Rodolfo I d'Asburgo (1º maggio 1218 – Spira, 15 luglio 1291) Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1274 al 1291. Discende da Ita pronipote di Carlo Magno, che ebbe Werner I d'Asburgo, il cui figlio era Ottone II d'Asburgo, da cui nacque Werner II d'Asburgo, che ebbe Alberto III il Ricco, padre di Rodolfo il Vecchio e nonno di Alberto IV il Saggio suo padre.
La natura sacra della potestà monarchica e, in generale, del potere politico, così come la Chiesa lo tradusse in formule liturgiche prima che in enunciazioni dottrinali, spiega un fatto innegabile che caratterizzò l’intera vicenda della società cristiana fin quando vi furono Principi cattolici legittimi: l’esercizio da parte loro, nei confronti delle istituzioni gerarchiche della Chiesa cattolica, di una potestà reale, sfumata alle volte, diversamente giudicata ed interpretata; un fenomeno però troppo costante nel tempo per non essere privo di un qualche fondamento legittimo.
Gli storici della Chiesa, spesso, avendo perso il senso della concordia e dell’unità dei due poteri supremi nella Chiesa, e tendendo soprattutto a sottolineare la distinzione netta, ma astratta tra la Chiesa gerarchica e i fedeli, senza tener conto della singolare natura dell’autorità temporale, giudicarono tali fatti alla stregua di indebite ‘ingerenze’ del potere politico negli affari ecclesiastici, di intromissioni dei laici nel governo della Chiesa, non distinguendo quelle che furono vere e proprie ingerenze, come certi fenomeni prodotti dal processo rivoluzionario (gallicanesimo, giurisdizionalismo, febronianesimo, giuseppinismo ecc.) da una prassi costante, dalla Chiesa in vario
modo approvata.
Fermo restando, infatti, il principio da nessuno mai contestato che la Chiesa gerarchica ed il Papato in modo particolare detengono la pienezza dell’autorità in ordine ai munera sanctificandi, docendi e regendi, cioè a dire, quanto al potere di santificare tramite i Sacramenti, d’insegnare coll’esercizio del Magistero, e di governare disciplinarmente i fedeli, è un fatto che i Principi hanno esercitato un reale potere sussidiario, una sorta di potestas indirecta in sacris, in ordine:
(1) ai Concili Ecumenici e particolari;
(2) alla scelta degli Ordinari Diocesani (Cfr. Parte Quinta);
(3) all’elezione dei Papi, ossia riguardo alle tre istituzioni somme della costituzione ecclesiastica (cfr. Parte Sesta).
In fondo, la liturgia della Consacrazione imperiale non era altro che il riflesso di un fatto da tutti constatabile e dall’enorme risalto pratico e giuridico.
Il Principe agiva attivamente nella Chiesa, non solo in ordine all’esercizio delle sue prerogative in temporalibus, il che era ovvio, per la salvaguardia della legge di natura e la difesa, anche armata, del Depositum Fidei e dell’istituzione a ciò preposta (la Chiesa), essendo questo il fine primario della potestà politica, ma, cosa meno ovvia, anche in ordine all’azione stessa della Chiesa docente. Se egli era un vero Suddiacono, cioè un ‘aiuto’ per il Sacerdote, perché non doveva essergli d’ausilio anche nella conduzione della Chiesa?