logico che si professi tale a tutto spiano, tosto che incominci a scorgere che per questa via si assicura lo scapricciare a talento.
Per ismania di levarsi in fama.
Il Liberalismo è in oggi l’idea che domina. Regna in ogni dove e specialmente nella cerchia governativa: è pertanto sicura raccomandazione per far carriera. Si parte il giovinetto dal modesto focolare dei suoi padri, e girando lo sguardo sulle varie vie che conducono alla fortuna, alla nomea, alla gloria, scorge che per tutte è condizione strettamente necessaria essere uomo del suo secolo, cioè liberale. Il non esserlo è un incagliare fin dalle mosse. Uopo è di vero eroismo per resistere al tentatore che, come a Cristo nel deserto, gli dice, additandogli un futuro color di rosa: Haec omnia tibi dabo si cadens adoraveris me (“ogni cosa farò tua se tu mi adori”). Gli eroi son pochi. E’ quindi naturale che la maggior parte della gioventù incominci la sua carriera aggiogandosi al liberalismo: questo gli procura fracasso ne’ periodici, questo raccomandazioni di poderosi patroni, questo fama di illustre persona e sapientissima. Al tapino dell’oltramontano fa mestieri d’un merito cento volte maggiore per darsi a conoscere e accattarsi una certa fama; e ordinariamente la gioventù non scrupoleggia. Aggiungasi che il Liberalismo è un’eresia potente per chiamare alla vita pubblica la gioventù che n’è tanto smaniosa. Esso offre la prospettiva di deputazioni, commissioni, redazioni, eccetera, che formano l’organismo della sua macchina governativa; è quindi un miracolo di Dio e della sua grazia se s’incontri un giovane il quale abbia a schifo sì insidioso corruttore.
Per avarizia.
L’incameramento dei beni della Chiesa fu ed è il principal semenzaio di liberali. Si decretò l’iniquo spogliamento tra perché si privasse la Chiesa di questi mezzi d’influenza umana e tra perché con quest’offa si guadagnassero cagnotti fedeli alla causa liberale; il che confessarono gli stessi corifei quando vennero accusati di aver dato quasi per nulla ai loro amici le pingui possessioni della Chiesa. E guai al misero che una volta abbia saggiato le frutta dell’orticello altrui! Campo, eredità, case, masserizie che furono del convento o della parrocchia, ed oggi son godute da questa o quella famiglia, le sono catene che avvinghiano per sempre cotesta famiglia al carro del Liberalismo. Il più delle volte non c’è filo di speranza che si scuotano di dosso la fuliggine liberale neppure i più lontani nepoti: il demonio rivoluzionario ben seppe alzar tra essi e la verità quest’insuperabile barriera. Abbiamo visto agiate famiglie di contadini della montagna, cattolici puri e fervorosi fino al 1835, d’allora in poi liberali cotti e pertinaci. Volete saperne il come e il perché? Mirate quegli orti o quei campi coltivati, o quei boschi che furono del Monastero. Con questi quel contadino ha ingrandito la sua tenuta, con questi ha venduto l’anima e la famiglia alla rivoluzione; e riesce moralmente impossibile la conversione di tali ingiusti possessori. Contro la tempera di quell’anima, trincerata dietro i suoi sacrileghi acquisti, nessun colpo fa breccia, si spuntano tutti gli argomenti degli amici, tutte le invettive de’ missionari, tutti i rimorsi della coscienza. L’incameramento ha fatto e fa il Liberalismo. Questa è la verità. Ecco accennate le cause più comuni del liberalismo: tutte l’altre a queste possono ridurre. A chi ha un po’ d’esperienza del mondo e del cuore umano appena verrà fatto di indicarne altre.
FELICE SARDA Y SALVANY – Il liberalismo è peccato
a cura di Marco Massignan
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